21 Luglio 2004 Paola (CS). Ucciso Antonio Maiorano perché scambiato per un noto boss
Ucciso a Paola (Cosenza) l’operaio forestale Antonio Maiorano, 46 anni, incensurato e senza alcun tipo di legame con la criminalità. Gli inquirenti ipotizzano che gli assassini lo abbiano scambiato per qualcun altro, perché nella zona si trovavano alcuni pregiudicati, ma specialmente perché la vittima era molto somigliante ad un suo compagno di lavoro, ritenuto appartenente al locale clan Serpa della ‘ndrangheta. (Liberanet.org)
Fonte: criminologia.it del 16 Gennaio 2007
Interrogazione parlamentare sull’omicidio di Antonio Maiorano
Perché è stata tolta l’inchiesta al magistrato Facciolla?
di On. Angela Napoli
Al Ministro della giustizia – Per sapere – premesso che:
– da quindici mesi la Calabria rimbalza quotidianamente sulle cronaca nel tentativo di sollecitare la richiesta di verità sull’omicidio del Vice Presidente del Consiglio regionale, dottor Francesco Fortugno;
– purtroppo, però, i fari accesi sul citato omicidio “eccellente”, hanno fatto cadere nell’oblio la necessità di ottenere giustizia e far luce su altri omicidi di onesti cittadini, caduti sotto i colpi della ‘ndrangheta;
– tra questi non può essere dimenticato quello del signor Antonio Maiorano, ucciso per errore dalla ‘ndrangheta il 21 luglio del 2004;
– povero Antonio Maiorano, uomo onesto, padre di due bambini, il 21 luglio del 2004 si era recato, come ogni mattina, a prestare la sua attività lavorativa presso la postazione Antincendio del Consorzio di Bonifica Valle Lao, allestita presso il campo sportivo di Paola (CS), e dopo pochi minuti è stato assassinato perché scambiato per un noto boss della ‘ndrangheta, anche lui stranamente dipendente di quel Consorzio e che pochi secondi prima sedeva sulla stessa sedia del Maiorano;
– la città di Paola insiste sulla costa tirrenica cosentina, dove la criminalità organizzata è fortemente collegata a quella di Cosenza e dove, negli anni, si è stati costretti a registrare numerosi omicidi ed anche scomparse per “lupara bianca”;
– le indagini sul delitto di Antonio Maiorano, affidate al dottor Eugenio Facciolla, in quel tempo Sostituto Procuratore della DDA di Catanzaro, sono subito apparse delicate e difficili, tuttavia supportate dal fatto che a cadere sotto i colpi di sicari mafiosi sia stato un giovane uomo (di soli 46 anni), un padre onesto, che si trovava in quel posto per guadagnare il salario con cui sostenere la propria famiglia;
– nei mesi successivi al delitto in questione, la DDA di Catanzaro scoprì che all’interno del penitenziario di Siano, i detenuti disponevano di telefonini cellulari con i quali comunicavano all’esterno e l’agguato, costato per errore la vita a Maiorano, venne pianificato proprio per telefono dall’interno del carcere;
– il sicario Adamo Bruno, 38 anni, arrestato, nel luglio del 2005, quale esecutore materiale del crimine, insieme ad altre sette persone, tra le quali mandanti, basisti e fiancheggiatori, ha confessato raccontando tutti i retroscena dell’omicidio; alle sue dichiarazioni si sono poi aggiunte quelle di altri due collaboratori di giustizia: Maurizio Giordano e Domenico Scrugli;
– nell’agosto del 2005 sono state arrestate altre cinque persone con l’accusa di aver avuto un ruolo nella trama delittuosa in cui è stato inquadrato il delitto di Antonio Maiorano;
– la validità dell’intero impianto accusatorio è stata immediatamente confermata dai giudici per le indagini preliminari della DDA di Catanzaro, con la convalida dei fermi avvenuti nei giorni precedenti;
– a metà del mese di settembre del 2005 il Tribunale del Riesame, nel mentre le indagini erano ancora in corso e nonostante alcune importanti prove indiziarie, ha emesso il decreto di scarcerazione per sette persone, tutte accusate di favoreggiamento nell’inchiesta sull’uccisione dell’operaio forestale di Paola;
– la DDA di Catanzaro ha immediatamente prodotto ricorso avverso la decisione del Tribunale del Riesame;
– nel stesso mese di settembre 2005 la DDA di Catanzaro, considerato che il Giudice Facciolla aveva ultimato il suo incarico presso la sezione Antimafia, e si era insediato presso il Tribunale di Paola, ha deciso di togliergli la titolarità delle indagini sull’omicidio Maiorano;
– la notizia ha prodotto forte clamore, considerato l’esito delle indagini prodotte fino a quel momento, tanto che il tutto è stato riportato in atti ispettivi parlamentari ed è stato oggetto della trasmissione televisiva di Raiuno “La vita in diretta”;
– anche alcuni Partiti politici locali, considerata la automatica dispersione delle indagini prodotte fino a quel tempo, hanno assunto varie iniziative, tutte disattese, per richiedere il mantenimento dell’incarico sull’omicidio Maiorano, allo stesso Giudice Facciolla; l’iter processuale da quel momento è andato avanti molto lentamente;
– purtroppo, nel gennaio del 2006 la Cassazione ha respinto il ricorso della DDA contro le sei scarcerazioni del Tribunale del Riesame, per mancanza di riscontri individualizzati;
– la lentezza del processo svolto a Catanzaro, che ha visto la costituzione di parte civile del Comune di Paola accanto a quella della famiglia del Maiorano, ha portato alla richiesta, nel mese di giugno del 2006, di soli 9 rinvii a giudizio, perché nel frattempo si era assottigliato il numero degli indagati, alcuni dei quali si sono poi avvalsi della legge Pecorella;
– nel mese di luglio 2006, su disposizione del giudice per le indagini preliminari, nonostante il parere contrario del PM Mariano Lombardi della DDA di Catanzaro, è stato scarcerato, per motivi di salute, Antonio Ditto, arrestato nel luglio del 2005 con l’accusa di essere uno dei mandanti del delitto dell’operaio Antonio Maiorano;
– nello stesso mese di luglio 2006 stranamente sono scomparse nel nulla le lettere scambiate tra gli indagati nel processo per l’omicidio Maiorano; lettere che, secondo la DDA di Catanzaro, costituivano una delle prove fondamentali per il relativo processo; le missive sono riemerse dopo qualche giorno dalla loro irreperibilità;
– sempre nel mese di luglio 2006 sono, infine, stati rinviati a giudizio soltanto sei dei quindici iniziali accusati dell’omicidio in questione;
– a novembre del 2006 il processo si è spostato presso la Corte d’Assise di Cosenza, dove si è aggiunta la costituzione di parte civile della Regione Calabria, ma sta andando avanti con notevole lentezza e con il rischio che tutti i rimanenti accusati vengano scarcerati;
– nel frattempo la moglie di Antonio Maiorano, signora Aurora Cilento, nonostante le numerose promesse, soltanto dopo due anni dall’omicidio del marito è riuscita ad avere un lavoro temporaneo di minimo supporto al mantenimento dei due figli; la lentezza del processo le sta impedendo di ottenere i benefici di legge previsti per i familiari riconosciuti vittime di mafia:
– se è possibile conoscere i motivi che hanno guidato la DDA di Catanzaro a togliere al giudice Facciolla la titolarità sull’omicidio di Antonio Maiorano, rallentando automaticamente lo stesso iter processuale;
– se non ritenga necessario ed urgente avviare un’adeguata indagine utile a verificare i motivi della lentezza con cui si sta svolgendo il processo dell’omicidio presso la Corte d’Assise di Cosenza; il tutto per evitare che anche questo delitto, nonostante l’individuazione dei responsabili dello stesso, rimanga impunito e per garantire ai familiari di una vittima innocente i dovuti benefici previsti dalla normativa vigente in materia.
Articolo dell’8 Dicembre 2006 da gazzettadelsud.it
Centomila euro per tenere la bocca chiusa
Il collaboratore ha svelato alla Dda di Catanzaro i retroscena d’un omicidio commesso per errore
di Arcangelo Badolati
Il pentito ha svelato i particolari della storia al procuratore distrettuale Lombardi
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Articolo del 9 Luglio 2011 da gazzettadelsud.it
Gennaro Ditto torna dietro le sbarre per l’omicidio di Tonino Maiorano
Ergastolo definitivo per il delitto dell’operaio scambiato per un boss
di Fabio Melia
Foto e Articolo del 12 Luglio 2011 da miocomune.it
Omicidio Maiorano, Ditto torna in carcere
PAOLA – Gennaro Ditto, a seguito del rigetto da parte della Cassazione del ricorso relativo alle condanne inflitte agli imputati del processo per l’omicidio di Tonino Maiorano, è tornato ieri in carcere, da cui mancava da diversi mesi per sopraggiunti motivi di salute. I medici gli avevano riscontrato l’atassia cerebellare, che gli impedì la partecipazione ad alcune udienze nell’ambito del procedimento per l’uccisione dell’operaio idraulico forestale di Paola, caduto il 21 luglio del 2004 per errore sotto i colpi di pistola di un killer, reo confesso e condannato con il rito abbreviato.
Nel mirino c’era Giuliano Serpa, attuale collaboratore di giustizia.
Il provvedimento della procura generale presso la Corte d’Appello è stato eseguito ieri dai carabinieri della compagnia di Paola, diretta dal capitano Luca Acquotti. La Corte di Cassazione si era pronunciata il giorno prima, ritenendo inammissibili i ricorsi di Pietro Sebastiano Vicchio e Maurizio Giordano, e rigettando quelli di Ditto e dei suoi genitori, Antonio Ditto e Carmela Gioffrè.
Gennaro Ditto, associato alla casa circondariale di Paola, dovrà scontare l’ergastolo. I giudici lo hanno ritenuto il mandante dell’omicidio, mirato ad eliminare il capocosca del clan rivale e assumere la supremazia malavitosa sul territorio. Il tutto nell’ambito di una guerra di mafia che qualche mese aveva fatto registrare anche l’omicidio di Luciano Martello, della stessa cosca di Ditto.
Fonte: quicosenza.it
Articolo del 4 luglio 2016
Tela del Ragno, ricostruita la dinamica degli omicidi che insanguinarono il Tirreno cosentino
di Maria Teresa Improta
Ultime battute del lungo processo che ha portato alla sbarra boss e gregari delle cosche di Cosenza e provincia.
COSENZA – Una lunga scia di sangue e terrore ricostruita nel processo sui clan del Tirreno cosentino. Continua il processo Tela del Ragno volto a far luce su una serie di omicidi ed attività criminali coordinati grazie alla collaborazione con le cosche egemoni nella città di Cosenza. Il primo omicidio ‘eccellente’ dopo la morte di Ennio Serpa, e una tregua durata cinque anni, è quello di Marcello Calvano. Il leader della criminalità organizzata a San Lucido, viene assassinato nell’estate del 1999 aprendo una nuova stagione di piombo e vendette. A seguire le sue stesse sorti sarà, pochi mesi dopo Ciap Ciap al secolo Salvatore Imbroinise. Poi arriverà la morte prematura, sotto il fuoco nemico, di Pietro Serpa cui assassinio sarà ‘pagato’ con la vita di Luciano Martello anch’egli freddato a colpi di rivoltella. A seguire periranno in un lungo calvario verso la ‘pace’ Rolando Siciliano (fatto a pezzi con una motosega e gettato in mare), Antonio Maiorano (ucciso per errore a Paola al posto di Giuliano Serpa a causa della loro somiglianza fisica), Carmine Chianello e Antonello La Rosa.
Omicidi di cui il pm Facciola ha sviscerato presunte dinamiche e moventi. Un lavoro certosino svolto chiarendo alleanze con i ‘cosentini’ e rivalità. Per l’omicidio del boss di San Lucido il pubblico ministero ritiene responsabili Paolo Brillantino e Antonello La Rosa. I due inoltre erano soliti gestire insieme il bestiame che veniva fatto pascolare e accudito in località Linze dove fu trovato in avanzato stato di decomposizione il corpo di Carmine Chianello. Quella stessa sera venne annunciato l’omicidio successivo. Nella lista di sangue era stato iscritto Salvatore Imbroinise.”Il prossimo sei tu’’ gli dissero con una telefonata anonima. Solo contro tutti Salvatore Imbroinise chiedeva un suo spazio autonomo nelle consorterie criminali del Tirreno cosentino. In cambio ottenne un accanimento tale nei suoi confronti da portarlo alla morte. “Mi vogliono uccidere” disse alla sorella prima di andare al suo ultimo appuntamento. Sul luogo del delitto furono avvistati Luciano e Mario Martello insieme ad un terzo soggetto non identificato.
I delitti, si ricorda, vennero consumati in un clima di terrore che induce chi fornisce indizi agli inquirenti a ritrattare ogni dichiarazione ed essere condannato per falsa testimonianza senza battere ciglio. Anche il padre di Imbroinise che lo vide inerme perire sotto il fuoco dei proiettili pare abbia accettato 5mila euro per non fare i nomi delle persone che giustiziarono il figlio davanti ai suoi occhi. Nella vicenda furono implicati Giuseppe Lo Piano e Luciano Martello cui responsabilità devono ancora essere accertate. Appreso del decesso di Giovanni Imbroinise avvenuto in Lombardia a causa di una malattia Luciano Martello e Gianluca Serpa vengono intercettati mentre organizzano di festeggiare l’evento con champagne e pasticcini.
Nel corso dell’udienza di stamane Facciola ha ribadito l’attendibilità dei due collaboratori di giustizia Umile e Giuliano Serpa. In più il pm ha fatto notare come le cosche utilizzino lo stesso arsenale. Le armi infatti pare vengano conservate in un unico luogo e poi prelevate al bisogno anche se gli uomini di ‘spicco’ dei clan, soprattutto in quel periodo, sono soliti viaggiare armati. Nel processo che si sta celebrando presso la Corte d’Assise di Cosenza dinanzi al collegio giudicante presieduto dal giudice Garofalo risultano imputati: Giuseppe Lo Piano, Mario Martello, Mario Matera, Mario Mazza, Umile Miceli, Fabrizio Poddighe, Gennaro Ditto, Tommaso Gentile, Giancarlo Gravina, Giacomino Guido, Giovanni Abruzzese, Paolo Brillantino, Luca Bruni (posizione stralciata per intervenuto decesso), Giuliano Serpa, Livio Serpa, Nella Serpa, Ulisse Serpa, Franco Tundis, Valerio Crivello e Vincenzo Dedato. Il dibattimento è stato aggiornato a domani per l’analisi degli omicidi di Pietro Serpa, Luciano Martello e Rolando Siciliano al termine della quale il pm dovrebbe pronunciare le richieste di condanna degli imputati.
Con il rito abbreviato sono invece stati condannati:
Pasqualino Besaldo 10 anni e 4 mesi di reclusione
Michele Bloise 6 anni e 8 mesi di reclusione
Sergio Carbone 10 anni e 4 mesi di reclusione
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Leggere anche:
Fonte: marsilinotizie.it
Articolo del 21 luglio 2020
Paola: 16 anni fa la “mafia bastarda” uccideva l’innocente Tonino Maiorano
di Francesco Frangella