2 luglio 1991 Maletto (CT). Restano uccisi Maria Minissale, 30 anni, con i figli Simona, 8 mesi, e Claudio Sanfilippo, 8 anni, nell’incendio, causato dal racket delle estorsioni, della macelleria sottocasa.

Una madre e due bambini uccisi dalla mafia per pochi soldi. Doveva essere un avvertimento, è stata una strage. A Maletto, paese vicino a Catania, un attentato del racket ha fatto quattro morti e tre feriti.
Le vittime sono Maria Minissale, 30 anni, i figlioletti Claudio Sanfilippo, di 8 anni, e Simona Sanfilippo, di otto mesi. Nell’esplosione, dovuta ai gas del liquido infiammabile, è morto anche uno degli attentatori.

 

Strage di Maletto – Maria Minissale e i figli Claudio e Simona Sanfilippo – La Stampa del 3 luglio 1991

 

 

Fonte: ricerca.repubblica.it
Articolo del 3 luglio 1991
IN FIAMME IL PALAZZO, STRAGE DI RACKET
di Attilio Bolzoni

MALETTO. L’Anonima Estorsioni porta la morte in un tranquillo paese ai piedi dell’Etna. Un massacro per dieci milioni non pagati, una banda di miserabili che dà fuoco ad un palazzo, il vicolo che a mezzanotte diventa un inferno. Il racket ha sterminato una famiglia innocente. Una donna bruciata con la sua bimba di nove mesi stretta al petto, un altro figlio di otto anni soffocato dal fumo, il padre ferito, altri tre fratellini ustionati. Una strage firmata da quattro o cinque balordi che chiedevano il pizzo, piccoli mafiosi della zona andati all’assalto di territori ancora da conquistare.

Uno di loro è rimasto nel vicolo, abbandonato dai compari, senza un braccio, il torace aperto, le gambe insanguinate. Mi hanno lasciato solo, mi hanno lasciato solo, ha sussurrato alle orecchie di un maresciallo dei carabinieri prima di fare i nomi degli altri assassini. Poi anche lui è morto. Volevano colpire un commerciante ostinato, uno che non si era piegato, uno che li aveva denunciati. Ma le fiamme si sono alzate, un’esplosione ha mandato in pezzi una macelleria e poi i primi due piani di una palazzina appena ristrutturata. Tre stanze sotto e due sopra, la casa dell’operaio specializzato Domenico Sanfilippo, una casa che non esiste più.

La notte più lunga di Maletto, una settantina di chilometri da Catania lungo la strada che passa da Bronte e passa sotto la bocca di nord est del vulcano, è cominciata qualche minuto prima di mezzanotte. In paese, un dedalo di stradine che salgono e scendono ripide tra i muri di lava, non c’è nessuno. Anche via Umberto è deserta. Chiusa la farmacia, chiusi i due bar, chiuse le porte e le finestre delle case, chiusa la macelleria Etna di Salvatore Caserta, un emigrante tornato tre anni fa dalla Svizzera. Poi ecco che nel vicolo avanza un ragazzo. Nelle mani ha due bidoni pieni di benzina, si avvicina al civico 138, si guarda intorno. In pochi minuti fa quello che deve fare, una ventina di litri di benzina entrano nella macelleria. Un attentato per far capire al commerciante che la banda non scherza.

Tre mesi fa, ad aprile, l’avevano già avvertito. Sempre con la benzina. La banda in azione. Pochi litri versati dentro il negozio non erano però bastati a spaventare Salvatore Caserta. Anzi, il macellaio era andato subito in caserma a raccontare il tentativo di estorsione. Ci voleva una punizione vera. E così ieri notte balordi sono tornati. Il primo ragazzo che scende nel vicolo si chiama Antonio Testa, ha 22 anni, è un rapinatore di Piedimonte Etneo. Con lui ci sono altri tre o quattro della banda. Tutti pronti a dare fuoco, tutti pronti a fuggire. Ma qualcosa non va per il verso giusto, le fiamme si alzano subito, ci sono due o tre boati. L’attentato alla macelleria si trasforma nel rogo del palazzo.

Un inferno che il sopravissuto Domenico Sanfilippo racconta così: Dormivamo tutti, io ero al terzo piano con mia moglie Maria…dopo la prima esplosione ho gridato: Scappiamo, scappiamo’ … era come una bomba…. L’uomo che ha perso la moglie e due dei suoi sei figli parla disteso in un lettino dell’ospedale di Bronte. Piange, si dispera, si aggrappa al fratello Antonino. E continua nel terribile ricordo della notte: Ho aperto una finestra, ho visto fiamme altissime, ho visto il fumo, ho pensato subito ai bambini. E così li abbiamo svegliati tutti…siamo saliti verso il terrazzo per fuggire dall’altra parte, ma, ma…. Ma Domenico Sanfilippo non ce l’ha fatta a salvare tutta la sua famiglia. L’uomo non riesce ad aprire la bocca, infila la testa sotto il cuscino, piange ancora. Ad un certo punto ci siamo accorti che non avevamo preso Simona, lei era ancora là sotto, da sola, nella sua culla. Padre e madre scendono giù al secondo piano, la donna entra nella stanza della piccola, poi non riesce ad arrampicarsi su per le scale. Il marito vede la sua Maria bruciare con Simona.

La moglie aveva trenta anni, l’ ultima figlia era nata ad ottobre. Sul terrazzo ci sono solo tre ragazzine, Nunziatina, 16 anni, Vincenza, 11, e Adriana, 5 (il figlio Angelo, 13 anni, non era in casa perchè dormiva dai nonni). Ma Claudio, quello di otto anni, non c’è. Anche lui è giù, morto, soffocato dal fumo. Il padre adesso pensa solo ai figli rimasti vivi ma da solo non ce la fa. Con una fune si cala dal terrazzo e porta sulle spalle Nunziatina. Vincenza e Adriana sono ancora lassù. Immobili, terrorizzate.

Il fuoco divampa da trenta minuti quando arrivano i vigili del fuoco dai paesi vicini. E arriva anche il maresciallo Vito Paci, un carabiniere in servizio a Randazzo ma per tanti anni comandante della stazione di Maletto. Il carabiniere sfida davvero le fiamme e il fumo, sale le scale, riesce a prendere le due bambine e scendere in strada. Stremato, intossicato, ferito. Ma ancora con la forza di avvicinarsi ad un ragazzo disteso a terra, ad una ventina di metri dalla macelleria. Chi è? Un altro figlio di Domenico Sanfilippo? Un vicino di casa? Un passante? Il maresciallo dei carabinieri si avvicina e lo riconosce. È Antonio Testa, un pregiudicato della zona. È ferito, urla dal dolore, grida qualcosa. Mi hanno abbandonato, mi hanno abbandonato…con me c’era Tanino…. Solo un nome. Un nome che porterà poi i carabinieri ad identificare altri quattro della banda e ad arrestare Natale Miraglia, anche lui 22 anni, anche lui rapinatore di Piedimonte Etneo.

Dopo la lunga notte la gente di Maletto racconta una storia che ufficialmente non è stata confermata. Una storia che ha ancora per protagonista il maresciallo Vito Paci. Si dice che sia stato proprio lui a far parlare Antonio Testa. Alcuni testimoni sostengono che gli avrebbe puntato contro la pistola. Poi il carabiniere è caduto a terra, svenuto, avvelenato dalle esalazioni della benzina che bruciava. Anch’io ho visto quel ragazzo ferito, ricorda in ospedale Domenico Sanfilippo, l’ho visto a terra, mi sembrava una vittima dell’incendio, se avessi saputo che era uno degli attentatori l’avrei trascinato nelle fiamme. E il suo vicino di casa, l’ingegnere del Comune Vincenzo Gulino: È rotolato da una parte all’altra della strada, si lamentava, era più morto che vivo. Un picciotto di paese. Come gli altri ricercati in queste ore dagli investigatori. Dicono che siano i componenti di una sottocosca che fa capo a Sebastiano Laudani, uno che per la sua faccia gonfia chiamano Mussu di ficudindia.

 

 

 

 

Strage di Maletto (CT) – La Stampa del 3 luglio 1991

 

 

Fonte:  archiviolastampa.it
Articolo del 3 luglio 1991
La mafia uccide madre e due figli
di Nino Amante
Catania, attentato del racket contro un negozio
Lo scoppio della benzina sventra un edificio, nell’esplosione perde la vita anche uno dei banditi: altri 3 feriti

Doveva essere un semplice “avvertimento”; il biglietto da visita del racket delle estorsioni che per la prima volta approdava a Maletto, piccolo centro di 5 mila abitanti arroccato sul fianco settentrionale dell’Etna a quasi mille metri di altitudine e oltre 80 chilometri da Catania. Invece, l’imperizia di un gruppo di estortori ha finito col provocare una strage. Bilancio: 4 morti e tre feriti. Le vittime: una donna, i suoi due bambini e uno degli stessi estortori, investito da una violenta esplosione provocata dai vapori di alcuni litri di liquido infiammabile sparsi sotto la saracinesca di una macelleria. Dell’allucinante tragedia rimane una montagna di macerie, annerite dal fumo e dalla fuliggine, vetri rotti, calcinacci.

La tragedia è avvenuta poco dopo mezzanotte. A quell’ora in via Umberto, la strada principale di Maletto, c’era ancora gente. Ma nessuno si è accorto di un giovane poco più che ventenne che, con un bidone in mano, si avvicinava alla saracinesca della macelleria di proprietà di Salvatore Caserta, nei pressi di un bar e di un ufficio postale. Il giovane non era solo, qualcuno gli copriva le spalle. L’estortore ha versato del liquido infiammabile, forse benzina, forse una miscela di varie sostanze. Poi ha acceso un fiammifero. Ma la manovra è durata troppo. I vapori hanno riempito il negozio, trasformando il tutto in una bomba. «Abbiamo udito un boato, seguito da altre piccole esplosioni – racconteranno alcuni testimoni -, poi le fiamme si sono levate altissime, hanno avvolto l’intero palazzo».

I primi soccorritori si sono trovati di fronte a una scena terrificante. L’estortore, Antonio Testa, 22 anni, abitante a Piedimonte etnea, un centro del versante nordorientale dell’§Etna, aveva il ventre squarciato. L’esplosione lo aveva scagliato sul marciapiede opposto a quello del negozio. In un primo tempo non si è reso conto della gravità delle sue condizioni. anzi ha chiesto alla prima persona che ha visto di essere nascosto, di essere aiutato a sfuggire ai carabinieri. Nel frattempo la casa continuava a bruciare. In attesa che arrivassero0 i vigili del fuoco del distaccamento di Adrano, è stata una gara di generosità. Carabinieri, vigili urbani, semplici cittadini. Nell’abitazione sovrastante la macelleria abitava una famiglia numerosa: otto persone, padre, madre e sei figli. La palazzina era costituita da tre piani.

I componenti della famiglia hanno cercato di sfuggire alle fiamme. Tre non ce l’hanno fatta. Maria Minissale, 30 anni, e i figlioletti Claudio di 8 anni e Simona di 8 mesi sono morti per asfissia. Li hanno trovati i vigili del fuoco quando sono riusciti a spegnere le fiamme. Invece il capofamiglia, Domenico Sanfilippo, 36 anni, è riuscito a sfuggire alle fiamme, a salire al piano superiore dove dormivano altre tre figlie, Nunzia di 16 anni, Vincenza di 11 e Adriana di 5. Un altro figlio, Angelo, di 15 anni, non dormiva a casa. §Aveva deciso di trascorrere la notte nell’abitazione della nonna.

Sono state scene indescrivibili. Il crollo delle scale ha impedito a Maria Minissale e ai due bambini di salvarsi. Il marito ha calato una delle figlie con una corda, ha lanciato le altre due sul telone teso dai vigili del fuoco. Lui è stato salvato da un maresciallo dei carabinieri, Vito Paci. Il sottufficiale è rimasto intossicato e si trova adesso ricoverato in ospedale. Anche l’uomo e le tre figlie sono stati trasportati all’ospedale di Bronte.

Le loro condizioni sono buone. […]