17 Febbraio 1995 Belmonte Mezzagno (PA). Giovanni Salamone fu ucciso in una macelleria in un agguato contro uno dei proprietari.

Giovanni Salamone, 34 anni, portinaio dell’Ospedale di Palermo, fu ucciso a Palermo il 17 febbraio del 1995. Stava comprando la carne in una macelleria quando fecero irruzione dei sicari mandati a uccidere il figlio del titolare del negozio, presunto appartenente ad una famiglia vicina ad un clan mafioso rivale, che rimase gravemente ferito, così come rimase ferito un altro avventore della macelleria. Salamone morì poco dopo il ricovero in ospedale, era sposato ed aveva due bambini di 14 e 7 anni.

 

Articolo de La Stampa del 19/02/95
Nel mirino del commando mafioso c’era il figlio del titolare della macelleria
Agguato nel negozio, ucciso per errore Palermo, un altro cliente ferito dai sicari
di Antonio Ravidà

PALERMO Il killer ha sbagliato bersaglio e sotto i colpi del commando mafioso sono finiti due innocenti: uno è morto, l’altro è rimasto ferito insieme con il presunto destinatario della missione di morte. È accaduto venerdì sera in una macelleria di Belmonte Mezzagno, paese della cintura di Palermo. La vittima innocente è un portinaio dell’Ospedale di Palermo Giovanni Salamone, di 34 anni. Stava comprando la carne quando, verso le venti, sono piombati i sicari mandati a uccidere il figlio del titolare del negozio, S. B., di 25 anni.

Nella precipitazione i killer hanno commesso un errore di persona, accanendosi su Salamone che hanno massacrato con i micidiali pallettoni della lupara raggiungendolo al torace. Salamone è deceduto poche ore dopo il ricovero. Il giovane macellaio, vero bersaglio della spedizione mafiosa, è ricoverato in condizioni gravissime. Il secondo ferito è un altro cliente dei B.: l’impiegato comunale A. G., 46 anni, colpito a una gamba.

Salamone lascia la moglie e due bambini di 14 e 7 anni. Non c’è spiegazione a questa fine assurda. I carabinieri della compagnia di Misilmeri, che conducono le indagini, sono più che certi dell’assoluta estraneità di Salamone e dell’altro cliente. Sono invece sicuri che l’agguato sia stato organizzato nella macelleria della centrale piazza Garibaldi perché S. B. avrebbe dovuto pagare con la vita la sua appartenenza a una famiglia da tempo sospettata di essere vicina a uno dei clan mafiosi che nella zona si stanno affrontando senza esclusioni di colpi.

Sono stati trenta negli ultimi quattro anni i delitti attribuiti dagli investigatori antimafia alla guerra in corso fra le cosche di Belmonte Mezzagno il cui nucleo storico da gran tempo era legato a doppia mandata al clan dei corleonesi capeggiato da Totò Riina. Ma alcuni stanno provando a scalzare la . Una catena di omicidi impressionati sulla quale, dopo l’assalto dell’altra sera nella macelleria, S. B. che è stato interrogato a lungo, avrebbe detto di non sapere niente di niente. Non c’è da stupirsi. L’omertà a Belmonte Mezzagno è da sempre regola tassativa.

Pochissimi dei circa 7 mila abitanti si fanno vedere in giro dopo il tramonto. Ma la mafia in paese ha colpito anche in pieno giorno, come il 9 novembre 1992, quando, nella piazza principale, fu ucciso l’ex sindaco dc Salvatore La Rosa e il suo amico Giovanni Spera mentre stavano conversando in auto. La Rosa fu il primo sindaco di Italia rimosso per mafia su decreto del Presidente della Repubblica. Fu Sandro Pertini a cacciare La Rosa, che era indicato da tempo di aver più che un’amicizia con i boss di Cosa nostra.

Di sparatoria in sparatoria, il 28 febbraio 1994 furono assassinati Giuseppe Tumminia e il figlio Giovanni e un mese fa Francesco Bisconti, proprietario del più frequentato bar del paese. Un delitto indecifrabile, quest’ultimo, visto che Bisconti non aveva mai avuto a che dividere coi mafiosi. Forse un’altra vittima per sbaglio.

 

 

 

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