1 maggio 1947 Monreale (PA). Emanuele Busellini, campiere di 39 anni, fu ucciso dalla banda Giuliano di ritorno dall’avvenuta Strage di Portella della Ginestra.

Emanuele Busellini aveva 39 anni quando il 1° maggio del 1947 venne ucciso dalla banda di Salvatore Giuliano e gettato in una foiba. Quel giorno ebbe la sventura di imbattersi nel gruppo di fuoco che poco prima aveva sparato sulla folla di contadini radunati a Portella della Ginestra. I banditi in fuga passarono da contrada “Presto”, dove si trovava Busellini, che era campiere per conto dei piccoli proprietari del feudo Strasatto. “Giuliano, ben conoscendo la sua correttezza morale e civile, decise di sopprimerlo per eliminare un testimone scomodo”, racconta Francesco Petrotta nel libro “Salvatore Giuliano, uomo d’onore”.
Fonte: cittanuove-corleone.net

 

 

 

Fonte: misteriditalia.it

Il bandito Giuliano
La strage di Portella della Ginestra
Documenti sulla strage
DOCUMENTO 21

RAPPORTO DEI CARABINIERI DI ALTOFONTE SULLA SCOMPARSA DI EMANUELE BUSELLINI

REPUBBLICA ITALIANA

LEGIONE TERRITORIALE DEI CARABINIERI DI PALERMO

STAZIONE DI ALTOFONTE

n. 48 del rapporto

Altofonte, lì 8 maggio 1947

Rapporto giudiziario circa le indagini esperite in merito alla scomparsa del campiere Busellini Emanuele di Guglielmo e fu Ganci Angela, nato in Altofonte il 31 luglio 1908, ivi domiciliato in via Monte Santo, avvenuta in località «Strasatto» di Monreale alle ore 13 circa del 1° maggio 1947.

Al Comando del Gruppo Esterno dei Carabinieri di Palermo
e per conoscenza Al Comando della Compagnia dei Carabinieri di Palermo Est.

«Il giorno 2 corrente, in seguito ai fatti di sangue avvenuti il giorno precedente in territorio di Piana degli Albanesi, in occasione di festività, si era sparsa la voce in Altofonte che il campiere Busellini Emanuele di Guglielmo, meglio generalizzato in rubrica, era scomparso misteriosamente dal feudo «Strasatto» di Monreale ove lo stesso prestava servizio di vigilanza in qualità di campiere per conto di diversi piccoli proprietari terrieri residenti tutti in questo comune.

Lo scrivente volendo assodare quanto vi fosse di vero sulla notizia ormai divenuta di dominio pubblico, esperiva pronte indagini fra elementi del comune, ma con esito negativo perché tutti ammettevano di avere appresa la notizia, dalla pubblica voce ma nessuno si riteneva in grado di specificare la fonte di provenienza della notizia stessa.

Il 4 corrente venivano invitati in caserma Busellini Guglielmo di ignoti e Busellini Giuseppe di Guglielmo, rispettivamente padre e fratello dello scomparso, i quali opportunamente interrogati, gli stessi ammettevano di aver appreso dalla pubblica voce, ma di non essere in grado di riferire su elementi specifici. I suddetti pur avvalorando i sospetti della scomparsa, ammettevano che si sarebbe anche potuto trattare di semplice fermo operato dagli organi di Polizia immediatamente dopo i fatti di sangue di Portella della Ginestra.

Il 5 corrente, un confidente riferiva allo scrivente che certo Arrigo Giovanni di Giuseppe avrebbe potuto sapere certamente qualche cosa al riguardo perché il giorno precedente si era manifestato con qualche persona, accennando qualche particolare, sulla scomparsa del campiere. Il suddetto Arrigo, invitato in caserma ed interrogato dal sottoscritto, in un primo momento si mostrò reticente, ma, in seguito a persuasive insistenze, dichiarava che il primo corrente, si trovava in località «Presto» compresa nel feudo «Strasatto», in un appezzamento di terreno di sua proprietà intento a zappare. In tale circostanza, verso le ore 11, ebbe a notare la presenza del campiere Busellini il quale armato di fucile da caccia, si dirigeva verso le alture della montagna che sorge nella stessa località «Presto».  Lo Arrigo dichiarava infine di non averlo più visto di ritorno e che nulla poteva riferire in particolare della sua scomparsa.

Non perfettamente convinto di tale asserzione, lo scrivente continuò nell’interrogatorio finché l’Arrigo confessava che migliori notizie avrebbero potuto essere fornite da certo Acquaviva Domenico fu Salvatore il quale nella circostanza avrebbe potuto sapere altri particolari perché anch’egli nella giornata del 1° corrente si trovava a lavorare nella stessa località.

Convinto della sincerità di quest’ultima affermazione, lo scrivente invitava in caserma il suddetto Acquaviva il quale spezzata la momentanea reticenza, dichiarava che il 1° maggio si trovava in un appezzamento di terreno di sua proprietà, sito in località «Presto» compresa nel  feudo «Strasatto» e che verso le ore 11 dello stesso giorno udì distintamente alcuni colpi di arma da fuoco il cui eco proveniva dalla località «Portella della Ginestra», ma che a ciò non attribuì alcuna importanza perché ignorava completamente i fatti di sangue che stavano per avvenire in quella località.

Verso le ore 13 dello stesso giorno mentre l’Acquaviva stava seduto intento a consumare una frugale colazione, notò un gruppo di 12 persone, armate di moschetti militari che proveniente dalla montagna della stessa località «Presto» si dirigeva verso la località denominata «Maggior Cassaro». Fra il gruppo di dette persone, l’Acquaviva, notò molto bene che vi era anche il campiere di Altofonte Busellini Emanuele il quale peraltro era senza fucile. Il suddetto Acquaviva, immaginando trattarsi di un gruppo di carabinieri in abito simulato, non attribuì importanza alla cosa. I suddetti individui, a dire del dichiarante, indossavano abiti comuni di vario colore ed erano tutti giovani dell’apparente età di anni 25-30. L’Acquaviva seguì con lo sguardo il gruppo finché si allontanò dietro una collina esistente nella stessa località, ma non è stato in grado di indicare la direzione presa perché una volta scomparso dietro la collina avrebbe potuto percorrere la mulattiera che conduce a Pioppo e quella che conduce a San Giuseppe Jato o Partinico.

Lo stesso Acquaviva a richiesta dello scrivente, specificava che il gruppo di armati da lui notato era composto di 11 persone e 12 col Busellini il quale era senza armi, mentre una delle 11 persone portava un fucile da caccia. Il giorno 2 corrente, l’Acquaviva Domenico notata nella piazza di Altofonte la presenza del fratello dello scomparso, a nome Giuseppe, gli riferiva confidenzialmente quanto aveva visto il giorno precedente nei riguardi di suo fratello Emanuele.

Ottenuta tale dichiarazione, lo scrivente procedeva all’interrogatorio del Busellini Giuseppe per conoscere da questi il motivo per cui non si era preoccupato di riferire alle autorità quanto aveva saputo dall’Acquaviva e tutti gli altri elementi da lui raccolti e che avvaloravano la scomparsa del di lui fratello. Questi dichiarava che il 2 corrente, verso le ore 6,30 terminato il suo turno di   servizio di vigilanza che prestava presso l’11° reparto riparazioni automobilistico, sito a mezzo Monreale, inforcò una bicicletta di sua proprietà e si diresse verso Altofonte ove risiede la sua famiglia.

All’altezza di Villagrazia alcuni individui lo informarono che il di lui fratello Angelo, il 1° corrente era stato fermato in località ‘Strasatto’ dalle forze di polizia e ciò, in seguito ai noti fatti di sangue avvenuti a Portella della Ginestra. Giunto ad Altofonte tale particolare gli venne anche confermato da alcune persone del luogo e dagli stessi famigliari. Il medesimo, confermava anche che verso le ore 10 del 2 corrente, trovandosi nella Piazza di questo abitato, ebbe riferito da Acquaviva Domenico che il di lui fratello Emanuele il giorno precedente si trovava fra un gruppo di 11 armati mentre percorrevano la mulattiera della località Maggior Cassaro. Però non diede importanza alla notizia anche perché in considerazione delle molte dicerie messe in giro non sapeva se si trattava del fratello Angelo effettivamente fermato dalla polizia o del fratello Emanuele.

Per quest’ultimo avvalorò l’ipotesi che trattandosi di campiere si sarebbe potuto trovare tra il gruppo per ragioni del suo servizio. Il giorno 4 successivo visto che il fratello Emanuele non aveva dato notizie di sé alla famiglia, né fatto ritorno a casa, ultimato il suo turno di servizio, da Boccadifalco, percorrendo lo stradale Monreale-Pioppo si portò alla caserma dei carabinieri di Portella della Paglia per chiedere notizie del fratello Emanuele ma, avendo dai carabinieri ottenuto risposta negativa, si diresse verso la casetta di campagna ove soleva alloggiare il fratello scomparso.

All’altezza delle case cantoniere fece incontro col padre e con la cognata che provenienti da Altofonte si recavano presso i carabinieri di Portella della Paglia per lo stesso motivo.  Tutti e tre ritornarono recandosi nella casetta della campagna ove soleva alloggiare il campiere scomparso. La moglie di questi, a nome La Barbera Tina, aperse la porticina con la chiave di casa sua e nell’interno notarono soltanto una forma e mezzo di pane conservata dentro una cesta che i tre, non avendo potuto ottenere alcuna notizia sullo scomparso, portarono con loro, facendo ritorno in Altofonte.

Il giorno 5 successivo il Busellini Giuseppe, accompagnato dal padre, si recava a Palermo ove chiese notizie del fratello alle carceri Ucciardone, alla caserma carabinieri di S.  Vito, al comando della legione carabinieri e alla Questura, ma i predetti comandi e uffici confermarono tutti che il Busellini Emanuele non figurava fermato dagli organi di polizia. Interrogato il  padre  dello scomparso,  Busellini  Guglielmo di  ignoti,  il medesimo  nel  complesso  confermava  i  particolari  resi  dal  figlio  Giuseppe, ma  dichiarava  di  non  sapere  nulla  di  positivo  in  merito  alla  scomparsa  del figlio  Emanuele,  limitandosi  a  dire  che  soltanto  dalla  pubblica  voce  aveva appreso la notizia e che successivamente, praticati migliori accertamenti, era venuto  a  conoscenza  che  il  di  lui  figlio  Angelo  era  stato  fermato  il  1° corrente in località Strasatto mentre lavorava in un appezzamento di terreno di sua proprietà, mentre il figlio Emanuele, campiere non risultava fermato dagli  organi  di  polizia  e  quindi  tutte  le  voci  corse  in merito alla  sua scomparsa,  sono da  ritenersi  veritiere  anche  perché  il  suddetto  figlio  che sarebbe dovuto tornare a casa il 3 corrente, a tutt’oggi, non ha fatto ritorno né dato notizie di sé.

Il Busellini Guglielmo dichiarava inoltre che il 2 corrente avendo saputo del fermo del figlio Angelo, si era portato in località Strasatto per rintracciare almeno la mula che il figlio aveva con sé al momento del fermo ma che non avendola rinvenuta faceva ritorno in Altofonte. In tale circostanza a casa sua avrebbe trovata la mula di cui invano aveva ricercato durante la giornata. I famigliari interrogati al riguardo, gli riferivano che l’animale era stato portato a casa da certo Rinicella Francesco per incarico avuto dai carabinieri di Piana degli Albanesi.

Successivamente, lo scrivente procedeva all’interrogatorio di Rinicella Salvatore di Nicola per conoscere i particolari in merito alla restituzione della mula di proprietà del Busellini Guglielmo.  Il Rinicella ci dichiarava che il mattino del 2 corrente si era portato alla stazione dell’Arma di Piana degli Albanesi per chiedere notizie sul conto del suo cognato Rinicella Domenico di G. Battista che recatosi il giorno precedente a lavorare nel feudo di Strasatto non aveva fatto ritorno a casa. Il suddetto Rinicella Salvatore, allorché si era recato alla stazione dell’Arma di Piana, era accompagnato dal cugino Rinicella Francesco di Domenico. Il suddetto per mezzo di un maresciallo dei carabinieri di Piana, di cui non conosce il nome, seppe che il di lui cognato Rinicella Domenico era stato fermato effettivamente dalla polizia, unitamente ad altri due individui di Altofonte, certi La Barbera Salvatore e Busellini Angelo ai quali peraltro erano stati momentaneamente sequestrati muli di loro proprietà. Il suddetto maresciallo dei carabinieri, previo riconoscimento, consegnava al Rinicella Francesco il mulo di proprietà di Rinicella Domenico con incarico di restituirlo alla famiglia e al Rinicella Salvatore altri due muli di cui uno di proprietà di La Barbera Salvatore ed altro di   proprietà di Busellini Guglielmo, con incarico di restituirli alle rispettive famiglie.

Continuando gli accertamenti per maggiormente assodare la scomparsa del campiere Busellini Emanuele, il giorno 7 corrente si procedeva all’interrogatorio di Bonsignore Antonino fu Giuseppe il quale dichiarava che il 1° maggio si trovava a lavorare in località Presto in un appezzamento di  terreno di  sua  proprietà e che verso le ore 9,30 vide passare il campiere Busellini Emanuele che dopo di averlo salutato e dopo di aver chiesto se vi fossero eventuali novità nella zona, proseguì il suo cammino dirigendosi verso le alture del  monte «Presto» da cui si accede anche alla località «Ginestra». Il Busellini indossava un pantalone di velluto nero ma il Bonsignore non è stato in grado di precisare se fosse armato di fucile né se il medesimo indossasse la giacca. Il Bonsignore che non ha più visto il Busellini di ritorno, dichiarava che nelle immediate adiacenze si trovavano a lavorare anche i coniugi Terrasi Salvatore di Benedetto e la di lui moglie Di Carlo Orsola.

Questi ultimi, interrogati dallo scrivente hanno dichiarato verbalmente di non aver notato la presenza del Busellini Emanuele perché lavoravano in un appezzamento di terreno circa 200 metri distante da quello del Bonsignore, terreno situato in una piccola valle da cui non era possibile poter notare l’eventuale passaggio del campiere.

La moglie dello scomparso La Barbera Caterina di Girolamo e fu Rinicella Antonina, nata in Altofonte il 5.4.1914, ivi domiciliata, dichiarava verbalmente che il di lei marito Busellini Emanuele era partito di casa il mattino del 30 aprile u.s., verso le ore 5, direttamente al feudo Strasatto ove sorveglia in qualità di campiere tutta la estensione di detto feudo appartenente quasi interamente a molti piccoli proprietari di Altofonte.

Il Busellini, prima di uscire di casa, aveva portato con sé due forme di pane del peso complessivo di Kg.  3,500 circa, sufficienti per l’alimentazione di tre giornate.  Secondo le affermazioni della moglie, il Busellini avrebbe dovuto tornare a casa la sera dei tre andante.

Da successive indagini esperite dallo scrivente, non è stato possibile fin qui, raccogliere altri elementi probatori atti a lumeggiare la scomparsa del campiere Busellini.  Dalle  dichiarazioni  rese  da  Bonsignore Antonino e  da Arrigo Giovanni, di cui agli allegati n. 1 e 6 del presente rapporto, risulta in modo non dubbio  che  verso  le  ore  10,  11 del  1° corrente, il campiere Busellini fu visto transitare dal feudo Strasatto, diretto verso alture del monte Presto, zona questa quasi confinante con quella della località Portella della  Ginestra, mentre dalla dichiarazione resa da Acquaviva Domenico come risulta dall’allegato n.1, il Busellini verso le ore 13 dello stesso giorno 1° andante fu visto transitare dalla stessa località Presto in mezzo ad 11 individui armati i quali a normale andatura si dirigevano verso la località denominata Maggior Cassaro.

Poiché fin qui non vi sono altri elementi di prova si ha motivo di ritenere che il Busellini, persona di buona moralità, imbattutosi casualmente col gruppo di armati che poco prima aveva fatto la strage a «Portella della Ginestra» sia stato dagli stessi catturato e portato via, allo scopo di evitare un loro eventuale riconoscimento.

A tutt’oggi non si conosce la sorte del campiere Busellini.  Le indagini in proposito continuano alacremente e di ogni positiva emergenza, lo scrivente si riserva di far seguito al presente rapporto.

Il maresciallo capo Comandante Di Salvo Alessandro

 

 

 

Fonte: monrealenews.it
Articolo del 13 Aprile 2017
Altofonte, una strada intitolata ad Emanuele Busellini, 13ª vittima di Portella della Ginestra

Con un bel video diventa più pressante la richiesta di rendere onore ad una vittima “dimenticata”

ALTOFONTE, 13 aprile – In prossimità del 70° anniversario della morte di Emanuele Busellini, campiere del feudo Strasatto, ucciso la mattina del 1° maggio 1947 in contrada Mungilicasi nei pressi di Giacalone (Monreale) da un gruppo di banditi, Giovanni Pileri, segretario della camera del lavoro “Giuseppe Di Vittorio” di Altofonte in condivisione con l’associazione Portella della Ginestra dei familiari e sopravvissuti alla strage di Piana degli Albanesi, ha presentato al sindaco di Altofonte la proposta di intitolare l’attuale via “Montesanto” proprio a Emanuele Busellini “campiere dei contadini poveri” che risiedeva nella stessa via.

Del gruppo di banditi faceva parte anche Salvatore Giuliano, in fuga dopo avere perpetrato la strage di Portella della Ginestra.

Ma chi era Emanuele Busellini? Era nato a Parco il 3 luglio 1908, campiere del feudo Strasatto, ebbe la sfortuna di imbattersi in contrada “Presto” con un gruppo di banditi tra i quali Salvatore Giuliano, che si dirigeva verso la Cannavera-Sagana, Montelepre dopo aver perpetrato la strage di Portella della Ginestra.

Si avvicinò ai banditi, sorridente e tranquillo, ma fu da questi privato del fucile che portava, sequestrato e condotto fino alla foiba, profonda 30 metri, dove lo uccise il bandito Salvatore Ferreri detto “Fra Diavolo”, confidente della polizia. I banditi fecero poi scomparire il corpo del campiere per cancellare le tracce della loro fuga.

Busellini, 40 anni, lasciava la moglie Caterina La Barbera, incinta di un bambino, Emanuele, che nascerà tre mesi dopo il suo omicidio e una figlia, Angela, di due anni. Il suo cadavere fu rinvenuto due mesi dopo, il 22 giugno 1947.

In primo momento i carabinieri scrissero che il corpo era stato scoperto durante un servizio di battuta. Successivamente il tenente colonnello Giacinto Palantonio dell’Ispettorato Generale di Pubblica Sicurezza per la Sicilia dovette ammettere che ad indicare la foiba fu lo stesso Ferreri “Fra Diavolo”.

Cinque anni dopo, nel 1952, i giudici di Viterbo nel corso del processo sulla strage di Portella della Ginestra accertarono la responsabilità di Salvatore Giuliano e di Salvatore Ferreri nell’omicidio del campiere ma i due non furono condannati perché erano già morti.

Come scrisse ai tempi il comandante dei carabinieri di Altofonte, Busellini era “persona di buona moralità”, che svolgeva l’attività di campiere su incarico dei piccoli proprietari del feudo Strasatto e per difendere gli interessi di quest’ultimi diverse volte si scontrò con i banditi e i mafiosi che spadroneggiavano nella zona.

Salvatore Giuliano, che ben conosceva la correttezza morale e civile di Emanuele Busellini decise la sua soppressione per eliminare un testimone scomodo che potesse rivelare la verità sulla strage di Portella della Ginestra.

La proposta di intestare la via ad Emanuele Busellini e un video documento sono stati realizzati da Giovanni Pileri (Cgil Altofonte ), dall’ Associazione Portella della Ginestra dei familiari sopravvissuti alla strage, Toti Inchiappa, il figlio e i parenti di Emanuele Busellini e Giuseppe Daidone che si stanno impegnando per arrivare al riconoscimento di Emanuele Busellini come la 13ª vittima della Strage di Portella della Ginestra.

Allo staff che ha realizzato il video i ringraziamenti più sentiti da tutto lo staff di Monreale News/Altofonte News.

 

Un ricordo di Emanuele Busellini

Monrealenews – 13 aprile 2017

 

 

 

 

Fonte:  monrealenews.it
Articolo del 1 maggio 2017
Benedetta la foiba dove venne ritrovato il corpo di Emanuele Busellini, 13ª vittima di Portella della Ginestra
di Andrea La Barbera

Si trova in contrada Mungilicasi, demanio di Fontanafredda. LE FOTO e IL VIDEO

MONREALE, 1 maggio – Ieri pomeriggio, in occasione della ricorrenza del 70° anniversario dall’uccisione, che avvenne nel 1947, alla presenza del figlio, di parenti, di una delegazione della CGIL e di personale forestale, in contrada Mungilicasi, demanio di Fontanafredda, territorio di Monreale, padre Nino La Versa ha benedetto la foiba dove il 22 giugno 1947 venne stato ritrovato il corpo senza vita di Emanuele Busellini il “campiere dei contadini poveri”, tredicesima vittima della strage di Portella della Ginestra.

Emanuele Busellini, nato a Parco il 3 luglio 1908, campiere del feudo Strasatto, ebbe la sfortuna di imbattersi in contrada “Presto” con un gruppo di banditi tra i quali Salvatore Giuliano, che si dirigeva verso la Cannavera-Sagana, Montelepre dopo aver perpetrato la strage di Portella della Ginestra.

Si avvicinò ai banditi, sorridente e tranquillo, ma fu da questi privato del fucile che portava, sequestrato e condotto fino alla foiba, profonda 30 metri, dove il bandito Salvatore Ferreri detto “Fra Diavolo”, confidente della polizia lo uccise. I banditi fecero scomparire il corpo del campiere per cancellare le tracce della loro fuga.

Busellini, 40 anni, lasciava la moglie Caterina La Barbera, incinta di un bambino, Emanuele, che nascerà tre mesi dopo il suo omicidio e una figlia, Angela, di due anni. Il cadavere di Emanuele Busellini fu rinvenuto quasi due mesi dopo, il 22 giugno 1947.
In primo momento i carabinieri scrissero che il corpo era stato scoperto durante un servizio di battuta, successivamente il tenente colonnello Giacinto Palantonio dell’Ispettorato Generale di Pubblica Sicurezza per la Sicilia dovette ammettere che ad indicare la foiba fu lo stesso Ferreri “Fra Diavolo”.
Cinque anni dopo, nel 1952, i giudici di Viterbo nel corso del processo sulla strage di Portella della Ginestra accertarono la responsabilità di Salvatore Giuliano e di Salvatore Ferreri nell’omicidio del campiere ma i due non furono condannati perché erano già morti.
Come scrisse ai tempo il comandante dei carabinieri di Altofonte, Busellini era “persona di buona moralità”, che svolgeva l’attività di campiere su incarico dei piccoli proprietari del feudo Strasatto e per difendere gli interessi di quest’ultimi diverse volte si scontrò con i banditi e i mafiosi che spadroneggiavano nella zona.
Salvatore Giuliano che ben conosceva la correttezza morale e civile di Emanuele Busellini decise la sua soppressione per eliminare un testimone scomodo che potesse rivelare la verità sulla strage di Portella della Ginestra.

Le foto che pubblichiamo sono di Mario De Luca e Giuseppe Lo Nigro.

Il video che racconta la storia di Busellini è stato realizzato su iniziativa di Giovanni Pileri (Cgil Altofonte ), dell’ Associazione Portella della Ginestra dei familiari sopravvissuti alla strage, Toti Inchiappa, del figlio e parenti di Emanuele Busellini e del signor Giuseppe Daidone che si stanno impegnando per arrivare al riconoscimento ufficiale di Emanuele Busellini come la 13^ vittima della Strage di Portella della Ginestra.

 

 

 

 

Foto da: linformazione.eu

Fonte: linformazione.eu
Articolo del 20 giugno 2020
ALTOFONTE RICORDA BUSELLINI, VITTIMA INVISIBILE DI PORTELLA DELLA GINESTRA
di Luciano Mirone

È una delle tante vittime invisibili della mafia e dei poteri occulti. Si chiamava Emanuele Busellini, aveva 39 anni, era di Altofonte (Palermo) ed era nato il 31 gennaio 1908. Scomparve nella stessa mattina in cui a Portella della Ginestra, tra Piana degli Albanesi e San Giuseppe Jato, il 1° maggio 1947, veniva commessa la prima strage dell’Italia repubblicana: 11 morti (che poi diventeranno 14) e una trentina di feriti.

Da poche settimane alle elezioni regionali aveva vinto la sinistra del Blocco del Popolo, che, secondo le previsioni, si accingeva a ripetere il successo alle imminenti elezioni politiche. La strage arrivò prima e alle nazionali prevalse la Democrazia cristiana.

Furono gli stessi autori dell’eccidio – gli uomini della banda Giuliano assieme a quelli di Cosa nostra – a farlo sparire, perché Emanuele Busellini, che quella mattina lavorava in campagna a poca distanza da Portella, era considerato uomo di specchiata onestà, e quindi avrebbe raccontato ai carabinieri di aver visto quelle persone di vecchia conoscenza aggirarsi in quei luoghi negli stessi momenti del terribile fatto di sangue. Avrebbe fatto i nomi degli assassini e li avrebbe fatti arrestare subito.

E allora quello stesso giorno lo prelevarono in undici, lo condussero a piedi a qualche chilometro di distanza, lo uccisero e nascosero il cadavere in una foiba profonda trenta metri nella zona dello Strasatto. Il suo corpo fu ritrovato il 22 giugno, oltre un mese e mezzo dopo, guarda caso nello stesso giorno in cui la banda Giuliano compiva gli attentati alle Camere del lavoro di Carini, di Monreale, di Piana degli Albanesi, di Altofonte e di Partinico.

Ecco perché domani e dopodomani – a 73 anni di distanza – la Camera del lavoro di Altofonte, l’Associazione Portella della Ginestra composta dai familiari e dai sopravvissuti alla strage, l’Arci, la Pro Loco ed altri sodalizi locali – lo ricorderanno con due manifestazioni: domani, domenica 21 giugno, alle 8,30, con un raduno presso l’abbeveratoio dello Strasatto e con una passeggiata sull’itinerario del sequestro, fino alla foiba di Valle Monaco. E dopodomani, lunedì 22 (ore 10), con la posa di una corona di fiori nel luogo dove fu ritrovato il corpo.

Scrisse l’8 maggio del ’47 il maresciallo dei carabinieri di Altofonte, Alessandro Di Salvo: “Si ha motivo di ritenere che il Busellini, persona di buona moralità, imbattutosi casualmente col gruppo di armati che poco prima aveva fatto la strage a Portella della Ginestra, sia stato dagli stessi catturato e portato via, allo scopo di evitare un loro eventuale riconoscimento”.

 

 

 

 

Fonte: cittanuove-corleone.net
Articolo del 24 giugno 2020
La Cgil ricorda Busellini, ucciso 73 anni fa dalla banda Giuliano
di Leandro Salvia

Emanuele Busellini aveva 39 anni quando il 1° maggio del 1947 venne ucciso dalla banda di Salvatore Giuliano e gettato in una foiba. Quel giorno ebbe la sventura di imbattersi nel gruppo di fuoco che poco prima aveva sparato sulla folla di contadini radunati a Portella della Ginestra. I banditi in fuga passarono da contrada “Presto”, dove si trovava Busellini, che era campiere per conto dei piccoli proprietari del feudo Strasatto. “Giuliano, ben conoscendo la sua correttezza morale e civile, decise di sopprimerlo per eliminare un testimone scomodo”, racconta Francesco Petrotta nel libro “Salvatore Giuliano, uomo d’onore”.

In più occasioni Busellini, per difendere gli interessi di quei contadini, si era scontrato –infatti- con l’allevatore Benedetto Minasola, un favoreggiatore della mafia di Monreale e della banda guidata dal “re di Montelepre”. Il campiere, disarmato e sequestrato, venne portato a Valle Monaco, in contrada Mungilicausi, dove fu ucciso da Salvatore Ferreri e gettato in una fossa profonda 30 metri. Il suo corpo venne ritrovato dalle forze dell’ordine il 22 giugno dello stesso anno, su indicazione dello stesso Ferreri, detto “Frà Diavolo”.

Busellini non era però solo un campiere. Era il papà di Angela, di appena due anni ed il marito di Caterina La Barbera, che in grembo portava un altro figlio: Emanuele, nato tre mesi dopo l’uccisione del genitore, di cui porta il nome. Oggi quel bambino cresciuto senza un padre ha 73 anni. È stato lui ieri mattina, insieme a Giovanni Pileri della Cgil di Altofonte, a deporre una corona di fiori all’imbocco della foiba. Il giorno prima aveva invece percorso i cinque chilometri lungo il sentiero che dalla strada porta a Valle Monaco. Insieme a lui un gruppo di escursionisti, a piedi ed in mountain bike. Venuti da più parti per rendere omaggio alla memoria di quella che viene considerata la tredicesima vittima della strage del 1° maggio ’47. Così come la definì l’allora Prefetto di Palermo, Cesare Vittorelli.

A distanza di 73 anni, a tenere vivo il ricordo di Busellini sono la Camera del lavoro di Altofonte e l’Associazione Portella della Ginestra. Che hanno organizzato una due giorni di commemorazione: ieri mattina una passeggiata ecologica lungo l’itinerario che dall’abbeveratoio di Strasatto porta alla foiba. Oggi la deposizione di una corona di fiori nel luogo dell’omicidio. Ad individuarlo quattro anni fa furono proprio la Cgil di Altofonte e l’associazione Portella della Ginestra. Ed oggi in quel luogo di dolore c’è una targa che ricorda la vittima innocente del banditismo mafioso.