2 Luglio 1975 Palermo Ucciso Gaetano Cappiello, Guardia di Pubblica Sicurezza

Foto da: cadutipolizia.it

Gaetano Cappiello (28 anni) , Guardia di Pubblica Sicurezza Questura di Palermo.
Il proprietario di un noto laboratorio fotografico era stato più volte oggetto di minacce ed estorsione da parte di banditi che chiedevano soldi in cambio di protezione. Il commerciante si rivolge alla Polizia, che organizza un servizio per catturare gli estortori. Dopo numerosi appostamenti, andati a vuoto per la particolare cautela adoperata dai banditi, l’ultimo appuntamento, quello decisivo è previsto per le ore 21,30 del giorno 2 Luglio, davanti alla Chiesa della Resurrezione nel quartiere “Villaggio Ruffini”. La zona è circondata da agenti e sottufficiali in borghese, mentre un furgoncino civetta è posteggiato ad una ventina di metri dal luogo dell’appuntamento. L’agente Gaetano Cappiello si trova nella macchina dell’imprenditore per proteggerlo durante la consegna del denaro e poi lasciare intervenire i colleghi. Alle ore 21,15 i banditi telefonano a Randazzo dicendogli di attendere il loro arrivo in macchina. Quando si avvicinano, Gaetano Cappiello esce improvvisamente dalla vettura, dichiarandoli in arresto, ma viene raggiunto da cinque colpi al petto. Morirà poco dopo all’ospedale di Villa Sofia, tra le braccia del suo capo della mobile, Bruno Contrada.
Cappiello Lasciò la Moglie e un figlio in tenera età.

Fonte: cadutipolizia.it

 

 

 

 

Articolo da L’Unità del 4 Luglio 1975
Palermo: tragica conclusione di un agguato teso a una gang di ricattatori
Evitata la trappola banditi uccidono l’agente
Nella sparatoria è rimasto ferito anche l’industriale che doveva versare una somma ai malviventi – Forse individuati i responsabili – Perché non ha funzionato l’appostamento della polizia? – Punti oscuri dell’operazione.

PALERMO 3. La trappola tesa dalla polizia per cogliere sul fatto una banda specializzata in estorsioni è scattata male, tutto al contrario del previsto: e di mezzo c’è rimasto un giovane agente di PS Gaetano Cappiello, di 28 anni, napoletano, rimasto ucciso da cinque colpi di pistola sparatigli contro dai banditi. Solo per un caso la trappola non è scattata sulla vita di un altro uomo: Angelo Randazzo – un noto industriale palermitano di 38 anni, preso di mira dalla banda – è stato raggiunto da più colpi di pistola, uno dei quali, alla bocca, è stato fortunatamente deviato da un dente.

Gli uccisori dell’agente forse hanno già un nome: polizia e carabinieri hanno setacciato per tutta la notte la borgata di Villaggio Ruffini – dove è avvenuta la drammatica sparatoria – ed hanno fermato due persone. Altre due sono attivamente ricercate.

La sparatoria in cui ha perso la vita Gaetano Cappiello – sposato da un anno e padre di una bambina di cinque mesi – è cominciata poco dopo le 21,30 di mercoledi, nella piazza di Villaggio Ruffini – una delle borgate più segnate dalla mafia palermitana. È durata pochi istanti: scoperta la trappola che la polizia aveva cercato di tendere loro, i banditi hanno aperto il fuoco all’impazzata, colpendo sia Randazzo che Cappiello e dandosi quindi alla fuga, facendo perdere le proprie tracce nelle campagne attorno. Gli agenti che, nascosti nel furgoncino civetta stavano ad aspettare i banditi, nulla hanno potuto fare per salvare la vita al loro collega.

Da mesi Angelo Randazzo, proprietario di uno stabilimento per lo sviluppo di foto a colori a Pallavicino, era stato preso di mira da una banda specializzata in estorsioni. La prima richiesta era stata di un centinaio di milioni. L’industriale aveva rifiutato e a nulla erano servite una bomba e alcune fucilate esplose contro lo stabilimento. Di fronte a nuove pressioni Randazzo ha deciso di fingere un accordo (30 milioni) e di rivolgersi, comunque, alla polizia. Alla Mobile decidono di chiudere il cerchio e di tendere una trappola alla banda.

Mercoledi sera si fissa l’appuntamento decisivo con i banditi, previsto per le 21,30.
La banda, questa volta, sembra convinta che Randazzo voglia pagare ma non manca di prendere precauzioni.
In una telefonata che Angelo Randazzo riceve alle 17, i banditi chiedono che l’industriale si rechi in macchina davanti alla chiesa della Resurrezione. Appena giunto dovrà scendere dall’automobile e depositare il pacco con i soldi in un luogo poco distante dalla scalinata della chiesa.

La Mobile organizza l’appostamento basandosi su queste indicazioni e dispone l’accerchiamento della zona da parte di decine di agenti e sottufficiali in borghese. Un furgoncino “civetta” con cinque agenti armati dentro viene posteggiato sul viale della Resurrezione ad una ventina di metri dal luogo dell’appuntamento e, infine, l’agente Cappiello si nasconde nella “Giulia” di Randazzo per proteggere da eventuali aggressioni l’industriale.
Alle 21,15, però, i banditi ritelefonano a Randazzo. Tutto cambiato – gli dicono -. L’industriale dovrà attendere i banditi in auto dopo avere posteggiato nel punto stabilito. Insieme, si sarebbero dovuti recare in un luogo appartato, dove sarebbe avvenuto lo scambio del denaro.

Randazzo, ricevute le nuove istruzioni, telefona alla polizia e informa il funzionario del cambiamento. La notizia viene comunicata via-radio anche ai cinque agenti chiusi nel furgone posteggiato e anche all’agente Cappiello. Ma è ormai troppo tardi. Il poliziotto, infatti, è chiuso in macchina, e non può più scendere senza mettere in allarme eventuali componenti della banda che avessero seguito le mosse di Angelo Randazzo.

Alle 21,35, quindi, la “Giulia” di Angelo Randazzo è ferma davanti alla chiesa della Resurrezione. Su cosa sia successo da questo momento in poi le versioni sono almeno due.

Secondo alcune testimonianze tre persone si sarebbero avvicinate alla “Giulia” e a questo punto gli agenti chiusi nel furgone, consapevoli del rischio corso dal collega rimasto nell’auto sarebbero intervenuti con le armi in pugno. I banditi vistosi scoperti avrebbero sparato in parte contro gli agenti, in parte contro Randazzo e Cappiello, uscito fuori con la pistola in mano.
Altra versione che appare probabilmente più verosimile, vuole invece che Cappiello, visti venire avanti i banditi e sentendosi in ogni caso incastrato, abbia giocato le sue carte tutte in una volta e sia uscito dall’auto prima che gli agenti venissero fuori dal furgone.

Comuque sia, i banditi hanno aperto il fuoco ed hanno lasciato, steso a terra, morto, il giovane agente. Dopo la sparatoria i tre banditi sono fuggiti coprendosi la ritirata con una barriera di piombo. Per la giovane guardi di PS raggiunta da cinque colpi, non c’è stato nulla da fare. L’uomo è morto appena ricoverato al pronto soccorso di Villa Sofia. Il Randazzo, invece, è stato salvato.

 

 

Articolo da La Stampa del 4 Luglio 1975
Palermo: sparatoria tra ricattatori e polizia
I banditi aspettavano gli agenti Hanno ucciso per “ammonire”

di Antonio Ravidà
La vittima è un poliziotto di 28 anni – Volevano fare un’estorsione a un industriale e sapevano che i militi preparavano un agguato – Il tragico episodio a Palermo.

Palermo, 3 luglio. Quattro giovani — due fermati «per chiarimenti», gli altri irreperibili — sono fortemente sospettati di avere ucciso ieri sera a Palermo con sei rivoltellate l’agente di ps Gaetano Cappiello, nel conflitto a fuoco tra guardie e un gruppo di malviventi che tentavano un’estorsione.

La trappola tesa dalla polizia (la guardia in borghese su una «Giulia» accompagnava l’industriale fotografico Angelo Randazzo 37 anni che in una cabina telefonica nel «Villaggio Ruffini» avrebbe dovuto depositare 25 milioni, prezzo di un’estorsione) si è trasformata in un tragico «boomerang». Appena sul luogo dell’appuntamento, lo spazio davanti alla chiesa «Madonna Rimediatrice» due banditi si sono fatti avanti — uno incappucciato, l’altro mascherato con una calzamaglia — l’agente ha spalancato lo sportello puntando la pistola. A questo punto i malviventi hanno cominciato a sparare crivellando di pallottole la guardia e colpendo l’industriale.

Cappiello, nato a Ercolano, presso Napoli, aveva 28 anni. Sposato aveva un figlioletto di cinque mesi. La guardia è deceduta pochi minuti dopo in sala operatoria. L’industriale Randazzo se l’è cavata con una pallottola in bocca deviata e un’altra nella spalla sinistra.

Gli altri dodici poliziotti, fra i quali un commissario e tre marescialli che erano appostati vicino alla chiesa sono stati presi in contropiede. Anche loro hanno cominciato a sparare, protetti da alcuni cespugli, ma i banditi hanno fatto dietro front, coprendosi con una fittissima sparatoria. Uno quasi certamente è stato ferito. Nella precipitosa fuga hanno lasciato sull’asfalto due rivoltelle e in un cespuglio una radio ricevente sintonizzata sulla frequenza della polizia. Avevano spiato le mosse degli agenti? È un sospetto più che fondato.

Angelo Randazzo, negli ultimi due mesi, aveva subito due attentati contro la sua villa nella spiaggia di Mondello e contro lo stabilimento «Arpa» per lo sviluppo e la stampa di materiale fotografico a colori. Con lettere e telefonate anonime gli avevano chiesto cento milioni in cambio di «protezione». Infine, ieri alle 17, dopo l’ultima telefonata — già l’industriale aveva avvertito la polizia e si era messo d’accordo per il tranello — Randazzo aveva fatto finta di cedere. Avrebbe portato 2 milioni nel punto indicato dai ricattatori. «È prematuro tirare conclusioni, ma possiamo dire che sospettiamo quattro giovani — ha affermato il questore Domenico Migliorini — e che stiamo seguendo una strada maestra che sta dando i suoi frutti». «Da tempo indagavamo su una banda di estorsori — ha spiegato il vicequestore Bruno Contrada che ha diretto la sfortunata operazione di polizia — e sapevamo anche i loro nomi. Diamo molta importanza all’appuntamento nel Villaggio Ruffini». Il dottor Contrada ha precisato che, oltre all’agente caduto, aveva inviato al «Villaggio Ruffini» un commissario tre marescialli e altri otto agenti. «Tutta gente di provata esperienza».

Gravissime accuse sono state fatte da Bernardo Cappiello, 50 anni, padre della guardia assassinata. « Li mandano allo sbaraglio questi ragazzi — s’è sfogato con le lacrime agli occhi —. La colpa non è di nessuno in particolare, è del sistema ». L’uomo, che lavora alle poste a Napoli, ha detto di essere un attivista del pei: « Adesso — ha mormorato — il presidente della Repubblica manderà una corona di fiori. Magari qualcuno dirà che mio figlio è stato ucciso giusto il giorno della festa della polizia. La verità è che queste tragedie capitano soltanto a quelli che buttano il sangue per mandare avanti la famiglia, non ai figli dei ministri».

Campione di karaté Gaetano Cappiello si era arruolato nella polizia sette anni fa. Rosalba, la moglie, ieri era ricoverata in clinica con il bambino. Dev’essere operata a un rene ed era stata sottoposta ad accertamenti clinici. Il bimbo, inoltre, aveva la febbre alta. La donna aspettava il marito «fuori per servizio» come le avevano risposto in questura quando a più riprese l’aveva cercato al telefono. Soltanto a notte alta, preoccupata perché lui non aveva chiesto notizie sue e del bimbo, Rosalia Cappiello presa dal dubbio si è vestita in fretta, e affidato il piccolo alla suora del piano, è corsa a casa, un alloggio popolare nel rione Passo di Rigano.

Nella zona dove Angelo Randazzo, campione siciliano di vela, sposato e padre di tre figli, ha il vasto stabilimento per la stampa fotografica, negli ultimi mesi sono stati uccisi tre boss mafiosi. È la borgata Pallavicino. Qui la «nuova mafia» da tempo ha alzato la testa, pronta a soppiantare i vecchi capi intorpiditi dall’età, e ormai troppo «controllati» da polizia e carabinieri. È in questo giro violento, disposto a sparare con facilità, che è maturata l’estorsione.

 

 

 

Fonte:  referencepost.it
Articolo del 2 luglio 2019
In ricordo di Gaetano Cappiello, ucciso dalla mafia il 2 luglio 1975
di Roberto Greco
Del delitto furono accusati uomini appartenenti alla famiglia del boss Rosario Riccobono, tra i quali Gaspare Mutolo. Le indagini furono affidate al giudice Paolo Borsellino.

Siamo a Palermo. Angelo Randazzo è il proprietario di un noto laboratorio fotografico che era stato più volte oggetto di minacce ed estorsione da parte delle famiglie mafiose della città. Randazzo si rivolge alla Polizia, che predispone un piano per catturare gli estortori. Dopo diversi appostamenti, tutti andati a vuoto per la particolare cautela adoperata dai mafiosi, l’ultimo appuntamento è previsto per le ore 21,30 del giorno 2 luglio 1975, davanti alla Chiesa della Resurrezione nel quartiere “Villaggio Ruffini”. L’area è circondata da agenti e sottufficiali in borghese e un furgone civetta è posteggiato a una qualche decina di metri dal luogo dell’appuntamento. L’agente Cappiello si trova all’interno dell’auto dell’imprenditore, nascosto. A lui il compito di proteggerlo durante la consegna del denaro per poter fare intervenire i colleghi appostati. L’auto di Randazzo raggiunge la chiesa. Michele Micalizzi è sotto i portici a monitorare l’azione. All’arrivo dell’auto, Rosario Riccobono e Salvatore Micalizzi sbucano da alcuni cespugli accanto al muretto della tenuta di mister Cucullo. Randazzo esce dall’auto con la borsa in mano. All’improvviso, Cappiello esce dall’auto e grida “Fermi tutti!!!”. Riccobono e Micalizzi aprirono immediatamente il fuoco. Gli altri agenti intervengono. Micalizzi e Riccobono si riparano dietro al muretto, continuando a sparare, e fuggono disperdendosi nella tenuta di mister Cucullo. Cappiello è raggiunto da cinque colpi al petto. Angelo Randazzo è raggiunto da un proiettile alla bocca che, dopo avegli rotto diversi denti, esce dalla parte opposta. Per Gaetano Cappiello, non c’è nulla da fare. Muore poco dopo all’ospedale di Villa Sofia, tra le braccia del capo della Squadra Mobile di Palermo, Bruno Contrada. Del delitto furono accusati uomini appartenenti alla famiglia del boss Rosario Riccobono, tra i quali Gaspare Mutolo. Le indagini furono affidate al giudice Paolo Borsellino.

Gaetano Cappiello era nato nel 1947. Prestava servizio alla Squadra Mobile della Questura di Palermo. Lasciò la moglie e un figlio in tenera età.

Guardia di Pubblica Sicurezza addetto alla Squadra Investigativa, volontariamente ed insistentemente si offriva di partecipare a rischioso servizio per la cattura di pericolosi malviventi, autori di tentata estorsione, con il compito di agire, di sorpresa dall’autovettura della vittima. Nel corso dell’operazione, spinto da generoso impulso e insigne coraggio, non esitava ad affrontare i due malfattori, armati e travisati, avvicinarsi all’autovettura, nel tentativo di ridurli all’impotenza e di assicurarli alla giustizia durante l’azione veniva, però, colpito a morte da numerosi colpi di arma da fuoco. Il suo ardimentoso intervento costringeva i malviventi a desistere dall’azione criminosa. Ammirevole esempio di attaccamento al dovere e di consapevole sprezzo del pericolo.

Motivazione della medaglia d’argento al valore civile alla memoria con cui fu insignito Gaetano Cappiello – Palermo, 2 luglio 1975

 

 

 

 

 

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