10 Settembre 1945 Ficarazzi (PA). Ucciso Agostino D’Alessandria (D’Alessandro su molte fonti), segretario Camera del Lavoro. Si stava impegnando nella lotta contro la mafia dell’ acqua.

Il 10 settembre 1945 a Ficarazzi fu assassinato Agostino D’Alessandria, fu Agostino e di Santospirito Agnese. Era nato nello stesso paese alle porte di Palermo il 7 febbraio 1901. Fino al 1930 aveva fatto la guardia campestre a Bagheria, dall’agosto 1945 era diventato “soprastante” dell’acqua irrigua del consorzio S. Elia di Ficarazzi, ed aveva assunto la segreteria della locale Camera del lavoro. «La sua azione sindacale e politica – sostenne il giornalista Cimino – aveva toccato uno dei punti più sensibili del potere mafioso nella zona dei giardini: l’acqua di irrigazione.
D’Alessandria era un guardiano di pozzi e conosceva dal di dentro l’ingranaggio della sopraffazione esercitata dai padroni dei pozzi a danno dei coltivatori. Quando cominciò a denunciare il sistema lo invitarono a lasciar perdere quel tasto ma non se ne diede per inteso e continuò la sua campagna riuscendo ad eliminare alcuni fra i più sfacciati abusi. Fu allora che gli spararono». (Dino Paternostro)

 

 

Fonte:  mafie.blogautore.repubblica.it
Articolo del 17 dicembre 2020
A Ficarazzi l’omicidio di D’Alessandria
di Dino Paternostro

Il 10 settembre 1945 a Ficarazzi fu assassinato Agostino D’Alessandria, fu Agostino e di Santospirito Agnese. Era nato nello stesso paese alle porte di Palermo il 7 febbraio 1901. Fino al 1930 aveva fatto la guardia campestre a Bagheria, dall’agosto 1945 era diventato “soprastante” dell’acqua irrigua del consorzio S. Elia di Ficarazzi, ed aveva assunto la segreteria della locale Camera del lavoro. «La sua azione sindacale e politica – sostenne il giornalista Cimino – aveva toccato uno dei punti più sensibili del potere mafioso nella zona dei giardini: l’acqua di irrigazione.

D’Alessandria era un guardiano di pozzi e conosceva dal di dentro l’ingranaggio della sopraffazione esercitata dai padroni dei pozzi a danno dei coltivatori. Quando cominciò a denunciare il sistema lo invitarono a lasciar perdere quel tasto ma non se ne diede per inteso e continuò la sua campagna riuscendo ad eliminare alcuni fra i più sfacciati abusi. Fu allora che gli spararono».

Il giorno successivo al delitto, l’11 settembre, in una nota della questura di Palermo alla prefettura e all’alto commissariato per la Sicilia, anche in questo caso cominciò l’opera di depistaggio e di ridimensionamento della portata dell’omicidio. «Ritiensi che movente del delitto siano i modi autoritari e gli abusi commessi dal D’Alessandria», si legge nella nota.

Fu il figlio Agostino, che la sera del delitto era insieme alla vittima in corso Umberto I a Ficarazzi, a ribadire invece che il padre, nella qualità di guardiano dei pozzi, «era rigoroso nella distribuzione dell’acqua e non permetteva abusi». «Le indagini esperite dopo il delitto – spiega l’avv. Salvo Riela – furono concentrate su una possibile vendetta dei guardiani precedenti che erano stati sostituiti dal D’Alessandria. Il tesoriere del Consorzio S. Elia, sentito come testimone, smentì tale ipotesi, escludendo che costoro potessero essere stati gli assassini; di più fece il commissario del Consorzio, dichiarando che i tre guardiani precedenti erano andati via volontariamente dopo avergli presentato delle dimissioni scritte, avendo subito atti di ostilità e di malanimo da parte dei proprietari dei terreni», che si erano guardati bene dal denunziare, «preferendo, invece, abbandonare il lavoro».

I Carabinieri non fecero nessuna indagine per provare ad individuare questi proprietari dei terreni, i rapporti che li legavano con il consorzio e le problematiche relative alla distribuzione dell’acqua per l’irrigazione dei giardini. Il preconcetto da cui mossero gli inquirenti fu quello che «il delitto potè scaturire da eventuali atti rigorosi o vessatori compiuti dal D’Alessandria nella sua attività di soprastante… senza che agli atti vi fossero elementi concreti che giustificassero tali asserzioni», spiega ancora Riela. Non fu fatta nessuna attenzione, né fu svolta un’indagine specifica sul ruolo di segretario della Camera del lavoro ricoperto da Agostino D’Alessandria, per cui la sezione istruttoria della Corte d’Appello di Palermo dichiarò non doversi procedere perché ignoti gli autori del delitto.

In seguito alla recrudescenza di episodi criminosi, verificatisi nel territorio di Ficarazzi, le indagini su questo e su altri delitti (Nicasio Curcio, assassinato il 16 luglio 1945; Nicolò Pellerito, assassinato il 13 agosto 1945; Salvatore Failla, assassinato il 27 maggio 1947; Giusto Militello, ferito il a maggio 1948) furono riprese dai Carabinieri nel 1949. E stavolta nel nuovo rapporto giudiziario scrissero che «i fatti sono stati opera della maffia locale che agisce come organizzazione». Procedettero, quindi, all’arresto di sette persone, accusati di vari reati, tra cui gli assassinii di Agostino D’Alessandria e Nicasio Curcio. Due di essi, Ciro Clemente e Giovanni Aurilio, confessarono i delitti, «confermando, tra l’altro, per il primo la versione della vendetta maturata nell’ambito della distribuzione dell’acqua».

Le confessioni subito dopo vennero ritrattate, ma il Procuratore generale chiese lo stesso il loro rinvio a giudizio, ritenendo sufficienti gli indizi raccolti. In particolare, il magistrato sottolineò che, dopo la morte del D’Alessandria, il figlio «non solo dovette lasciare il posto che occupava o quello che avrebbe potuto occupare dopo la morte del padre, ma dovette addirittura abbandonare il paese di Ficarazzi e trovare rifugio molto lontano a Milano».

Ma la sezione istruttoria della Corte d’Appello di Palermo considerò le confessioni estorte con la violenza e con sentenza n. 196 del 24 maggio 1950 assolse per non aver commesso il fatto gli imputati per l’omicidio di Nicasio Curcio e per insufficienza di prove gli imputati per l’omicidio di Agostino D’Alessandria.
Il 29 ottobre 2019 la Cgil e il Comune di Palermo, nell’ambito del “progetto memoria”, gli hanno intitolato una strada del capoluogo.

 

 

 

Agostino D’Alessandro, segretario della Camera del Lavoro di Ficarazzi (PA). La sua azione politica e sindacale aveva toccato uno dei punti più sensibili del potere mafioso nella zona dei giardini: l’acqua di irrigazione. D’Alessandro era un guardiano di pozzi e conosceva dal di dentro l’ingranaggio della sopraffazione esercitata dai padroni dei pozzi a danno dei coltivatori. Iniziò a denunciare. Lo invitarono a lasciar perdere. E più insistevano, più denunciava e alzava la voce. Ma pagò con la vita. L’11 settembre 1945, killer armati di pistola lo colpirono a morte a Ficarazzi.
 vivi.libera.it

 

 

L’11 settembre 1945 a Ficarazzi (PA) viene ucciso Agostino D’Alessandro, guardiano di pozzi e segretario della camera del lavoro: aveva cominciato una lotta contro il controllo mafioso dell’acqua per l’irrigazione dei giardini. Era stato invitato a desistere ma aveva continuato la sua battaglia. […]

Tratto dal libro Storia del movimento antimafia: dalla lotta di classe all’impegno civile di Umberto Santino (Editori Riuniti – 2000)

 

 

 

 

 

Dal libro La Sicilia delle stragi di Giuseppe Carlo Marino

Newton Compton – Ed. 2008

L’11 settembre 1945, invece, nella stessa zona, fu assassinato Agostino D’Alessandro, segretario della Camera del Lavoro di Ficarazzi (Palermo), distante pochi chilometri da Trabia.
«La sua azione sindacale e politica», sostenne Marcello Cimino, «aveva toccato uno dei punti più sensibili del potere mafioso nella zona dei giardini: l’acqua di irrigazione. D’Alessandro era un guiardiano di pozzi e conosceva dal di dentro l’ingranaggio della sopraffazione esercitata dai padroni dei pozzi a danno dei coltivatori. Quando cominciò a denunciare il sistema lo invitarono a lasciar perdere quel tasto, ma non se ne diede per inteso e continuò la sua campagna, riuscendo ad eliminare alcuni tra i più sfacciati abusi. Fu allora che gli spararono».

 

 

 

Fonte: gruppolaico.it
Nota del 11 settembre 2015
Il coraggio di un guardiano: AGOSTINO D’ALESSANDRO

L’11 settembre 1945 viene ucciso a Ficarazzi (PA) a colpi di lupara da parte di sicari mafiosi Agostino D’Alessandro guardiano di pozzi e segretario della locale Camera del Lavoro.

Ficarazzi è collocata al centro di una pianura coltivata ad agrumi. L’acqua qui è un bene prezioso per irrigare le coltivazioni nei periodi in cui l’arsura prosciuga ogni risorsa della terra. Già nell’Ottocento iniziarono le lotte per il controllo privato dei pozzi, esercitato da guardiani detti «fontanieri», spesso legati alla mafia.

D’Alessandro era un guardiano di pozzi e conosceva dal di dentro l’ingranaggio della sopraffazione esercitata dai padroni dei pozzi a danno dei coltivatori e come segretario della Camera del Lavoro di Ficarazzi aveva cominciato una lotta serrata contro il controllo mafioso dell’acqua per l’irrigazione dei giardini e degli agrumeti schierandosi dalla parte delle migliaia di persone che partecipavano alle mobilitazioni nelle campagne siciliane per la riforma agraria e per la democrazia. La sua azione sindacale e politica aveva toccato, quindi, uno dei punti più sensibili del potere mafioso in quella zona.

Quando D’Alessandro cominciò decisamente a denunciare gli intrecci d’interessi e le violenze fu invitato insistentemente a lasciar perdere quel tasto, ma non se ne diede per inteso e continuò la sua battaglia, riuscendo ad eliminare alcuni tra i più sfacciati abusi: fu allora che gli spararono. Nessuno venne condannato per il suo assassinio. I resti di D’Alessandro riposano nel cimitero di Ficarazzi.

 

 

 

Fonte: palermotoday.it
Articolo del 29 ottonre 2019
Falsomiele, due strade intitolate a sindacalisti uccisi dalla mafia
Da oggi via Folaga porta il nome di Filippo Intili, segretario della Camera del Lavoro di Caccamo, ucciso il 7 agosto 1952, e la via Cinciallegra (o Cingallegra) quello di Agostino D’Alessandria, segretario della Camera del Lavoro di Ficarazzi, ammazzato il 10 settembre 1945

Vie dei diritti: il Comune di Palermo e la Cgil Palermo hanno intitolato oggi altre due strade di Palermo a due sindacalisti uccisi dalla mafia. Da oggi via Folaga porta il nome di Filippo Intili, segretario della Camera del Lavoro di Caccamo, ucciso il 7 agosto 1952, e la via Cinciallegra (o Cingallegra) quello di Agostino D’Alessandria, segretario della Camera del Lavoro di Ficarazzi, ucciso il 10 settembre 1945. Alla cerimonia hanno partecipato il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, il segretario generale Cgil Palermo, Enzo Campo, il sindaco di Caccamo, Nicasio Di Cola, il sindaco di Ficarazzi, Paolo Francesco Martorana.

“Ricordiamo due vittime del sistema di potere politico e affaristico mafioso – ha dichiarato il sindaco Leoluca Orlando – per fare memoria e per interrogarci ancora oggi su cosa significhi il loro sacrificio in una realtà che è profondamente cambiata e che deve continuare un cammino di affermazione dei diritti di tutti e di ciascuno, al di fuori delle soffocanti logiche criminali e di appartenenza”.

Con l’intitolazione delle due strade a Intili e D’Alessandria, sono già 17 le Vie dei diritti intitolate a sindacalisti e a esponenti del movimento antimafia nel quartiere di Bonagia. “La storia di Filippo Intili, contadino e dirigente del lavoro di Caccamo, ci ricorda quella di Salvatore Carnevale. Sciara e Caccamo erano vicine, i due dirigenti sindacali si vedevano e si consigliavano reciprocamente ed entrambi erano a capo del movimento che doveva difendere l’applicazione della riforma agraria – ha detto il segretario della Cgil Palermo Enzo Campo – Lottavano per la divisione della terra e dei prodotti della terra ai contadini, che continuavano a non essere divisi secondo la legge. Caccamo era famosa per la presenza di una mafia violenta che dominava il paese. Chi, come Filippo Intili, persona tenace, si ribellava alle condizioni che la mafia e il nuovo blocco sociale dettavano, veniva ucciso. La prima affermazione della legalità avviene in questi paesi lontani in cui dominava una mafia cruenta, che terrorizzava la gente. Intili alla fine fu lasciato solo. La solitudine in cui per la prima volta venne a trovarsi un nostro dirigente sindacale, portò la mafia alla decisione di ucciderlo, a colpi di accetta. Il suo corpo rimase a terra, in montagna, per due giorni. Nel 1955 a Sciara fu ucciso anche Carnevale. Sono storie che assolutamente vanno riproposte alla memoria dei giovani e di un Paese che vive più di presente”.

“Con Agostino D’Alessandria, soprastante per l’irrigazione dell’acqua, e segretario della Camera del Lavoro di Ficarazzi, ci troviamo anche in un territorio a forte intensità mafiosa, dove la mafia comandava e controllava la gestione dell’acqua e il potere economico della società – aggiunge Campo – D’Alessandria era una persona vigorosa, che faceva rispettare le regole, conosceva quel mondo e cercava di far valere anche il diritto dei piccoli proprietari dei giardini. Questo dava fastidio, i grandi proprietari volevano che l’accesso all’acqua per loro fosse libero, e per questo venne ucciso, punito per aver difeso i più deboli”. La strage dei dirigenti sindacali è rimasta senza colpevoli. “I nostri tanti dirigenti uccisi, che non hanno avuto giustizia, sono stati i partigiani della costruzione del nuovo Stato italiano, coloro che hanno contribuito a scrivere la Costituzione del nostro Paese – prosegue Campo – Quel movimento, che metteva avanti a tutto il lavoro, la dignità, il rispetto delle leggi e dei contratti, ha contribuito a cambiare le condizioni di oggi. I familiari di Intili e di D’Alessandria furono costretti ad allontanarsi dalla Sicilia. Con il percorso della memoria e l’intitolazione delle strade ricostruiamo l’appartenenza alla nostra organizzazione e, dopo aver chiesto anche scusa in qualche caso ai familiari, ricomponiamo la grande famiglia della Cgil dal punto di vista storico, sociale ma anche umano e personale”.

Alla cerimonia il responsabile della legalità Cgil Palermo, Dino Paternostro, ha letto una lettera di ringraziamento inviata da Filippo Campisi, nipote di Intili, a nome dei familiari che vivono da tempo a Pisa e Pontedera. La famiglia di D’Alessandria si trasferì invece a Milano.

 

 

 

 

 

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