15 Ottobre 2012 Marianella (NA). Ucciso Pasquale (Lino) Romano, operaio di 30 anni. “Ucciso per errore”

Foto da altocasertano.wordpress.com

Pasquale “Lino” Romano dà un bacio a Rosanna, la sua futura sposa, scese da casa di lei per andare dagli amici per la partitella a calcetto. Il killer è appostato fuori al palazzo. È buio e piove a dirotto. Negli occhi solo odio. La pistola è carica. Il colpo è in canna. Lui è eccitato. Già sente l’odore del sangue. È sicuro che da quel cazzo di portone verrà fuori Domenico Gargiulo detto “sicc e Penniell”, un bastardo, un traditore, un “girato” che ha preferito fare armi e bagagli e vendersi alla fazione camorristica rivale. Il “tribunale della malavita” lo ha già condannato: è un morto che cammina. Il sicario Salvatore Baldassarre possiede informazioni sicure. Una specchiettista di camorra per mille euro ha venduto al clan con un sms la vita di “sicc e Penniell”, fidanzato della nipote. Una trappola di camorra. Lui non sospetta di nulla. È comunque attento e lo protegge la buona stella. Scamperà per altre due volte la morte, di fronte a pistole che s’inceppano e a killer che sbagliano bersaglio. Lino esce dal palazzo e si dirige verso la sua auto. Attimi, istanti e si scatena il terrore. Il killer gli scarica addosso un intero caricatore. I proiettili trafiggono il corpo innocente di Lino appena 30 anni come l’età del suo aguzzino. In una telefonata intercettata dagli inquirenti il sicario – a chi gli chiede conto dell’errore – dirà: “Tu lo sai bene quando io inizio a sparare non mi fermo più”. Ecco a fermarlo dovrà essere la giustizia con una sentenza di condanna esemplare: l’ergastolo. È quanto hanno richiesto al giudice Francesco Cananzi i pubblici ministeri Enrica Parascandalo e Sergio Amato.” (ilfattoquotidiano.it)

 

 

 

Articolo del 18 Ottobre 2012 da positanonews.it
Napoli. Pasquale Romano ucciso per errore fidanzata sotto choc

Napoli «Lino era appena sceso quando abbiamo sentito gli spari. Tre, quattro rimbombi. Rosanna immediatamente ha provato a chiamarlo sul cellulare, ma lui non rispondeva. Mi sono precipitata per le scale. E ho sentito gli altri botti, quanti non lo so. Rosanna era alle mie spalle, ho aperto il portone e visto il ragazzo riverso tra l’auto e il selciato. Mi sono girata, ho cercato di bloccare mia figlia per non farle vedere il corpo del fidanzato crivellato di colpi. Ma lei era già fuori: ha guardato e ha cominciato a urlare».

Carmela Ferrigno è la mamma di Rosanna, la fidanzata di Pasquale Romano. Racconta quei minuti maledetti che «hanno distrutto due famiglie, quella di Lino e la nostra». Accanto a lei la ragazza sdraiata sul divano, incosciente dopo una massiccia dose di sedativi, e il marito, Salvatore, che lavora presso l’Associazione invalidi e mutilati di guerra. Intorno gli altri figli e i parenti, tutti accorsi per tentare di portare un conforto impossibile da trovare. Pasquale e Rosanna doveva sposarsi presto, molto presto.

Lui aveva cominciato a lavorare alla Prysmian di Pozzuoli insieme al cognato, Gennaro. Aspettava il contratto a tempo indeterminato per poter finalmente mettere su famiglia dopo più di quattro anni di fidanzamento. «Era contento, felice. Finalmente vedeva arrivare quel futuro che aveva sempre sognato – racconta Genny – parlava sempre del matrimonio. Mi diceva ”adesso ci sposiamo, altrimenti quando lo fa un figlio tua sorella?”».

Ieri sera i due ragazzi dovevano andare a giocare a calcetto. Lino, come lo chiamavano in famiglia, era passato da Rosanna per darle un bacio prima di andare alla partita. Erano le 9,30. Ha salutato tutti ed è sceso incontro alla morte.
«È successa una cosa assurda, incredibile – dice Salvatore – Lino era un ragazzo onesto, come tutti nella sua e nella nostra famiglia. Noi siamo gente che ha sempre lavorato. Con i camorristi non abbiamo mai avuto a che fare.

Noi siamo un’altra cosa, quelli là li abbiamo sempre combattuti. Io sono stato consigliere di quartiere, ho partecipato a tante manifestazioni per la legalità. Perciò adesso voglio parlare: la gente deve reagire, deve sapere che quello che è successo a noi può succedere a chiunque. Qua ci sono ragazzini, bambini mandati a sparare per poche lire. Gente che non sa niente, che non capisce niente. Adesso la giustizia li deve prendere. E deve prendere anche i capi, quelli che li convincono a uccidere».

Non ha dubbi Salvatore: Lino non può aver fatto niente per meritare di essere ammazzato così: «Credo che abbiano sbagliato persona, lo hanno preso per un altro», sostiene. «Lui era un ragazzo tranquillo, solare – dice Genny – anche sul posto di lavoro gli volevano tutti bene. E gli hanno sparato contro quattordici colpi. Quattordici colpi. Chissà cosa credevano di fare.

«Non si può vivere così – interviene Salvatore – qua c’è una guerra. Noi lo sappiamo. Da Scampia, da Secondigliano che adesso sono piene di poliziotti e di carabinieri, quei maledetti si stanno trasferendo anche qua a Marianella. E noi abbiamo paura. Tutte le persone oneste hanno paura». Ma non può finire così, dice Salvatore, Lino non può essere scambiato per un camorrista.

«Noi vogliamo parlare, vogliamo gridare. Vogliamo ribellarci. E la società civile deve essere con noi, deve dire basta. Non possiamo dargliela vinta. Perché quello che è successo a Lino che è stato ammazzato per niente, può succedere a chiunque. Non c’è difesa. E allora dobbiamo essere uniti. Dobbiamo dire che questa città è la nostra, non di questa gentaglia che ammazza solo per denaro. Dobbiamo scendere in piazza, dobbiamo riprenderci le strade, dobbiamo dire che questo spazio è nostro, non loro. Le bestie che ammazzano devono andare via. Noi siamo qua, vogliamo resistere. Io sto già cercando di prendere contatto con l’associazione delle vittime innocenti delle mafie. Ma se nessuno si schiererà con noi, se anche la morte di Lino non servirà a fermare questa carneficina, allora andremo via, in un’altra città, in un altro posto. Noi così non possiamo più vivere».

 

 

Art. del 18 Ottobre 2012 da napoli.repubblica.it
Una pista sull’omicidio di Pasquale Romano
obiettivo dei sicari un vicino della ragazza

C’È UNA PISTA sull’omicidio di Pasquale Romano, il 30enne di Cardito ucciso a Napoli nel quartiere di Marianella: il vero obiettivo dei sicari sarebbe dovuto essere un elemento già noto alle forze dell’ordine e legato al mondo dello spaccio e non un personaggio di spicco della criminalità organizzata, come sospettato in un primo momento.

E’ una delle ipotesi che sono al vaglio dei carabinieri del Nucleo investigativo partenopeo che indagano sull’omicidio, coordinati dai pm della Dda Sergio Amato e Enrica Parascandolo.

L’operaio appena andato via dall’abitazione della sua ragazza è salito nella sua auto, una Citroen scura di modello piuttosto comune che potrebbe aver tratto in inganno i killer in attesa; questi gli hanno esploso contro 14 colpi di pistola. Domani i funerali con lutto cittadino a Cardito e la presenza del sindaco di Napoli Luigi de Magistris, e di rappresentanti di Provincia di Napoli e Regione.

 

 

Art. del 19 Ottobre 2012 da altocasertano.wordpress.com

SCAMPIA(NA)- I GENITORI DI LINO ROMANO VITTIMA innocente della CAMORRA ucciso per sbaglio durante un raid alcuni giorni fa,  SCRIVONO AL MINISTRO CANCELLIERI: “VOGLIAMO GIUSTIZIA E SICUREZZA”.IL MINISTRO RISPONDE: “VOGLIO INCONTRARVI”.

ECCO LA LETTERA INVIATA DAI GENITORI DI LINO AL MINISTRO DEGLI INTERNI CANCELLIERI:

“Signor ministro dell’Interno,
chi le scrive non ha più un futuro. Siamo i genitori di Pasquale Romano, ucciso lunedì scorso mentre con i suoi trent’anni, che tali rimarranno per sempre nella nostra memoria, con i suoi progetti per il futuro, con la sua voglia di vivere, usciva da casa della sua fidanzata, per andare a giocare a calcetto. Nostro figlio era una persona normale, per noi genitori sicuramente speciale. Aveva un lavoro. Aveva progetti. Voleva avere una famiglia tutta sua, da costruire con le sue forze. E, invece, la sua vita gli è stata strappata sulla pubblica via. Al confine con Scampia, in un quartiere che non appartiene più alla comunità del nostro Stato, ma che è irrimediabilmente perduto.
Consegnato a chi avvelena migliaia di giovani, uccidendoli giorno dopo giorno, lasciato in mano a chi, di fatto, ha in mano la vita di noi tutti, decidendo se dobbiamo vivere o morire.

Hanno ucciso nostro figlio. Da quella sera nel nostro cammino non c’è più un orizzonte, e se ci voltiamo indietro non vediamo più l’orma dei nostri passi.
Signor Ministro, le chiediamo perché. Le chiediamo com’è possibile perdere così la vita in questo modo. Le chiediamo perché, in questo posto maledetto, si continua a uccidere e a uccidere ancora innocenti, che muoiono perché escono di casa, vanno a prendere i figli a scuola, tornano dalla spesa o si affacciano da un balcone. Che senso ha morire così? Che senso ha morire a trent’anni? Che senso può avere la nostra disperazione di genitori a cui è stato strappato dal cuore un figlio, solo perché si ostinano a dire che era «nel posto sbagliato al momento sbagliato»? Nostro figlio, invece, era al posto giusto al momento giusto. Ella può ancora garantire alle persone di avere il diritto a vivere e di muoversi per strada senza guardarsi intorno e senza preoccuparsi delle ombre? Non le pesa tutto questo? Ella è a conoscenza del fatto che sono già più di seicento le persone uccise per «sbaglio» (un termine orribile) dalla criminalità? Questa crudele lista dovrà continuare ancora?

Abbiamo perso un figlio. E non ci sono parole per definire il senso del dolore che proviamo da poche ore ma che ci sembra davvero antico. Le chiediamo giustizia. E una sicurezza che qui non esiste ancora, e che forse non è mai esistita. Le chiediamo ancora di provvedere affinché tutto questo non abbia a ripetersi mai più. Signor Ministro, non esiste nella nostra lingua, e nemmeno nelle altre, alcun termine per definire chi perde un figlio. Una condizione che non è stata mai immaginata, ma che a Scampia è invece all’ordine del giorno”.

Il ministro Cancellieri ha così risposto:”«È un appello – risponde il responsabile del Viminale – che mi ha colpito profondamente, è una lettera bellissima, capisco la tragedia che li ha investiti. Appena possibile chiamerò la madre, spero di incontrarla nei prossimi giorni se mi vorrà vedere per esprimerle tutta la partecipazione a questa terribile tragedia».
Pubblicato da red. prov. “Alto Casertano-Matesino & d”

 

Saviano e la strage degli innocenti
30 ottobre 2012
Toccante monologo di Roberto Saviano a Che Tempo Che Fa del Lunedì. Ha parlato della nuova faida di camorra e ha raccontato la storia di Pasquale Romano, ultimo morto ammazzato dalla Camorra per sbaglio.

 

 

 

Articolo del 22 Ottobre 2012 da ilmediano.it
Tutti i trentenni napoletani hanno gli occhi di Pasquale Romano
di Amedeo Zeni

Camminare, uscire con la fidanzata, correre, morire. La camorra è il simbolo della libertà negata e delle opportunità contro la fame. Riflessione sui provvedimenti e su un ragazzo che non sorriderà più.

Napoli è segmentata in differenti realtà culturali. Differenti contesti in cui la somministrazione dei beni è diversa per ogni tipologia sociale.

Il famoso dualismo, che Amato Lamberti identificò, suddividendo Napoli in gente per bene e delinquenti, in bassi e piani alti, in onesti e sleali, in politici impegnati e in politici del “bla bla bla”, si ripresenta oggi a ricordarci che Napoli ha bisogno di riflettori puntati addosso; come una bambina dolorante che grida attirando l’attenzione del padre Stato, troppo impegnato a risolvere i casini dei fratelli maggiori. Napoli è una bimba inascoltata e allo stesso tempo abbastanza tenace da poter crescere anche con le proprie forze, ma nessuno cresce senza speranza. Pasquale Romano (foto), avrà trent’anni per sempre, sarà giovane per sempre, sarà sognatore per sempre, sarà napoletano per sempre.

Tra qualche settimana, sarà dimenticato da quella parte di Napoli che non ha voglia di crescere. Il rischio più atroce, quello più insopportabile, è che venga dimenticato, che venga aggiunto a quella lista lunghissima delle vittime dimenticate. In verità, tutte le vittime di camorra devono essere il motore, lo spirito, l’energia per fare in modo che la condizione di sudditanza agli atteggiamenti criminali siano un vincolo da annientare. Molte mentalità negli anni stanno cambiando, bisogna cambiarne ancora tante. Quella parte buona deve inondare la parte negativa lasciando affogare impietosamente tutti coloro che declassano la dignità e la felicità di una città, di una regione, di una nazione intera.
Gli indicatori da tenere in considerazione per analizzare la comunità napoletana sono sempre gli stessi: la miseria, l’illegalità e l’invivibilità. La camorra ancora oggi, a Scampia come altrove, è il marionettista che anima tanti personaggi di questa città, un marionettista astuto e subdolo, talmente radicato nelle nostre abitudini che ha creato uno stato di sopportazione e accettazione tale da essere culturalmente condiviso. Un marionettista che per molti è addirittura un garante della sopravvivenza, che aumenta le opportunità di lavoro. A Scampia non esistono soltanto le famiglie Di Lauro, Vanella Grassi, Abete, Notturno, Aprea, Abbinate, Amato, Pagano, esistono anche tante famiglie “Romano”, esistono coloro che vogliono camminare per strada, andare a lavoro, uscire con la propria ragazza, sognare sereni.

I camorristi che hanno ucciso Pasquale sono gli stessi che, con battaglie tra clan, gestiscono mercati illegali, tra i tanti quelli della droga. Un mercato che è alimentato anche dalla fame di chi viene adescato per lavorare. Lamberti in un saggio presente nel testo “La grande crisi di Napoli” (Vito Nocera, Tullio Pironti Editore) così descriveva la rischiosa manovalanza: “Ci sono giovani che hanno 25 clienti, forniscono 25 persone di cocaina regolarmente con un numero telefonico e un sms. Una persona con 25 clienti può mettere in tasca, vendendo cocaina, 2000-2500 euro al mese, e c’è chi si accontenta di questo, è uno stipendio dignitoso! Ma ci sono anche giovani il cui lavoro è prendere la sera un treno, generalmente una volta alla settimana, qualche volta due.

Prendere un treno con due borsoni di quelli rettangolari lunghi, pieni generalmente di CD falsi, ma, a volte, aggiungono anche altro, arrivare a Bologna, a Verona, a Genova, a Torino. Consegnano i borsoni, ritornano a casa; al ritorno gli danno 250 euro” e così aggiungeva: “L’illegalità, anche la più grave, ai livelli sociali, nei quali l’Illegalità è diventata regola e pratica di vita, non viene neppure percepita più come tale. A questo punto non c’è bisogno solo di lavoro ma di ricostruire le regole di una convivenza civile, fatta di osservanza delle norme, di certezza del diritto e dei diritti, a cominciare da quelli di cittadinanza”.

Il rischio infatti è proprio questo, il dualismo tra chi è vittima e chi è carnefice, diventa sempre più sottile, e intanto, mentre questa convivenza viene amaramente tollerata, ci sono ragazzi, liberi, estranei ai fatti, che vengono uccisi. Pasquale Romano non è un trentenne qualunque, è tutti coloro che hanno trent’anni in Campania, è l’emblema di un fallimento politico così com’è l’orgoglio di una libertà negata, una libertà agognata e meritata da tutti coloro che vogliono camminare per strada senza essere martoriati da colpi di pistola.

Pasquale è il nome di tutti i ragazzi che si guardano alle spalle nelle zone di periferia e che da soli non possono difendersi finché l’intera collettività tace, finché i gestori della pubblica sicurezza e i governatori politici non decidano, insieme, che il tempo della camorra è finito, che le opportunità proposte dal crimine organizzato possono e devono essere sostituite dai mezzi legali, che la mentalità del rischio deve mutarsi nella mentalità delle opportunità. La lotta tra i clan per la gestione del territorio è pubblicamente riconosciuta sia dagli intellettuali in materia che dai gestori ministeriali.

Per quanto possa sembrare difficile prenderli tutti, palesare un cambiamento definitivo significa rendere onore a Pasquale e alle centinaia di altre vittime, decidendo con un atto inevitabile di “dittatura democratica”, che non è più possibile questa connivenza e che quindi qualsiasi intuizione, seppur drastica, debba essere messa in atto per debellare il fenomeno: attraverso la tolleranza zero degli agenti criminali e attraverso la realizzazione di una rete unica di esperti atti a plasmare nei territori interessati, pensieri di rivoluzione culturale, meno utopici di quanto possa sembrare, poiché laddove l’umanità ha raggiunto livelli di civilizzazione elevata, a Napoli il silenzio e la non curanza degli interessi politici collusi, opprime costantemente i tentativi di cambiamento.

Tentativi realizzabili facilmente e con naturalezza se, chi deve decidere gli arresti, le leggi e gli insegnamenti, prima di andare a dormire resti fermo a guardare per un minuto, per un minuto soltanto, gli occhi liberi e sorridenti nella foto del giovane Pasquale.

OSSERVATORIO SOCIALE

 

Articolo del 28 Novembre 2012 da  napoli.repubblica.it
Arrestato un killer di Lino Romano grazie al pentimento di una donna
di Dario Del Porto
Avrebbe dovuto segnalare la presenza del vero obiettivo dei sicari con un sms. Ma gli assassini agirono prima del messaggio uccidendo per errore il giovane. Il padre: “Sono belve, non perdonerò mai”

Colpo del fronte anticamorra. Arrestato un sicario del commando che uccise Lino Romano, vittima innocente della ferocia camorristica. L’agguato avvenne a Marianella nella notte del 15 ottobre mentre il giovane stava andando a giocare a calcetto.

Le indagini dei pubblici ministeri Sergio Amato ed Enrica Parascandolo sono dunque giunta a una importante e probabilmente decisiva svolta. I killer spararono al buio scambiando la vittima per un rivale dei clan.

L’arrestato si chiama Giovanni Marino, ha ventidue anni ed è stato preso nel quartiere orientale di San Giovanni a Teduccio. Marino secondo le indagini fa parte di un commando di almeno quattro persone legate al clan degli scissionisti di ultima generazione Abbinante.

Marino, sospettano gli investigatori, avrebbe indicato ai suoi complici, la vittima da colpire, sbagliandosi e consegnando a una assurda e atroce morte Lino Romano.

“Gli assassini di mio figlio sono belve che non perdonerò mai” è il commento a caldo di Giuseppe Romano, papà di Pasquale. “Ho sempre creduto e sempre crederò nella giustizia – dice – Non ci sono termini per definire quegli assassini. Anche chiamarli belve è troppo poco”.

Il pentimento della donna. L’inchiesta della Dda sull’omicidio di Pasquale Romano ha avuto una svolta lo scorso venerdì notte, quando la donna che avrebbe dovuto inviare il messaggio ai killer sull’uscita dal palazzo del vero obiettivo, si è presentata al commissariato di polizia di Scampia manifestando la volontà di collaborare.

La donna era presente a una cena alla quale partecipava il vero obiettivo dei killer, Domenico Gargiulo; cena che si stava svolgendo, la sera dell’agguato, nel palazzo in cui abita la fidanzata di Pasquale Romano: stabile davanti al quale l’operaio fu ucciso. Ha riferito agli inquirenti che informò Giovanni Marino, oggi fermato, e il complice dell’arrivo di Gargiulo ma che si udirono gli spari prima che la cena terminasse e che lei avesse avuto il tempo di mandare il messaggio per avvertire che il vero obiettivo stava uscendo dal palazzo.

La donna che ha deciso di collaborare con la giustizia è la zia della fidanzata di Domenico Gargiulo, il vero obiettivo dei killer che nei giorni successivi all’omicidio di Pasquale Romano sfuggì a un altro agguato. Si è presentata in commissariato con i suoi due figli, che hanno avuto un ruolo nella pianificazione del delitto e che ora vivono con lei in una località protetta.

Nella zona di Scampia la decisione della donna di collaborare si è diffusa rapidamente e Giovanni Marino e il suo complice si sono allontanati dalle loro abitazioni.

 

 

 

 

Foto e Articolo del 29 novembre 2012 da dallapartedellevittime.blogspot.it 
MILLE EURO PER INVIARE SMS AI KILLER DI MARIANELLA  
di Raffaele Sardo

Dal suo nascondiglio Anna, la donna che la sera del 15 ottobre doveva comunicare  quando sarebbe sceso  in strada Domenico Gargiulo per farlo ammazzare, continua a rivelare altri particolari relativi alle circostanze che poi hanno portato ad uccidere Lino Romano, la persona sbagliata. Lei, Anna, zia della fidanzata di Gargiulo, aveva accettato di mandare  un sms per avvisare i kiler, in cambio di mille euro. Ha raccontato che aveva bisogno di quei soldi per curare la figlia gravemente malata, ma a causa del tragico scambio di persona  non li ha mai ricevuti. La donna sta ora collaborando con la giustizia assieme ai figli Carmine e Gaetano, che hanno avuto un ruolo nella preparazione dell’agguato, e non è escluso che le sue rivelazioni consentano di risolvere anche altri casi di omicidio. In particolare, già in altre circostanze Anna si sarebbe prestata a segnalare ai killer degli «scissionisti» l’arrivo delle vittime predestinate in cambio di modeste somme di denaro. Grazie alla sua collaborazione, gli investigatori hanno anche ritrovato e sequestrato la vettura usata il 15 ottobre per raggiungere corso Marianella, dove Pasquale Romano fu ucciso al posto di Domenico Gargiulo: si tratta di una Ford Focus.

 

 

 

Articolo del 13 Marzo 2013 da ilmattino.it
Napoli, omicidio di Lino Romano. Preso il killer della vittima innocente di camorra
I Carabinieri lo hanno rintracciato a Marano, aveva una pistola semiautomatica ed era in possesso di documenti falsi

NAPOLI – Il presunto esecutore materiale dell’omicidio di Lino Romano, 30 anni, ucciso per errore in un agguato di camorra il 16 ottobre, a Napoli, è stato arrestato dai Carabinieri nel capoluogo campano.

È Salvatore Baldassarre, 30 anni, ritenuto affiliato al clan “Abete-Abbinante-Notturno”.

Baldassarre è stato individuato e arrestato dai Carabinieri del nucleo investigativo di Napoli in un appartamento di Marano di Napoli, dove secondo le indagini si era nascosto per sfuggire alle ricerche.

Al momento dell’arresto – si è saputo dai Carabinieri – Baldassarre era armato di semiautomatica e in possesso di documenti falsi.

L’agguato – secondo le indagini dei Carabinieri – fu organizzato e messo in atto nell’ambito dei contrasti fra il clan camorristico degli “Abete-Abbinante-NotturnO”, al quale secondo gli investigatori apparteneva Baldassarre, e il gruppo della cosiddetta “Vanella GrassI”, per il controllo sulle piazze di spaccio nella zona Nord di Napoli.

Nell’ambito delle indagini sull’omicidio erano già stati arrestati Il Giovanni Vitale, detto Gianluca, ritenuto il mandante dell’agguato e Giovanni Marino, 22 anni.

Secondo le indagini dei carabinieri Salvatore Baldassarre è stato l’esecutore materiale dell’omicidio, quello che sparò 14 colpi contro il povero e innocente Lino Romano, prima di rendersi conto di aver sbagliato bersaglio.

 

 

 

Articolo del 26 Aprile 2013 da  ilmattino.it 
Napoli, l’omicidio di Lino Romano
Il pm chiede il processo sprint

di Leandro Del Gaudio

NAPOLI – Gli hanno dato la caccia per mesi, hanno studiato i suoi movimenti per ore, giorni. Hanno chiesto informazioni sul suo conto e quando non arrivavano notizie dal territorio, in modo tradizionale, si sono rivolti alla Rete, scavando foto e notizie da facebook, ma non lo hanno mai stanato , non lo hanno mai «imbracato», per usare una parola tratta dal lessico criminale.

Ora potrebbero averlo lì di fronte, in un’aula di giustizia, a pochi passi da celle e monitor, assieme a un’altra decina di persone chiamate in corte di Assise come persone offese, come potenziali parti civili in un processo che sta per celebrare il suo atto iniziale. Di che storia parliamo? È l’altra faccia del processo a carico dei presunti killer di Lino Romano, lo sfortunato trentenne ucciso per errore a Marianella lo scorso ottobre.

Oggi la Procura schiaccia l’acceleratore, chiede al giudice di fissare un processo immediato (bypassando il filtro dell’udienza preliminare) e trasmette una lista di nomi all’ufficio gip: ci sono i presunti killer di Lino Romano (in parte pentiti e reo confessi), ma anche le persone offese. Tra queste, anche il nome di uno che non c’entra con la martoriata famiglia dell’operaio ucciso al posto di un altro: si chiama Domenico Gargiulo, al secolo «sic penniello», ed era la vittima designata dell’agguato dello scorso 15 ottobre, quello in cui i killer hanno colpito il malcapitato Lino Romano.

È indicato come parte offesa, assieme ai più stretti congiunti della vittima, tecnicamente potrebbe costituirsi parte civile. Potrebbe presentarsi con un legale di fiducia in aula e chiedere giustizia per quel pressing asfissiante sulla sua vita, che lo ha reso famoso per la sua capacità di dribblare proiettili o di beneficiare del capriccio del Caso. Come nel bar California, siamo in piena area metropolitana, appena pochi giorni prima di quella maledetta notte: lui è lì, quasi noncurante della guerra – l’ennesima – tra gli scissionisti degli Abete-Abbinante-Aprea-Notturno e dei girati della Vannella Grassi (Mennetta-Magnetti-Guarino-Leonardi), pensa di non essere un obiettivo sensibile.

E invece anche lui, Domenico Gargiulo, è nella lista nera, sono gli scissionisti a chiedere la testa di uno che sta in zona Marianella, per motivi di geopolitica criminale. Ma è lesto, Sic penniello, scatta appena si accorge che attorno a lui la scena è congelata, rattrappita come in una smorfia di paura. Poi si mette anche la Fortuna, quando – ormai senza via d’uscita – si trova di fronte alla canna di una pistola che per miracolo si inceppa. Il colpo resta bloccato, lui scappa, nel bar California resta il deserto. Pochi giorni dopo, è uno sciagurato sms ad attirare i killer sul target sbagliato.

Una storia ricostruita dai pm della Dda di Napoli Sergio Amato e Enrica Parascandolo, al termine delle indagini dei carabinieri del comando provinciale del colonnello Marco Minicucci. In queste ore la richiesta di processo immediato a carico di Salvatore Baldassarre e di Giuseppe Montanera (difesi dal penalista Claudio Davino), ma anche a carico di cinque soggetti che a vario titolo hanno fornito dichiarazioni in merito alla dinamica del delitto e al fatale errore di persona che ha spezzato la vita di una persona estranea al crimine: si tratta di Giovanni Marino, Anna Altamura, Carmine e Gaetano Annunziata.

Fatali gli sms, gli «short message» che hanno fatto entrare in azione i killer contro la persona sbagliata, che stava lasciando l’abitazione della fidanzata in uno stabile di Marianella, ovviamente ignaro di essere finito al centro di una trama sanguinaria. Colpa di un sms spedito in anticipo da parte di Anna Altamura, colpa di una immagine scaricata da facebook o della frenesia dei killer di colpire a morte. Presunti mandanti, killer e pentiti tutti detenuti, grazie agli arresti firmati dal gip Luigi Giordano, poi confermati dal Riesame.

Un processo che ora attende il vaglio in assise, dove il Comune potrebbe chiedere di costitursi parte civile per i danni all’immagine dopo tanta barbarie e dove potrebbe spuntare – fatto abbastanza improbabile – anche la sagoma di Domenico Gargiulo: proprio lui, l’inafferrabile, proprio lui, l’imprendibile parte offesa.

 

 

 

Articolo del  1 Luglio 2013 da  ilmattino.it  
Napoli. Processo ai killer di Lino Romano, il Comune si costituisce parte civile
Prima udienza lunedì prossimo, il sindaco De Magistris: giunta in aula, in prima linea contro la camorra

Il Comune di Napoli si costituisce parte civile nel processo per l’omicidio di Lino Romano, vittima innocente della camorra, ucciso lo scorso mese di ottobre, nel quartiere Marianella, per scambio di persona.

A stabilirlo una delibera comunale, su proposta dell’assessore Franco Moxedano che ha la delega all’Avvocatura, approvata dalla giunta de Magistris lo scorso venerdì. La prima udienza del processo è in programma il prossimo lunedì.

«Siamo in prima linea contro la barbarie, violenza e camorra» ha detto il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris. «Comincia una nuova stagione che è quella di partecipare fisicamente, con esponenti della Giunta alle udienza più significative, a cominciare dalla prima. Non più solo l’avvocatura ma un rappresentante della Giunta».

 

 

 

Articolo del 27 settembre 2013 da  napoli.repubblica.it
Omicidio Lino Romano – il pm chiede l’ergastolo 
di Dario Del Porto

Chiesto il massimo della pena per Salvatore Baldassarre, che sparò al ragazzo innocente scambiandolo per un esponente della fazione avversa. Il delitto il 15 ottobre 2012 a Marianella durante la seconda faida di Scampia.

Il pm Enrica Parascandolo ha chiesto cinque condanne per gli imputati accusati dell’omicidio di Lino Romano, il giovane ucciso per errore il 15 ottobre 2012 a Marianella durante la seconda faida di Scampia. Il processo si sta celebrando con rito abbreviato davanti al giudice Francesco Cananzi.

Il pm Parascandolo, titolare delle indagini con il pm Sergio Amato, ha chiesto l’ergastolo per Salvatore Baldassarre, che sparò all’incolpevole Lino scambiandolo per Domenico Gargiulo detto Sicc Penniell, esponente della fazione avversa.

Pene molto più lievi, a causa della diminuente imposta dal rito e delle attenuanti della legge sui pentiti, per i quattro collaboratori di Giustizia: 14 anni per Anna Altamura e i figli Carmine e Gaetano Annunziata, 16 anni per Giovanni Marino. Prossima udienza il 4 ottobre

 

 

 

Articolo del 28 Settembre 2013 da ilmattino.it
L’omicidio di Lino Romano. Il pm in aula: «Niente ergastolo, sono pentiti»
di Leandro Del Gaudio

Come spiegare ai parenti o agli amici di un ragazzo ucciso per errore la mancata richiesta di ergastolo per i suoi killer? Come raccontare all’opinione pubblica che, nonostante tutto, quei killer possono ottenere sconti e benefici? Eppure funziona così, per legge.

Parliamo di loro: dei filatori e degli specchiettisti, quelli che meno di un anno fa hanno provocato la morte di Pasquale Romano, l’operaio ucciso lo scorso 15 ottobre a Marianella. È il cuore della requisitoria contro imputati che con la loro confessione hanno offerto una ricostruzione «granitica» di una pagina nera della cronaca degli ultimi anni. Aula 115, parla il pm anticamorra Enrica Parascandolo, donna e madre, prima ancora che magistrato.

 

 

 

Articolo dell’11 Febbraio 2014 da ildesk.it
Omicidio Lino Romano, il pm chiede due ergastoli  
Le richieste per Giuseppe Montanera e Giovanni Vitale in merito all’omicidio del 15 ottobre 2012 a corso Marianella, in cui fu ucciso per errore il giovane operaio

NAPOLI  – Il pm Enrica Parascandolo ha chiesto due condanne all’ergastolo in merito all’omicidio di Lino Romano, avvenuto il 15 ottobre 2012 a corso Marianella. I destinatari delle richieste sono Giuseppe Montanera e Giovanni Vitale: il primo è ritenuto mandante dell’omicidio, mentre Vitale doveva guidare l’auto con la quale il killer giunse sul luogo dell’agguato ma all’ultimo momento cambiò idea e non partecipò direttamente all’esecuzione.

Per la morte di Lino Romano, ucciso per errore, sono già state condannate altre cinque persone al termine del processo con rito abbreviato: tra loro l’esecutore materiale del delitto, Salvatore Baldassarre, al quale è stato inflitto l’ergastolo, e Giovanni Marino, che accompagnò Baldassare in corso Marianella prendendo il posto di Giovanni Vitale. Obiettivo del raid doveva essere Domenico Gargiulo, esponente di un clan camorristico rivale, che quella sera si trovava nello stesso palazzo dal quale uscì Romano. Il processo è in corso davanti alla V corte di assise presieduta da Adriana Pangia.

 

 

Articolo del 28 ottobre 2015 da  napoli.repubblica.it
Omicidio di Lino Romano, confermati gli ergastoli in appello
Il giovane venne ucciso per errore nel quartiere Marianella il 15 ottobre 2012

Ergastolo confermato per Giuseppe Montenera e Giovanni Vitale, considerati rispettivamente il mandante e l’organizzatore dell’omicidio di Lino Romano, ucciso per uno scambio di persona nel quartiere Marianella a Napoli il 15 ottobre 2012. La Corte di Assise di Appello di Napoli ha confermato la sentenza della quinta sezione della Corte d’Assise, che il primo aprile 2014 aveva condannato Montenera e Vitale all’ergastolo.

 

 

 

Fonte:  anteprima24.it
Articolo del 5 giugno 2017
Ergastolo anche in Cassazione per i killer di Lino Romano, vittima innocente
di Fabio Postiglione

Carcere. Carcere per tutto il resto della vita. La Corte di Cassazione ha condannato definitivamente all’ergastolo i killer di Lino Romano, il trentenne ucciso per errore durante la faida di camorra del 2012 tra Scampia e Secondigliano, vittima innocente di una faida feroce, brutale, una guerra “lampo”. Fu un terribile scambio di persona: Lino assomigliava purtroppo ad un affiliato al gruppo camorristico della Vanella Grassi e la sera del 15 ottobre fu assassinato con venti colpi di pistola nella sua auto. Questa sera la Suprema Corte ha messo la parola fine all’indagine durata cinque anni confermando il carcere a vita per Giuseppe Montanera e Giovanni Vitale, i quali aiutarono e coprirono Salvatore Baldassarre reo confesso e anche lui condannato all’ergastolo ma non ancora definitivamente, per l’omicidio del 30enne operaio di Cardito, in provincia di Napoli. Quella sera ad avvertire i killer che aspettavano la vittima predestinata nascosti dietro ad un’auto in sosta, fu una donna, che fece la “filata”, la “soffiata” inviando un sms al commando di assassini, ma si sbagliò e fu l’errore più grande della sua vita, anche se lo nega ma viene smentita da altri testimoni oculari.

Lino Romano quella maledettissima sera era andato a salutare la fidanzata a Mariglianella, località a nord di Napoli, dopo una partita di calcetto, e per sua sfortuna abitava nello stesso edificio dove c’era Domenico Gargiulo, detto “Sicc penniell”. Era lui che doveva morire quel giorno ma la donna non si accorse che a scendere per le scale era Lino e non il pregiudicato della Vanella Grassi. Quando il ragazzo salì in macchina Salvatore Baldassarre iniziò a fare fuoco e poi disse che si era accorto di aver sbagliato persona: «ma quando inizio a sparare non mi fermo», confidò ai suoi complici. A ricostruire l’omicidio, due giorni dopo, fu proprio la donna e i due suoi figli, che pure avevano avuto un ruolo nell’agguato, e che decisero di collaborare con lo Stato per paura di essere ucciso. Lino Romano era incensurato e innocente, vittima della camorra e di una faida che porto’ a trenta omicidi in poco piu’ di tre mesi. Al centro delle frizioni il controllo del grosso market della droga alle Vele di Scampia. Domenico Gargiulo per essere scampato alla morte si tatuò sul braccio la data nella quale lui si salvò e invece fu ucciso Lino. Adesso però, potrà riposare in pace.

 

 

 

 

 

 

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