24 marzo 1987 Saluzzo (CN). Ferito gravemente, in un agguato, Amedeo Damiano, amministratore nel servizio sanitario pubblico locale. Aveva denunciato delle irregolarità. Morì il il 2 luglio successivo per un’embolia polmonare, mentre era ancora ricoverato per le ferite riportate.

Amedeo Damiano foto da nandodallachi

Amedeo Damiano è stato un amministratore nell’ambito della sanità pubblica; presidente dell’U.S.S.L. N.63 di Saluzzo fu ferito mortalmente in un agguato intimidatorio il 24 marzo 1987 a opera di un gruppo criminale. Amedeo Damiano aveva avviato due inchieste per gravi irregolarità all’interno della USSL che dirigeva.
Dopo un lungo calvario in diverse strutture ospedaliere, morì mentre era ricoverato presso il centro riabilitativo di Montecatone a Imola. Erano trascorsi quattro mesi dall’agguato.
I sicari condannati risultano legati alla famiglia ‘ndranghetista dei Belfiore.

Fonte:  vivi.libera.it

 

 

 

Fonte: archiviolastampa.it
Articolo del 25 marzo 1987
INDAGINE SULL’AGGUATO DI SALUZZO
E’ GRAVE IL PRESIDENTE DELL’USL
di alberto Gedda

Sono proseguite per tutta la notte le ricerche degli attentatori del presidente dell’Unita sanitaria locale, il dottor Amedeo Damiano, ferito con alcuni colpi di pistola, mentre rincasava. Poco dopo 1 killer, In fuga verso Torino a bordo di una Lancia Delta, sono finiti fuori strada nel pressi di Casalgrasso. Un automobilista si è fermato per soccorrerli, ma 1 banditi (quasi certamente quattro) l’hanno aggredito e sparando alcuni colpi di pistola gli hanno rapinato la Fiat Uno, dileguandosi. Due sarebbero feriti. Gli inquirenti hanno intensificato i controlli negli ospedali nel caso in cui i complici 11 scaricassero in un pronto soccorso. Sinora, però, le ricerche non hanno avuto esito. L’agguato appare inspiegabile oltre che inatteso.

Nella notte, nel reparto di chirurgia delle Molinette di Torino (dove è stato trasportato da Saluzzo), il dott. Damiano è stato operato. Le sue condizioni permangono gravi: si teme soprattutto che le pallottole possano provocare la paralisi delle gambe. I colpi l’hanno infatti raggiunto agli arti inferiori (uno alla sinistra, due alla destra), nonché alla schiena.

L’attentato è avvenuto alle 19,50: il dottor Damiano aveva lasciato l’agenzia di assicurazioni (che gestisce con il geometra Giovanni Sola, assessore provinciale e comunale, dc) in piazza Vlneis e, a piedi, aveva attraversato corso Italia per raggiungere la sua abitazione a poca distanza, In corso Italia 56. Nell’androne di casa, c’erano gli attentatori, che gli hanno chiesto: «E’ lei il presidente dell’Usl?». Avuta conferma, gli e hanno detto: «Allora stia fermo» e gli hanno sparato. Il presidente dell’Usl è caduto in una pozza di sangue: i banditi sono fuggiti, prima a piedi e poi in auto, sulla quale li attendeva il terzo complice, mentre il quarto faceva da palo fuori della casa.

Un medico che ha lo studio nello stesso palazzo ha udito i colpi e i lamenti e ha prestato i primi soccorsi, mentre veniva dato l’allarme.
E’ la prima volta che a Saluzzo viene teso un agguato o, comunque, che viene colpito un amministratore pubblico in questo modo, e il fatto ha provocato indignazione e preoccupazione. Di certo la matrice politica sembra essere la meno probabile. Il dottor Amedeo Damiano, 47 anni, democristiano, sposato e padre di quattro figli, è a Saluzzo da molti anni e sul suo conto di amministratore non si sono mai colti pettegolezzi. Al contrarlo, il presidente dell’Usl, che è di origini lombarde, è conosciuto come uomo di capacita manageriali e di saldi principi.

Negli ultimi mesi Damiano ha avviato un’indagine amministrativa nei reparti ospedalieri (sollecitata dalle organizzazioni sindacali), indagine che è poi stata trasmessa alla procura della Repubblica che ha emesso recentemente alcune comunicazioni giudiziarie. Amedeo Damiano è inoltre presidente dell’Associazione degli allevatori di bovini della razza piemontese e, come tale, si è fermamente battuto contro l’uso delle sostanze estrogene. In precedenza era stato presidente della casa di riposo cittadina «Opera Pia Tapparelli».

Damiano al pronto soccorso ha detto di aver visto in faccia gli attentatori (due giovani ben vestiti), ma di non averli riconosciuti poiché non li aveva mai visti prima.

Intanto fuori dal pronto soccorso aspettavano notizie la moglie, il cognato, il figlio maggiore (Amedeo Damiano è padre di quattro ragazzi fa i 17 e i 2 anni), molti amici di partito, il sostituto procuratore della Repubblica di Saluzzo, dott. Capello. Ci si interrogava sul possibile movente. Le ipotesi vanno dalla denuncia, fatta dal ferito, contro alcuni dipendenti dell’ospedale civile per assenteismo, alle polemiche portate avanti sul giornale saluzzese «La pagina»; o ancora dall’attività politica quale vice segretario della dc, al lavoro professionale del dottor Damiano, milanese, trasferitosi a Saluzzo dieci anni fa. L’assessore provinciale all’istruzione Giovanni Sola, suo collega nel lavoro d’assicuratore, ha tassativamente escluso che tutte queste vicende, da cui emerge la figura di un uomo onesto e integerrimo, possano avere scatenato tanta ferocia.

Parole dure contro l’attentato ha poi pronunciato anche l’assessore regionale alla Sanità prof. Aldo Olivieri giunto più tardi in ospedale per avere notizie. Davanti alla porta del Pronto soccorso erano appostati due carabinieri con giubbotto antiproiettile e mitra spianato. Intanto arrivavano da Saluzzo le notizie sulla caccia ai due sparatori. Verso le 22.30 è giunta la segnalazione, poi smentita, che la «Uno», rapinata dai banditi a un automobilista che si era fermato per soccorrerli dopo la loro uscita di strada al volante della Delta usata per la prima parte della fuga, era stata intercettata nei pressi di Carignano.

Il paziente è uscito dalla camera operatoria per la Tac dopo la mezza. Il colpo sbriciolatosi contro la colonna vertebrale non era stato rimosso e pregiudicava la ripresa dell’uso delle gambe. Il dottor Damiano diceva di non sentirle più. Il professor Cravero ha convocato i parenti per comunicare lo stato del ferito. All’una infine il dottor Damiano è stato avviato verso la divisione di neurochirurgia diretta dal professor Fasano.

Stamane il ferito è in condizioni decisamente migliori. Ha subito annunciato al primario di aver ripreso la sensibilità alle gambe.

 

 

 

Fonte: archiviolastampa.it
Articolo del 3 luglio 1987
MORTO DOPO TRE MESI D’AGONIA IL PRESIDENTE USL GAMBIZZATO A SALUZZO DA MISTERIOSI KILLER
di Alberto Gedda
Amedeo Damiano venne ferito sotto casa il 24 marzo scorso
I funerali si svolgeranno domani pomeriggio. Sempre sconosciuta l’identità degli attentatori. Tra le ipotesi: una «punizione» per il suo rigore morale.

SALUZZO. Amedeo Damiano, Il presidente dell’UsL di Saluzzo «gambizzato» la sera del 24 marzo scorso, In pieno centro cittadino, da due misteriosi killers, è morto stanotte a Imola. La notIzia dell’improvvisa scomparsa di uno degli amministratori pubblici più conosciuti e stimati della «Granda» ha provocato forte commozione e un senso di impotenza in tutto il cuneese, dove ancora non ci si riesce a spiegare i motivi dell’agguato.

Damiano, 47 anni, è stato stroncato questa notte da un embolo nel Centro di alta riabilitazione di Imola dov’era ricoverato da poco più di un mese dopo essere stato a lungo seguito da medici specialisti delle Molinette di Torino e nel reparto di ortopedia dell’ospedale di Saluzzo.

Il dottor Amedeo Damiano era stato gravemente ferito la sera del 24 marzo scorso, mentre stava rincasando dal suo ufficio: svolgeva l’attività di agente di una nota compagnia d’assicurazioni.

Nell’androne dell’ottocentesco ed elegante palazzo (in corso Italia 66, a pochi passi dal monumento di Silvio Pellico, in pieno centro cittadino) ad attendere Damiano c’erano due giovani, vestiti elegantemente, che gli hanno rivolto alcune domande per accertarsi della sua identità, dopo di che hanno aperto il fuoco con due pistole di grosso calibro ferendolo alle gambe, al basso ventre e al bacino. Damiano è caduto in terra in una pozza di sangue.

Subito soccorso da alcuni vicini, che avevano sentito l’esplosione dei colpi, il dottor Damiano è stato trasportato nell’ospedale cittadino, mentre è scattato l’allarme e sul posto dell’agguato sono giunti i carabinieri e la polizia. Intanto, però, i killer erano riusciti a dileguarsi a bordo di una Delta «HP» con la quale, a causa dell’eccessiva velocita, sono poi finiti fuori strada a Casalgrasso; hanno così fermato un automobilista di passaggio e, armi in pugno, l’hanno costretto a cedere loro la vettura (una Fiat «Uno») e sono nuovamente fuggiti. La «Uno» è stata poi ritrovata, il giorno dopo, abbandonata e resolarmente posteggiata alla periferia di Cascine Vica. Inutili si sono rivelati i posti di blocco e i controlli eseguiti a tappeto su tutte le strade che da Saluzzo portano a Torino.

Da allora degli attentatori non si hanno più ufficialmente, notizie: la procura della Repubblica di Saluzzo segue il «caso» con notevole impegno ma, sinora, non sembrano essere emerse novità: sono rimasti sconosciuti sia l’identità del killer che il nome dei loro mandanti, «Il cerchio si sta stringendo e forse presto scopriremo chi e perché ha ordinato ai killer di colpire Damiano», hanno detto recentemente gli Investigatori. Alcune ipotesi, alcune piste sono state eliminate e quindi si stanno vagliando più attentamente altre posizioni e situazioni.

All’indomani dell’attentato si era ribadito l’impegno morale di Damiano, sia come presidente dell’Usl che dell’Anaborapi (Associazione nazionale degli allevatori di bovini di razza piemontese), per cui i mandanti andavano Amedeo Damiano cercati in quest’ambito.

Damiano, insomma, era stato «punito» per il suo rigore. Ipotesi che hanno lasciato la città sgomenta, anche perché è la prima volta che nel Cuneese viene teso un agguato ad un amministratore pubblico. Di certo in città c’è un grande disagio e una forte commozione, con una marcata solidarietà per la famiglia del dottor Damiano.

Il dottor Amedeo Damiano era di origine milanese: suo padre, giornalista, era stato fra l’altro direttore del quotidiano della dc «Il Popolo». Da sempre si interessava di zootecnia: con il matrimonio e la residenza a Saluzzo, Damiano era divenuto un leader della Associazione allevatori e presidente nazionale della Associazione allevatori bovini di razza piemontese. In questa veste, nel mesi scorsi, era stato in Brasile per consolidare il rapporto con gli allevatori d’oltre Oceano. Figura di spicco della democrazia cristiana, non si era impegnato direttamente nella vita amministrativa del Comune, ma era stato presidente della casa di riposo «Tapparelli» e poi presidente del Comitato di gestione dell’Usl.

A questo incarico era stato riconfermato nel novembre scorso: per lui avevano votato anche i comunisti, in segno di rispetto per la persona, ritenuta «amministratore integerrimo».

Di professione assicuratore, Damiano era sposato e padre di quattro figli, il maggiore del quali frequenta il liceo. Subito dopo essere stato trasportato nell’ospedale di Saluzzo, dopo l’agguato, il dottor Damiano era stato trasferito alle Mollnette di Torino, dove era stato sottoposto a un lungo e delicatissimo intervengo chirurgico per l’estrazione delle pallottole.

Sfortunatamente una di queste aveva provocato una lesione della colonna vertebrale e quindi la fuoruscita di midollo osseo: la conseguenza che subito era apparsa evidente era che il dottor Damiano sarebbe rimasto paralizzato e c’è stato un continuo altalenare di notizie positive e negative in Saluzzo questo senso.

Da poco più di un mese era stato trasfsrito a Imola, nel Centro di alta riabilitazione, per cercare di recuperare, almeno in parte, l’uso degli arti. Sembrava stesse notevolmente meglio, anche il morale era più alto», dicono gli amici di famiglia. Un lungo, tormentoso, calvario di tutta la famiglia che, ieri sera, si è interrotto tragicamente e che riprenderà nel ricordo, mentre la città — attonita — continua a chiedersi perché Damiano sia stato ucciso.

I suoi funerali si svolgeranno domani pomeriggio, alle 18 nell’antica cattedrale di Saluzzo. Alla triste cerimonia è prevista la presenza delle massime autorità della provincia di Cuneo e di una gran folla. Adesso a Saluzzo si spera che la tragica fine di Damiano induca gli investigatori a dare nuovo impulso alle indagini ed a finalmente scoprire cosa si nasconde dietro l’agguato ad uno degli amministratori pubblici del Cuneese più conosciuti e stimati.

 

 

Fonte:  archiviolastampa.it
Articolo del 29 febbraio 1996
I killer di Amedeo Damiano dovevano solo gambizzarlo
di Gianni De Matteis
Nel processo di Bologna rivelazioni sull’agguato a Saluzzo

BOLOGNA. Tassello dopo tassello, il pm Lucia Musti e l’avvocato Giuseppe Giampaolo, parte civile, stanno stringendo Pancrazio Chiruzzi, il torinese accusato di concorso nell’omicidio del dottor Amedeo Damiano: una morsa dalla quale non sarà facile alla difesa riuscire a estrarlo.

Ieri ha deposto in aula Luigi Aversano, protagonista di scorribande malavitose con Chiruzzi, ma che da tempo è diventato «collaboratore di giustizia». Il testimone, interrogato dal presidente Maurizio Millo, ha raccontato di avere saputo da Chiruzzi pochi giorni dopo il mortale attentato di Saluzzo che «Pinti e Sartorelli avevano avuto il mandato di gambizzare il presidente dell’Usl, ma che il primo era stato invece maldestro colpendo con la pistola la vittima in parti vitali».

Luigi Aversano ha continuato raccontando i particolari dell’attività criminosa di Pancrazio Chiruzzi a Torino e nel Veneto e i legami che l’imputato aveva con i due killer del dottor Damiano. Ha spiegato ancora il testimone: «Pinti aveva un legame di sudditanza verso Chiruzzi, gli riconosceva un’autorità nella progettazione delle rapine, era ai suoi ordini». Luigi Aversano, che è tuttora detenuto, ha affrontato senza recedere le contestazioni dei difensori (avvocati Fiesta e Spinzo) e le domande di chiarimento del pm Musti e del legale Giampaolo.

Successivamente è toccato all’avvocato saluzzese Carlo Fea. Il testimone era stato citato perché con una lettera di qualche anno fa ai magistrati bolognesi, allegata agli atti, aveva segnalato la presenza di Pancrazio Chiruzzi a Saluzzo già in epoca antecedente il 1981, cioè sei anni prima del delitto Damiano. Il teste ha confermato la rivelazione e ha aggiunto che Chiruzzi conosceva molte persone del Saluzzese: anzi, con alcune aveva rapporti di amicizia.

Con toni commossi, che hanno colpito la giuria (cinque sono donne) il professionista ha rievocato la «figura integerrima, stimata da tutti» di Amedeo Damiano e di come la sua tragica fine abbia suscitato l’indignazione dell’opinione pubblica; grande anche la solidarietà con i familiari della vittima.

Ieri dovevano essere sentiti altri due testi su circostanze di poca rilevanza ai fini dell’omicidio: in un caso la parte civile ha rinunciato, mentre Tommaso Palmisano, è irreperibile. Oggi al processo di Bologna è attesa la deposizione, fra gli altri, di Giuseppe Lo Presti: un intervento che si preannuncia molto pesante nei confronti di Pancrazio Chiruzzi.

 

 

 

Fonte: archiviolastampa.it
Articolo del 27 maggio 2005
Caso Damiano: Cassazione respinge ricorso di Chiruzzi
di Gianni De Matteis
DIVENTA DEFINITIVA LA PENA PER L’OMICIDIO DEL PRESIDENTE USL SALUZZESE

SALUZZO. La Corte di Cassazione, ieri, ha respinto il ricorso di Pancrazio Chiruzzi contro la condanna a 14 anni e sei mesi per concorso nell’omicidio del dottor Amedeo Damiano avvenuto 18 anni fa e la pena diventa così definitiva. Nei prossimi giorni la Cassazione trasmetterà il dispositivo della sentenza alla Corte d’Assise d’Appello di Firenze, che il 22 settembre 2004 aveva condannato Chiruzzi. A sua volta verrà notificato il verdetto all’imputato, rinchiuso nel carcere della Felicina a Saluzzo dove sta scontando una precedente condanna fino al 2010 per altri fatti delittuosi.
Giovanni Damiano, figlio della vittima, ha commentate il verdetto di Roma: «Siamo molto soddisfatti di questa pronuncia della Cassazione. Ora siamo davvero più vicini alla verità. Continuiamo a credere nella Giustizia e confidiamo che questa importante tappa verso la piena luce su questa tragica vicenda ci avvicini definitivamente alla scoperta anche dei mandanti del delitto che ha segnato la nostra famiglia e tutta la comunità saluzzese. Grazie a tutti coloro che hanno tenute viva insieme a noi la memoria di nostro padre. In particolate la nostra gratitudine va all’avvocato Giuseppe Giampaolo (ci ha rappresentato in tutti i gradi di giudizio) e al professor Sergio Anelli, il quale si è commosso alla notizia della conferma della condanna».

La sentenza della Cassazione conferma anche il ruolo nella vicenda rivestite da Pancrazio Chiruzzo: per incarico dei mandanti (ancora misteriosi) aveva assoldato i due killer Salterelli e Pinti anche loro condannati definitivamente a 20 anni di reclusione. Ora dovrebbe aprirsi a Bologna il capitolo «mandanti» le cui indagini erano ferme, in attesa della sentenza definitiva di Chiruzzi. Spiega l’avvocato Giampaolo: «Dalle motivazioni delle ripetute condanne di Chiruzzi i magistrati di Bologna possono ricavare elementi per procedere». Sussiste anche la possibilità che Pancrazio Chiruzzi, persa ogni speranza di assoluzione, decida di fare i nomi di colore che gli diedero l’incarico di gambizzare il dottor Damiano.

 

 

 

Omicidio in danno del dottor A. di Sergio Anelli

Fonte: targatocn.it
Articolo del 24 marzo 2017
Negli “angoli bui” di Saluzzo, 30 anni fa, l’agguato che costò la vita ad Amedeo Damiano, presidente dell’Ussl 63

Una pagina di storia locale fortemente macchiata da atteggiamenti i cui stampi si avvicinano, non poco, a quelli di carattere mafioso. Una pagina i cui moventi da tanti vengono ricondotti alla sfera lavorativa del dottore

“Saluzzo è piccola e pacifica. Apparentemente.

Saluzzo ha i suoi angoli bui. Probabilmente.

In un agguato, ammazzano il presidente dell’Ussl. Uno degli esponenti democristiani più in vista”.

Ma “Saluzzo continua a essere piccola e pacifica. Apparentemente”.

Usiamo le parole di Sergio Anelli, incipit del suo libro “Omicidio in danno del dottor A.” per ricordare una delle pagine più buie della storia saluzzese: quella dell’omicidio di Amedeo Damiano, all’epoca presidente dell’Unione Socio Sanitaria Locale numero 63.

Esattamente 30 anni fa, come oggi, l’agguato.

Damiano stava tornando a casa, al termine di una comune giornata di lavoro alla guida dell’Ussl. Aveva appena varcato la porta del palazzo, al civico 56 di corso Italia, dove viveva con la moglie Giuliana Testa e quattro figli. Ma a tavola con i suoi affetti, quella sera, Amedeo non ci arrivò.

Nascosti nell’androne del suo palazzo infatti vi erano due uomini che, sbucati di fronte al dottor Damiano, aprirono il fuoco.

Quello che doveva chiaramente essere una sorta di avvertimento, una “gambizzazione” finirà però in tragedia. I colpi di pistola, oltre a fratturargli il femore, lesionarono anche il midollo spinale, paralizzandolo.

Amedeo Damiano moriva, il 2 luglio 1987, all’Istituto Montecatone di Imola, dove era stato portato per un disperato, ma infausto, tentativo di riabilitazione.

Una pagina buia, abbiamo accennato, per la città, insieme ad una pagina di giustizia che non è mai stata in grado di fare luce sui mandanti del sanguinoso gesto.

Ciò sul quale tutti concordano, anche a trent’anni di distanza, è l’oculatezza con la quale Damiano voleva gestire l’Unione sanitaria. Un’oculatezza che ne faceva un amministratore integerrimo. Un’oculatezza che, forse, gli è costata cara, pagando il prezzo più alto.

“L’omicidio di mio padre – ci esterna Giovanni Damiano, figlio di Amedeo – resta una pagina oscura della storia di Saluzzo. Alcuni hanno fatto di tutto per rimuovere il ricordo, poiché scomodo, ma credo sia giusto avere memoria di quei giorni, perché reputo che mio papà se lo meriti.

Ha dato la sua vita per una sanità pubblica, giusta e per tutti”.

La giustizia fece luce solo sugli esecutori materiali dell’agguato: Alessandro Pinti, Marco Sartorelli e Pancrazio Chiruzzi. I primi due condannati a 18 anni di reclusione (al terzo grado di giudizio) per omicidio preterintenzionale, mentre a Chiruzzi, nel 2004, furono assegnati 14 anni di reclusione, dopo un iter giudiziario burrascoso, fatto di condanne e assoluzioni.

Si ipotizzava infatti che proprio Chiruzzi fosse “la mente” pianificatrice dell’imboscata al dottor Damiano.

Un unico nome, invece, comparse nei fascicoli, nella sfera dei mandanti: quello di Pieluigi Ponte, medico ginecologo che aveva avuto aspri contrasti con il presidente Damiano, che gli aveva contestato le modalità con il quale usava la struttura sanitaria per l’attività “intramoenia” di libero professionista.

Ponte, però, dopo appena 40 giorni di carcere, fu scagionato per insussistenza delle prove: il suo nome fu l’unico ipotizzato dalla Magistratura, che da allora non ha più formulato nessun’altra ipotesi su chi possa aver commissionato il delitto.

Un caso sul quale nessuno potrà mai dire “Giustizia è fatta”.

Una pagina di storia locale fortemente macchiata da atteggiamenti i cui stampi si avvicinano, non poco, a quelli di carattere mafioso.

Una pagina i cui moventi, in città, in tanti riconducono alla sfera lavorativa di Damiano: quella Ussl 63 dove, in qualità di presidente, aveva avviato un’opera di moralizzazione (così come chiarito sin dalle prime sentenze) e dove, forse, voleva portare luce su aspetti che dovevano invece rimanere nell’oscuro. Così come all’oscuro sono rimasti i nomi di coloro che affidarono ai tre malviventi l’agguato in corso Italia.

“Risalire ai mandanti sarà difficile” scrive Sergio Anelli nel suo libro, “al limite dell’impossibile. Come nei delitti di mafia. Appunto”.

 

 

 

Fonte:  nandodallachiesa.it
Articolo dal Fatto Quotidiano del 29 aprile 2017
Saluzzo. La storia sconosciuta di Amedeo Damiano, ucciso dal malaffare della sanità

Cercare le storie in provincia. Lo dicono i grandi scrittori e hanno ragione. Prendi Saluzzo, per esempio. Provincia di Cuneo, 17mila abitanti. Portici, geometrie e cioccolato prezioso. Montagne e frutteti. E un grande passato partigiano. Qui ho scoperto una storia incredibile, della quale non avevo mai sentito parlare. Me l’ha raccontata un signore sui quaranta con la barba. E’ la storia di suo padre e di un contesto da paura. Si chiama Giovanni Damiano, questo figlio che non si è arreso e che il Comune ha avuto la sensibilità di chiamare a parlare sul palco del 25 aprile. Con calma, tenendo per mano il bimbo più piccolo, offre l’ennesimo ritratto dell’Italia del malaffare e dei suoi funzionari per bene.

“Provo a spiegarglielo in pochi minuti. Mio padre si chiamava Amedeo. Era nato a Milano nel ’39, figlio di Andrea”, racconta come un archivista commosso, “era un giornalista del Corriere della Sera amico di Montanelli e Vergani, e di Maria Alessandra Canegallo, insegnante per quarant’anni di materie scientifiche in un liceo milanese. Mio padre era venuto a fare il militare a Saluzzo negli anni 60 e qui conobbe mia mamma. Si sposarono e andarono a Milano, dove siamo nati mio fratello Andrea ed io. Poi tutto cambiò con Piazza Fontana. Quando i vetri del suo ufficio milanese che davano sulla piazza vennero distrutti dall’onda d’urto della bomba, mio padre prese una decisione drastica. Si trasferì a Saluzzo, nella provincia che prometteva serenità. Si impegnò in politica, divenne dirigente della Democrazia cristiana cittadina e verso la metà degli anni ottanta fu chiamato alla presidenza dell’Unità Socio Sanitaria Locale.”

Qui Giovanni Damiano si ferma e prende quasi la rincorsa, sa che non mi può dire tutto quello che pensa. Altro che serenità. “Trovò un ambiente difficile, dove alcuni baroni spadroneggiavano nella sanità ospedaliera, alla continua ricerca di vantaggi personali. C’erano in ballo interessi economici importanti, legati allo sviluppo della struttura sanitaria… A farla breve, mio padre, persona poco incline al compromesso, finì per essere di ostacolo soprattutto ai piani dell’allora direttore sanitario… La sera del 24 marzo 1987 venne ferito sotto casa da due sicari, che gli spararono diversi colpi a una gamba, lo presero anche in altre parti del corpo dopo la sua reazione, e scapparono verso Torino. Mio padre passò cento giorni d’inferno paralizzato dalla vita in giù, per poi morire il 2 luglio di quell’anno per un’embolia polmonare in una clinica vicino Bologna. Dopo circa un anno un bravo pubblico ministero bolognese – il dottor Alberto Candi – fece arrestare tre criminali e il direttore sanitario. Si era trattato, spiegò, di una “gambizzazione andata male”, “maturata negli ambienti della sanità saluzzese”. Poco dopo però gli autori dell’agguato vennero rimessi a piede libero da un altro magistrato, e quindi condannati definitivamente per omicidio preterintenzionale (loro, non il presunto mandante)…”.

A Saluzzo questa storia fece impressione, tanto che uno storico locale, il professor Sergio Anelli, ne scrisse un libro, “Omicidio in danno del dottor A.” che mise la lente di ingrandimento su una vicenda giudiziaria da antologia. “Il bello”, continua il signor Damiano, è che diversi atti del processo “hanno sottolineato come i sicari frequentassero una discoteca nel saluzzese, di cui era titolare proprio il cugino del direttore sanitario. E come quest’ultimo avrebbe proposto al parente di far punire mio padre. Il motivo? Era d’intralcio ai loro interessi, era un ‘rompicoglioni’, uno che non voleva sentire ragioni…”. A questo punto Giovanni Damiano mi fissa. “Ha capito? Una persona retta, in un ambiente marcio, non a Locri o a Bagheria, ma nel cuore della sana provincia del nord ovest…E le aggiungo che la mia famiglia non ha mai ricevuto una lira di ristoro dallo Stato. Mia madre -con una pensione di reversibilità di circa 230 euro al mese- ha dovuto crescere da sola quattro figli. Ufficialmente mio padre non è morto per cause di servizio. Però io dico che è morto per difendere l’interesse pubblico. E credo che si dovrebbe avere il coraggio di definirlo una vittima del dovere, di una specie di mafia subdola e vigliacca. Sia chiaro: non chiedo nemmeno un centesimo, nessun vantaggio economico. Ma è possibile riconoscere che Amedeo Damiano, presidente della Ussl di Saluzzo, è stato una vittima del dovere? Almeno per dire, anche ai miei figli, che persone come lui sono gradite a questo Paese. Non chiedo altro.”

 

 

 

Amedeo Damiano – La storia del suo assassinio
L’ufficio stampa di Acmos e Libera Piemonte – 16 marzo 2018

Era la sera del 24 marzo del 1987 ed Amedeo Damiano stava tornando a casa dalla famiglia, dopo una giornata di lavoro. Nell’androne di casa lo attende un uomo distinto che estrae una pistola e ne nasce una colluttazione. Un altro uomo entra nell’androne della palazzina in centro a Saluzzo e spara. Amedeo Damiano viene raggiunto da 5 colpi e giace in una pozza di sangue. Dopo 100 giorni Amedeo Damiano, dirigente dell’USSL di Saluzzo, l’azienda ospedaliera della cittadina in provincia di Cuneo, muore.
Abbiamo raccontato questa storia dimenticata, quella di una vittima, di un padre, di un amministratore pubblico assassinato perché stava faceva bene il suo lavoro cercando di riportare la legalità e il rispetto delle regole all’interno dell’ospedale di Saluzzo.
Una storia giudiziaria complicata a portato a conoscere gli esecutori materiali e il movente, ma non i mandanti.
Nel video raccogliamo le testimonianze di Giovanni, figlio di Amedeo e di Sergio Anelli, autore di un romanzo su questo assassinio.

 

 

 

 

Fonte:  lastampa.it
Articolo del 12 marzo 2020
Il nome Amedeo Damiano sarà letto nella cerimonia che tutti gli anni Libera dedica alle vittime innocenti di mafia
di Andrea Garassini
Quest’anno era in programma il 21 marzo a Palermo, ma è stata rinviata ad ottobre a causa del Coronavirus e sarà virtuale sui social

Il nome di Amedeo Damiano è stato inserito nell’elenco di circa 1100 vittime innocenti della mafia in Italia. L’ha deciso «Libera», l’associazione fondata e presieduta da don Luigi Ciotti che da 25 anni è attiva in tutta Italia per contrastare le organizzazioni mafiose. La lista viene letta ogni anno il 21 marzo, durante la commemorazione annuale del sodalizio. Quest’anno era in programma a Palermo. E’ stata rinviata ad ottobre a causa del Coronavirus e sarà virtuale, sui social.

Damiano, ex presidente dell’Ussl 63 di Saluzzo (poi Asl 17 e ora parte dell’Asl Cn1), è morto il 2 luglio del 1987. Pochi mesi prima, il 24 marzo, era rimasto gravemente ferito in un agguato nell’androne di casa in corso Italia. Il decesso era avvenuto in una clinica emiliana per complicazioni durante le cure.

«L’inserimento del nome di papà – dice il figlio Giovanni – nell’elenco nazionale di Libera è molto importante perché attesta alcuni aspetti importanti. In primis, che l’agguato di 33 anni fa è stato eseguito per mano di un’organizzazione criminosa torinese che faceva riferimento a Pancrazio Chiruzzi. Una banda di rapinatori ed assassini vicina ai clan Antonio Belfiore a Vincenzo Pavia, che ha avuto un ruolo rilevante nella vicenda del procuratore Bruno Caccia. Inoltre, le modalità con cui è avvenuto il ferimento e i tentativi di depistaggi e coperture che hanno caratterizzato le indagini, con il coinvolgimento anche di uomini delle istituzioni».

«Infine – aggiunge – per l’esistenza di mandanti certamente saluzzesi, come riferito da numerosi collaboratori di giustizia, rimasti impunti, persone che erano state danneggiate dall’opera di moralizzazione della Sanità saluzzese messa in atto da mio padre».

La proposta di inserire Amedeo Damiano nell’elenco delle vittime è giunta alla «Sezione memoria» dell’associazione dalla referente piemontese Maria Josè Fava. «Per noi – dice – l’inserimento di Damiano nella nostra lista era un impegno che ci eravamo presi due anni fa quando abbiamo celebrato la giornata regionale, il 21 marzo, proprio a Saluzzo e in quell’occasione avevamo ricordato Damiano dal palco, insieme al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, di origini saluzzesi».

«Si tratta – prosegue – di un piccolo segno che non restituisce tutto quello che spetterebbe alla famiglia, perché in questa storia non è ancora emersa tutta la verità e non c’è stata giustizia. Ma a noi di Libera è parso quasi naturale, visto che Amedeo è al centro di una vicenda di corruzione e cultura mafiosa».

«Per qualcuno – commenta Giovanni Damiano – può sembrare assurdo parlare di mafia a Saluzzo, ma è proprio così e ora Libera lo attesta ufficialmente, scrivendo una realtà che a questo punto è storica prima che giudiziaria. Per questo rivolgiamo un grazie a don Ciotti e a Libera Piemonte che non hanno dimenticato questa vicenda ed il torto subito non solo da noi famigliari, ma da tutta la comunità».

 

 

 

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Articolo del 19 marzo 2020
Un ricordo “al plurale”. Giovanni Damiano ricorda suo padre
di Giovanni Damiano, figlio di Amedeo