30 agosto 1996 Palermo. Assassinata Girolama “Mimma” Ferrante, architetto di 48 anni; rapinata della paga settimanale degli operai.

Girolama “Mimma” Ferrante, 48 anni, architetto, molto conosciuta anche per il suo impegno politico, è stata uccisa da due giovani rapinatori a Palermo il 30 agosto 1996.
Era appena tornata dal Messico per coronare il suo sogno: voleva aprire un centro sociale e occuparsi di anziani e disadattati. Per questo aveva deciso di ristrutturare Villa Nicolosi, un complesso di case ottocentesche a ridosso del vecchio castello della Zisa, di cui era proprietaria.
Era appena andata al cantiere dopo aver ritirato il denaro per gli stipendi degli operai, una decina di milioni. I banditi si sono presentati chiedendo di poter lavorare, ma sono stati mandati via dall’architetto. Dopo qualche minuto sono tornati impugnando una pistola. A Mimma Ferrante hanno chiesto i soldi che teneva nel marsupio. La donna ha tentato di opporre resistenza, ma i rapinatori hanno sparato. Un solo colpo che ha raggiunto la vittima all’addome. Poi, dopo aver preso il denaro, sono fuggiti a piedi. Nella sparatoria è rimasto ferito anche uno dei dipendenti.(La Repubblica del 31 agosto 1996)

 

 

 

Fonte: ricerca.repubblica.it
Articolo del 31 agosto 1996
DIFENDE LE PAGHE, ASSASSINATA
di Lucio Luca

PALERMO – Era appena tornata dal Messico per coronare il suo sogno: voleva aprire un centro sociale e occuparsi di anziani e disadattati. Per questo aveva deciso di ristrutturare Villa Nicolosi, un complesso di case ottocentesche a ridosso del vecchio castello della Zisa. L’aveva acquistata molti anni fa, assieme all’ex marito, un docente universitario di psicologia. Ma ieri pomeriggio Girolama “Mimma” Ferrante, 48 anni, architetto, molto conosciuta in città anche per il suo impegno politico, è stata uccisa da due giovani rapinatori.

Era appena andata al cantiere dopo aver ritirato il denaro per gli stipendi degli operai, una decina di milioni. I banditi si sono presentati chiedendo di poter lavorare, ma sono stati mandati via dall’architetto. Dopo qualche minuto sono tornati impugnando una pistola. A Mimma Ferrante hanno chiesto i soldi che teneva nel marsupio. La donna ha tentato di opporre resistenza, ma i rapinatori hanno sparato. Un solo colpo che ha raggiunto la vittima all’addome. Poi, dopo aver preso il denaro, sono fuggiti a piedi. Nella sparatoria è rimasto ferito anche uno dei dipendenti. Adesso è all’ ospedale in prognosi riservata, ma i medici sono ottimisti.

Mimma Ferrante, che indossava maglietta bianca e pantaloni bordeaux, è stata trovata supina in una strettoia. Nello spiazzo vicino ai cumuli di calce pronti all’uso, una montagna di sabbia, un recipiente azzurro per l’acqua, una carriola colma di calce, forse abbandonata da un operaio per dare soccorso al direttore del cantiere. Sono stati i muratori ad avvertire la Squadra mobile che conduce le indagini.

La pista della rapina, dunque, è quella privilegiata dagli investigatori, anche se non si escludono al momento altri moventi. “Bisognerà interrogare gli amici e i conoscenti della vittima per capire se aveva ricevuto richieste estorsive – dicono gli inquirenti – ma si tratta di un’ipotesi alla quale, per il momento, non diamo molto credito”.

Mimma Ferrante era una donna da sempre impegnata nel sociale. Vent’anni fa, assieme allo psicologo Carlo Romano, suo marito, aveva cominciato a tenere corsi di yoga e di ginnastica psicomotoria in uno dei luoghi cult della Palermo anni ’70, il centro Avatar. Architetto con la passione del restauro, si era battuta contro il “sacco edilizio” e a favore del recupero del patrimonio artistico-culturale della città, militando nelle file della sinistra extraparlamentare. Poi aveva “scoperto” la meditazione orientale che aveva contagiato anche una sorella, da tempo legata agli Hare Krishna.

Dopo essersi separata dal marito, si era trasferita in Messico dove lavorava come architetto in una comunità di volontariato. Un’esperienza della quale amava parlare spesso con gli amici nelle serate trascorse nel Cassaro, il centro storico di Palermo, dove dava una mano a un cugino proprietario di un bar. “Una donna molto energica e piena di voglia di vivere”, ricordano gli amici che sono subito accorsi sul luogo del delitto. “Non poteva avere dei nemici”, dicono, “si tratta senz’ altro di un tentativo di rapina”.

Girolama Ferrante aveva cominciato i lavori un mese e mezzo fa. Tutto procedeva bene. Era stata restaurata la prima casa, sistemato il tetto, montati i ponteggi per il restauro del fabbricato più grande. Girolama Ferrante arrivava presto in cantiere, si allontanava solo all’ora di pranzo. Ieri doveva pagare gli stipendi. Ma non ha fatto in tempo.

 

 

 

 

Fonte:  archivio.unita.news
Articolo del 31 agosto 1996
Architetta uccisa nel suo cantiere
di Ruggero Farkas
Palermo, rubati sei milioni
L’architetto Mimma Ferrante, 48 anni, è stata assassinata a Palermo nel proprio cantiere da due banditi. Era giorno di paga per gli operai e gli assassini hanno portato via sei milioni. Ferito di striscio anche uno dei muratori: il proiettile è uscito dal petto della donna rimbalzando e colpendo la gamba dell’uomo. Tra le ipotesi la rapina simulata. La professionista era sposata con Carlo Romano, ricercatore nella facoltà di Magistero. Non hanno figli.

PALERMO. Sotto i muri del castello della Zisa, sotto la cupola araba, dentro ad un cantiere edile in cui trenta operai sotto la direzione di una donna stavano ristrutturando palazzine per trasformarle in un centro sociale è scoppiato l’ultimo triste giallo di questa estate siciliana di veleni, pentiti, bambini e donne assassinati e mafia.

Due giovanotti con l’aria da disoccupati senza preavviso, senza un lampo di cattiveria negli occhi che preannunciasse il peggio, hanno ucciso Mimma Ferrante, 48 anni, architetto, sposata con Carlo Romano, ricercatore di Psicologia nella facoltà di Magistero. Non hanno figli.

I banditi
Sembra una rapina violenta e assurda nata da un grilletto facile, da un dito tremolante forse perché nelle sue vene c’era droga. Forse anche troppo semplice nella sua dinamica questa rapina. I dirigenti della squadra mobile vanno con i piedi di piombo, ipotizzano una simulazione, ma ripetono a gran voce: è solo un’ipotesi.

Cosa accade alle 16 del penultimo di agosto nella città calda e umida di pioggia, nell’angolino all’ombra della Zisa in via Villa Nicolosi? Nel giardino dove da un anno Mimma Ferrante, dopo essere tornata da un incarico in Messico, dirigeva la ristrutturazione di vecchi caseggiati per adattarli a centro sociale, era un giorno come tanti altri se non fosse stato giorno di paga settimanale.

L’orario è quello di fine lavoro. I manovali si sciacquano, si cambiano, parlottano. Davanti al cancello appaiono due uomini, sui trent’anni. Chiedono di parlare col direttore dei lavori. Entrano e vanno dall’architetto. «Prego, cosa posso fare per voi?» dice con gentilezza Mimma Ferrante che ha già assunto direttamente gli altri operai, molti dei quali si sono presentati spontaneamente chiedendo di poter lavorare. «Cerchiamo un posto» rispondono i due. «Mi dispiace siamo completi, il cantiere ha già tutti gli operai che servono», risponde l’architetto con gentilezza. Sembra finire tutto lì. Invece no. I   due fanno dietrofront sembra che se ne vogliano andare invece uno dei due torna indietro ed ha una pistola in pugno.

L’architetto ha un marsupio è dentro ci sono circa sei milioni di lire: i soldi dei salari per gli operai. Non è chiaro cosa sia avvenuto in quella manciata di secondi. Non si sa se Mimma Ferrante ha resistito alla richiesta del bandito e se questa richiesta c’è stata. Ma in quella manciata di secondi l’uomo che poco prima aveva chiesto lavoro spara un colpo di pistola prende il marsupio e scappa. Non si sentono grida, voci di litigi, non c’è colluttazione.

Gli stipendi
L’architetto cade a terra. «Sembrava si fosse seduta» dice un operaio. Un proiettile le è passato dentro il corpo sfondandole il petto. Il proiettile è rimbalzato su un muro e ha colpito di striscio alla gamba un operaio che si trovava lì di fronte. Il muratore se la caverà in una settimana. Mimma Ferrante viene adagiata dai suoi manovali a terra ma non c’è nulla da fare. Muore lì e in quel giardino i poliziotti della scientifica ed il medico legale faranno più tardi i primi accertamenti.

Da tempo non si registrava un omicidio in città. E da tempo la vittima non era una donna. Tantomeno uccisa per rapina. Davanti al cancello i cronisti trovano polizia, operai, curiosi e Vincenza Ferrante, sorella di Mimma. «Era una professionista molto nota in Messico. Aveva eseguito alcuni lavori importanti. Era forte, determinata, una persona libera. No non ha subito intimidazioni, attentati, tentativi di estorsione. Non me ne ha mai parlato e non ha presentato denunce».
Il professor Carlo Romano, il marito dell’architetto, era in vacanza in una località marinara messinese. È stato avvertito per telefono ed è tornato a Palermo.

La rapina
La rapina di fine agosto, come se ce ne fosse stato bisogno, ha scosso ancor di più la città svegliata dal torpore estivo dai caroselli giudiziari di Giovanni Brusca. Ma questa rapina è sotto attenta osservazione degli investigatori. Dice un dirigente della squadra Mobile: «È importante capire chi fosse il proprietario del terreno e delle palazzine e se l’architetto lavorava per sé o per un ente pubblico. Probabilmente il terreno era suo. Ma è fondamentale anche conoscere la destinazione d’uso dei locali.

La dinamica dell’omicidio è quella di una rapina finita male ma stiamo valutando anche l’ipotesi di una rapina simulata. Nella dinamica del delitto ci sono elementi che vanno studiati a fondo. Soprattutto dopo aver capito cosa si stava costruendo e per chi in questo cantiere. E non dimentichiamo che l’architetto Ferrante aveva assunto i propri manovali da sola senza passare da nessuno, accettando spontanee offerte di lavoro». Solo le indagini potranno cambiare questa rapina con omicidio di due trentenni balordi, ma informati sulle mosse dell’architetto e sugli affari del cantiere, in un delitto mafioso di un racket che non perdona chi non lo consulta prima di lavorare e far lavorare.

 

 

 

Fonte: archiviolastampa.it
Articolo del 31 agosto 1996
Difende le paghe degli operai, uccisa
di Antonio Ravidà
L’architetto si è rifiutata di consegnare ai due banditi il marsupio con i soldi
Palermo: finisce nel sangue la rapina al cantiere

PALERMO Due rapinatori hanno assassinato a Palermo Mimma Ferrara, 48 anni, fuggendo con gli stipendi degli operai del cantiere edile diretto dalla donna, sei milioni in tutto. Probabilmente, la donna ha tentato di difendere disperatamente il marsupio che conteneva il piccolo «tesoro», mentre sembra remota l’ipotesi di un delitto di mafia per uno sgarro nell’ambiente degli appalti.

Poco prima delle 16, i due killer si sono fatti aprire il cancello del cantiere edile distante poche decine di metri dal castello arabo della Zisa. Hanno chiesto del direttore del cantiere e uno degli operai ha avvertito Mimma Ferrara che è uscita, andando incontro agli ospiti. I due hanno cominciato a urlare: «Vogliamo lavoro!». «Siamo al completo», ha risposto la donna. «Mi dispiace davvero, ma non posso far nulla per voi», ha insistito. I due, allora, si sono diretti verso il cancello. Hanno percorso una decina di metri e, quando sembrava che stessero per andarsene sul serio, sono tornati di corsa verso la vittima. Uno ha impugnato la pistola e ha fatto fuoco. Un solo colpo che le ha trapassato il torace. Mentre la donna stramazzava sul pavimento di un corridoio, il proiettile è rimbalzato su un muro e ha ferito uno degli operai testimoni del dramma. Poi, gli assassini sono fuggiti con il marsupio in cui Mimma Ferrara aveva i sei milioni degli stipendi.

Quando la polizia, ricevuto l’allarme per telefono al 113, è giunta in forze nel rione arabo della Zisa non c’era più niente da fare. Dal cantiere di via Villa Nicolosi il cadavere è stato portato nell’obitorio dell’Istituto di medicina legale dove sarà eseguita l’autopsia. E si sono rivelati inutili i posti di blocco istituiti in tutta la città e i controlli di molti sospettabili. «La dinamica è quella di una rapina finita nel sangue ha detto in serata in questura uno degli investigatori della sezione omicidi -, ma non ci sembra il caso, per il momento, di scartare a priori l’ipotesi di una simulazione». E proprio nella considerazione che gli assassini, portando via i soldi abbiano voluto far pensare a una rapina, la polizia sta cercando di capire se nell’appalto per la costruzione di alcune palazzine destinate a centro sociale possa esservi qualche zona oscura.

D’altra parte, ormai, da molti anni a Palermo la mafia non uccide più per i contrasti nell’edilizia. Rendono molto di più il business della droga e il racket delle estorsioni. Sembrano remoti gli Anni Sessanta, quando i boss si scontravano per appalti e forniture dei materiali edilizi, quando si uccideva anche per imporre l’assunzione di pochi operai e guardiani notturni e le vittime finivano nelle vasche colme di calce viva o in blocchi di cemento.

Adesso la polizia sta appurando i particolari sulla vita della vittima, il cui marito, Carlo Romano, in vacanza nel Messinese, è stato avvertito ed è rientrato in fretta a Palermo per fornire ogni notizia utile agli inquirenti.

 

 

 

Fonte: adnkronos.com
Articolo del 7 febbraio 1997
PALERMO: SQUADRA MOBILE, PROGRESSI INDAGINI OMICIDIO FERRANTE

Palermo, 7 feb. -(Adnkronos)- La squadra mobile di Palermo aggiunge un’altra tessera al mosaico probatorio volto ad individuare le responsabilità di autori e mandanti dell’omicidio dell’architetto Girolama Ferrante, assassinata il 30 agosto dello scorso anno in un cantiere edile nel quartiere ‘Zisa’.

Il personale della questura ha eseguito un’ordinanza, applicativa della misura coercitiva degli arresti domiciliari, nei confronti di E. C., 30 anni, sospettato del reato di favoreggiamento personale nei confronti degli autori dell’omicidio. Girolama Ferrante, 48 anni, fu uccisa con un colpo di pistola al basso ventre. Gli assassini la derubarono delle paghe settimanali per gli operai, circa 6 milioni di lire in tutto, uccidendola dopo la rapina.