IO, MORTO PER DOVERE La vera storia di Roberto Mancini, il poliziotto che ha scoperto la Terra dei Fuochi

IO, MORTO PER DOVERE La vera storia di Roberto Mancini, il poliziotto che ha scoperto la Terra dei Fuochi
di Luca Ferrari, Nello Trocchia e Monika Dobrowolska Mancini

Ed. Chiarelettere, 2016

Un uomo sapeva già tutto del disastro ambientale nella cosiddetta Terra dei fuochi. Vent’anni fa conosceva nomi e trame di un sistema criminale composto da una cricca affaristica in combutta con la feccia peggiore della malavita organizzata e con le eminenze grigie della massoneria. Aveva scritto un’informativa rimasta per anni chiusa in un cassetto e ritenuta non degna di approfondimenti, ha continuato il suo impegno depositando, nell’ultimo periodo della sua vita, un’altra informativa. Quest’uomo si chiamava Roberto Mancini, è morto il 30 aprile 2014, ucciso da un cancro. Sarà riconosciuto dal ministero dell’Interno come “vittima del dovere”. Un giovane poliziotto cresciuto tra le fila della sinistra extraparlamentare negli anni confusi e violenti della contestazione. Manifestazioni, picchetti, scontri di piazza, poi la scelta della divisa, per molti incomprensibile e spiazzante, per Mancini del tutto naturale. Una grande storia di passione, impegno e coraggio. Questo libro finalmente la racconta tessendo insieme con delicatezza e profondità le testimonianze dei colleghi e della famiglia (la moglie Monika, che ha collaborato alla stesura, la figlia Alessia, che aveva tredici anni quando il papà è morto), i documenti, oltre dieci anni di lavoro alla Criminalpol e la voce stessa di Mancini, che restituisce la sua verità e tutto il senso della sua battaglia umana e professionale. Una storia chiusa per anni nel silenzio e oggi riscoperta, oggetto di una fiction con Giuseppe Fiorello.

 

 

 

Articolo dell’11 Febbraio 2016 da huffingtonpost.it

“Io, morto per dovere”, il libro-verità su Roberto Mancini, un uomo e un poliziotto lasciato solo dallo Stato

“Il nostro dovere non è arrestare qualcuno e mettergli le manette per fare bella figura con i superiori e magari prendersi un encomio. Noi siamo pagati per garantire i diritti, per migliorare, nel nostro piccolo, il mondo che ci circonda, la vita delle persone”.

Roberto Mancini sapeva benissimo che non tutto ciò che è legale corrisponde al termine giustizia. “A volte, diceva, l’illegalità è l’unico modo per affermare un diritto e talvolta la legalità è solo uno strumento di sopraffazione”. Sapeva che non era semplice mantenere l’equilibrio, soprattutto quando indossava la sua divisa da poliziotto (lavorava alla oramai scomparsa Criminalpol), ma lui ci riusciva perfettamente e grazie a quella divisa, la legalità divenne l’alleata che nella sua vita gli servì ad esercitare e a praticare la giustizia sociale fino all’ultimo, divenendone un simbolo che pochi conoscono.

Mancini era ligio al dovere ma insofferente al potere: è stato uno sbirro controcorrente, un comunista convinto (era, tra l’altro, anche un grande lettore de Il Manifesto), un uomo coraggioso che si è ammalato perché portò avanti le sue indagini in quella che poi venne chiamata la Terra dei Fuochi, tra Napoli e Caserta, andando a scavare nelle aree contaminate dai trafficanti di veleni armato solo di guanti di lattice e mascherina. Fu lui a scoprire tutte le tracce dell’interramento dei rifiuti tossici nei terreni, in mezzo a mille intralci e sabotaggi che poi portarono all’insabbiamento delle sue informative già nel 1996.

La sua storia ci viene raccontata in “Io, morto per dovere”, un libro-verità scritto a quattro mani dai giornalisti Luca Ferrari (già autore dell’inchiesta che ha raccontato per la prima volta la storia di Mancini, pubblicata su Repubblica, ma anche fotografo e regista, autore dei documentari Pezzi del 2012 e Showbiz del 2015) e Nello Trocchia (autore di molte inchieste giornalistiche e libri, come Federalismo criminale, La peste e Roma come Napoli), in uscita l’11 febbraio per Chiarelettere.

“Aveva scoperto qualcosa che non si poteva dire, qualcosa che dava noia a troppe persone, per questo è stato lasciato solo. Diceva la verità, per questo è morto”, scrive Giuseppe Fiorello nella prefazione al libro e sarà proprio l’attore siciliano a interpretare Mancini nella fiction “Io non mi arrendo”, una coproduzione Rai Fiction-Picomedia per la regia di Enzo Monteleone che andrà in onda su Rai Uno in prima serata il 15 e il 16 febbraio prossimi.