25 Giugno 1995 Reggio Calabria. Ucciso Peter Iwule Onyedeke, nigeriano di 33 anni, studente di architettura

Foto da memoriaeimpegno.blogspot.it

Anche l’africano Peter Iwule Onyedeke è una vittima della ‘ndrangheta. Nigeriano di 33 anni, studente di Architettura, è stato assassinato inspiegabilmente il 25 giugno 1995 a Reggio Calabria. Per arrotondare le misere entrate (dava una mano in un mobilificio della periferia), faceva il parcheggiatore abusivo. Quella notte stava nello spiazzo di fronte ad una discoteca del quartiere Gallico Marina. Chiedere dei soldi ad uno ‘ndranghetista è inopportuno, se poi a farlo è un africano si tratta di un’offesa. Piovono sei colpi di pistola calibro 45, tutti al torace, poi la fuga a bordo di un’auto rubata dei soliti ignoti che nessuno ha visto.
Peter era sposato e aveva due figli in Nigeria, che manteneva. A Reggio viveva col fratello, anche lui studente. La criminalità, Peter, l’ha conosciuta in Calabria. Lui viveva in tranquillità, frequentando la comunità nigeriana (in quegli anni erano molti gli universitari) e la gente di una città che sa essere anche accogliente. E solidale: in tanti reagirono, scesero in piazza contro la violenza mafiosa. Una protesta che per una volta ebbe il sostegno delle istituzioni, con un piccolo gesto: le spoglie di Peter tornarono alla sua famiglia grazie all’intervento del Comune.
La storia di Peter il nigeriano

Fonte:  stopndrangheta.it 

 

In molte liste il nome viene scritto: Peter Iwule Onjedeke

 

 

Articolo da LA STAMPA Lunedì 26 Giugno 1995
Agguato al parcheggio, muore nigeriano

REGGIO CALABRIA. Gli hanno trovato in tasca biglietti da mille e monete per ventimila lire e nel petto sei buchi; proiettili di grosso calibro. Ancora ieri pomeriggio, nello spiazzo sterrato davanti al mare e alla discoteca «Il Limoneto», c’erano ampie chiazze di sangue nel punto dove Peter Iwule Onyedeke, 33 anni, è stato ucciso come un cane, a colpi di pistola. Stempiato, fisico massiccio e collo taurino, Onyedeke era a Reggio Calabria da qualche anno dove si stava per laureare in architettura.

Gli mancavano 4 materie e poi avrebbe coronato il suo sogno, quello di avviare, proprio a Reggio, dove aveva tanti amici, uno studio. Invece Peter e finito con sei pallottole in petto e il viso nella polvere. L’agguato allo studente nigeriano è scattato quando erano da poco passate le 12,30, a pochi metri dalla discoteca all’aperto che venerdì aveva ripreso l’attività e davanti alla quale Onyedeke si piazzava, intorno alle 22, per racimolare qualche lira facendo da posteggiatore. Non era forse questo ciò che sperava quando parti da Mbano, in Nigeria, lasciandosi alle spalle una moglie e due figli. Ma mantenersi all’estero è difficile e quello che guadagnava come aiuto arredatore in un mobilificio non era granché. Ed ecco la scelta di cercare qualcosa da guadagnare nei ritagli di tempo che gli lasciavano il lavoro e gli studi. Non guadagnava molto, ma era pur sempre qualcosa.

Sabato notte, però, la storia di Peter è finita. A firmare la sua morte, un gruppo di persone che, dopo averlo ucciso, sono scappate a bordo di una Volkswagen «Passat» che a tutta velocità ha lascialo lo spiazzo sterrato per fuggire. Un’auto risultata rubata da qualche giorno, quindi «spedizione» non improvvisata, cioè premeditata. E cosa può avere spinto a premeditare l’uccisione di uno studente nigeriano, una persona onesta che appena due giorni prima aveva comincialo a fare il posteggiatore abusivo? Per ora è un mistero. [d. mi.]

 

 

 

Fonte:  ilmegafono.org
Articolo del 1 luglio 2017
Peter Iwule Onyedeke, vittima di ‘ndrangheta da non dimenticare
di Giovanni Dato

Su queste pagine abbiamo raccontato spesso le storie di numerose vittime di mafia e lo abbiamo fatto cercando sempre di porre l’attenzione sulla memoria dei fatti e dei contesti in cui essi sono maturati, oltre che sull’impegno che queste persone hanno mostrato nel dire no alle logiche e alla violenza delle mafie. Magistrati, uomini e donne delle forze dell’ordine, giornalisti, imprenditori, politici, sacerdoti, semplici cittadini: gente che ha contribuito, fino all’estremo sacrificio, alla lotta finalizzata alla costruzione di una cultura antimafiosa che ha prodotto, negli anni, risultati e cambiamenti importanti.

Questa volta, però, la persona di cui vogliamo parlare non ha direttamente lottato contro la mafia, ma se l’è ugualmente trovata sulla sua strada. Fatalmente. A dimostrazione che il fenomeno criminale ci riguarda tutti, ogni giorno. Peter Iwule Onyedeke era solo un ragazzo pieno di sogni. Non è mai stato al centro di trame mafiose (o di battaglie antimafiose); il giovane nigeriano di 33 anni, assassinato a Reggio Calabria nel 1995, è risultato sin da subito estraneo ad ogni intreccio criminale e la sua morte, ancora oggi, non ha né una spiegazione chiara né un colpevole.

Peter era uno studente di architettura prossimo alla laurea (mancavano solo quattro materie) e, già da diversi anni, viveva in Italia, a Reggio Calabria, dove condivideva un appartamento con il fratello. Dalle cronache dell’epoca è emerso che il ragazzo della provincia di Mbano, a sud della Nigeria, per mantenersi lavorava come aiutante presso un mobilificio della periferia reggina e, solo due giorni prima dell’omicidio, aveva anche iniziato a posizionarsi davanti alla discoteca di Gallico Marina, “Il Limoneto”, dove aveva iniziato a fare il posteggiatore abusivo. Chiedeva qualche spicciolo, senza arroganza, solo per arrotondare.

Insomma, cercava di andare avanti, di continuare a studiare. Aveva scelto una piccola attività non regolare, quella di parcheggiatore, che svolgeva, nelle ore libere dal lavoro e dallo studio, in modo pacifico, senza minacce o arroganza: era solo un modo per sopravvivere nella speranza di realizzare i propri sogni.

Una speranza che, purtroppo, si è spenta il 25 giugno 1995 quando, in seguito alla richiesta di qualche spicciolo per il parcheggio, dei balordi all’interno di un auto avrebbero iniziato a sparare diversi colpi di pistola (per dimostrare che alla ‘ndrangheta non bisogna chiedere nulla, che la ‘ndrangheta comanda), lasciando Peter Iwule Onyedeke senza vita in una pozza di sangue.

A distanza di ben 22 anni, la soluzione a quel triste omicidio non è ancora stata trovata ed è difficile che in futuro tutto ciò possa accadere. Perché Peter, bisogna ricordarlo, era “soltanto” uno straniero (per di più nero). Un posteggiatore abusivo nigeriano che ha osato chiedere 1000 lire a dei mafiosi. Figuriamoci chi si preoccuperà di rendergli giustizia in questo Paese.

Quel che però dovrebbe far riflettere è il futile motivo per cui una banda di criminali avrebbe deciso di sparare intenzionalmente, premeditando l’agguato. Chi e cosa si nascondeva, effettivamente, dietro questo orribile attacco? È stato davvero soltanto un gesto di prepotenza finito in tragedia? O, in una fase nella quale il razzismo e la delinquenza avevano già costruito un drammatico precedente, quello del rifugiato Jerry Masslo, nel 1989, a Villa Literno (Caserta), lo sgarbo involontario compiuto da un nero doveva essere punito con la morte?

Qualsiasi siano le risposte a tali quesiti, oggi, dopo tanti anni, abbiamo voluto ricordare l’ennesima persona onesta vittima di una criminalità che non risparmia nessuno e che non accetta chi alza la testa e tiene la schiena dritta. Abbiamo voluto ricordare questo caso di cronaca sconosciuto ai più e finito tristemente nel dimenticatoio generale, un oblio pieno di omicidi irrisolti e di innocenti senza giustizia. Compresi molti stranieri.

Peter (è bene sottolinearlo) non è l’unico straniero ad essersi scontrato con la prepotenza mafiosa: da Nord a Sud, compresa la Calabria (Rosarno è solo uno dei casi più noti), cittadini africani e migliaia di altri immigrati vengono giornalmente sfruttati sino allo sfinimento subendo quello che, a conti fatti, è un agguato alla dignità dell’essere umano. La differenza è che a Reggio Calabria, nel 1995, la gente scese in piazza per protestare contro gli assassini di Peter Iwule Onyedeke e il Comune di Reggio Calabria intervenne con un contributo per permettere la restituzione delle spoglie di Peter ai suoi familiari.

Oggi, cosa accadrebbe? Quanto silenzio e, soprattutto, quanti messaggi razzisti e orrendi circonderebbero una vicenda simile? Possiamo solo immaginarlo. Ed è anche per combattere tutto questo che abbiamo scelto di raccontarvi questa storia e di offrirla alla memoria collettiva. Nel nome di Peter e dei suoi sogni spezzati.

 

 

 

Fonte: vivi.libera.it
Articolo del 24 giu 2020
Peter Iwule Onjedeke. Vittima innocente, uomo generoso, simbolo di integrazione
di Monica Usai

In Europa pochi sanno che la Nigeria è uno Stato federale e con i suoi 36 Stati federati è il più popoloso dei Paesi africani con oltre 190 milioni di persone che la popolano, rappresentando così la prima economia a livello continentale, per la presenza di petrolio in primis, ma anche per l’avviato sviluppo a livello commerciale. Tuttavia, più di metà della popolazione vive in povertà estrema e la minaccia terroristica soprattutto nel nord del Paese di Boko Haram sono all’ordine del giorno.

Troppo poco per riassumere l’intera storia e vita di questo importante Paese, però se andate a visitare l’entroterra orientale del Paese, nello Stato di Imo, si trova la regione di Mbano di cui i governi locali sono due: Isiala Mbano e Ehime.
Il popolo di Mbano è religioso, intraprendente, generoso, dotato di un ricco patrimonio culturale, rispetta la vecchiaia e accoglie i meno privilegiati della comunità. Per una persona di Mbano è un orgoglio rimanere in contatto con la sua cultura e la sua casa ancestrale. Una descrizione che non vale per tutti, però era così per Peter Iwule Onjedeke.

Originario della regione di Mbano era arrivato in Italia per dare maggiori opportunità alla sua famiglia, e soprattutto i suoi due figli. Era il 1995 e Peter Iwule all’età di 33 anni viveva a Reggio Calabria, era iscritto alla facoltà di architettura e gli mancavano quattro esami alla laurea. Aveva provato a mantenersi con un lavoro presso un mobilificio di periferia, ma non bastava, così aveva iniziato una seconda attività come parcheggiatore abusivo alla discoteca “Limoneto” nel quartiere Gallico Marina.

Era il 25 giugno 1995, quando Peter Iwule Onjedeke viene ritrovato poco dopo la mezzanotte privo di vita dopo essere stato colpito al torace da sei colpi di Calibro 45 e poche lire in tasca. Dopo pochi giorni, venne ritrovata la “Volkswagen Passat”, auto rubata con cui chi lo ha ucciso si era allontanato. I Condello controllavano il territorio, gli investigatori lo sapevano, ma nessun testimone e nessun elemento raccolto è stato utile a ricostruire i fatti per arrivare a fare giustizia, ancora oggi che sono passati 25 anni dalla sua morte.

Arrivare in Italia doveva rappresentare ragione di salvezza, e invece ci hanno trovato la morte.

Sappiamo però che all’epoca dei fatti una parte di città ha reagito. La salma di Peter è ritornata in Nigeria, grazie al contributo del comune di Reggio Calabria, la cooperativa “L’Arca” diretta da Don Italo Calabrò si attivò per donare un contributo alla famiglia, e la stessa neonata Libera era già in piazza per denunciare l’atto e reclamare verità e giustizia.

Il 21 marzo 1998, in occasione della Terza Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie promossa da Libera in quel già lungo elenco di nomi da ricordare, c’era anche: Peter Iwule Onjedeke – Vittima innocente, uomo generoso, simbolo di integrazione.

Un’integrazione che ancora oggi in Italia non riusciamo a ottenere.

 

 

 

 

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