29 maggio 1920 San Giuseppe Jato (PA). Assassinato Salvatore Mineo, 51 anni; era alla guida della Camera del Lavoro e del fronte democratico-riformista.

Salvatore Mineo era nato il 19 dicembre 1868 da un borgese, Giovanni Mineo, e da Maria Cavallaro. Cresciuto in una famiglia per l’epoca “benestante” divenne nel 1913 esattore comunale. In quello stesso anno, segnato dall’irruzione delle masse nella vita politica locale e nazionale con l’estensione del suffragio, iniziava il suo percorso di impegno diretto per la causa comune. Guidando il fronte democratico-riformista e la Camera del Lavoro, si affermò ben presto come il capo dell’opposizione all’amministrazione in carica: dal 1914 infatti era iniziata la lunga gestione mafiosa della casa comunale, con la sindacatura di Antonino Puleio che egli sprezzantemente chiamava “Ninu u latru”. Sfruttando l’emergenza dello stato di guerra gli “uomini del disonore” misero in piedi, nell’arco di pochi anni, un sistema di potere perfetto: un coacervo di violenza, illeciti di ogni specie, affarismo spregiudicato che si reggeva sull’uso della forza criminale, sul controllo di ogni fonte di ricchezza (a partire dal monopolio sulle campagne, dove mafiosi erano tutti gli affittuari e i campieri) e sull’omertà imposta grazie alle “alte complicità” nelle sfere istituzionali.

Mineo non ebbe paura e disse ciò che era sotto gli occhi di tutti: accusò pubblicamente Puleio e i suoi sodali, li denunciò agli organi di polizia e ai rappresentanti del Governo (tanto da far scattare nel dopoguerra un’inchiesta prefettizia presto bloccata dai protettori dei mafiosi) incoraggiò anche gli altri a fare lo stesso. Inoltre, attraverso una cooperativa, spinse i contadini a unirsi per chiedere le terre in affitto, come intanto stavano facendo i popolari guidati da padre Giulio Virga, i socialisti del dott. Nicolò Belli e i combattenti rientrati dalle trincee della Grande Guerra. Puleo, Santo Termini, Vincenzo Troia e gli altri mafiosi non potevano accettare questi continui attacchi. Dovevano punire una simile “tracotanza”, zittire questa voce libera. E lo fecero ordinando a due sicari provenienti da Borgetto di ucciderlo mentre stava conversando in piazza.

Era il 29 maggio del 1920. Tutti a San Giuseppe Jato compresero subito il messaggio e rimasero in silenzio. Solo quando l’associazione criminale venne sgominata – in seguito agli arresti comandati nel 1926 dal prefetto Mori – alcuni di essi raccontarono senza più freni ai giudici il solitario sacrificio di un umile eroe.

Fonte: vivi.libera.it

 

 

 

Foto da: vallejatonews.it

Fonte:  vallejatonews.it
Articolo del 21 marzo 2020
San Giuseppe Jato: il nome di Mineo tra le vittime innocenti di mafia
di Leandro Salvia

SAN GIUSEPPE JATO. Era la sera del 29 maggio 1920 quando, nel corso principale del paese, tre sicari uccisero Salvatore Mineo: oppositore di un sistema che vedeva la politica collusa con la criminalità.

Cento anni dopo il suo nome figura tra le vittime innocenti di mafia. L’occasione è stata oggi la “Giornata della memoria e dell’impegno” promossa da Libera e da Avviso Pubblico. A presentare l’istanza di inserimento è stata l’associazione “LiberEssenze” di San Giuseppe Jato. Pierluigi Basile, docente di storia, ha curato la ricostruzione documentale dell’uccisione del cinquantunenne leader dell’opposizione politica. L’autore della ricerca storica sta anche scrivendo un volume dedicato al concittadino ucciso dalla mafia e a lungo dimenticato.

In precedenza a parlare di Mineo erano stati altri due studiosi locali: Francesco Belli, in un volume di ricordi storici e statistici pubblicato nel 1934; e Gioacchino Nania che nel 2000 gli dedicò il libro “San Giuseppe Jato e la mafia”. Ma in pochi conoscono la vicenda dell’uomo politico che, dopo la Prima Guerra Mondiale, si oppose agli interessi mafiosi. “Mineo – ricorda Basile – era uno degli animatori della Camera del Lavoro. Politicamente vicino alle posizioni democratico-riformiste di Francesco Saverio Nitti. Nel centro jatino si batté con forza contro l’amministrazione locale in mano al gotha mafioso, con a capo il sindaco Antonino Puleio, affiancato da Vincenzo Troia e Santino Termini”.

I documenti raccontano anni di violenze e ruberie. La mafia controllava il sistema economico del tempo, prevalentemente agro-pastorale: dal traffico degli animali rubati, agli esoneri militari, fino allo sfruttamento della risorse agricole. I feudi venivano affittati dai baroni ai “gabelloti”, che subaffittavano i terreni agli agricoltori più poveri.

Un sistema parassitario basato su soprusi e angherie, affidate ai “campieri”, sentinelle mafiose che avevano il compito di assicurare l’ordine nei campi. “Per rompere questo sistema basato sul ruolo di intermediazione dei mafiosi – ricorda lo storico – era cresciuto in Sicilia il fenomeno delle “affittanze collettive”: un sistema che invece si fondava sulla concessione delle terre a contadini riuniti in cooperative”.

Tra queste figurava a San Giuseppe Jato la “Cooperativa Agricola”, guidata da Salvatore Mineo. “Il potere della mafia rischiava di franare sul fronte economico-sociale ma anche su quello politico – sottolinea Basile-. Specie dopo che Mineo era riuscito ad ottenere l’invio di un commissario prefettizio per indagare sulle malefatte commesse dall’allora sindaco Puleio e dai suoi alleati. Che riuscirono però a bloccare l’inchiesta con l’intervento dei loro “protettori” da Palermo e da Roma”. Ma non fu l’unica reazione: Mineo venne ucciso. “Fu un atto di “pedagogia della violenza” – conclude lo storico -, destinato a far tacere tutte le voci contrarie”. (LEAS)

 

 

 

Fonte: ilgiornalepopolare.it 
Articolo del 21 marzo 2020
21 MARZO RICORDIAMO LE VITTIME DI TUTTE LE MAFIE
di Silvestro Di Napoli
San Giuseppe Iato e le due strane coincidenze. Il ricordo non è una data sul calendario. Piuttosto esempio di vita e valore ideale

PALERMO – Nella giornata del ricordo di tutte le vittime delle mafie una strana, doppia coincidenza è balzata fuori da un vecchio registro di polizia. San Giuseppe Jato, una mezz’ora di strada da Palermo, ha dato i natali a Giovanni Brusca ed al suo mandamento del terrore. L’assassino di Giovanni Falcone e del piccolo Giuseppe Di Matteo ha steso un velo di sangue e di lutti nel suo territorio che, oggi, torna a riscattarsi con la gente per bene nonostante rimanga ancora molto da fare per contrastare un fenomeno deviante che, spesso, rialza la cresta. Ma se da un lato il paese siciliano ha dato i natali al sanguinario criminale, dall’altro ha dato le origini anche ad un eroe, morto ammazzato per mano mafiosa: Salvatore Mineo. Figlio di Giovanni e Maria Cavallaro, benestanti, il giovane Salvatore, una volta frequentate le scuole, nel 1913 era diventato esattore comunale. In quello stesso anno, particolare per le masse proletarie che si erano viste estendere il diritto di voto, Mineo si era impegnato in attività sociali e politiche a difesa dei lavoratori.

Nel 1914 l’esattore comunale diventò leader del locale fronte democratico-riformista ricoprendo anche la carica di responsabile della Camera del Lavoro. Ben presto la sua attività politica si contrappose alla gestione mafiosa del civico consesso capeggiata dal sindaco Antonio Puleio, detto Ninu ‘u Latru, tanto per delinearne il profilo personale e politico. Nel 1915 l’Italia entrò in guerra e la mafia locale ebbe cosi la grande occasione di affamare la popolazione, gestire in maniera delinquenziale le risorse pubbliche rubando e rapinando le casse dello Stato e imponendo il proprio potere sanguinario. In quel tragico periodo chiunque avesse il coraggio di non sottostare alla volontà di Ninu ‘u Latru e dei suoi degni compari veniva prima intimidito e poi ucciso senza pietà. Salvatore Mineo non aveva certo paura e iniziò a denunciare crimini su crimini arrivando anche a scuotere le istituzioni locali, in larga parte complici e conniventi della cosca mafiosa. L’esattore comunale denunciò anche il primo cittadino tanto che la Prefettura di Palermo decise avviare un’indagine che, però, venne archiviata dai soliti poteri forti alleati.

A guerra finita Salvatore Mineo suggerì ai contadini di chiedere ai latifondisti decine di ettari di terreno in affitto per creare lavoro e spingere la produzione agricola. Un vero e proprio affronto per il boss Puleio che non poteva più sopportare il coraggio di quell’uomo impavido e determinato che difendeva i diritti della povera gente. Non era più possibile tollerare uno sgarro del genere. Era il 29 maggio del 1920. Mentre l’esattore comunale parlava in piazza di problemi sociali con alcuni amici, due sicari gli spararono, a distanza ravvicinata e alle spalle, una decina di colpi di pistola. Stramazzato al suolo in un lago di sangue Salvatore Mineo rimase sul selciato per alcune ore prima che qualcuno decidesse di farsi avanti, recuperare il corpo e avviare le indagini.

Soltanto nel 1926, col prefetto Cesare Mori, i responsabili del vile attentato furono arrestati e grazie alle testimonianze di alcuni cittadini onesti Salvatore Mineo ha potuto ottenere giustizia. La seconda coincidenza è che San Giuseppe Jato si trova tra Piana degli Albanesi e Portella della Ginestra. In quest’ultima località altri uomini, donne e bambini caddero sotto i colpi di assassini senza scrupoli il 1 maggio del 1947. Le vittime della prima strage dello Stato repubblicano rappresentano tutte quelle che verranno. Il ricordo non deve limitarsi ad una data del calendario, piuttosto erigiamolo ad esempio di vita, a valore ideale. Per sperare in un futuro migliore.

 

 

 

 

Fonte: teleoccidente.it
Articolo del 30 maggio 2020
San Giuseppe Jato, ricordato Salvatore Mineo ucciso dalla mafia nel 1920
di Lenadro Salvia

Cento anni fa la mafia uccideva Salvatore Mineo. Era la sera del 29 maggio 1920 quando, nel corso principale del paese, tre sicari uccisero il cinquantunenne leader dell’opposizione politica. Da quest’anno il suo nome figura tra le vittime innocenti di mafia. A presentare l’istanza di inserimento, accolta da Libera, è stata l’associazione «LiberEssenze», su proposta dello storico Pierluigi Basile. «Mineo – ricorda lo studioso – era uno degli animatori della Camera del Lavoro . Si batté con forza contro l’amministrazione locale in mano al gotha mafioso, con a capo il sindaco Antonino Puleio». Ieri mattina, al cimitero comunale, si è tenuta una cerimonia commemorativa davanti la tomba di Mineo ( nella foto) . «Non possiamo onorare la sua memoria come speravamo – scrive l’associazione LiberEssenze, con una cerimonia pubblica e partecipata, a causa del Covid. Ma abbiamo lo stesso deciso – insieme ai suoi familiari e al Comune – di ricordare la sua morte nel giorno dell’anniversario». Per il centenario è stato anche realizzato un cortometraggio dal titolo «Nel cuore della notte».

 

 

 

 

Per approfondimenti :

San Giuseppe e la mafia: nascita e sviluppo del fenomeno nell’area dello Jato
di Gioacchino Nania
Introduzione di Marcelle Padovani

Della Battaglia Edizioni, 2000

Si può leggere a questo indirizzo: ita.calameo.com