14 novembre 1975 Oristano. Rapito Pietro Riccio, avvocato. Morì durante la prigionia, i resti furono ritrovati nel 1997.

Pietro Riccio – Foto it.wikipedia.org


Pietro Riccio
(Sedilo, 12 aprile 1921 – 14 novembre 1975) è stato un politico italiano.
Laureato in Giurisprudenza, esercitò la professione di avvocato diventando uno dei più noti penalisti sardi. Iniziò la carriera politica come sindaco di Oristano e nel 1972 fu eletto alla camera dei deputati nelle file della Democrazia Cristiana.
Nel novembre 1975, mentre era ancora in carica come deputato, fu fatto sequestrare e uccidere dal bandito Giovanni Santo Puddu, di cui era stato difensore, che voleva vendicarsi per l’eccessiva parcella pagata per una difesa giudicata insufficiente.
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Pietro Riccio – Messaggero del 7 dicembre 1975

 

 

 

Pietro Riccio L’Unità del 18 novembre 1975

 

 

 

Fonte:  archivio.unita.news
Articolo del 20 dicembre 1975
Si teme per la vita del deputato dc sequestrato
Più nessun contatto dopo il versamento dei milioni

di Giuseppe Podda
I banditi avrebbero interrotto ogni tipo di comunicazione: si torna a parlare di vendette – Protesta a Tonara dopo inammissibili  perquisizioni in casa del vicesindaco  PCI.

CAGLIARI, 19. Dove è finito l’onorevole Pietro Riccio?  Il deputato democristiano è stato davvero rapito a scopo di estorsione oppure è rimasto vittima di un’atroce vendetta? Questo lo angoscioso interrogativo che si pongono gli inquirenti, e gli stessi familiari del noto uomo politico sardo, che hanno chiesto agli intermediari dei banditi di recare, nei prossimi decisivi incontri, una prova tangibile dell’incolumità fisica del prigioniero.

I banditi hanno chiesto molti soldi per restituire l’ostaggio. Li hanno avuti. Pare che la cifra del riscatto versato dai familiari in tempi e in luoghi diversi sia stata altissima, dell’ordine di centinaia di milioni. Tutto era pronto per la liberazione, quando all’ultimo momento la macchina del rilascio deve essersi inceppata. Non sarebbe bastato mezzo miliardo. I banditi hanno chiesto una cifra, supplementare, e forse l’avrebbero ottenuta se i familiari non avessero sollecitato gli intermediari di provare che la vittima è ancora in vita.

Nei primi giorni in cui erano stati stabiliti i contatti, la prova venne fornita regolarmente; poi ogni rapporto è stato Interrotto.

Di fronte ad un prolungarsi di un inquietante silenzio prendono sempre più corpo e consistenza le ipotesi originarie, fatte subito dopo la scomparsa, a metà di novembre. Nessuno dimentica che Bacchisio Manca, Giovanni Santo Puddu, B. Meloni, Costantino Putzolu (uomini della banda di Peppino Pes, che terrorizzò ed insanguinò l’alto Oristanese tra gli anni cinquanta e sessanta e fu al centro di accesi scontri tra clan rivali) sono evasi dal carcere e si nascondono tra i monti della Sardegna interna. Nativi di Sedilo, come l’avvocato Riccio, i quattro latitanti sarebbero tornati per saldare un conto. Ma di quale conto si tratta? Vogliono continuare la lunga e sanguinosa faida paesana, oppure hanno preso l’avvocato Riccio in quanto lo ritengono colpevole di aver rinunciato alla parte civile delle ultime fasi del processo contro la banda Pes?

Il capo bandito, condannato all’ergastolo, non è mai riuscito a fuggire dal carcere; i suoi uomini però sono liberi, e c’è chi dice che a Sedilo la «disamistade» non si è mai interrotta, ed altro sangue dovrà ancora scorrere. Il sequestro dell’avvocato Riccio è maturato in questo retroterra di odio e di vendetta? E’ difficile stabilirlo. Non resta che attendere.

Un fatto inaudito contribuisce ad esasperare il clima pesante che regna nei centri agro pastorali dell’Isola.  Centinaia di poliziotti e carabinieri hanno circondato ieri l’abitato di Tonara perquisendo abitazioni di onesti cittadini, tra cui quella del vice-sindaco comunista, dei suoi fratelli e di un ex sindaco dc. Erano alla ricerca di tracce di Riccio. Naturalmente non ne hanno trovate affatto.

«Che cosa cercavano nelle nostre case? – ha detto il compagno Beppe Carboni, 31 anni, insegnante, vice-sindaco del paese – non siamo banditi, né complici di banditi. Siamo gente onesta che vive del proprio lavoro e che si batte per migliorare la società, per abbattere le strutture arretrate delle zone interne che sono all’origine dei sequestri di persona».

Una grande assemblea popolare convocata dai sindacati, dai partiti autonomisti e dall’amministrazione di sinistra, ha respinto – con un o.d.g.  votato all’unanimità – la incredibile provocazione (dettata da interessi politici ben precisi tesi a bloccare il processo di emancipazione democratica, hanno detto il segretario della federazione di Nuoro, compagno Caboi, il segretario provinciale del PSI compagno Mannoni, e il segretario provinciale del PSd’A avv. Melis) ed invitato la popolazione ad una costante vigilanza, rivendicando lo svolgimento di una approfondita inchiesta al fine di chiarire gli oscuri risvolti della grave iniziativa inquisitrice.

 

 

 

Pietro Riccio – foto da lanuovasardegna.it

Fonte: lanuovasardegna.it
Articolo del 13 novembre 2015
Oristano, 40 anni fa Pietro Riccio fu rapito e scomparve per sempre: il racconto della figlia
di Enrico Carta
Il 14 novembre del 1975 il sequestro dell’avvocato di origine sedilese, ex sindaco, deputato della Dc: morì durante la prigionia, i resti furono ritrovati nel 1997

ORISTANO. Generalmente, chi ha avuto a che fare con un lutto, fissa quell’istante quasi come si fa per le farfalle da collezione. Usa lo spillo della memoria per bloccare il momento, il giorno, l’ora, a volte il minuto in cui la morte è diventata ben più di un concetto astratto. Questo non vale per tutti. C’è chi mai ha avuto l’opportunità di sapere con certezza il giorno esatto in cui il proprio caro se n’è andato. Succedeva ai soldati in terre lontane e succedeva, vicino alle nostre case, negli anni da incubo dei rapimenti di persona, alcuni dei quali conclusi senza il rientro dell’ostaggio a casa.

E allora, in un miscuglio terribile di date, il giorno del sequestro quasi ruba il posto a quello in cui la morte è arrivata, tanto che persino negli archivi dei giornali, il triste anniversario da ricordare diventa quello del giorno in cui alcuni uomini si presero l’ostaggio. Quarant’anni fa, il 14 novembre del 1975, quegli uomini si presero Pietro Riccio, l’avvocato oristanese di origine sedilese, l’uomo della Democrazia Cristiana che del capoluogo era stato sindaco e che dalla città di Eleonora aveva preso il volo per la Camera dei deputati dopo il successo elettorale nel 1972.

La sua vita da parlamentare fu breve. La sua vita in genere, da quel momento, fu breve: poco più di due anni, perché poi, al termine di un comizio elettorale ad Asuni la sua auto fu bloccata nella strada del rientro verso Oristano. Pietro Riccio divenne prima un ostaggio, per il quale furono pagati 400 milioni di lire di riscatto – l’equivalente potrebbe essere oggi una cifra attorno ai quattro milioni di euro – senza che si riuscisse a ottenerne la liberazione. Poi divenne quasi un’ombra di flebile speranza per i familiari che aspettavano ormai invano. Infine divenne un morto. Era il 2 dicembre del 1997 quando i resti del suo corpo vennero ritrovati, ma per seppellirlo si dovette attendere il 16 maggio del 1998, dopo che l’esame del dna diede la conferma e quando dal rapimento erano passati 23 anni.

Altri 17 sono trascorsi dal momento dell’addio e dalla sepoltura vera e giusta, dopo quella indegna sotto un mucchio di terra in una grotta del canalone Sa Crabarissa nel territorio di Austis. Ma in quarant’anni, a differenza di quel che avviene per i lutti “normali” i suoi cari non riescono a usare quella spilla che fissi l’istante dell’addio, perché quell’opportunità non l’hanno mai avuta.

Stefania Riccio, uno dei cinque figli, il 14 novembre del 1975 era appena diciottenne e il suo fotogramma ultimo con il padre è sulle scale all’uscita di casa. L’avvocato si volta verso di lei e fa: «Che dici, tengo questa cravatta?», prima di essere inghiottito dall’abisso. «Da allora, ogni giorno è come il primo – racconta Stefania Riccio, anche a nome degli altri fratelli –. Nulla cambia col tempo che passa, perché quella dei sequestrati che mai hanno fatto rientro a casa non è una morte come le altre. Tutte sono dolorose. Alcune sono strazianti, ma questa è, in una parola, una morte diversa. Non la si metabolizza».

Succede perché i giorni, poi i mesi, poi gli anni passano senza una risposta. Anche la morte, nella sua brutalità, è una certezza per chi resta, ma non in casi come questi «E infatti per anni, sino a che non è stato ritrovato il corpo di mio padre, non ho voluto che in casa mia entrasse un solo fiore – prosegue Stefania Riccio –. E poi c’è un ulteriore aspetto: la gente parla dell’episodio come se fosse un avvenimento storico, quasi una pagina da libro di storia. Non ci si rende conto che per noi è come se tutto ciò fosse accaduto ieri e non quarant’anni fa».

Viste dal di fuori le vite degli altri appaiono sempre più banali di quel che sono. «Ancora oggi non riusciamo a parlarne tra di noi in famiglia – dice –, né so dire quando abbiamo capito che non l’avremmo più avuto con noi». Non i figli, non la vedova, non una qualsiasi altra persona teneva con sé lo spillo per fissare quel momento. Il momento.