22 Giugno 1989 Mesagne (BR). Nicolina Biscozzi, 33 anni, vittima innocente di faida.

Foto da: mesagnesera.it

Mesagne. Nicolina Biscozzi paga perché è con l’uomo sbagliato nel momento sbagliato. Il 22 giugno 1989 Nicolina è la compagna di Vincenzo Carone, considerato vicino ai clan di spicco nella faida per il controllo del territorio a Mesagne, quello legato a Giuseppe Rogoli e quello del suo ex braccio destro, Antonio Antonica. Nicolina e Vincenzo sono in auto insieme quando un gruppo di malviventi affianca la vettura e comincia a sparare. A soli 33 anni, Nicolina Biscozzi muore dopo un mese di sofferenze in ospedale. ( brindisioggi.it )

 

 

Nota da  mesagnesera.it
Nicolina Biscozzi fu vittima innocente della faida all’interno della Sacra Corona Unita, dovuta alla rottura tra il capoclan Giuseppe Rogoli e il suo ex braccio destro Antonio Antonica. Fu uccisa che aveva solo 33 anni. Era il 22 giugno 1989 quando compagna di Vincenzo Carone, 37 anni, uomo considerato vicino ai clan, i due furono affiancati in auto da un gruppo di malviventi che gli spararono una raffica contro. Nicoletta, ferita gravemente, morì un mese dopo in ospedale.

 

 

 

Fonte:  mafie.blogautore.repubblica.it
Articolo del 25 febbraio 2020
Nicolina, vittima “per sbaglio” in Puglia
di Simona Hutanu

Negli anni Ottanta il problema della mafia, o meglio delle mafie, stava diventando sempre più una questione nazionale. Consorterie criminali gestivano traffici illegali, in particolare quello della droga, in zone anche non a tradizionale presenza mafiosa. E più il potere dei clan malavitosi aumentava più il numero di vittime innocenti cresceva. Morti passate inosservate, sagome che si sono mimetizzate con lo sfondo della storia. Persone di cui oggi si sa poco o nulla, a parte il nome e qualche immagine sbiadita che gira per il web. Le persone però contano, la loro vita è importante e in quanto tale nessuno deve essere lasciato indietro nella memoria della lotta alla mafia, nessuno deve essere dimenticato. Le persone non si dissolvono, non scompaiono.

Nel 1989, in Puglia, all’interno della Sacra Corona Unita era in corso una faida tra clan rivali. Da un lato vi era il gruppo capeggiato da Giuseppe Rogoli, noto boss pugliese di Mesagne, affiliato alla ‘Ndrangheta, capo a lungo indiscusso dell’organizzazione anche dal carcere, e dall’altro quello di Antonio Antonica, l’ex braccio destro di Rogoli.

La guerra in corso avrebbe trasformato ancora di più la Sacra Corona Unita in una mafia liquida, in piccoli gruppi spesso in lotta fra loro. Antonica, un giovane brindisino, all’inizio degli anni Ottanta dirige il gruppo di Rogoli in assenza del capo, fa piazza pulita dei rivali, lontano dalle luci dei media, che sottovalutano fatti di mafia pugliese, coordina le attività criminali e, pian piano, inizia ad allontanarsi dall’orbita del vecchio Rogoli. La SCU brindisina, in parte, segue Antonica. Rogoli, allora, ne chiede la testa e i suoi fedelissimi mesagnesi non disobbediscono agli ordini del capo, trucidando Antonica in un letto d’ospedale, dove si trovava già ferito, moribondo dopo un agguato, sparandogli due colpi, con la pistola posizionata dietro l’orecchio. Ma gli strascichi della brama di potere criminale di Antonica e la vendetta di Rogoli non si sarebbe fermata; avrebbe aggiunto al triste elenco delle vittime innocenti di mafia il nome della giovane Nicolina Biscozzi.

Il 22 giugno 1989 Nicolina si trova in macchina con il suo compagno Vincenzo Carone quando un’autovettura si è accostata e ha iniziato a sparare. Il bersaglio designato è Carone, Nicolina, invece, è vittima “per sbaglio”: una donna la cui vita contava meno di un misero braccio di ferro mafioso, un danno collaterale considerato insignificante nell’inutile dimostrazione di forza criminale. Nicolina aveva una “colpa”: si era innamorata dell’uomo sbagliato, che aveva scelto di intraprendere una carriera criminale, la cui “colpa” era stata quella di essersi schierato con il clan sbagliato. Nicolina durante l’attentato è stata gravemente ferita alla colonna vertebrale ed è morta circa un mese dopo, aveva solo 33 anni. Vincenzo Carone è sopravvissuto e ha continuato la sua vita, non cambiando le sue aspirazioni. Carone, infatti, ha poi vissuto a Monza ed è stato arrestato nel 2015 per rapina, detenzione, porto illegale d’armi ed estorsione.

Come un cerchio che si chiude. Che aveva iniziato a delinearsi con l’omicidio di quella giovanissima donna che pagò con la vita la sua scelta criminale, pagò una “colpa” altrui.

Nicolina è oggi una vittima dimenticata di cui poco si sa. Anche in quel lontano 1989 la sua tragica fine fu presto abbandonata all’oblio, per lasciar spazio ad altre notizie. Basti ricordare che in quei giorni imperversava sui giornali il fallito attentato all’Addaura, che fortunatamente non aveva recato danni al Giudice Giovanni Falcone. Il quale, qualche tempo dopo, nel corso della trasmissione televisiva “Babele”, condotta da Corrado Augias, avrebbe detto: «Questo è il Paese felice in cui se ti si pone una bomba sotto casa e la bomba per fortuna non esplode la colpa è tua che non l’hai fatta esplodere».

Beato quel popolo che non ha bisogno di martiri né di eroi.