17 Marzo 2014 Strage di Palagiano (TA). Domenico Petruzzelli, bambino di 30 mesi, è stato ucciso insieme con la mamma mentre erano in macchina con il compagno di lei.

Foto da urbanpost.it

Domenico Petruzzelli, 30 mesi, è stato ucciso in un agguato mortale il 17 marzo del 2014 a Palagiano (TA). Era in auto con la mamma ed il compagno di lei, in semilibertà, che stavano riaccompagnando al carcere presso il quale stava finendo di scontare la pena per un duplice omicidio. Tutti e tre colpiti da una pioggia di proiettili. Si sono salvati i fratellini più grandi, di sei e sette anni, perché seduti sul sedile posteriore. Sembra che il movente sia stato un regolamento di conti. È stato arrestato il presunto mandante della strage.

 

 

Articolo del 19 Marzo 2014 da bari.repubblica.it
Domenico, 3 anni, crivellato di colpi. Così il fratellino è riuscito a salvarsi: “In auto ho fatto finta di essere morto”
Orrore per la strage di Taranto, Alfano invia sessanta uomini. L’inseguimento e l’esecuzione sulla statale 106: uccisi anche la mamma e il compagno
di Gabriella De Matteis

PALAGIANO – Il più piccolo si è accasciato sul sedile e ha chiuso gli occhi. “Ho fatto finta di morire” ha detto alla zia. Il più grande, invece, ha provato ad aprire lo sportello. Pensava che la mamma fosse svenuta. Sono stati fortunati i piccoli superstiti dell’agguato commesso lunedì sera a pochi chilometri da Palagiano. Cosimo Orlando, 43 anni, la sua compagna Carla Maria Fornari, di 30 ed il figlio di quest’ultima Domenico, 3 anni ad agosto, sono stati uccisi da una pioggia di proiettili. Altri due bambini, di 7 e 6 anni, figli della donna e fratelli della piccola vittima, si sono salvati. Il padre Domenico Petruzzelli era stato ucciso nel 2011.

È un triplice omicidio di mafia, gli investigatori non hanno dubbi. Una strage che poteva avere conseguenze ancora più tragiche. Sono le 21,30. Carla Maria Fornari guida la sua Daewoo Matiz. Accanto c’è il compagno Cosimo Orlando, una condanna per un duplice omicidio, da poco in semi libertà. In braccio ha il piccolo Domenico. Dietro, sul sedile posteriore, ci sono i due bambini più grandi. La famiglia è di ritorno da Taranto, sulla statale ionica. È quasi arrivata a Palagiano. Mancano pochi chilometri quando all’improvviso l’auto viene speronata, costretta a fermare la sua corsa contro il guard rail.

Carla Fornari, con ogni probabilità, intuisce che non è un semplice incidente. Prova ad ingranare la retromarcia. È un tentativo disperato. Il killer spara, forse esce anche dall’auto. Almeno quindici i proiettili che vengono recuperati sulla scena del delitto. Due o al massimo tre hanno raggiunto il bambino. Un maggior numero di colpi, invece, con un primo esame necroscopico, è stato isolato sul corpo della donna. Quando al 112 arrivano le prime telefonate, gli automobilisti di passaggio parlano di un incidente stradale, di un’auto rossa finita contro il guard rail. Sono gli operatori del 118 e i carabinieri a scoprire che ad uccidere Cosimo, Carla e Domenico è stata una pioggia di proiettili. I due bambini sono spaventati, ma per fortuna stanno bene.

Un agguato, commesso con modalità mafiose, di questo non hanno dubbi i carabinieri. E con ogni probabilità Domenico è stato ucciso per errore perché era in braccio a Cosimo Orlando. Ed era lui, non escludono ora gli investigatori, coordinati dalla procura di Taranto, l’obiettivo dell’agguato. L’uomo era in semilibertà perché stava scontando una condanna per il duplice omicidio di due ragazzi, uccisi nelle campagne di Palagianello il 4 novembre 1998. Un omicidio maturato per contrasti nel mondo dello spaccio di droga per il quale Orlando aveva già scontato 16 anni.

L’uomo, da poco uscito dal carcere, potrebbe aver tentato di recuperare una posizione di rilievo nel mondo della criminalità organizzata, dello spaccio e delle estorsioni. E a firmare l’agguato potrebbero essere stati gli uomini che appartengono al gruppo di Giuseppe Coronese, di Massafra, da sempre in contrasto con quello dei Putignano di Palagiano, a cui secondo gli inquirenti, invece, faceva capo Orlando. E questa è solo una delle ipotesi. C’è poi quella che conduce al passato dell’uomo, all’omicidio di due giovani, commesso 26 anni fa, ad una possibile vendetta che sarebbe maturata nel tempo.

Ed ancora: Carla Maria Fornari aveva testimoniato nel processo, conclusosi due mesi fa con una condanna all’ergastolo per i due esecutori dell’omicidio del marito Domenico Petruzzelli. La donna si era costituita parte civile e attendeva per questo di essere risarcita. È ritenuta invece una pista secondaria quella che porta alla vita privata della coppia.

“Un dolore atroce da padre prima ancora che da presidente del Consiglio”. Con queste parole il premier Matteo Renzi ha commentato la tragedia di Palagiano, mentre per il presidente della Regione Nichi Vendola “occorre riflettere sul rischio che tornino gli anni peggiori “. Il ministro Angelino ha convocato per venerdì a Taranto il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica e ha inviato a Palagiano 60 uomini e investigatori del Ros dei carabinieri.

 

 

 

Fonte: archivio.unita.news
Articolo del 19 marzo 2014
Choc a Taranto
A 3 anni ucciso come un boss

di Franca Stella
La strage per il controllo della droga. Domenico ammazzato con la madre e il compagno. Salvi i fratellini. La donna teste contro il killer del marito

Avrebbe compiuto tre anni ad agosto Domenico, il bimbo vittima della strage di Taranto nella quale sono stati assassinati la sua mamma, Carla Maria Fornari, di 30 anni, e il compagno della donna, Cosimo Orlando, di 43, detenuto in semilibertà per duplice omicidio. Al piccolo Domenico la mamma aveva dato il nome del marito, ucciso in un agguato nel maggio 2011, tre mesi prima della sua nascita.

Lunedì sera quando i carabinieri sono arrivati, pensando a un incidente, l’auto, una Matiz di colore rosso, era adagiata nei pressi del guard rail. Davanti tre persone crivellate da tredici colpi. Domenico (raggiunto da tre proiettili) era seduto nel sedile anteriore e stava in braccio a Cosimo Orlando. Sul sedile posteriore gli altri due figli della Fornari, di sei e sette anni, che singhiozzavano e non riuscivano neanche a parlare.

Sembra che i killer fossero su un’altra macchina che ha affiancato la Matiz mentre l’auto percorreva la statale 106, nelle vicinanze dello svincolo per Palagiano Sud. Dopo gli spari il mezzo ha percorso, sembrerebbe, 300 metri prima di fermarsi.

Tutti e tre i bambini sono figli della donna, vedova di Domenico Petruzzelli, pregiudicato di 35 anni, ucciso insieme ad un altro pregiudicato, Domenico Attorre, nel maggio del 2011. Anche in quella circostanza la donna era presente ed è stata testimone al processo contro il killer.

Cosimo Orlando, detenuto in semilibertà, stava scontando una condanna per il duplice omicidio di Filippo Scarciello e Giancarlo La Cava, di 22 e di 26 anni, uccisi con colpi di arma da fuoco nelle campagne di Palagianello (Taranto) il 4 novembre del 1998. Orlando era stato condannato insieme ad un complice e aveva già scontato in carcere 13 anni.

Il duplice omicidio di lunedì sembra che sia stato causato dal controllo del traffico di stupefacenti nella piazza tarantina. Orlando, da quando aveva ottenuto la semilibertà, sarebbe tornato a pretendere di svolgere un ruolo nel mondo della attività di spaccio delle sostanze stupefacenti. La reazione del clan rivale o una punizione inflitta dai suoi stessi amici perché «aveva alzato troppo la testa» sarebbero al momento le due ipotesi investigative. In questo quadro, ad aver agito potrebbero essere stati sia esponenti del gruppo facente capo a Giuseppe Coronese, di Massafra, rivale dei Putignano di Palaggiano, a cui secondo gli inquirenti apparteneva Orlando. Oppure potrebbero aver sparato gli stessi sodali dell’uomo. In entrambi i casi, dicono investigatori ed inquirenti, la colpa di Orlando sarebbe stata quella di aver tentato, dopo una lunga detenzione, di riprendere il suo posto nel traffico di droga e nelle estorsioni. Un tentativo non gradito da qualcuno, che avrebbe deciso così di punire l’uomo.

L’agguato è avvenuto mentre Orlando stava tornando nel carcere di Taranto dove l’uomo trascorreva la notte. Il giorno, invece, era a Palagiano, dove la famiglia viveva. Nessuno testimone. Quando i carabinieri sono arrivati non hanno potuto far altro che constatare la morte dei tre e occuparsi immediatamente degli altri due bambini che erano sotto choc. Sono quindi scattate le battute nella zona di polizia e carabinieri alla ricerca dei killer.

«Occorre riflettere sul rischio – ha detto il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola – che tornino gli anni peggiori». Il prefetto di Taranto, Umberto Guidato, ha ricevuto una telefonata da Matteo Renzi. «Un dolore atroce, da padre prima ancora che da presidente del consiglio», ha detto il premier. «Provo un dolore profondo per questo delitto infame: la reazione dello Stato sarà immediata per trovare i responsabili» è stato invece il commento del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, da Washington. A Taranto arriveranno un nucleo di forze speciali del Ros sul terreno come misura immediata dopo la strage. In tutto circa sessanta uomini. Il ministro dell’Interno ha convocato, poi, proprio a Taranto, in prefettura, venerdì alle 10.30, il Comi-tato nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica al quale prenderanno parte, oltre ai vertici nazionali delle forze dell’ordine, anche i procuratori della Repubblica di Taranto, di Lecce e il Procuratore distrettuale Antimafia.

 

 

 

 

Fonte: corriere.it
Articolo del 20 marzo 2014
«Ci sparavano addosso» Il racconto dei fratellini
I piccoli erano nascosti tra i sedili, impietriti dalla paura
di Giusi Fasano

(Taranto) – La memoria seleziona flash: «Ci sparavano addosso, ci siamo spaventati a morte». Le voci tornano a farsi sentire: «Urlavano e ci siamo buttati giù fra i sedili, dietro la mamma». Gli occhi rivedono scene incancellabili: «C’era una macchina…Cosimo è crollato».

Ogni parola, ogni esitazione nel racconto, ogni sospiro saranno buoni per capire se e che cosa davvero hanno visto e sentito i due fratellini di sei e sette anni sopravvissuti alla strage di Palagiano e diventati testimoni preziosi per le indagini. All’inizio, dicono i primi soccorritori, i bambini erano «come pietrificati e incapaci di parlare», ma hanno ripescato ricordi con il passare delle ore: dettagli in ordine sparso di momenti che hanno cambiato per sempre le loro vite. Non sono ancora stati sentiti con un’audizione protetta, come succede in questi casi, in presenza di psicologi. Ma hanno raccontato agli zii, ai nonni, agli amichetti, tutti i particolari di una ferocia che forse avevano visto qualche volta nei film o nei videogiochi. Lunedì sera era tutto tragicamente vero. Sulla statale 106 Taranto-Reggio Calabria i killer hanno fatto fuoco a ripetizione, hanno ammazzato la mamma, hanno freddato Mimmo, il loro fratellino che non aveva nemmeno tre anni, hanno sparato a Cosimo Orlando, pregiudicato in semilibertà diventato un papà dopo che il loro vero padre era stato ucciso, nel 2011.

Rannicchiati fra i sedili, i piccoli, quando tutto è finito, hanno sentito i lamenti di Cosimo che era ancora vivo anche quando è arrivata l’ambulanza. Mimmo, ormai morto, era in braccio a lui che ha messo assieme tutte le forze che gli erano rimaste per appoggiarlo ai piedi del sedile passeggero e aprire la portiera. L’uomo è andato incontro a uno dei medici del 118: «Aiutatemi, vi prego. Io sto morendo». Hanno provato a rianimarlo per mezz’ora prima di arrendersi.

La mamma dei fratellini, Carla Maria Fornari, 30 anni, era alla guida dell’auto ed era riuscita a fare anche qualche metro in retromarcia dopo aver capito che era in gioco la sua vita e quella dei suoi figli. Un disperato, inutile tentativo di fuga, forse mentre aveva già i proiettili in corpo.

Per risolvere il caso, e alla svelta, stanno lavorando all’inchiesta una quarantina di uomini. «Questa strage non può rimanere nelle coscienze come un caso irrisolto. Daremo un nome e un cognome ai responsabili» dice il comandante provinciale dei carabinieri di Taranto, Daniele Sirimarco. A questo punto è diventata anche una questione di tempo: il timore degli investigatori è che i killer, per aver ucciso il piccolo Mimmo, abbiano le ore contate. L’obiettivo di chi indaga, dunque, è anche evitare nuovi delitti dopo il triplice omicidio.

La pista sempre più accreditata è che l’agguato sia maturato negli ambienti della criminalità organizzata locale per punire il tentativo di Cosimo Orlando – in carcere per un duplice omicidio commesso nel ‘98 e in semilibertà da ottobre – di rientrare nel giro del traffico di droga e delle estorsioni. Chi abbia agito e per conto di chi però non è ancora chiaro. I nomi delle persone perquisite in questi due giorni portano al clan dei Putignano, al quale Orlando apparteneva, e a quello che farebbe capo a Giuseppe Coronese, gruppo rivale dei Putignano. Nelle mani degli inquirenti ci sarebbero un filmato «interessante» anche se non risolutivo del caso, e alcune intercettazioni telefoniche che confermerebbero i tentativi di Orlando di reinserirsi nel controllo criminale del territorio.

 

 

 

Articolo del 20 Marzo 2014 da agi.it
Strage di Palagiano, bambino ucciso da un colpo al volto

(AGI) – Taranto, 20 mar. – Il medico legale Marcello Chironi ha eseguito l’autopsia solo sui corpi del piccolo e dell’uomo rimasti uccisi lunedì sera nella strage di Palagiano.
L’autopsia sul corpo della donna, madre del bambino, sarà effettuata oggi. Se non ci saranno ulteriori problemi, sabato a Palagiano – comune del versante occidentale della provincia di Taranto – potrebbero essere celebrati i funerali delle tre vittime.
Su quanto emerso dall’esame autoptico compiuto sui corpi di Domenico Petruzzelli, di 30 mesi, e di Cosimo Orlando, di 43, il medico legale ha mantenuto il riserbo. Si è appreso comunque che il bambino sarebbe stato raggiunto da un colpo sul volto mentre l’uomo da quattro colpi che lo hanno mortalmente ferito all’addome e al torace.

Va intanto avanti l’indagine della Procura distrettuale antimafia di Lecce che ha assunto il coordinamento del lavoro investigativo. Oggi a Lecce, sede della Dda, c’è stato un vertice tra il procuratore capo Cataldo Motta, i vertici del Servizio centrale operativo della Polizia (Sco) e del Reparto operativo speciale dei Carabinieri (Ros), presenti anche gli investigatori tarantini. Domani il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, sarà in Prefettura a Taranto per presiedere una seduta del comitato nazionale per l’ordine pubblico.

Cosimo Orlando, la sua compagna Maria Carla Fornari e il figlio terzogenito di quest’ultima, Domenico Petruzzelli, avuto da una precedente unione, sono stati ammazzati lunedì sera lungo la statale 106 dir, all’altezza di Palagiano, mentre erano a bordo della loro Matiz di colore rosso. Nell’auto c’erano anche altri due figli piccoli della Fornari, rimasti però illesi. Orlando stava facendo rientro in carcere essendo detenuto in semilibertà quando gli hanno teso l’agguato mortale. Orlando, a quanto pare, si stava riposizionando nella criminalità e nel traffico della droga e questo potrebbe aver mosso i rivali ad ucciderlo.

 

 

 

PALAGIANO, IN 3000 CON DON CIOTTI CONTRO LA MAFIA E LE SUE STRAGI

 

 

Articolo del 16 Marzo 2015 da  ilfattoquotidiano.it
Domenico Petruzzelli ucciso a 3 anni con la mamma a Taranto: preso il mandante
di Francesco Casula

Un anno fa il piccolo, sua madre e il compagno di quest’ultima furono crivellati di colpi: oggi è stato arrestato chi, secondo gli inquirenti, ha voluto il triplice omicidio. Si tratta di un 60enne di Palagiano già condannato per mafia. Il movente è stato un regolamento di conti

“Ci sono quelle…le prepotenze. A me un cesso mi ha detto che sei cornuto, sei infame e sei pisciaturo e non ci sta più stop!… Hai capito? A me non c’è nessuno che mi può comandare…”. Non tollerava di essere sottomesso neppure alla moglie Giovanni Di Napoli, 61enne finito in carcere con l’accusa di essere il mandate della strage di Palagiano nella quale il 17 marzo dello scorso anno rimasero uccisi il pregiudicato Mimmo Orlando, la sua compagna 30enne Carla Fornari e suo figlio Domenico Petruzzelli di soli due anni e mezzo.

A incastrarlo, secondo le indagini svolte dai carabinieri di Taranto guidati dal tenente colonello Giovanni Tamborrino e coordinate dai sostituti procuratori Alessio Coccioli e Remo Epifani, sono state le sue stesse dichiarazioni: piccole ammissioni nel quadro raccolto dagli investigatori diventano accuse pesanti contro il 61enne già condannato definitivamente per mafia. Il movente, secondo quanto ha spiegato il procuratore capo della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Cataldo Motta, è da ricercare prima di tutto nei contrasti sorti tra Orlando e il suo ex superiore gerarchico Di Napoli: entrambi, infatti, erano originariamente affiliati al clan guidato da Carmelo Putignano che opera nel versante occidentale della provincia ionica.

Durante la sua lunga detenzione per un duplice omicidio, Orlando non avrebbe ritenuto adeguato il sostegno economico dal clan e così, una volta ottenuta la semilibertà, ha cercato lo scontro con il suo ormai ex sodale. Non solo. Ad accelerare la faida è stata proprio Carla Fornari: prima di diventare la compagna di Orlando, infatti, la 30enne uccisa nell’agguato, aveva avuto una relazione proprio con Di Napoli. Un punto che per Orlando era stato insopportabile tanto che aveva pubblicamente schiaffeggiato il suo vecchio capo definendolo anche “infame, pisciaturo e pedofilo”.

Un’aggressione avvenuta alla presenza di numerose persone all’interno di un bar che per Di Napoli è stata imperdonabile. Il boss aveva capito che il suo prestigio era stato così compromesso e bisognava così dare un segnale altrettanto plateale.

Dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Giovanno Gallo, emergono i pochi, ma fatali errori commessi da Di Napoli che consapevole di essere fin dall’inizio sotto la lente degli inquirenti aveva evitato accuratamente di usare le sue auto, di parlare al cellulare più del dovuto e di affrontare l’argomento della strage. Piccole ammissioni sotto forma di spavalderia che poi sono state raccolte dai carabinieri che hanno così costruito il quadro accusatorio da cui ora dovrà difendersi.

A una sua amante, Di Napoli aveva addirittura detto: “Non lo hai capito che quel fatto là l’ho fatto io?”. Si riferiva alla strage, ma con il solo obiettivo di placare la gelosia che la donna nutriva nei confronti della Fornari. Per il gip “la minuziosa, capillare e completa attività di indagine, compendiata nella richiesta del pm, documenta come siano molteplici gli elementi indiziari a carico di Di Napoli Giovanni (detto “Nino calabrese”), in ordine alla responsabilità dello stesso quale mandante del triplice omicidi” e “una attenta lettura della richiesta di applicazione della misura cautelare impone di ritenere adeguatamente documentati e provati tutti gli elementi di fatto nella stessa descritti, così come devono ritenersi pienamente condivisibili tutte le deduzioni e le considerazioni nella stessa richiesta contenute”.

 

 

Articolo del 1 Marzo 2016 da bari.repubblica.it
Strage di Palagiano, a giudizio il mandante: “Ordinò di uccidere l’amante e il figlio di 3 anni”
Inizia il  7 giugno il processo a Giovanni Di Napoli: nell’agguato in morirono Carla Maria Fornari, suo figlio Domenico e il compagno della donna, Cosimo Orlando. A processo anche tre complici
di Vittorio Ricapito

TARANTO – Comincia il prossimo 7 giugno in Corte d’assise a Taranto il processo a carico di Giovanni Di Napoli, detto “Nino il calabrese”, ritenuto il mandante della strage di Palagiano, nel Tarantino, in cui morirono Carla Maria Fornari, suo figlio di tre anni e il compagno della donna, il pregiudicato Cosimo Orlando. Il rinvio a giudizio è stato deciso dal gip leccese Alcide Maritati, che ha mandato a processo anche Antonio Valente e Antonio Daraio, entrambi di Palagiano, accusati di favoreggiamento per aver aiutato Di Napoli a sviare gli investigatori e Giuseppe Ruffano, accusato con Di Napoli del furto dell’auto usata come copertura la sera dell’agguato.

I genitori della Fornari si sono costituiti parti civili con l’avvocato Fabio Salomone, che ha chiesto un risarcimento dei danni per 20 milioni di euro. Il 17 marzo del 2014 un commando armato affiancò la Chevrolet Matiz su cui viaggiavano Orlando, la Fornari e i tre figli della donna, avuti da una precedente relazione con un altro pregiudicato, Domenico Petruzzelli, anch’egli vittima di un agguato di mala nel 2011. Dall’auto dei sicari partirono 13 colpi di pistola, tutti andati a segno. La donna era al volante. Il figlio più piccolo era sul sedile anteriore, in braccio a Cosimo Orlando e fu colpito dalla scarica di proiettili. Gli altri due bambini, di sei e sette anni, erano sul sedile posteriore e riuscirono a salvarsi.

Secondo le indagini della Procura antimafia, Di Napoli, sessant’anni e precedenti per mafia, ordinò il massacro per punire sia Orlando, che gli mancava di rispetto, sia la Fornari, con cui aveva una relazione da diversi anni. La donna si vedeva con Di Napoli di nascosto, quando il compagno la sera faceva ritorno in carcere perché detenuto in semilibertà. I due si sentivano al telefono almeno 20 volte al giorno. I rapporti tra Di Napoli e Orlando negli ultimi tempi erano deteriorati, nonostante i due facessero storicamente parte dello stesso clan. Nonostante Di Napoli fosse più in alto nella gerarchia mafiosa, Orlando gli mancava di rispetto, si lamentava in pubblico di non aver ricevuto assistenza finanziaria durante la sua detenzione e proprio il giorno prima della strage lo avrebbe anche preso a schiaffi in un bar chiamandolo “infame”.

Dopo la strage fu lo stesso “Nino il calabrese” a tradirsi in un bar mentre sussurrava a una ragazza “ma non hai capito che lì sono stato io”. Al processo tuttavia mancano ancora i nomi degli esecutori materiali della strage, che le indagini finora non sono state in grado di svelare. Secondo gli investigatori Di Napoli avrebbe assoldato specialisti provenienti da fuori regione.

 

 

Fonte: quotidianodipuglia.it
Articolo del 2 maggio 2017
Strage di Palagiano: ergastolo per Di Napoli, il mandante

La Corte d’assise di Taranto ha condannato all’ergastolo Giovanni Di Napoli, considerato il mandante della strage di Palagiano nella quale furono barbaramente uccisi Cosimo Orlando, Carla Fornari e il piccolo Domenico Petruzzelli, figlio della donna, di appena tre anni.

La sentenza è arrivata in serata confermando così la richiesta dei pm Alessio Coccioli e Remo Epifani.

Nell’ultima udienza, a intervenire era stato il professor Armando Veneto, difensore di Di Napoli che aveva cercato di dimostrare che «non ci sono prove a carico» del presunto mandante.

 

 

Fonte:  corrieredelmezzogiorno.corriere.it 
Articolo del 2 maggio 2017
Strage Palagiano: ergastolo
per Di Napoli: «È il mandante»

Avrebbe ordinato il triplice delitto di tre anni fa nel quale morì anche il piccolo Domenico Petruzzelli, di 2 anni. Il movente dell’omicidio: contrasti personali

La Corte d’Assise di Taranto ha condannato all’ergastolo Giovanni Di Napoli, detto «Nino il Calabrese», ritenuto il mandante del triplice omicidio avvenuto la sera del 17 marzo 2014, sulla strada statale 106, nel territorio di Palagiano, in provincia di Taranto. Nell’agguato furono ammazzati Cosimo Orlando, la sua compagna, Carla Maria Fornari, e il figlio di lei, Domenico Petruzzelli, di due anni e mezzo, mentre si salvarono i suoi due fratellini.

Il movente sarebbe legato a contrasti personali tra Di Napoli e Orlando. La Corte ha inoltre condannato a 4 anni di reclusione Giuseppe Ruffano, imputato per il furto, in concorso con Di Napoli, dell’auto che sarebbe stata usata come mezzo di copertura la notte dell’eccidio, e 2 anni con pena sospesa Antonio Valente e Antonio Daraio, entrambi residenti a Palagiano, accusati di favoreggiamento personale nei confronti di Di Napoli. Riconosciuto infine il risarcimento, da liquidarsi in separata sede, nei confronti dei genitori di Carla Fornari e dei bambini sopravvissuti, rappresentati in giudizio dagli avvocati Fabio Salomone e Giovanni Vinci.

 

 

Fonte:  quotidianodipuglia.it 
Articolo del 2 novembre 2017
La strage di Palagiano: ​«L’ordine fu di uccidere pure la donna»
di Lino Campicelli

Centotrenta pagine per spiegare la strage di Palagiano in cui fu ucciso anche un bambino e per motivare la condanna di Giovanni Di Napoli, detto “Nino il Calabrese”, al carcere a vita.

Il deposito delle motivazioni, redatte dal giudice Fulvia Misserini (Corte d’assise presieduta dal giudice Michele Petrangelo) hanno puntato a fare luce sui percorsi seguiti dalla Corte per il responso di colpevolezza di Di Napoli, quale mandante dell’agguato che il 17 marzo 2014 portarono all’esecuzione di Cosimo Orlando, di Carla Fornari e del figlioletto di quest’ultima, Domenico Petruzzelli.

Secondo la prospettazione della Corte, se nei confronti di Orlando c’erano rancori maturati nel tempo ed esplosi in alcuni episodi che avrebbero ridicolizzato, ridimensionato la figura di Di Napoli, che nell’area di Palagiano era considerato una sorta di boss, la Corte ha offerto una sua chiave di lettura del perchè l’agguato, i cui esecutori sono ancora nell’ombra, sia stato ordito nel momento in cui Orlando era con Carla Fornari.

Orlando poteva essere ucciso in tanti momenti: secondo la Corte si decise che la sua sorte dovesse essere “condivisa” anche dalla donna.

A pagina 97, le conclusioni della Corte sono state inequivocabili: «Numerosi sono i passaggi dell’istruttoria dibattimentale in cui si evidenzia come Di Napoli avrebbe potuto eliminare Orlando senza coinvolgere la Fornari».

I giudici lo hanno dedotto da alcune conversazioni in cui il fratello di una delle vittime aveva riferito che Di Napoli gli aveva detto che «avrebbe potuto farsi Orlando tranquillamente, se voleva».

Ma che Carla Fornari non dovesse essere immune dalla vendetta di Di Napoli, secondo la Corte d’Assise, è stata circostanza indirettamente, ma platealmente, scaturita incontrovertibilmente dall’esito dell’autopsia sul corpo della donna.

«Elemento obiettivo e insuperabile della volontà omicidiaria nei confronti della donna», ha scritto la dottoressa Misserini in motivazione, «deve dirsi il risultato autoptico alla stessa relativo. Invero, la Fornari veniva attinta da ben nove colpi di arma da fuoco» che l’hanno raggiunta in più zone della parte alta del corpo. “La distanza fra vittima e sparatore era di 4, 5 metri, e lo sparatore era in una posizione lievemente più alta rispetto alla vittima: tutti elementi, questi, espressione di una volontà diretta alla eliminazione fisica della donna», secondo la Corte d’assise di Taranto, che aveva emesso la sentenza nell’udienza del 2 maggio scorso.

Ma perché questo accanimento nei confronti della Fornari, con la quale Di Napoli avrebbe pure avuto una lunga relazione sentimentale?

Il chiarimento è a pagina 98 delle motivazioni. «Il momento deterministico della volontà del Di Napoli di eliminare la Fornari matura proprio in seguito della scelta operata da Carla. Costei infatti decide di parteggiare per Orlando. Lo fa dopo il 3 gennaio 2014, quando accompagna l’Orlando nel locale in occasione dell’ormai famoso schiaffeggiamento, quando con la sua auto accompagna l’Orlando a danneggiare lo specchietto della Bmw di Di Napoli; quando ancora il 16 marzo 2014, il giorno prima del triplice omicidio, accompagna sempre Mimmo Orlando a rompere i vetri dell’auto del boss. Carla Fornari aveva scelto Orlando e lo aveva fatto il 3 gennaio 2014 quando nel corso della telefonata fatta insieme con il nuovo compagno aveva di fatto lasciato zio Nino».

In sostanza, troppe le umiliazioni subite dal “Calabrese”, secondo la Corte, perché quest’ultimo non decidesse di reagire.

 

 

Fonte:  bari.repubblica.it
Articolo del 5 dicembre 2017
Taranto, 11 arresti dopo l’inchiesta sulla strage di Palagiano: droga e traffico di armi
Cosimo Orlando, obiettivo dei killer che uccisero anche la compagna col figlioletto, era tornato al servizio dei clan. Indagando sulla strage gli investigatori hanno arrestato nove pregiudicati: due sono ai domiciliari.

TARANTO – Sono nove le persone destinatarie di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e altre due agli arresti domiciliari, emessa dalla gip tarantina Vilma Gilli su richiesta della sostituta procuratric Giovanna Cannarile. Sono state arrestate perché ritenute responsabili, a vario titolo, di concorso in detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione e porto illegale di armi da fuoco.

L’attività investigativa è scaturita da una serie di approfondimenti legati alle indagini sulla strage di Palagiano del 17 marzo 2014, in cui furono ammazzati Cosimo Orlando, elemento di spicco della criminalità locale, dedito allo spaccio di stupefacenti nel territorio di quel centro, la sua compagna Carla Fornari e il figlioletto di quest’ultima, Domenico Petruzzelli.

Dopo la scarcerazione e ammissione al regime di semilibertà, Orlando secondo l’accusa aveva ripreso le attività illecite con il supporto del pregiudicato Roberto Petruzzelli, uno degli arrestati nell’operazione. Le indagini dei carabinieri si sono focalizzate sul riassetto dei ruoli dopo la strage. Sarebbe così emersa una fiorente attività di spaccio al dettaglio, in cui Petruzzelli si occupava della riscossione dei crediti vantati da Orlando, facendo anche ricorso a minacce con armi.

Roberto Petruzzelli si avvaleva di suo fratello Agostino Petruzzelli (in quel frangente sottoposto a una misura alternativa alla detenzione in carcere) e di alcuni giovani di Palagiano, tra cui i fratelli Giovanni e Domenico Schinaia, Giuseppe Carriero (sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno), Giovanni Piccione e Francesco Scarcia.

Le intercettazioni, l’ascolto di persone informate sui fatti , così come gli acquirenti e i sequestri di sostanza stupefacente che si sono succeduti nel tempo, avrebbero fatto emergere l’esistenza di una lucrosa attività di spaccio di hascisc, marijuana, cocaina ed eroina, con quartiere generale nel comune di Palagiano.

 

 

Fonte: norbaonline.it
Articolo del 18 luglio 2018
Strage Palagiano, morto presunto mandante
Aveva preso il massimo della pena perché ritenuto il responsabile dell’agguato
di Grazia Rongo

Giovanni Di Napoli, 65 anni, condannato in primo grado all’ergastolo per strage di Palagiano, è morto nella notte tra il 16 e il 17 luglio. Aveva preso il massimo della pena perché ritenuto il responsabile dell’agguato in cui, a marzo del 2017, furono uccisi il pregiudicato Mimmo Orlando, la sua compagna Carla Fornari e il figlio di quest’ultima, Domenico Petruzzelli, un bambino di soli due anni. Di Napoli era stato scarcerato il 9 giugno perché le sue condizioni di salute erano molto gravi. È morto dopo poco più di un mese, i funerali si svolgeranno oggi pomeriggio a Palagiano. Ora la causa d’appello proseguirà solo con gli altri imputati di reati minori.

 

 

 

Fonte: lagazzettadelmezzogiorno.it
Articolo del 21 settembre 2018
Taranto, strage di Palagiano: autori ancora ignoti
di Vittorio Ricapito
Il presunto mandante è deceduto l’estate scorsa. Confermata la condanna nei confronti di Ruffano. Nel processo di secondo grado assoluzione per Daraio

TARANTO – Resta senza colpevoli la strage di Palagiano, l’agguato messo a segno il 17 marzo del 2014 in cui morirono Carla Maria Fornari, suo figlio di neanche tre anni e il compagno della donna, il pregiudicato Cosimo Orlando. Ieri la corte d’assise d’Appello ha scritto quello che salvo colpi di scena probabilmente sarà il capitolo finale della storia processuale della vicenda. Giovanni Di Napoli, detto «Nino O’ calabres», condannato in primo grado all’ergastolo quale mandante della strage, è morto il 18 luglio all’età di 65 anni portando via con sé tutti i segreti e i paragrafi mai scritti di questa terribile storia.

La sentenza di secondo grado, emessa ieri dalla corte presieduta dal giudice Giovanna De Sciciolo, ha dichiarato estinto il processo nei confronti di Di Napoli per morte del reo e ha assolto dall’accusa di ritrattazione l’imputato Antonio Daraio. Respinto invece il ricorso di Giuseppe Ruffano, per il quale la corte ha confermato la condanna di primo grado, accusato in concorso con Di Napoli del furto dell’auto usata come copertura la sera dell’agguato. I genitori della Fornari si sono costituiti parti civili con l’avvocato Fabio Salomone che ha chiesto un risarcimento dei danni per 5 milioni di euro. Alla vigilia del processo d’appello, Di Napoli aveva lasciato il carcere perché gravemente malato. Nel corso delle prime udienza il procuratore generale Nicolangelo Ghizzardi aveva posto in risalto, così come evidenziato dalle indagini, la colpevolezza di «Nino il calabrese», che secondo l’accusa pagò tra i 50 e i 70mila euro dei sicari, probabilmente provenienti da fuori regione, ordinando la «clamorosa e plateale» esecuzione di Orlando e della compagna Carla Fornari, con cui anche Di Napoli intratteneva una relazione caratterizzata da incontri notturni clandestini quando Orlando doveva rientrare in carcere per la semi-libertà.

Il movente, secondo la ricostruzione della sentenza di primo grado, era duplice: da un lato maturato per gelosie e rivalità dovute alla donna contesa, dall’altro ulteriormente acuito nell’ambito di contrasti con Orlando, che pur essendo subordinato nella scala gerarchica della malavita, da tempo mancava di rispetto al boss, arrivando a danneggiargli l’auto e perfino in un’occasione a schiaffeggiarlo in pubblico all’interno di un bar di Palagiano. La ruggine era antica. Nel 1998 Orlando era finito in carcere per un duplice omicidio e dopo si era lamentato con Di Napoli della mancata assistenza economica durante la detenzione.

La sera del 17 marzo del 2014 sulla stradale statale 106 ionica un commando armato affiancò la Chevrolet Matiz su cui viaggiava la coppia insieme ai tre figli della donna, avuti da una precedente relazione con un altro pregiudicato, Domenico Petruzzelli, anch’egli morto in un agguato di mala nel 2011. Dall’auto dei sicari partirono 13 colpi di pistola, tutti andati a segno. La donna era al volante. Il figlio più piccolo era sul sedile anteriore, in braccio a Cosimo Orlando e fu colpito dalla scarica di proiettili. Gli altri due piccoli, di 6 e 7 anni erano sul sedile posteriore e riuscirono a salvarsi.

 

 

 

 

Fonte: mafie.blogautore.repubblica.it
Articolo del 13 maggio 2019
Palagiano, la strage degli innocenti
di Graziana Carrieri

Si può assistere alla morte della propria madre, del patrigno e del fratellino? Si può dover “fingere di essere morto” per evitare la stessa fine? Si può dover udire la pioggia incessante di proiettili colpire l’auto in cui si sta tornando a casa, vedere accanto a sé corpi inermi? Può un bambino, di soli tre anni ancora da compiere, dover morire a causa di un errore? Si può essere uccisi per sbaglio, perché altri hanno “mirato male” all’obiettivo?

La sera del 17 marzo 2014, sulla statale ionica 106, una famiglia ritorna a casa, a Palagiano, città piegata dalle lotte tra clan, solitamente condotte in silenzio, come una guerra fredda, ma quella volta esplosa in tutta la sua crudeltà. Il piccolo corpo di Domenico è stato freddato da infiniti colpi di proiettili, solo perché in quella stessa auto, una Daewoo Matiz rossa, era seduto in braccio al compagno della madre, Carla Maria Fornari, Cosimo Orlando, vero obiettivo dell’agguato.

Domenico Petruzzelli, figlio dell’omonimo padre, di cui la madre era rimasta vedova, dato che era stato anch’egli ucciso in un agguato sempre di matrice mafiosa, solo tre anni prima, quella sera, un lunedì, aspettava solo di poter entrare nel proprio lettino per dormire, dopo la giornata passata a Taranto. Un’auto, invece, aveva iniziato a speronare la Matiz rossa contro un guardrail: sembrava un semplice incedente stradale ma tale non era; e Carla Fornari se ne era resa conto quasi subito ma già troppo tardi. Era iniziata la tempesta di proiettili, incessante, che colpiva la donna, poi colui che era realmente nel mirino del killer e anche chi non doveva essere coinvolto, non avendo alcuna colpa.

Quella sera, sulla statale ionica, si erano salvati solo i bambini seduti nei posti di dietro, altri due figli di Carla Maria, che senza capire cosa stesse accadendo, per difendersi dal mostro fuori che nel frattempo era anche sceso dall’auto, si erano nascosti, cercando di “mimetizzarsi” tra i corpi fermi immobili in auto. E con l’innocenza tipica della loro età, non avendo mai visto la morte così da vicino, pensavano che la mamma fosse semplicemente svenuta, ma che sarebbe stata pronta a proteggerli non appena sveglia.

E così, la brutalità e le colpe degli adulti sono stati scontati dagli innocenti. Questioni di affari mafiosi, si dirà. Regolamento di conti. E Domenico? Aveva ancora da sognare e da vivere. Aveva solo tre anni. E non aveva alcuna colpa. E morendo così, per mera volontà di qualcun altro, Domenico è diventato il figlio di tutti noi.

 

 

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