Cocò e gli altri bimbi uccisi dalla ‘ndrangheta di Giovanni Tizian

Due arresti per l’omicidio del piccolo Nicola Campilongo (Cocò). La sua esecuzione aveva suscitato l’indignazione collettiva. Ma le mafie non hanno mai risparmiato né bambini né donne. Perché non seguono codici d’onore. Ma solo i propri interessi.

Fonte: espresso.repubblica.it
Articolo del 12 ottobre 2015

Cocò e gli altri bimbi uccisi dalla ‘ndrangheta
Avrebbe avuto cinque anni il piccolo Cocò: Nicola Campilongo, il bambino ucciso nel 2014 a Cassano allo Ionio insieme al nonno e alla sua compagna in un agguato di ‘ndrangheta. Ora ci sono due sospettati. Cosimo Donato e Fuastino Campilongo sono stati arrestati dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Cosenza con l’accusa di omicidio premeditato e distruzione di cadavere, con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’attività del sodalizio di matrice ‘ndranghetista degli “Abbruzzese”.

Dopo averli uccisi con diversi colpi di pistola hanno bruciato i loro corpi cospargendoli con la benzina. Il ritrovamente dei tre cadaveri, e del più piccolo in particolare, suscitò l’indignazione collettiva. Intervenne persino il Papa, che gli aveva rivolto un pensiero e una preghiera in occasione dell’Angelus in piazza San Pietro, il 26 gennaio 2014. Papa Francesco qualche mese dopo si recò anche in Calabria, proprio a Cassano, da dove lanciò il suo anatema contro la violenza mafiosa.

L’indagine della procura antimafia di Catanzaro prosegue per accertare altre responsabilità. Gli inquirenti sono convinti che sul luogo del delitto ci fossero anche altre persone. Il triplice omicidio è stato inquadrato all’interno delle dinamiche proprie della criminalità organizzata di Cassano: nella zona del cosentino denominata “Sibaritide”.

Giuseppe Iannicelli, il nonno di Cocò, era coinvolto nello spaccio di sostanze stupefacenti, prima con gli Abbruzzese, e successivamente per il sodalizio storicamente contrapposto dei Forastefano. Da qui le frizioni nate con il clan degli Zingari, gli Abbruzzese. Dissidi che si erano ulteriormente amplificati in seguito alla diffusione della notizia secondo cui Iannicelli sarebbe stato intenzionato a collaborare con la giustizia e che, inoltre, stava per aprire un suo canale di spaccio. Per questo, Cosimo Donato e Faustino Campilongo, che conoscevano molto bene le vittime, sarebbero stati incaricati di attirarlo all’appuntamento della strage.

Cocò in tutto questo ha pagato la sua presenza in quell’auto. Gli investigatori sostengono che il giovane nonno lo utilizzasse come scudo umano. Come si usa nelle guerre. Ma siamo in Calabria, in Italia.

La ‘ndrangheta non ha mai risparmiato bambini e donne. La leggenda continua a circolare e mira a creare un linea di confine tra vecchio-buono e nuovo-cattivo. E recita più o meno così: c’era una volta la ‘ndrangheta con un codice d’onore, si chiamava onorata società ed era fatta da uomini di rispetto. Non ammazzava né donne né bambini. Sciocchezze. Fantasie. Invenzioni di qualche pubblicitario dei clan. Le cosche mafiose ammazzano chiunque in none degli affari. Misurano ogni cosa in convenienza. E se ammazzare un bambino conviene, la sentenza di morte è già scritta.

La storia ha abbondantemente smentito questa favola criminale. La realtà e la cronaca parlano di oltre 30 ragazzini uccisi dalle cosche calabresi. Dal 1950 a oggi. Gli ultimi due sono Dodò Gabriele, ammazzato mentre giocava in un campo da calcetto a Crotone, e Cocò il cui corpo è stato bruciato per vendetta. Scudi umani di una ‘ndrangheta senza onore.

 

Ecco le storie dei piccoli uccisi dalle ‘ndrine. Storie raccontate nel libro “Dimenticati” (di Alessio Magro e Danilo Chirico) e sull’archivio Stop’ndrangheta.it

 

Domenica Zucco, 3 anni: colpita all’addome nell’agguato contro il padre. 3 ottobre 1951.

Concetta Lemma, 16 anni: viene ammazzata a colpi di lupara, l’11 gennaio 1964. E’ vittima di una vendetta di faida.

Cosimo Gioffrè, 12 anni: ucciso nella notte del 18 gennaio 1965 a San’Eufemia d’Aspromonte mentre dorme nel letto con la madre e con altre tre fratelli.

Giuseppe Bruno, 18 mesi: colpito da due pallettoni alla testa nell’agguato contro il padre. Muore l’11 settembre 1974 a Seminara.

Salvatore Feudale, 10 anni: assassinato in piazza Mercato, a Crotone, insieme con il fratello diciannovenne. E’ il 20 settembre 1973.

Michele e Domenico Facchineri, 9 e 10 anni: trucidati a colpi di lupara il 13 aprile 1975 a Cittanova.

Giuseppina Pangallo, 3 anni: ammazzata il 12 dicembre 1975 a San Giovanni di Sambatello mentre si trova in macchina con la madre. (In realtà è Giuseppina Utano; Pangallo è il cognome della madre)

Graziella e Maria Maesano, 9 anni: uccise a Le Castella (Crotone) il 21 settembre 1982 nell’agguato che ha per bersaglio lo zio Gaetano.

Rocco Corica, 7 anni: viene ucciso a Taurianova nell’agguato che il 29 settembre 1976 ha per bersaglio il padre. Il suo volto è sfigurato dai proiettili.

Pasqualino Perri, 12 anni: ammazzato in un ristorante di Rende, il 27 ottobre 1978. Il bersaglio dei killer era il padre.

Giovanni Canturi, 13 anni: il 9 novembre 1982 viene ucciso a Caraffa del Bianco mentre accudisce gli animali insieme con lo zio, vittima designata dei killer.

Domenico Cannatà, 11 anni e Serafino Trifarò, 14 anni: uccisi in un agguato a San Ferdinando la sera del 4 novembre 1983.

Gianluca Canonico, 10 anni: ferito a morte, il 3 luglio 1985, in un conflitto a fuoco mentre sta giocando a pallone nel cortile di casa, a Reggio Calabria.

Michele Arcangelo Tripodi, 12 anni: sequestrato e ucciso a San Ferdinando il 18 marzo 1990. E’ vittima di una vendetta trasversale.

Marcella Tassone, 9 anni: la sera del 22 febbraio 1989 viene trucidata mentre si trova in macchina con il fratello, a Laureana di Borrello. In faccia le sparano sette colpi.

Andrea Bonforte, 15 anni: ucciso all’alba del 2 gennaio 1990 a Catona, nella periferia nord di Reggio. L’obiettivo era il fratello.

Letterio Nettuno, 15 anni: sequestrato, torturato, sgozzato il 5 gennaio 1991 dalla cosca Latella-Ficara.

Domenico Catalano, 16 anni: ucciso in un agguato il 1 settembre 1990 nel quartiere Archi Cep, nella zona nord di Reggio.

Arturo Caputo, 16 anni: sta mangiando una pizza in un locale di Strongoli, nel Crotonese, la sera del 4 luglio 1990. Finisce sulla traiettoria dei killer che hanno per bersaglio un pregiudicato della zona.

Saverio Purita, 11 anni: il 23 febbraio 1990 sparisce da Vibo. Lo troveranno ammazzato e con il corpo semicarbonizzato.

Francesco Pugliese, 13 anni: scomparso da Vibo il 2 gennaio 1983.

Luca Cristello, 14 anni: scomparso da Francica, nel Vibonese, il 17 maggio 2002.

Elisabetta Gagliardi, 9 anni: ammazzata con due colpi di pistola in testa a Palermiti il 7 settembre 1990. I killer cercavano il padre e, in sua assenza, si sono accaniti sulla figlia e la moglie, Maria Marcella, uccisa anche lei.

Nicholas Green, 7 anni: il 29 settembre 1994 viene ferito a morte, in un tentativo di rapina, mentre si trova in auto con la famiglia sulla Sa-Rc.

Mariangela Ansalone, 9 anni: ammazzata l’8 maggio 1998 ad Oppido Mamertina, insieme con il nonno. La macchina su cui si trovavano era stata scambiata dai killer per l’auto dei rivali.

Paolino Rodà, 13 anni: ucciso il 2 novembre 2004 nelle campagne di Ferruzzano, insieme con il padre.

Dodò Gabriele, 11 anni: 25 giugno del 2009, Crotone, Dodò sta giocando a pallone in un campo di calcetto quando i killer entrano in azione sparano all’impazzata. Dodò morirà dopo tre mesi di agonia.

Nicola Campolongo, 3 anni: Il suo corpo carbonizzato, insieme a quello dei due adulti, è stato ritrovato il 19 gennaio 2014.