11 dicembre 1988 Altavilla Milicia (PA). Ucciso Carmelo Giallombardo, 37 anni, appuntato dei Carabinieri.

Carmelo Giallombardo di 37 anni, appuntato dei Carabinieri, è stato ucciso con colpi d’arma da fuoco ad Altavilla Milicia, un paese a pochi chilometri da Palermo. L’agguato è avvenuto mentre il militare stava chiudendo la saracinesca della rimessa nella quale aveva parcheggiato la sua automobile.  Colpito in varie parti del corpo, Carmelo Giallombardo è morto all’istante.
Carmelo Giallombardo aveva partecipato ad inchieste sulla mafia locale e partecipato ad un sequestro di un carico di eroina.
L’inchiesta sull’omicidio, dapprima in mano alla Procura di Termini Imerese e negli anni successivi trasferita alla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, è stata archiviata senza risultati.
Nel frattempo il solito fango sulla famiglia, moglie e due figli, in attesa di verità e giustizia.

 

 

 

Fonte:  archiviolastampa.it 
Articolo del 13 dicembre 1988
Carabiniere ucciso a Palermo era sulle tracce di latitanti
di Antonio Ravidà
L’agguato sotto casa, con quattro colpi di lupara
Cercava nel «triangolo della morte» il boss Salvatore Riina

PALERMO — La lupara spara ancora nel «triangolo della morte-, a Est della città. L’appuntato dei carabinieri Carmelo Giallombardo, 37 anni, da cinque assegnato alla caserma di Altavilla Milicia è stato freddato mentre abbassava la saracinesca del garage dove, domenica sera, aveva posteggiato l’auto. L’autopsia ha accertato che il militare è stato ucciso con quattro colpi di fucile caricalo a pallettoni. Un quinto colpo è andato a vuoto. I killer sono fuggiti prima ancora che la gente accorresse nella strada semibuia. Originario di Caltanissetta, Giallombardo lascia moglie e due bambini.

È l’ennesimo delitto di mafia. Non c’è bisogno di indagare in cerca di piste, di moventi per stabilire che l’appuntato è stato tolto di mezzo perché anche lui, come tanti altri servitori dello Stato, nel compiere il suo dovere stava per scoprire, o aveva scoperto, cose che invece sarebbero dovute rimanere segrete. D’altronde non mancano gli avvertimenti: ad aprile l’auto del comandante di questa stazione, maresciallo Di Somma, era stata incendiata e il carabiniere era stato trasferito a scopo precauzionale. Giallombardo aveva partecipato a numerose battute e indagini. Attualmente era impegnato in alcune inchieste antimafia mai cessate ad Altavilla Milicia, che con Bagheria e Casteldaccia da sei anni fa parte del triangolo della morte (in soli due mesi dell’estate 1982 furono assassinate 21 persone durante la guerra di mafia scatenata tra Palermo e dintorni).

I cadaveri di due pregiudicati furono abbandonati in una vettura davanti alla caserma dei carabinieri di Casteldaccia e poco dopo una telefonata anonima avverti che «l’operazione Carlo Alberto» era cominciata. La «operazione» si concluse il 3 settembre successivo con la feroce sparatoria in cui Carlo Alberto Dalla Chiesa rimase ucciso con la giovane moglie e l’unico agente della scorta.

Carmelo Giallombardo era sulle tracce dei grandi latitanti delle cosche, soprattutto di Salvatore Riina, ormai indicato come il capo assoluto della mafia dopo che la «cupola» s’è sgretolata sotto i colpi dell’antimafia e con la pioggia di ergastoli del primo maxiprocesso. Poco distante dal triangolo della morte, nelle campagne di Caccamo, fu catturato Michele Greco, indicato come «il papa» della mafia e ora, dopo un primo ergastolo, sotto processo a Messina nel sesto dibattimento per il delitto Chinnici. Nella periferia di Bagheria, due anni fa, fu ucciso il latitante-killer Mario Prestifilippo del quale si parla adesso come di uno dei due assassini del presidente della Regione Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale ministro per i Rapporti con il Parlamento. Sergio. Il presidente fu ucciso il giorno dell’Epifania del 1980 in viale della Libertà, la principale via di Palermo. Sempre nel perimetro del triangolo della morte, a Porticello, tre anni fa, venne ucciso il capo per la sezione catturandi della Mobile Giuseppe Montana che dava «troppo fastidio» perché cercava giorno e notte i covi dei boss.

I funerali dell’appuntato Giallombardo saranno celebrati oggi alle 15,30.

 

 

 

 

Fonte: archivio.unita.news
Articolo del 13 dicembre 1988
Carabiniere ucciso nel Palermitano

PALERMO.  Un appuntato dei carabinieri, Carmelo Giallombardo di 37 anni, è stato ucciso con colpi d’arma da fuoco ad Altavilla Milicia, un paese a pochi chilometri da Palermo. L’agguato è avvenuto mentre il militare stava chiudendo la saracinesca della rimessa nella quale aveva parcheggiato la sua automobile.  Colpito in varie parti del corpo, Carmelo Giallombardo è morto all’istante.

L’allarme è stato dato da alcuni inquilini di uno stabile vicino che hanno sentito le detonazioni.  Ad Altavilla si sono subito recati il comandante e iI vicecomandante del «Gruppo uno» che hanno avviato le indagini. Sono stati effettuati alcuni posti di blocco stille strade del circondario e sono state controllate numerose persone.

Numerose persone sono state interrogate dai carabinieri, dieci di esse sono state tenute in caserma in attesa che vengano controllati i loro alibi. Sono state tutte sottoposte alla prova del guanto di paraffina. L’autopsia ha accertato che il militare è stato assassinato con quattro colpi di fucile da caccia caricato a pallettoni, sparati da una distanza di una decina di metri.  Un quinto colpo è andato a vuoto.

Carmelo Giallombardo, originario della provincia di Caltanissetta, sposato e padre di due figli, era ad Altavilla Milicia da quattro anni ed aveva indagato su alcuni dei numerosi omicidi commessi negli ultimi anni nella zona.

I carabinieri hanno intensificato le ricerche di un latitante che nel 1969 uccise un sottufficiale dei carabinieri e per questo fu condannato all’ergastolo.  Si pensa che questi venga protetto dalla mafia che lo Impiegherebbe come killer. Negli anni passati, la   zona compresa tra Altavilla Milicia, Bagheria e Casteldaccia fu investita da una terrificante serie di omicidi.  E proprio in questa zona ebbe inizio l’«operazione Carlo Alberto» conclusasi con l’uccisione del prefetto Dalla Chiesa.  L’episodio più sinistro, prima che il Prefetto venisse soppresso a Palermo assieme alla moglie e all’agente di scorta, fu compiuto proprio ad Altavilla: davanti alla stazione dei carabinieri fu fatta trovare una «127» con due cadaveri nel portabagagli.

 

 

 

Fonte: ricerca.repubblica.it
Articolo del 13 dicembre 1988
LA MAFIA SFIDA I CARABINIERI
di Umberto Rosso

PALERMO Nel triangolo della morte la mafia ha ucciso un carabiniere. Con quattro colpi di fucile è stato assassinato Carmelo Giallombardo, 37 anni, sposato e padre di due figli. Un agguato messo a segno davanti l’ abitazione dell’ appuntato, domenica sera, alla periferia di Altavilla Milicia, un paesino, alle porte di Palermo, diventato tristemente noto come uno dei vertici di quel triangolo in cui Cosa nostra ha compiuto negli ultimi anni una vera e propria strage: nel territorio, che comprende anche Bagheria e Casteldaccia la mattanza è iniziata nei primi anni Ottanta, quando le cosche si sono scatenate in un feroce regolamento di conti. La zona rappresenta infatti uno dei crocevia del traffico della droga (la prima raffineria di eroina venne scoperta, nell’ 80, proprio da queste parti) ed è diventata una sorta di terreno franco per i latitanti: qui possono contare su numerosi covi e su una silenziosa ospitalità. E’ la seconda volta che ad Altavilla cade un carabiniere: nel ‘ 69, in un conflitto a fuoco, fu ucciso Orazio Costantino (il killer condannato all’ ergastolo, Antonino Parisi, è latitante). I carabinieri dunque privilegiano la pista mafiosa per l’ assassinio di domenica sera: una vendetta contro Carmelo Giallombardo impegnato nelle indagini sulla faida mafiosa. Si parla con insistenza anche della ricerca di una nuova raffineria di droga nel triangolo, di quel laboratorio di cui si sarebbero serviti i trafficanti finiti nella rete con l’ operazione Iron Tower. Ma non si escludono del tutto altre ipotesi, ad esempio una rappresaglia compiuta da qualche piccolo malvivente. Il commando è entrato in azione poco dopo le 23. Carmelo Giallombardo era appena rientrato a casa, dopo aver trascorso la sua giornata di riposo insieme ai familiari, in giro per il paese. La moglie e i due figli hanno subito raggiunto l’ appartamento. Il carabiniere ha sistemato al sua utilitaria in garage. E i killer (probabilmente in due) hanno atteso che il carabiniere restasse da solo per portare a termine la missione di morte. I sicari erano appostati nel buio, nascosti da una grossa siepe, armati di fucile automatico caricato a pallini (forse hanno sparato due armi, ma per la conferma si aspettano i risultati della perizia balistica). I colpi sono partiti da una decina di metri mentre il carabiniere, con le spalle rivolte agli assassini, stava abbassando la saracinesca del box: cinque colpi in rapida successione, uno solo dei quali andato a vuoto (come ha evidenziato l’ autopsia eseguita ieri all’ istituto di medicina legale). Il carabiniere è morto sul colpo. I primi ad accorrere, richiamati dalle detonazioni, sono stati proprio i familiari. Mentre ad Altavilla arrivavano i vertici dei carabinieri di Palermo, sono subito scattati i posti di blocco. Nel corso della notte sono state compiute perquisizioni, e una decina di persone sono state fermate: tutte sono state sottoposte alla prova del guanto di paraffina, per eventuali tracce di polvere da sparo. Non è stata ritrovata l’ auto dei sicari, che perciò probabilmente sono fuggiti a piedi. La camera ardente è stata allestita nella stazione dei carabinieri dove, da cinque anni, la vittima prestava servizio. Stamane i solenni funerali, ai quali è annunciata la presenza del comandante generale dell’ Arma Jucci. In questa fase delle indagini, coordinate dal sostituto procuratore Maria Vittoria Randazzo, si punta a riesaminare gli ultimi casi di cui si era occupato Giallombardo. Tutti i fascicoli che, pur non indirizzati su episodi specifici, prendono in esame la lunga guerra di mafia nel triangolo della morte. Molti boss di spicco, considerati legati ai vincenti, sono finiti sotto il piombo dei rivali. Nell’ ottobre dello scorso anno è stato ucciso il superkiller Mario Prestifilippo, l’ uomo della cosca di Ciaculli. Nel luglio scorso è toccato a un altro pezzo da novanta, Pietro Messicati Vitale, appena uscito dal carcere per decorrenza dei termini. Proprio davanti la stazione dei carabinieri di Altavilla, nel luglio dell’ 82, Cosa nostra lanciò il primo macabro messaggio di avvertimento a Dalla Chiesa. C’ è un regalo per il generale dentro la 127…, telefonò una voce anonima, e nella vettura i militari trovarono due cadaveri.

 

 

Foto da: reportagesicilia.blogspot.com

Fonte: reportagesicilia.blogspot.com
Articolo del 11 novembre 2016
LA “STORIA TORBIDA” DELL’OMICIDIO DELL’APPUNTATO DI ALTAVILLA MILICIA
Memorandum del delitto di mafia di Carmelo Giallombardo, ucciso la sera dell’11 dicembre del 1988 senza un movente accertato da tre sicari fino ad oggi rimasti senza nome

Nel buio della sera, i tre killer aspettarono in via Cesare Battisti che la vittima parcheggiasse la sua Fiat 127 all’interno di un capannone utilizzato come box.
Era una strada deserta, senza abitazioni vicine e poco illuminata dai lampioni.
Quando venne il momento, il terzetto sbucò dal muro di cinta di un fondo agricolo; a distanza di pochi metri, i sicari esplosero cinque colpi di fucile a lupara alle spalle dell’appuntato dei Carabinieri Carmelo Giallombardo, 37 anni, di Caltanissetta.
I pallettoni lo raggiunsero al torace, senza possibilità di scampo; le schegge raggiunsero anche il portone del capannone, butterandone la superficie.
Poi i killer scomparirono nella notte, utilizzando forse un’automobile di colore bianco che qualcuno disse di aver visto allontanarsi velocemente dal luogo della sparatoria.

L’agguato avvenne l’11 dicembre del 1988 a poche centinaia di metri dal cimitero di Altavilla Milicia, paese in cui Giallombardo prestava servizio da 6 anni.
A distanza di 28 anni, nulla è mai trapelato sugli autori e sul movente di un delitto di mafia compiuto in quello che veniva allora definito come il “triangolo della morte” di cosa nostra: Altavilla Milicia, Casteldaccia e Bagheria.
Nel 1982, in quella zona della provincia palermitana, vi si contarono in un solo mese 21 omicidi; carabinieri e poliziotti che vi prestavano servizio nei commissariati e nelle caserme lavoravano fra l’indifferenza e l’ostilità di molti residenti.
Carmelo Giallombardo era sposato ed aveva due figli di 10 e 6 anni; prima del trasferimento ad Altavilla Milicia aveva prestato servizio a Petralia Sottana e Cefalù, luoghi fuori dal “triangolo” ma dove la presenza della mafia era comunque palpabile.
La nuova destinazione esponeva a maggiori rischi di intimidazione.
Lo stesso comandante della Stazione – il maresciallo Di Somma – 8 mesi prima dell’omicidio dell’appuntato aveva subìto l’incendio della sua automobile.

Al telefono della caserma poi arrivavano spesso insulti e minacce.
Poche settimana prima di essere ucciso, Giallombardo aveva partecipato ad un’indagine che fruttò il sequestro di un carico di eroina fra Altavilla Milicia e Bagheria.
Sembra che per quest’inchiesta l’appuntato si fosse appostato nei pressi di un ponte, in compagnia di un collega.
Pare anche che dopo quell’operazione, Giallombardo avesse trovato la sua Fiat 127 con i copertoni tagliati; da allora era cominciato un periodo di inquietudini che la moglie del carabiniere aveva interpretato come il segno di una depressione.
Dopo quel danneggiamento, sembra che l’appuntato aspettasse un trasferimento dalla Stazione di Altavilla Milicia a quella di San Vito Lo Capo: purtroppo, i pallettoni arrivarono prima che il provvedimento venisse messo in pratica.
Fra il 1986 ed il 1987, Giallombardo aveva prestato servizio all’interno dell’aula bunker di Palermo, durante lo storico “maxiprocesso” a cosa nostra: bastavano questi precedenti di servizio a giustificare l’agguato mafioso di cui fu vittima?
E poi, ci fu una relazione fra il delitto, l’intimidazione ricevuta in precedenza dal maresciallo Di Somma e le minacce recapitate al centralino della Stazione dei Carabinieri del paese?
Ancora: ci fu forse un legame fra quegli episodi e la presenza clandestina in quei mesi fra Santa Flavia e Bagheria del “pentito” Salvatore Contorno, vicenda di mafia fra le più ambigue di quegli anni in Sicilia?

Di fatto, l’inchiesta sull’omicidio dell’appuntato Carmelo Giallombardo, dapprima in mano alla Procura di Termini Imerese e negli anni successivi trasferita alla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, è stata archiviata senza risultati.
Nessun collaboratore di giustizia e nessuno spunto investigativo – l’indicazione di un confidente, o un’intercettazione ambientale – sarebbero riusciti a fare verità su un omicidio che un investigatore del tempo oggi ricorda come “una storia torbida”.
Ad aggiungere opacità a questa vicenda, contribuisce anche la “vulgata” oggi tramandata negli ambienti dell’Arma secondo cui l’appuntato prestasse troppe attenzioni alle donne e che di questa debolezza facesse pubblico vanto: circostanze mai confermate da una sentenza giudiziaria e che non comunque non sminuiscono il peso di un delitto rimasto senza colpevoli.
La memoria di Carmelo Giallombardo è ricordata dall’Arma dei Carabinieri come quella di un appuntato “vittima del dovere, nell’ambito delle inchieste che stava conducendo sull’ambiente malavitoso locale”: una motivazione ovvia e generica, che, oltretutto, non riconosce la matrice chiaramente mafiosa di quell’agguato consumato in un territorio strettamente controllato dai clan.