11 Dicembre 1980 Pagani (SA). Ucciso l’avv. Marcello Torre, sindaco eletto nelle liste DC come indipendente. A impartire l’ordine Raffaele Cutolo (NCO)

Foto da: corrieredelmezzogiorno.corriere.it

Marcello Torre, noto penalista, era primo cittadino di Pagani da otto mesi quando venne assassinato in un agguato l’11 dicembre del 1980, pochi giorni dopo il terremoto avvenuto il 23 novembre. Dopo un’ infinità di processi, solo nel 2002 la Cassazione dà definitivamente un volto al mandante, Raffaele Cutolo, che viene condannato all’ergastolo, e stabilisce gli esecutori materiali dell’agguato, che però vengono assolti.
A colpirlo furono due killer che lo attendevano fuori casa, bloccarono l’auto guidata da Franco Bonaduce, suo amico e collaboratore dello studio legale, che fu colpito alla schiena mentre cercava di mettersi in salvo, e spararono decine di colpi di lupara  che non gli diedero scampo.
«”Sogno una Pagani civile e libera” questo, il messaggio di Torre, in quella che sarà ricordata quale lettera-testamento di un’esistenza vissuta nel rispetto della legge e delle persone; lui, che la toga l’aveva indossata per passione, onorandola quotidianamente, durante la sua attività. Un sindaco scomodo, uno di quelli che si oppone alla tirannia della camorra; quella che vuol mettere le mani nell’affare terremoto, che vuol divorare il denaro destinato alle opere pubbliche o che vuole pilotare gli appalti, in favore di ditte a lei note e conniventi, attraverso il gioco sempreverde dei prestanome. Marcello Torre era un Uomo onesto e mite, un cittadino esemplare e responsabile, che del concetto talvolta fumoso ed arido del “Bene comune”, ne aveva fatto lo scopo unico, della sua attività politica.» (Eliana Iuorio)

 

 

Biografia da Wikipedia

Nato a Pagani (SA), Marcellino Torre è membro attivo della FUCI e di Azione Cattolica, divenendone dirigente. Aderisce alle posizioni della Democrazia Cristiana e diventa delegato provinciale dei gruppi giovanili DC per la provincia di Salerno e poi consigliere nazionale.
Come esponente democristiano promuove un convegno sulle contraddizioni della riforma agraria in seguito alla quale i contadini avevano ottenuto la terra ma non i mezzi per avviare le attività.
Il 7 agosto 1980 è eletto sindaco di Pagani come indipendente della giunta DC.

Il 23 novembre dello stesso anno il paese è colpito dal terremoto dell’Irpinia e Torre si oppone apertamente alle infiltrazioni camorristiche nelle procedure di assegnazione degli appalti.Marcello Torre muore l’11 dicembre 1980. A colpirlo sono due killer che lo attendono fuori casa, circondano l’auto guidata da un conoscente e sparano decine di colpi di lupara. Per l’omicidio la Corte di Assise di Appello di Salerno condanna all’ergastolo Raffaele Cutolo il 10 dicembre 2001, sentenza confermata dalla Corte di Cassazione il 4 giugno 2002. Cutolo è indicato come mandante del delitto mentre Francesco Petrosino è ritenuto l’esecutore materiale. Rosetta Cutolo é invece stata assolta perché ritenuta dai giudici estranea ai fatti.

A Torre è dedicato lo stadio comunale di Pagani dove gioca la Paganese Calcio di cui è stato dirigente.

In memoria di Torre è stato istituito a Pagani il Premio Marcello Torre, un’onorificenza che premia l’impegno civile e l’opera di denuncia della criminalità.

La figlia, Annamaria Torre, è vicepresidente del coordinamento campano Familiari vittime innocenti di criminalità.

 

 

Articolo da L’Unità del 12 Dicembre 1980
NON VOLEVA STARE AL GIOCO 
di Federico Geremicca
Il sindaco di Pagani ammazzato dai camorristi
L’agguato mentre si recava in municipio – Indipendente, capeggiava una giunta dc – Domani manifestazione di protesta

PAGANI — Lo hanno ammazzato come si ammazza una bestia, lasciandogli soltanto il tempo di scivolare giù piano lungo il sedile dell’auto. Prima una, due scariche di lupara esplose a bruciapelo. Poi, otto colpi di pistola.che lo hanno raggiunto alla schiena quando, afflosciato su se stesso, forse era già morto. All’amico che era al volante e che era riuscito ad aprire lo sportello per scappare, hanno sparato — invece — con una calibro 38. Un solo proiettile ma giusto in mezzo alla schiena. Si è salvato, ed è un miracolo. Marcello Torre, 48 anni, avvocato  e da quattro mesi sindaco indipendente della giunta dc di Pagani — 32 mila abitanti, «cuore» dell’agro nocerino sarnese —  è stato ammazzato cosi: come una bestia. Al momento dell’agguato era appena uscito dalla casa dove si era trasferito dopo il terremoto (la sua era rimasta lesionata). Stava andando in municipio e con lui era Franco Bonaduce, suo amico e collaboratore dello studio legale.

Il casolare dove Marcello Torre e la sua famiglia erano andati ad abitare dopo avere lasciato la loro abitazione in città per i danni del terremoto è in aperta campagna, alla periferia di Pagani. Prima di immettersi sulla strada principale, bisogna percorrere una cinquantina di metri lungo un viottolo disselciato.Gli assassini hanno atteso l’auto – una BMW -proprio alla fine del viale. Qui la tremenda pioggia di piombo e poi la fuga: pare fossero in due, calzamaglie sul volto. Sarebbero scappati su una «127» . Di loro, fino a ieri sera, naturalmente nessuna traccia.

A Pagani e in tutta la zona la notizia si è diffusa con una rapidità impressionante e nessuno ha dubbi: è una esecuzione mafiosa. Mafiosa — aggiungono — nel metodo e nella sostanza, volendo dire  che la condanna a morte non è stata solo eseguita, ma anche pensata e voluta dalla camorra. Ma di fronte a un simile assassino — il punto più alto dell’attacco mafioso alla politica ed alla democrazia mai portato in questa zona — l’interrogativo adesso è: perché? La risposta viene spontanea: cosi si difendono le vecchie clientele, sono giunte, fino a questo punto, in certe zone terremotate, nella lotta per il potere, per la spartizione degli aiuti destinati ai sinistrati.

In municipio dove si è raccolta una piccola folla solo su un punto tutti sono concordi: «Marcello Torre era spaventato, aveva ricevuto minacce. Qui tutti, inutile nasconderlo, sapevano in fondo che il nuovo sindaco era nel “mirino” della camorra».
Marcello Torre non era iscritto alla DC . Nella lista dello scodo crociato era stato eletto come indipendente. Subito dopo il terremoto aveva chiamato attorno a sé i rappresentanti di tutti i partiti e aveva detto: «Rimbocchiamoci le maniche, c’è lavoro per tutti». Nel comitato sorto per affrontare l’emergenza in città aveva cominciato a lavorare pnestamente.
Tre o quattro giorni fa, intervenendo a una conferenza stampa indetta dal sindacato aveva detto che era necessario l’ingresso ingiunta dei comunisti: una rivoluzione nella linea politica di una DC  che a Pagani è ancora sotto il controllo – almeno in gran parte – del fanfaniano D’Arezzo.

La gente si chiede: l’hanno ucciso perché non ha ceduto alle pressioni di una camorra che riscopre nell’edilizia (ed a Pagani ci sarà da edificare molto dopo il terremoto) la fonte e la ragione prima dei suoi guadagni e del suo stesso modo di essere? Altri sostengono che l’assassinio sarebbe da collegare all’attività di avvocato di Marcello Torre, che difese tra altri il potente capo mafia «Cartuccia».
A questi però altri rispondono che per un penalista a Pagani non c’è che questo lavoro: o i mafiosi o, in pratica, nulla.
È certo però che essere stato a contatto per anni con potenti capi della camorra ed aver militato — per anni e nonostante tutto — nella DC di Pagani, non può non aver trascinato l’avvocato Torre in una palude di ricatti, omertà, interessi e connivenze.

«Uccidere il sindaco di un comune terremotato, un sindaco che si chiama Marcello  Torre, figura popolare e stimata — dice visibilmente scosso il compagno Isaia Sales, consigliere regionale e membro della segreteria del PC campano — è il massimo della sfida. Da anni si sottovaluta la gravità dell’attacco delinquenziale e mafioso all’agro nocerino e alla città di Pagani. Troppi sono gli omicidi impuniti. Si deve comprendere che questa è una zona che richiede straordinarie misure e qualità nell’intervento delle forze dell’ordine. Marcello Torre — dice Sales — era sindaco da pochi mesi. Per molti cittadini era diventato il sindaco del terremoto. È stato un sindaco onesto. Se lo hanno ucciso o è perché si vogliono lanciare segnali per il dopo-terremoto, o è perché si vogliono confondere, le acque, o è perché qualche interesse è stato leso dalla sua attività amministrativa. Nessuna di queste ipotesi può essere esclusa. La camorra e la mafia hanno prosperato attorno a un abietto sistema di potere che nei fatti ha alimentato il fenomeno. Molti, nella DC e negli apparati dello Stato, hanno finto di non vedere, molti hanno favorito. Ora c’è bisogno del massimo di unità delle forze che avversano la mafia. Se la DC vuole essere tra queste, deve recidere legami occulti e palesi a partire dai quali è stato costruito un pericoloso e preoccupante intreccio».

Adesso molti si chiedono se l’uccisione di Marcello Torre sia legata al terremoto e ai mezzi e ai modi per fronteggiare l’emergenza e la ricostruzione. «Non lo sappiamo — conclude Sales — ma è certo che sarebbe sbagliato dare l’immagine di una zona completamente nelle mani della mafia. Bisogna reagire e lo faremo. L’opera unitaria di ricostruzione deve continuare. Ed in maniera onesta».
Oggi, alle 15, si svolgeranno i funerali. Saranno tenuti in forma ufficiale, dopo che la famiglia ha insistito per ore affinché fossero privati.
La giunta comunale ha invitato ufficialmente il presidente Pertini ad essere presente alla manifestazione di protesta che si terrà a Pagani domani mattina. Il consiglio è riunito in seduta permanente. La città è scossa profondamente.

 

 

Articolo da LA STAMPA del 13 Dicembre 1980
Il sindaco ucciso voleva denunciare i capi mafiosi
di  Ruggero Conteduca
Questa sarebbe la causa del tragico agguato all’avvocato Torre, di Pagani – Gli inquirenti escludono l’ipotesi di un delitto a sfondo politico

PAGANI — A porgergli l’ultimo saluto c’erano tutti i suoi concittadini: con le lacrime agli occhi, quando il feretro è apparso sul limitare della chiesa madre, gli hanno indirizzato un lungo, interminabile applauso. Da Roma erano venuti, preceduti dal rombo degli elicotteri, il ministro dell’lnterno Rognoni, e gli onorevoli De Mita, Vittorino Colombo, Lettieri, D’Arezzo e Gerardo Bianco. Dai paesi limitrofi erano accorsi, numerosi, sindaci e rappresentanti delle amministrazioni con i gonfaloni listati a lutto.

A Pagani, dicono, non si era mai visto un funerale cosi, come quello del sindaco Marcello Torre, ucciso per conto della camorra a colpi di lupara giovedì mattina mentre usciva dalla propria abitazione per recarsi in Comune.

Fin dalle primissime ore del pomeriggio, la gente aveva cominciato ad affluire verso la basilica di Sant’Alfonso, patrono della città, per presenziare alla cerimonia funebre celebrata dal vescovo di Nocera e Pagani, monsignor Iolando Nuzzi. Il catafalco era posto dinanzi all’altare: a poca distanza, la moglie Lucia Di Palma, in lacrime, insieme ai due figli Giuseppe, studente universitario di vent’anni, e Annamaria di 17. Accanto a loro, i fratelli di Marcello Torre, noto penalista oltre che sindaco della città: Emilio, Carlo e Andrea.

Chinata sulla bara, già da diverse ore, anche una signora bionda: Filomena Coda, moglie di Salvatore Serra, noto boss dell’agro nocerino sarnese, soprannominato «Cartuccia», attualmente detenuto a Porto Azzurro. Marcello Torre era il suo difensore di fiducia e proprio ieri doveva assisterlo, a Roma, dinanzi ai giudici della Cassazione. E «Cartuccia» non ha dimenticato l’amico: la prima fra le numerosissime corone che erano state depositate fuori della cattedrale recava sui nastri viola il nome di Salvatore Serra a lettere dorate.

Il corso era affollatissimo: chi non era riuscito ad entrare in chiesa, la maggior parte, si era premurato per tempo di guadagnare un posto di prima fila. Alle loro spalle, i muri delle case erano tappezzati di manifesti a lutto: associazioni, categorie, sindacati, partiti e privati hanno voluto partecipare al dolore della famiglia per la tragica scomparsa di Torre. Su un balcone, proprio sopra la sede dell’ufficio postale, qualcuno ha esposto una bandiera nazionale a mezz’asta. Più in là, un’altra bandiera, rossa, listata a lutto: è la sede del partito comunista.

Quando il feretro giunge dinanzi al Comune, sotto il vecchio monumento ai Caduti, dalla folla sale un nuovo applauso. Prendono posto uno alla volta, sul palco, prima un rappresentante dell’amministrazione provinciale di Salerno, poi l’avvocato De Nicolellis, presidente dell’Ordine degli avvocati del Nocerino-Sarnese; parla anche il sindaco di Nocera, Gargiulo; conclude la sfilata degli oratori il senatore D’Arezzo. «Ci hanno colpito — dice il parlamentare —. E credono di farci paura. Ma noi non ci piegheremo a nessuna mafia, a nessuna lupara. No: questa terra povera non diventerà mai terra di mafia».

Gerardo Bianco non ha preso la parola ma in una breve conversazione con i cronisti si è mostrato molto preoccupato per il fenomeno. «Occorre fermezza — ha detto — da parte di tutte le forze politiche e delle istituzioni. Dobbiamo essere decisi, netti: questa tracotanza non deve passare. La matrice è da individuare in una camorra che tenta di estendersi in altre direzioni».

Ed è questo, in sintesi, quanto pensano anche gli inquirenti. Carabinieri e polizia, che sulla vicenda mantengono un riserbo fra i più rigorosi, accreditano, infatti, la tesi di un delitto di camorra.

Marcello Torre, secondo le poche indiscrezioni trapelate, pare che si accingesse, nei giorni scorsi, a presentare alcune denunce contro esponenti della delinquenza organizzata che erano intervenuti pesantemente nella gestione dei soccorsi ai terremotati.

La sua intenzione, evidentemente, non è andata a genio a qualcuno che ne ha ordinato l’eliminazione. Il compito è stato affidato a due killer che giovedì, sulle prime ore del mattino, hanno freddato il sindaco a colpi di lupara e ferito il suo segretario, Franco Bonaduce, dopo averli attesi all’uscita di casa: dal 24 novembre scorso infatti Torre si era trasferito in campagna con la famiglia perché il suo appartamento di città era rimasto danneggiato dal sisma.

Nessun credito, invece, gli inquirenti danno al movente politico. Specialmente di destra. Nella telefonata dei Nar giunta alla redazione romana dell’Ansa, i neofascisti hanno perfino sbagliato il nome della loro presunta vittima.

 

 

 

Articolo da L’Unità del 22 Novembre 1988
Il sindaco a Pagani vuol deciderlo la camorra
di Vito Faenza

Il nome del futuro sindaco a Pagani (Salerno) lo conoscono tutti. A mezza voce aggiungono che è stata la camorra a designarlo. Al di là delle voci c’è il fatto che la città è senza guida da circa due mesi, che le ultime due sedute sono andate deserte, che il bilancio non è stato approvato, che i consiglieri dell’intera opposizione si sono dimessi, e che sono ben 1.800 le delibere di giunta in attesa di ratifica.

PAGANI (Salerno). È bastato un dibattito ad una televisione locale, sulla crisi comunale di Pagani, nel quale si denunciavano le pressioni della camorra in questo grosso centro del salernitano, che puntuali sono arrivati gli avvertimenti. In maniera più o meno anonima, in maniera più o meno sotterranea i partecipanti al dibattito si sono sentiti dire: «Ma chi ve lo fa fare..». Frasi minacciose che cercano di eliminare qualsiasi opposizione alla elezione a sindaco di un certo candidato, designato – stando alle voci che circolano in paese – a casa di un personaggio, indicato da tutti come il vero boss della camorra della zona.

«Non è vero niente – obiettano in un bar – a Pagani non si spaccia droga, non ci sono estorsioni, sono le male lingue che dicono che questo è un paese di camorra». a circostanza della «pulizia morale» di Pagani viene confermata anche dagli investigatori i quali però aggiungono che in tutti i paesi di grande mafia e di grande camorra le estorsioni e lo spaccio degli stupefacenti sono reati inesistenti. Creano, infatti, allarme sociale. Il controllo del territorio si ottiene invece attraverso il «consenso». Per assurdo è proprio la mancanza di reati come estorsioni e spaccio di stupefacenti ad indicare il controllo totale del territorio, da parte della camorra.

La storia di Pagani è per certi aspetti esemplare. Per anni è stato monopolio assoluto del dc Bernardo D’Arezzo che si fece effigiare persino in un affresco fra i padri della medicina. l suo potere però sì sgretotolò e Marcello Torre, un democristiano che si era ritirato dalla politica proprio per non essere invischiato in giochi sporchi, venne richiamato alla guida delta città. Marcello Torre, stimato da tutti, aveva un progetto di rinnovamento per Pagani (30.000 abitanti 4.000 disoccupati), ma aveva anche tanta paura. Scrisse una lettera nella quale esprimeva timori per la propria vita. Timori fondati visto che nel dicembre dell’80 venne fulminato da alcuni killer. Un delitto che ad otto anni di distanza resta ancora impunito. Un omicidio politico, dissero tutti allora. Fu il primo segnale che in quel paese la camorra la faceva ormai da padrona e che mirava direttamente al controllo
del Comune.

Un’escalation conclusa in questi ultimi anni, quando, dopo una serie di processi finiti con piogge di assoluzioni e dopo molti omicidi, il territono è tornato in mano ad un solo capo, proveniente – si dice – dalle fila della banda di Cartuccia, un cutoliano morto impiccato nel supercarcere di Ascoli Piceno nell’82.

Si cerca ora da circa due mesi, nonostante queste pressioni, di creare una giunta alternativa. Inutilmente. Le opposizioni decidono di dimettersi in massa, ma la Dc – che dispone delia maggioranza assoluta con 23 consiglieri su 40 – nomina un sindaco esploratore, poi respinge le dimissioni dei 17 consiglieri dell’opposizione e convoca il consiglio comunale. Circola a questo punto la voce che a casa del boss c’è stata una riunione in cui è stato deciso il nome del nuovo sindaco. Alcuni democristiani però non ci stanno, disertano il consiglio comunale per ben tre volte, chiedono ai capi corrente provinciali di intervenire, inutilmente.

Intanto i problemi si aggravano, un gruppo di disoccupati scarica immondizia davanti al portone del Comune, per impedire la cerimonia di festeggiamento di un pugile. Ieri addirittura hanno bloccato la casa comunale. Chiedono che si effettuino i concorsi per le assunzioni. Intanto il bilancio non è stato approvato, 1800 delibere giacciono in attesa della ratifica del consiglio. Il prefetto non nomina il commissario, la magistratura non interviene, nonostante che le sollecitazioni a fare qualcosa non arrivino più solo dalle opposizioni, ma anche da qualche esponente della maggioranza. Chi si oppone allo strapotere della camorra sta pensando di rivolgersi persino al presidente della Repubblica Cossiga.

 

 

Articolo da La Repubblica del 19 Agosto 2003
Devastata tomba di ex sindaco
di Maria Rosaria Sannino

Profanata a Pagani la tomba di Marcello Torre. A denunciarlo è la figlia Anna Maria che, insieme alla madre Lucia De Palma, da anni cerca di tener vivo il ricordo dell’ ex sindaco divenuto simbolo del riscatto di una città contro la camorra.

Noto penalista, Torre era primo cittadino di Pagani da otto mesi, e già vice presidente della provincia di Salerno, quando venne assassinato in un agguato l’11 dicembre del 1980, pochi giorni dopo il terremoto.
Solo lo scorso anno, dopo un’infinità di processi, la Cassazione dà definitivamente un volto al mandante, Raffaele Cutolo, e stabilisce gli esecutori materiali dell’agguato.

In una cappella di famiglia del primo ‘900, nella stessa Pagani che lui avrebbe voluto «libera e civile» (come scrisse in un suo ultimo manifesto) sono racchiuse le spoglie di Torre.
Ma in questi 23 anni la sua tomba non ha trovato pace. «é la terza volta che la cappella di mio padre viene profanata – denuncia per l’ennesima volta la figlia Anna Maria, che all’epoca dell’omicidio aveva 17 anni – Prima è stata sfregiata, ora derubata di quei pochi oggetti sacri che ancora erano rimasti».

La denuncia non si ferma però alle profanazioni della tomba. «Mio padre è stato considerato un esempio; un uomo politico, un amministratore che ha lottato contro la camorra, che avrebbe voluto una Pagani migliore – dice – Ma ora è praticamente dimenticato e nella strada dove venne assassinato c’è solo sporcizia. Le istituzioni ci hanno lasciato soli, non si sono neanche costituite parte civile insieme a noi. Mio padre era un uomo che ha perso la propria vita perché credeva fino in fondo nella giustizia ed era un uomo onesto. Intanto mia madre ancora oggi viene minacciata da balordi. Quanto ancora dobbiamo soffrire?»

 

 

 

Articolo del 10 dicembre 2010 da corrieredelmezzogiorno.corriere.it
Lucia Torre: «Voglio incontrare Cutolo per dirgli che non lo perdonerò mai»
di Rosa Coppola

La moglie dell’ex sindaco di Pagani ucciso dalla Nco: «Ne ho parlato con il pm Roberti e col cardinale Sepe»

SALERNO – Lucia De Palma, donna, moglie e mamma, con una eredità difficile. Da trent’anni. Da quel maledetto undici dicembre del 1980 quando due killer attesero, sotto casa, l’allora sindaco di Pagani, l’avvocato Marcello Torre, per freddarlo. A impartire l’ordine fu Raffaele Cutolo, il capo indiscusso della «nuova camorra organizzata». Condannato all’ergastolo, il 10 dicembre del 2001, dalla Corte di Assise di Appello di Salerno: sentenza confermata dalla Corte di Cassazione il 4 giugno 2002. Domani sarà il trentennale di quel tragico giorno, e la caparbia e determinata Lucia, insieme a sua figlia Annamaria, per mantenere viva la memoria e il ricordo di suo marito, ha promosso con enti e associazioni una serie di incontri e dibattiti. Quattro giorni per rinsaldare l’impegno civile di una comunità.  ()

Per offrire testimonianze e riconoscimenti a quanti hanno lottato per gli altri: da Emergency ad Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica ucciso lo scorso 5 settembre, fino a Giacomo Lamberti, cognato di Ciro Rossetti, operaio dell’Alfasud di San Giovanni a Teduccio, vittima innocente della criminalità organizzata. Domenica, infine, sarà scoperto a Pagani un busto in ricordo di Marcello Torre il cui sogno era quello di vedere «una Pagani libera e civile».

Signora Torre, a distanza di trenta anni, il sogno di suo marito si è realizzato?
«Non è facile rispondere a questa domanda. Credo che qualcosa sia cambiato. Piccole cose. Quello che noto è la generale indifferenza. Non solo a Pagani, ma nell’intero Agro nocerino sarnese. Ci siamo abituati al male. A livello politico e umano. Gli stessi politici sono diversi: si pongono in modo arrogante e questo atteggiamento lo riscontro anche tra le nuove leve. Spesso mi ha accarezzato l’idea di regalare loro il galateo, consigli utili per la buona educazione e del saper vivere».

Pagani è oggi libera e civile?
«Parto da un fatto: non sono più gli anni terribili, bui. Il 1980 è stato devastante. Sotto tutti i punti di vista. Ricordo che vi fu anche il terremoto. E nella primavera di quell’anno, mio marito ebbe una intuizione».

Quale?
«Stavamo camminando quando mi disse: “Lucia, quanti colletti bianchi ci sono in giro! Devo fare qualcosa per la mia città, la devo aiutare”. Io non ero d’accordo. Avevamo una vita tranquilla, i nostri figli studiavano. Fargli cambiare idea era impossibile: amava troppo la sua Pagani».

Come è cambiata la sua vita, dopo la morte di suo marito?
«Io e mia figlia abbiamo cercato di dare un senso alla nostra vita, portando avanti le idee di Marcello. E lo facciamo da trent’anni. Ma voglio anche dire che quando si spengono le luci dei riflettori, non tutti restano vicino. Non è stato facile e non lo è ancora oggi. Dopo la sua morte, sono giunte numerose offerte di lavoro, per me e Annamaria. Posti autorevoli ai quali abbiamo sempre detto di no. Noi, non abbiamo mai chiesto nulla. A nessuno. La dignità ce la teniamo stretta. E si è anche detto tanto, troppo, che abbiamo sopportato. Una vita fatta di sacrifici. Un rumore che creda non desideravamo affatto».

Signora Lucia, è possibile una riapertura del processo Torre?
«Si sta tentando, è vero. Franco Roberti, capo della Procura di Salerno, sta tentando di farlo riaprire».

Raffaele Cutolo è stato ritenuto il mandante dell’omicidio di suo marito. In quegli anni, «o’ professore» dominava la camorra in tutta la Campania. E Marcello Torre era un ostacolo sulla sua strada. Lei e sua figlia avete mai avuto la tentazione di incontrarlo? Di guardarlo negli occhi? Di dirgli qualcosa?
«Sì. Abbiamo chiesto al procuratore capo Franco Roberti e al cardinale Crescenzio Sepe di incontrarlo. Voglio guardarlo in faccia, come ho sempre fatto in tutte le aule di tribunale. E con me vuole farlo anche mia figlia Annamaria. Guardare dritto negli occhi chi ha ucciso mio marito. E che, sia chiaro, non perdonerà mai».

 

 

 

Articolo di Liberainformazione.org del 14 gennaio 2011  
«Marcello Torre non ha bisogno di nessuna commemorazione toponomastica»
di Lucia De Palma e Annamaria Torre

Le dichiarazioni della vedova e della figlia dell’ex sindaco di Pagani ucciso dai boss

Abbiamo appreso dalla lettura dei giornali che è stata revoca la delibera con cui il comune di Pagani aveva espresso l’intenzione di intitolare la piazza Corpo di Cristo a Marcello Torre. Non possiamo negare un qualche sconcerto perché la diatriba scatenatasi all’interno dell’amministrazione comunale ci ha addolorato in quanto in nessun momento abbiamo preteso che fosse intestata al nostro caro marito e padre quella o altre piazze.  Da qualche giorno è stata messa in giro la voce che il comune, quasi a risarcimento dell’accaduto, vorrebbe intitolare alla memoria dell’avvocato Torre la villa comunale o l’attuale via Gustavo Trotta.

Non conoscendo la realtà dei fatti vogliamo comunicare con estrema serenità che il nostro unico desiderio, oggi e in futuro, è la tranquillità familiare. Pertanto diffidiamo l’amministrazione comunale dal compiere qualsiasi ulteriore passo e non procedere ad alcuna intitolazione di strade, stradine, piazze o luoghi pubblici di Pagani. Siamo stanche delle polemiche che hanno ridotto la memoria di un marito, di un padre, di un avvocato, di un sindaco, di un martire della Repubblica in una ignobile farsa.
Marcello Torre non ha bisogno di nessuna commemorazione toponomastica.

È stato e sarà sempre per tutti i paganesi, e per quanti lo hanno conosciuto, un principe del Foro e soprattutto un fulgido esempio di amministratore onesto e trasparente. Un politico di una razza ormai purtroppo estinta. La sua attività professionale, il suo impegno politico e il martirio civile non hanno bisogno di riconoscimenti tardivi. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, lo ha voluto onorare con la medaglia d’oro e questo vale più di ogni inutile bega che, del resto, non ci appartiene.

 

 

Fonte: Libera.it
Premio Nazionale per l’Impegno Civile “Marcello Torre”

L’impegno civile è una di quelle vocazioni che può dare un senso alla vita, alla vita di tutti i giorni, alla vita politica, alla vita pubblica. Una vocazione forse innata e forse patrimonio un pò di tutti. Basta coglierla, scoprirla, alimentarla.

Marcello Torre fu un uomo che attraverso il suo impegno civile riuscì a dare un senso profondo alla sua vita, alla sua opera, alla sua stagione politica.

Ecco perchè il Premio dedicato alla sua memoria non poteva che essere un conferimento a chi fa dell’impegno civile una ragione di vita.

In fondo è tutta qui la storia del Premio Nazionale per l’ Impegno Civile “Marcello Torre”. Un evento che di anno in anno si ripropone di tramandare, rafforzandolo, il messaggio dell’impegno civile, del servizio agli altri e per gli altri. E si propone di trasmetterlo soprattutto ai giovani, quelli che Marcello Torre lo conoscono di nome, o magari lo hanno visto in qualche vecchia foto, o cominciano solo oggi a ripercorrerne la vita, la storia, umana, professionale, politica. Quei giovani che Marcello non ha smesso mai di amare. Neanche dopo la sua morte. A loro continua a rivolgersi, anche guardandoci da lassù. Perchè Marcello Torre è il suo messaggio di speranza, di libertà.

La storia del Premio è un pò la storia di uomini e donne che con la loro vita, la loro attività, hanno dato una testimonianza di impegno.
Proveremo a ricordarli tutti . Perchè ricordare il loro nome significa riportare alla memoria il messaggio di Marcello Torre,
attualizzarlo, calarlo nella storia di oggi.

 

 

 

Articolo dell’11 Dicembre 2012 da dallapartedellevittime.blogspot.it

A 32 ANNI DELL’OMICIDIO DEL SINDACO DI PAGANI, MARCELLO TORRE, SI CERCANO ANCORA I MANDANTI POLITICI

di Raffaele Sardo

Fare luce sui  mandanti politici del delitto di Marcello Torre. Sono passati trentadue anni dalla mattina dall’11 dicembre del 1980, quando  poco dopo le 7,00, fu ucciso il sindaco democristiano di Pagani, Marcello Torre. Un delitto che ha visto la condanna come mandanteRaffaele Cutolo, il capo della Nuova Camorra Organizzata, ma mancano ancora all’appello i mandanti politici di quel delitto.

Il procuratore capo di Salerno, Franco Roberti, in un’intervista al quotidiano “la Città”, che stamani è uscito con un supplemento di otto pagine per ricordare il sindaco che sognava “una Pagani libera e civile”, è stato chiaro in proposito: “La sentenza giudiziaria si è fermata a quel punto, a quel livello di verità”. E ha aggiunto subito dopo: “Il delitto Torre, che io paragono per molti aspetti al delitto di Piersanti Mattarella a Palermo, è uno di quei delitti sui quali non si può  mai mettere una pietra sopra, che non si può mai dichiarare archiviati definitivamente. E questo perché  l’azione e l’opera di Marcello Torre, come avvocato e soprattutto come pubblico amministratore integerrimo, sono da inserire  nel contesto politico e purtroppo anche criminale di quegli anni, e ci impongono di continuare a sperare di poter verificare la fondatezza o meno dell’ipotesi di una pista politica per questo omicidio”. Dunque le indagini su quel delitto sono sempre aperte. E’ quello che hanno chiesto sempre a gran voce in tutti questi anni, Lucia e Annamaria Torre, la moglie e la figlia di Marcello  che non hanno mai lasciato spegnere i riflettori su quella che è non solo una  tragedia familiare, ma di tutta la comunità paganese. Si, perché Marcello Torre, come ha ricordato don Luigi Ciotti stamattina: “era il volto pulito della politica, serviva la gente invece che servirsene. Amava la politica perché amava le persone e questo territorio che voleva contribuire a cambiare”.

Nel corso della cerimonia per ricordare Marcello Torre, tenuta come sempre, nell’aula magna del liceo scientifico “Mangino”, e coordinata da Riccardo Christian Falcone, è stato anche ricordata la figura di Amato Lamberti, sociologo, presidente della provincia di Napoli e tra i fondatori del premio “Marcello Torre”. Lamberti è stato ricordato da Luciano Brancaccio, un suo allievo e ora collega, docente di sociologia umana alla Federico II.  Nel corso della mattinata c’è stato anche l’intervento di  Vittorio Mete, ricercatore di sociologia all’università della Magna Grecia di Catanzaro; la testimonianza importante, del sindaco di Corsico (MI), Maria

Ferrucci,  in prima linea nella lotta contro la ‘ndrangheta al nord, e di Andrea Campinoti, presidente di Avviso Pubblico. Al termine del dibattito, dove sono intervenuti molti familiari di vittime innocenti della criminalità e del terrorismo, e tantissimi studenti, è stato assegnato per la trentesima volta  il premio nazionale per l’impegno civile “Marcello Torre”. Un premio  che quest’anno è andato a Milena Gabanelli, giornalista e conduttrice della trasmissione “Report” (il premio è stato ritirato da Giorgio Mottola)  e agli autori del libro “Il casalese”. Un attestato di merito è andato invece alla giornalista Tiziana Zurro.

 

 

Ringraziamo gli AmiciDiLiberaCaravaggio (amicidilibera.blogspot.it) per la segnalazione

Articolo del 11 Dicembre 2012 da lacittadisalerno.gelocal.it

«Il mio Marcello ucciso tante volte dall’indifferenza»
Lucia De Palma, vedova del primo cittadino «Pagani libera e civile? Fatto poco o nulla…»

«In questi anni, hanno ucciso tante volte Marcello con l’indifferenza e soprattutto non perseguendo quei valori civili per i quali mio marito è morto». E’ amareggiata, delusa e arrabbiata Lucia De Palma, vedova del sindaco ucciso dalla camorra l’11 dicembre 1980. Dopo trent’anni di attività dell’associazione intitolata alla memoria di Marcello Torre, da lei presieduta, constata che poco o nulla è stato fatto per rendere Pagani “libera e civile” come la sognava il marito e i valori per quali il compianto sindaco era stato ucciso sono rimasti un sogno. Trent’anni lunghi e difficili per la famiglia Torre, abbandonata al suo tragico destino, in una Pagani dove molti si sono dimostrati loro ostili.

Anni difficili anche per la stessa città che dagli anni Ottanta in poi ha visto il consiglio comunale sciolto due volte per infiltrazioni camorristiche.

Donna Lucia, lei non ha mai accettato come una verità esaustiva quella sancita dalle sentenze dei processi sull’assassinio di suo marito.

«Quello di mio marito è stato un processo burla. Se degli studenti di giurisprudenza leggessero le pagine di quei procedimenti penali li giudicherebbero vergognosi. Dal primo giorno si capiva chi fossero gli assassini di mio marito e chi fossero i mandanti. Lasciamo stare le vicende locali legate al terremoto. Con l’assassinio di mio marito hanno voluto dare una lezione allo Stato: “Non fate come Marcello Torre sennò vi facciamo fare la stessa fine”. E’ possibile che ci sia stato un connubio tra la politica marcia e la camorra che volevano avere le mani libere nella gestione dei loro affari e vedevano in Marcello un ostacolo».

Perché era un ostacolo?

«Mio marito era un trascinatore in tutto e in particolare nei giorni del terremoto era diventato un punto di riferimento per molti esponenti politici campani e non solo, e per i comitati civici impegnati nel post sisma. Marcello voleva che il terremoto fosse un’occasione di sviluppo dei territori e non il solito mega affare per pochi. E per questo allargò la giunta ai capigruppo, anche dell’opposizione comunista, e del mondo del volontariato, dando un primo esempio di giunta di salute pubblica per la gestione dell’emergenza e per evitare le infiltrazioni camorristiche. Un modo di affrontare l’emergenza a cui molti si stavano ispirando in quei giorni e che ricorda quanto aveva fatto Aldo Moro a livello nazionale o Piersanti Mattarella in Sicilia, non a caso entrambi assassinati. In Campania, Marcello aveva, quindi, eretto la prima diga ufficiale contro il patto tra politica e camorra. Era così diventato ancor più scomodo di quando dall’inizio del mandato di sindaco, nel maggio 1980, aveva rivoluzionato la gestione del Comune di Pagani».

La classe politica paganese di quegli anni e quella degli anni successivi cosa ha fatto per cambiare le sorti della città?

«Nulla o quasi. Innanzitutto, il Comune doveva essere sciolto il giorno stesso in cui è stato ammazzato Marcello, essendo stato ucciso il sindaco, ma così non fu. Gli assessori di mio marito e i sindaci che si sono susseguiti nel tempo, addirittura, non hanno fatto costituire parte civile il Comune nel processo agli assassini di Marcello. Non potrò mai perdonarli per questo atto di viltà civica. Parte civili di quel processo eravamo solo io e i miei figli, Annamaria e Peppino, e l’ordine degli avvocati di Salerno. E nessuno più!».

Eppure i politici paganesi e regionali sono sempre stati presenti alle cerimonie di commemorazione dell’11 dicembre…

«Noi facevamo la manifestazione per non farlo dimenticare e loro lo facevano morire ancora. Con i loro gesti e i loro modi di fare hanno ammazzato anche loro Marcello. Mio marito non è stato solo assassinato dai killer ma anche dai politici di Pagani che lo hanno ucciso più volte, attraverso la mala gestione del Comune e partecipando ipocritamente alla manifestazione di commemorazione a lui dedicate, per far vedere che erano vicini alla famiglia ma non lo hanno mai amato, come tutta la politica. Marcello è stato amato solo dalla povera gente».

Dopo 32 anni lei è ancora così arrabbiata. E di perdono non se ne parla?

«Non se ne parla, né per gli assassini né per la classe dirigente di questa città. E se venite al premio “Marcello Torre”, voi politici non siate ipocriti. Venite solo se siete sinceri. Venite per omaggiare questo uomo, esempio di lealtà e correttezza e non per fare passerella».

A proposito del premio intitolato alla memoria di suo marito, ha ancora un senso celebrarlo oggi?

«Marcello non deve morire e non è morto perché le sue gesta e i suoi valori sono vivi: a questo è servito il premio “Marcello Torre”. Il premio non è stata una semplice celebrazione di mio marito ma è stato un continuo monito per la gente: “Si può e si deve vivere e amministrare la cosa pubblica come ha fatto Marcello Torre”. Nel nome di Marcello, trent’anni di attività della nostra associazione sono stati dedicati a questa città affinché non si avvilisse. Pagani non è solo terra di camorra ed è fatta anche di tante persone perbene. Ma queste persone perbene si devono svegliare e non metter giù la testa come struzzi. L’indifferenza rischia di far morire questa terra».

Lei parla sempre dell’indifferenza che regna sovrana in città?

«Sì, è la vera malattia di Pagani. Qui, e non solo, è comune tra i suoi abitanti voltarsi sempre dall’altra parte e alle volte si instaurano contiguità impensabili. Mi ha colpito, ad esempio, vedere l’ex sindaco Alberico Gambino, arrestato, che esce in manette dalla caserma dei carabinieri, ricevere gli applausi a scena aperta. Applausi che, ricordo, non hanno tributato alla memoria di Marcello. Già, a Pagani perfino una piazza intitolata a mio marito è stata motivo di divisione e di una vicenda a dir poco grottesca, con l’intitolazione prima decisa e poi ritirata dopo pochi giorni».

Cosa si augura per la Pagani del futuro?

«Amministratori capaci e più onesti. Pagani è ormai un dormitorio. Non c’è lavoro, non c’è niente. Mi auguro che i giovani rimangano tenacemente a Pagani e lottino per questa città».

E per lei?

«Da questa terra ho ricevuto soprattutto male. Anche io e i miei figli siamo stati e siamo scomodi come lo è stato mio marito. Dio provvederà a fare giustizia. Ci sono quattro o cinque persone che mi devono chiedere perdono per il male che mi hanno fatto, a partire dall’assassinio di Marcello. Uno lo ha già fatto, anche se non dirò il nome. Aspetto le altre richieste di perdono e se non le potranno presentare a me lo dovranno fare a mia figlia o a i miei nipoti».

 

 

 

 

L’Etica e la Politica, nel ricordo di Marcello Torre

(11 Dicembre 2012)

di Eliana Iuorio

Esistiamo, resistiamo, esistiamo.
Così, Annamaria Torre, figlia di Marcello Torre – il sindaco di Pagani ucciso dalla camorra targata Cutolo trentadue anni fa – grida, dal palco della 30^ edizione del Premio Nazionale dedicato a suo padre.
“Sogno una Pagani civile e libera” — questo, il messaggio di Torre, in quella che sarà ricordata quale lettera-testamento di un’esistenza vissuta nel rispetto della legge e delle persone; lui, che la toga l’aveva indossata per passione, onorandola quotidianamente, durante la sua attività.
Un sindaco scomodo, uno di quelli che si oppone alla tirannia della camorra; quella che vuol mettere le mani nell’affare terremoto, che vuol divorare il denaro destinato alle opere pubbliche o che vuole pilotare gli appalti, in favore di ditte a lei note e conniventi, attraverso il gioco sempreverde dei prestanome.
Marcello Torre era un Uomo onesto e mite, un cittadino esemplare e responsabile, che del concetto talvolta fumoso ed arido del “Bene comune”, ne aveva fatto lo scopo unico, della sua attività politica.
Vittima innocente di camorra, Marcello Torre, nella sua Pagani, un mattino presto del 11 dicembre 1980.
Trentadue anni fa.
Ed è nell’aula magna del liceo Mongino, che si è svolta la trentesima edizione del Premio Marcello Torre, Premio nato grazie alla volontà di Lucia De Palma Torre, moglie di Marcello, che per lui, per farne Memoria e diffondere il messaggio forte di Giustizia, ha costituito un’associazione.
Tanti, gli interventi. Tante, le riflessioni.
Forti e decise, le parole di Don Luigi Ciotti (fondatore e presidente di Libera — Associazioni Nomi e Numeri contro le mafie), che ha parlato apertamente del bisogno attuale dell’ Etica come Politica; di grande impatto, le dichiarazioni ribadite ai nostri microfoni, di Andrea Campinoti, sindaco di Certaldo e Presidente dell’associazione Avviso Pubblico (Enti locali e regioni per la formazione civile contro le mafie).
Le mafie crescono e prosperano, alimentate dalla cattiva politica — quella collusa – al sud come al nord, come ci racconta Maria Ferrucci, sindaca di Corsico, in provincia di Milano.

Vincitori del Premio Marcello Torre 2012: Milena Gabbanelli, per il suo alacre lavoro di inchiesta e, per le stesse ragioni, gli autori del libro Il Casalese, edito da Cento Autori, la casa editrice di Villaricca, guidata dal Dott. Pietro Valente.

 

http://www.associazionemarcellotorre.it/index.php

 

 

 

 

Seduto su una polveriera. La storia di Marcello Torre

GIORNATA DELLE VITTIME DI MAFIA
DIARIO CIVILE con un’introduzione del Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti
presenta
SEDUTO SU UNA POLVERIERA – Storia di Marcello Torre
Di Alessandro Chiappetta, regia di Alessandra Bruno

Il 23 novembre 1980, un terremoto violentissimo sconvolge gran parte del sud Italia, facendo quasi tremila vittime e causando 280mila sfollati. Ad essere colpito, anche Pagani, un paese nel salernitano, dove è sindaco l’avvocato Marcello Torre. Torre è in mezzo alla gente la notte della scossa, a coordinare i primi soccorsi, e sarà in prima linea per i giorni successivi al sisma. Si opporrà fermamente alle infiltrazioni criminali negli appalti per la ricostruzione e il suo impegno civile e contro la criminalità organizzata gli costerà caro: sarà ucciso l’11 dicembre 1980, neanche un mese dopo il terremoto, da uomini legati a Raffaele Cutolo. Il suo torto era quello di non voler “gonfiare” le cifre dei senzatetto impedendo di fatto l’arrivo di cospicui finanziamenti alle imprese. “Non siamo l’Africa – diceva – abbiamo bisogno di tecnici per far rientrare i cittadini delle case, non di soldi e beni di prima necessità”. Marcello Torre era un avvocato conosciuto e apprezzato, che difendeva anche dei boss della camorra invisi a Cutolo e questo suo incarico portò gli inquirenti per lungo tempo su una strada sbagliata, pensando ad un delitto di stampo camorristico. Invece, come i processi hanno dimostrato, Torre fu ucciso per il suo impegno contro la camorra e il malaffare politico che gravitava attorno ai clan salernitani e napoletani. Il sindaco aveva più volte fatto capire di essere in pericolo per aver annunciato appena eletto che avrebbe governato in modo indipendente, senza lasciare entrare in Comune affaristi e uomini legati ai clan. “Sono seduto su una polveriera”, disse in più di una occasione. A ricordare la sua figura e il suo percorso di avvocato, di sindaco e di uomo, la figlia Annamaria, lo storico Isaia Sales, suo amico e avversario politico sulla scena di Pagani, lo storico Marcello Ravveduto, i giornalisti Rocco Di Blasi, Fabrizio Feo e Luigi Di Fiore. L’introduzione del documentario, in onda per la serie Diario Civile, è affidata al Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti, che ha sempre sostenuto che l’omicidio di Marcello Torre è un delitto politico: «L’azione e l’opera di Marcello – ha affermato in occasione di una cerimonia in ricordo di Torre, nel 2015 – ci impongono di continuare a sperare di poter verificare la fondatezza o meno dell’ipotesi di una pista politica per questo omicidio».

 

 

 

Fonte:  cosavostra.it
Articolo del 8 dicembre 2019
Marcello Torre. Quando un sindaco fa la differenza
di Francesco Trotta

La mattina dell’11 dicembre 1980 la Camorra uccideva Marcello Torre, avvocato e sindaco di Pagani, un piccolo comune nella provincia di Salerno.

Erano passate solo due settimane dal devastante terremoto che aveva colpito l’Irpinia – il 23 novembre – e Marcello Torre aveva trascorso quei giorni tra la sua gente, a distribuire cibo e coperte, a cercare in qualche modo di fare la differenza a modo suo.

Soccorsi, finanziamenti e Camorra. È il contesto storico a ricostruire la vicenda umana di Torre. Da avvocato difende anche esponenti della Camorra. Ma da sindaco la “storia” cambia. Perché Marcello Torre, eletto tra le file della Democrazia Cristiana – si mormora anche con l’aiuto dell’allora Deus ex machina Bernardo D’Arezzo – ma da indipendente, decide di testa sua.

Nei fatti concreti, quando c’è di mezzo la vita di altre persone, Marcello Torre non si piega alle logiche camorriste. Lo scrive lui stesso: “Pagani ha scritto le pagine più avvilenti della sua storia, tormentata com’ è stata dalla camorra politica, dalla delinquenza di piccolo e grande cabotaggio; sfruttata com’ è stata dai gruppuscoli, si è trasformata da realtà viva e palpitante in zona di pascolo per sfaccendati approfittatori che nella politica hanno trovato facile arricchimento […]”.

Negli anni Settanta e Ottanta, infatti, si afferma la violenza camorrista con 1.570 omicidi che insanguinano le strade, si afferma la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Soprattutto si riaffermano o tendono a farlo le logiche clientelari quando da Roma vengono stanziati i tanti miliardi di lire, cinquanta mila, per dare il via alla ricostruzione post terremoto.

Ancora otto anni dopo il suo omicidio, nulla è cambiato a Pagani: le logiche dei cumparielli e degli amici degli amici rimangono le stesse. Stesse aziende, stessi imprenditori, stessi politici a far da padrone in un comune e in una Regione, la Campania, in continua emergenza. Nel 1990 ad esempio, si contavano quasi trentamila sfollati a dieci anni dal terremoto.

Marcello Torre, da sindaco di tutti e non di pochi, decide di fare la differenza. Ostacola e si frappone al connubio politico mafioso.

Una vicenda umana e politica, la sua, che ricorda quelle di altri politici, su tutti Piersanti Mattarella, che da dirigenti dell’amministrazione comunitaria, agiscono nel rispetto delle regole dello Stato e non di quelle dei compromessi sottaciuti e malavitosi. Una scelta che gli costa la vita.

Perché Marcello Torre viene ucciso e la sua morte per anni viene dipinta come “ambigua”, forse anche per via della professione praticata.

Quel lontano 11 dicembre 1980, infatti, Torre doveva recarsi prima in tribunale – doveva difendeva Salvatore Serra, detto Cartuccia, camorrista di Pagani, dapprima legato a Cutolo e successivamente suo nemico, morto suicida in carcere nel 1981 – e poi andare in Comune. Non sarebbe arrivato da nessuna parte.

Il delitto di Marcello Torre rimane impunito fino al 2002, quando vengono condannati come esecutore materiale Francesco Petrosino, reo confesso, e come mandante Raffaele Cutolo. Gli altri killers indicati dai pentiti, per una serie di norme processuali, vengono ritenuti non giudicabili.

Ma Torre non fu ucciso per contiguità camorriste, ma per essersi opposto proprio al sistema. Come scrive la Commissione Parlamentare Antimafia, Torre fu “colpevole di non aver favorito il sodalizio criminale nell’affidamento di appalti per la rimozione delle macerie”. Un omicidio “che costituisce anche un segnale nei confronti degli amministratori degli enti locali, ai quali vengono indicate le “procedure” che saranno seguite in caso di non assoggettamento o di dissenso”. Perché da sindaco e come sindaco, Marcello Torre, aveva scelto di fare la differenza.

 

 

 

Leggere anche:

 

 

ilmattino.it
Articolo del 11 dicembre 2020
Marcello Torre, 40 anni fa la morte: il ricordo
di Marcello Ravveduto

 

vivi.libera.it

Marcello Torre
La storia di un uomo profondamente giusto che non si è arreso alle logiche colluse tra camorra e politica locale; che ha resistito ancorato a quel sogno di restituire ai suoi concittadini una Pagani libera e civile. Un uomo irremovibile che non ha vacillato neanche quando è stata la terra a tremare.

 

 

avvenire.it
Articolo del 31 maggio 2021
Pagani. Inaugurato murales dedicato al sindaco Marcello Torre, ucciso dalla camorra
Antonio Maria Mira
Realizzato dal famoso artista napoletano Jorit su iniziativa della famiglia. Tanti cittadini presenti. La figlia Annamaria: “Vi ho consegnato papà. Mio padre è vostro. Oggi è il nostro 25 aprile”

 

fanpage.it
Articolo del 20 novembre 2021
di Valerio Papadia
È morta Lucia De Palma, vedova di Marcello Torre, il sindaco di Pagani ucciso dalla camorra
Dopo la morte del marito, assassinato l’11 dicembre del 1980, Lucia De Palma aveva dato vita all’Associazione Marcello Torre, che si batte per la legalità.

 

 

 

 

 

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