19 Febbraio 1980 Poggiomarino (NA). Assassinato Antonio Carotenuto, agente di custodia del carcere di Poggioreale.

Foto e fonte: polizia-penitenziaria.it

Antonio Carotenuto. Agente del Corpo degli Agenti di Custodia – nato a Napoli il 07 marzo 1939, in servizio presso la Casa Circondariale di Napoli Poggioreale.
Il 19 febbraio 1980, mentre percorre, in abiti borghesi, una via del centro cittadino viene affiancato da tre individui che gli esplodono, a bruciapelo, alcuni colpi di pistola. Il militare, prontamente soccorso, cessa di vivere subito dopo il ricovero in ospedale.
Fonte: polizia-penitenziaria.it

 

 

 

Articolo da L’Unità del 20 Febbraio 1980
In mezzo alle maschere ucciso agente di custodia

NAPOLI – Lo hanno fulminato nella strada principale di Poggiomarino – un grosso centro della provincia di Napoli – mentre tutt’intorno erano in corso i festeggiamenti per il carnevale.
Antonio Carotenuto, 41 anni, agente di custodia nel carcere di Poggioreale è morto sul colpo. A sparare sono stati tre giovani scesi da una «Ford Fiesta» a bordo della quale sono poi scappati.
Sul movente dell’omicidio carabinieri e Digos – al momento in cui scriviamo ancora sul luogo dell’assassinio – non formulano ipotesi definite: «seguiamo tutte le piste», è la frase di rito.

Questa la dinamica dell’omicidio così come raccontataci da un testimone oculare. Sono da poco passate le 17.30 e via Roma, a Poggiomarino, è piena di ragazzi e di bambini che si rincorrono tirandosi farina e coriandoli.  Auto in giro, anche per la quasi totale mancanza di benzina, ce ne sono pochissime. La strada è assai affollata. Antonio Carotenuto esce dalla stazione della Circumvesuviana  — poco lontana da via Roma — e si incammina verso casa dopo la giornata di lavoro nel carcere di Poggioreale.
Cammina piano, guardando i bambini che gli girano attorno. A questo punto gli si avvicinano due giovani. Gli vanno incontro e, ad un tratto tirano fuori le pistole e sparano. «Hanno sparato assieme — racconta il testimone — Sembrava una raffica di mitra». Antonio Carotenuto si accascia a terra morto. I due fuggono a piedi sparando in aria.  Uno dei giovani, fuggendo, perde la barba finta che si era appiccicata sul viso.
Questa la versione fornitaci dal testimone oculare.

Dalla questura ci arriva un racconto dei fatti un po’ diverso: a sparare sarebbero state tre persone arrivate e scappate dal luogo dell’ omicidio a bordo di una «Ford Fiesta».
Ulteriori indagini sono comunque ancora in corso. Sul movente dell’omicidio nessuna ipotesi definitiva. In un primo momento si è pensato ad un atto terroristico. La tesi anche se non molto consistente non è stata ancora scartata. Melò corso delle indagini, però, è venuto fuori un particolare interessante: Antonio Carotenuto nel mese di ottobre sventò, proprio a Poggiomarino, una rapina in una gioielleria mettendo in fuga a colpi di pistola tre malviventi. I movente del suo assassinio potrebbe, quindi, essere proprio quello della vendetta.

 

 

 

Articolo da L’Unità del 20 Febbraio 1980
Assassinato tra la folla di bambini mascherati
Un agente di custodia, nel corso principale di Poggiomarino.
Antonio Carotenuto è stato raggiunto da 6 proiettili – Prestava servizio nel carcere di Poggioreale
I killer truccati con barbe finte – a versione di un testimone – Tre mesi fa aveva sventato una rapina

Sei colpi alla schiena, alla nuca e, poi, quando la vittima si è girata prima di cadere per terra, al torace ed in faccia. antonio Carotenuto, un agente di custodia di Poggioreale di 41 anni, è morto sul colpo.
I suoi assassini – come scriviamo anche in altra parte del giornale – (due secondo la versione di un testimone oculare; tre, secondo quella della questura) sono scappati di corsa facendo largo tra la folla di bambini che era sul corso principale di Poggiomarino per festeggiare il carnevale.

Si tratta di un assassinio ancora avvolto da molte ombre: la pista politica seguita dagli inquirenti appena appresa la notizia non è stata ancora scartata anche se si è fatta assai meno consistente dopo alcuni elementi acquisiti da Digos e carabinieri nel corso delle prime indagini.
Antonio Carotenuto, infatti, si era reso protagonista poco più di tre mesi fa di un’azione a sensazione: da solo sparando in aria con la propria pistola, aveva sventato un tentativo di rapina alla gioielleria “Florio” che si trova proprio nel centro di Poggiomarino.

I malviventi scapparono lasciando sul posto tutta la refurtiva. Proprio questo episodio fa adesso pensare agli inquirenti che l’assassinio potrebbe essere stato effettuato per vendetta da quegli stessi rapinatori.
Non si esclude neppure, però, che l’omicidio possa essere in qualche modo collegato al boss Raffaele Cutolo, che ha proprio nella zona di Poggiomarino, uno dei suoi centri di potere. Antonio Carotenuto, infatti, aveva prestato servizio in questi ultimi anni nelle stesse carceri nelle quali è stato rinchiuso Cutolo: prima Aversa, poi S. Maria Capua Vetere, adesso Poggioreale.

Bisogna aggiungere, inoltre, che negli ultimi mesi una serie di spietati regolamenti di conti sono stati attribuiti dagli inquirenti proprio ad una controffensiva della banda di Raffaele Cutolo. È una pista labile ma, al momento, probabilmente vale quanto le altre.

Antonio Carotenuto è stato ammazzato poco dopo le 17,30. Era appena uscito dalla stazione della Vesuviana (tornava da Poggioreale dove aveva prestato servizio nel primo turno) e stava tornando a casa. Tra la folla di ragazzi e bambini mascherati e in grande movimento con coriandoli e festoni gli si sono avvicinati due o tre giovani  (a seconda delle versioni).

Una scarica micidiale di pallottole e poi la fuga. Una fuga a piedi, secondo il testimone oculare da noi ascoltato, effettuata sparando colpi in aria; una fuga a bordo della “Ford Fiesta” – secondo la questura – fatta a gran velocità tra signore e bambini che fuggivano in tutte le direzioni.
Su un particolare, comunque, le due versioni concordano: gli assassini erano mascherati, tanto è vero che ad uno di essi durante la fuga è caduta via la barba finta che si era appiccicata sul volto.
Un assassinio nel giorno di carnevale fatto in mezzo a centinaia di persone. Un assassinio, dunque, a sensazione, di quelli destinati a restare nel ricordo della gente. Ma anche un assassinio per il momento apparentemente inspiegabile.

Antonio Carotenuto era infatti conosciuto come una persona onesta e senza nemici (escusi quei rapinatori). Era sposato da anni con Antonietta Pagano, una insegnate di 28 anni, ed aveva due bambini: Luigi di 8 anni e Valentina di 2. L’intera famiglia viveva ancora in casa del suocero del Carotenuto, Giovanni, in una non grande abitazione di via Fornillo, alla periferia di Poggiomarino.

 

 

Fonte: archiviolastampa.it
Articolo del 20 febbraio 1980
Ucciso agente di custodia

Presso Napoli Ucciso agente di custodia NAPOLI — Un agente di custodia del carcere di Poggioreale è stato ucciso a colpi di pistola ieri sera a Poggiomarino, un comune dell’entroterra vesuviano, mentre a piedi raggiungeva la sua abitazione alla periferia del paese.

La vittima è Antonio Carotenuto, 41 anni, sposato e padre di due figli: un maschietto di sei e una femmina di due. Secondo le prime indagini, a far fuoco contro la guardia sono stati due giovani col volto nascosto da maschere di carnevale. Lo hanno affrontato con due pistole.

Sul movente del delitto non è stata fornita fino a tarda sera alcuna ipotesi. Nell’ottobre scorso Antonio Carotenuto aveva sventato una rapina.

 

 

Fonte:  archiviolastampa.it 
Articolo del 22 febbraio 1980
Era partito dal carcere di Poggioreale l’ordine d’uccidere la vedova del boss
di Adriaco Luise
Dalle prigioni di Napoli la «nuova camorra» dirige la malavita

NAPOLI — Due assassinii nel giro di quarantotto ore; due delitti nettamente collegati alla nuova camorra divenuta sempre più agguerrita e temeraria: nella lotta tra padrini, boss, capi-clan ed altre mezze figure della mala per assicurarsi il dominio di illeciti traffici — droga, contrabbando di sigarette, prostituzione — non vengono escluse neppure le donne e i bambini. La criminalità organizzata, con una serie di episodi sanguinosi, denuncia che si sta profondamente modificando ai vertici e non soltanto in termini di struttura e di organizzazione. Vengono messe in discussione e completamente ribaltate quelle regole, sia pure discutibili, che un tempo ne costituivano il supporto.

Una escalation in cui rimangono coinvolte anche persone estranee alle rivalità e alle contese. Lo dimostrano le vittime delle due ultime «condanne a morte» di questi giorni: una giovane donna colpevole solo di essere la vedova di un boss ucciso un mese prima nel carcere di Poggioreale ed un agente di custodia «responsabile» di aver visto e udito molto. Entrambi sono stati assassinati per impedirgli di parlare, di fare rivelazioni alla polizia.

Carla Campi, 24 anni, nativa di un paesino del Ferrarese, ex studentessa, è stata soppressa mentre col figlio di un anno era a bordo di un’auto alla periferia di Sant’Antimo (Napoli). In uno degli stivali la donna portava una pistola col colpo in canna, ma la tecnica usata per assassinarla non le ha dato possibilità di difendersi: un’auto l’ha affiancata e le hanno sparato attraverso il finestrino; il piccino è rimasto fortunatamente illeso.

Antonio Carotenuto, 45 anni, è stato invece ucciso a Poggiomarino. comune dell’entroterra vesuviano mentre rientrava a casa al termine del suo turno di servizio nel carcere. Tre killers si sono coperti il volto con le maschere di carnevale per tendergli l’agguato. L’auto usata per la fuga è stata ritrovata ieri a qualche chilometro di distanza; era stata data alle fiamme ma il fuoco però aveva risparmiato proprio i travestimenti di carnevale.

C’è un filo conduttore tra gli ultimi due delitti? La risposta viene cercata nel carcere di Poggioreale dove un mese fa fu assassinato con quaranta pugnalate, da due esponenti della mala vesuviana, Antonino Cuomo, luogotenente del noto boss Raffaele Cutolo. Antonino Cuomo era marito di Carla Campi: la ragazza due anni fa aveva conosciuto il giovane camorrista napoletano quando era latitante e lo aveva poi sposato in carcere.

La catena di delitti nati e maturati nel carcere di Poggioreale fa riflettere gli inquirenti. Non desta certamente sorpresa la considerazione che ormai Poggioreale, con oltre duemila detenuti, si è trasformato negli ultimi tempi in un covo di violenze. Da qui la nuova camorra muove le fila dell’organizzazione criminosa da cui partirebbero le sentenze di morte, regolamenti di conti.

Poggioreale è divenuta anche teatro di contrasti, un focolaio di ferimenti e ciò è confermato dai ricorrenti episodi di sangue avvenuti tra clan rivali (una trentina nel giro di un mese soltanto) a riprova che, tolti dalla circolazione, i capi della nuova camorra continuano a lottare anche dalle celle di massima sicurezza. Le varie operazioni di bonifica e controlli (l’ultimo è stato attuato soltanto sabato scorso da un migliaio di carabinieri ed agenti di polizia) hanno dimostrato di avere, poca efficacia.

 

 

 

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