26 ottobre 1991 Gragnano (NA). Ucciso per errore Lucio Donnarumma, 15 anni, mentre spostava l’auto del fratello di fronte alla pizzeria di famiglia.

Lucio Donnarumma, 15 anni, è stato assassinato da due killer della camorra a  Gragnano, nel vialetto antistante la pizzeria del padre. L’obiettivo dell’agguato doveva essere, secondo gli inquirenti, il fratello Gennaro di 24 anni, Lucio è stato colpito mentre cercava di spostare la sua auto; è probabile che, nel buio, i sicari lo abbiano scambiato per quest’ultimo.
Qualche mese prima un altro fratello del ragazzo, Salvatore, 19 anni, era stato assassinato in maniera analoga.

 

 

Fonte:  archivio.unita.news
Articolo del 28 ottobre 1991
I killer uccidono un quindicenne per errore. A Napoli la vita dei ragazzi non vale nulla.
di Vito Faenza
Lucio Donnarumma è stato ammazzato sotto casa: il vero obiettivo era il fratello
Un ragazzo di  15 anni, Lucio Donnarumma  è  stato  assassinato  l’altra notte da due  killer della camorra a  Gragnano,  nel  vialetto  antistante  la  pizzeria  del  padre,  Francesco.  L’obiettivo dell’agguato doveva essere il fratello Gennaro di 24 anni. Qualche mese fa un altro fratello del ragazzo, Salvatore, era stato assassinato in maniera analoga.  In Campania le bande della camorra sempre più scatenate.

GRAGNANO (Napoli). Il lavoro finito da poco, il fratello più grande che gli «ordina» di spostare l’auto che è sistemata proprio nel vialetto antistante la pizzeria «Ciccio ‘o ciccione», gestita dalla sua famiglia. In un attimo si consuma la tragedia: Lucio è appena entrato nell’auto, quando due killer appostati all’esterno   gli   sparano contro. Fuggono a bordo di un’auto insieme a un un complice. Gli spari richiamano l’attenzione dei parenti ancora all’interno della sala. Si soccorre il ragazzo, lo si porta all’ospedale di Castellammare dove i medici non possono fare molto. Il torace ed una parte del volto sono completamente sfigurati dai pallettoni. Lucio spira qualche minuto dopo il ricovero in corsia.

La vittima designata dell’agguato non doveva essere lui, ma il fratello di 24 anni, Gennaro, ritenuto dai carabinieri un «simpatizzante» del clan D’Alessandro, in lotta da anni con il clan degli Imparato.  A far uccidere il ragazzo un banale errore dei killer che al buio hanno visto un’ombra avvicinarsi all’auto della vittima designata e senza aspettare hanno esploso sei cartucce caricate a pallettoni.

La pizzeria «Ciccio ‘o ciccione» si trova in via Castellammare, immersa in palazzi di cemento quasi nel centro di Gragnano. Pretenziosa palazzina ad un piano un po’ kitsch con un ingresso da ristorante di gran classe e colori che ti sbattono negli occhi. Il vialetto dove è avvenuto l’agguato è sbarrato da un cancello a scorrimento in ferro battuto, lungo il ballatoio che porta al primo piano dove c’è l’abitazione della famiglia Donnarumma, tre giovani indicano dov’è avvenuta la tragedia.  Il pianto sommesso delle donne sono l’unica traccia, assieme ai cerchi sull’asfalto e ai resti del vetro del finestrino, della tragedia avvenuta nella notte.

Nessun dubbio da parte dei carabinieri: Lucio Donnarumma, 15 anni, è stato assassinato dalla camorra per errore. Al suo posto doveva morire il fratello Gennaro. Il commando conosceva l’auto della vittima, quando ha visto qualcuno sedersi alla guida ha pensato che era giunto il momento di sparare. Poi i CC aggiungono: «in circostante analoghe qualche mese fa è stato ucciso un altro fratello Donnarumma, Salvatore».  Anche   lui a poca distanza dalla pizzeria, anche lui a colpi di lupara. Un destino crudele accomuna i due fratelli.

Davanti al locale, in un piccolo slargo ricavato davanti al cancello in ferro battuto, ieri mattina c’erano posteggiate alcune auto. Di sera serve per far parcheggiare i clienti, qui si sono fermati i killer. È solo un’ipotesi formulata dagli inquirenti. Di certo c’è che qualcuno ha affermato di aver udito in rapida successione il rumore degli spari, prima, e quello di un’auto che fuggiva a grande velocità, poi.

A sparare potrebbero essere stati i killer al soldo di Mario Umberto Imparato, che domina questa zona e che è in guerra con quello del D’Alessandro. Mentre gli investigatori compiono le indagini di routine, i passanti non sembrano essere impressionati da quanto avvenuto. Anche ai delitti ci si fa l’abitudine. Del resto in questa zona i killer della camorra sono in azione ininterrottamente. L’ultimo delitto appena 48 ore fa: la vittima un giovane di 22 anni, un commerciante di abbigliamento incensurato, è stato assassinato nel giardino di casa con un colpo alla nuca intorno a mezzanotte e ritrovato solo l’altra mattina dalla madre. La lunga scia di sangue della camorra si allunga.

 

 

Fonte: archiviolastampa.it
Articolo del 28 ottobre 1991
Ammazzato per errore
Davanti alla pizzeria del padre, bersaglio era il fratello.
Ragazzo di quindici anni a Napoli.

Napoli. La camorra ha ucciso un altro innocente, un ragazzo di quindici anni. Si chiamava Lucio Donnarumma, ed è stato ammazzato sabato notte a Gragnano dai colpi di fucile di killer senza nome. Il ragazzo si trovava casualmente fuori della pizzeria del padre ed è stato raggiunto dalla scarica in diverse parti del corpo. Subito soccorso dai familiari, è però morto durante il trasporto all’ospedale di Castellammare.

Lucio Donnarumma è stato ucciso per uno scambio di persona. La vittima predestinata dell’agguato – secondo l’impressione di polizia e carabinieri dopo le prime indagini – sarebbe stato il fratello maggiore Gennaro, 24 anni, pregiudicato. Lucio è stato colpito mentre cercava di spostare la sua auto. È probabile che, nel buio, i sicari lo abbiano scambiato per quest’ultimo. Un terzo fratello, Salvatore, è stato assassinato di recente a poca distanza dal luogo dell’agguato della scorsa notte.

È difficile, al momento, riuscire a inquadrare l’omicidio. Secondo gli investigatori, Gennaro Donnarumma, pur non avendo precedenti penali specifici, sarebbe collegato alla banda camorristica che fa capo al potente boss Michele D’Alessandro. In ogni caso però – fanno osservare polizia e carabinieri – non sarebbe un elemento di spicco dell’organizzazione.

Gli accertamenti, per chiarire la dinamica dell’agguato e identificare i presunti responsabili, sono difficili perché non ci sono testimoni. L’omicidio infatti è avvenuto quando la pizzeria era già chiusa e, data l’ora tarda, nelle vie intorno non d’erano più passanti.

I killer sono entrati in azione davanti alla pizzeria «Ciccio ‘o ciccione», in via Castellammare, nel centro di Gragnano. Il locale è gestito dal padre della vittima, Francesco, 57 anni, incensurato, ed è a conduzione familiare. Al momento del fatto, nella pizzeria, la moglie e i due figli, Gennaro e Lucio. Dopo la chiusura, si erano trattenuti per cenare e fare alcune pulizie.

Ad un certo punto il figlio più giovane è uscito per portare in un garage vicino l’auto del fratello maggiore, una Renault 5, che era posteggiata in strada. Secondo un’ipotetica ricostruzione, dall’ombra sarebbero sgusciati due uomini incappucciati, che si erano appostati aspettando che la loro vittima uscisse dalla pizzeria. Armati di fucili caricati a pallettoni, hanno sparato numerosi colpi a tradimento, andando a colpire il ragazzo al volto e alle ascelle. Subito dopo si sarebbero allontanati a bordo di un’auto, di tipo imprecisato, guidata da un complice.

Udendo gli spari dall’interno del locale, i genitori e il fratello si sono precipitati in strada e hanno subito soccorso il ragazzo. Ma la corsa verso l’ospedale di Castellammare di Stabia è stata inutile. I sicari intanto erano fuggiti e, nonostante l’immediato allarme, non se ne hanno tracce. Sul luogo dell’agguato sono stati trovati sei bossoli calibro 12.

«L’omicidio – ha spiegato un ufficiale – è chiaramente di marca camorristica. Le modalità non lasciano dubbi». La famiglia Donnarumma è nota a Gragnano per l’attività che esercita ma non era considerata – nonostante l’omicidio del figlio Salvatore – tra quelle più in vista nella geografia dei clan camorristici della zona. Gennaro Donnarumma ha però precedenti penali per furto, ricettazione, detenzione di armi.

La pizzeria della famiglia è un ritrovo molto frequentato, soprattutto il sabato sera. Per questo il giovane Lucio andava spesso a dare una mano ai genitori. Aveva regolarmente frequentato le scuole dell’obbligo e non era mai stato segnalato alle forze dell’ordine per attività illegali. Della vicenda si occupa anche la se<ione Arcobaleno, istituita di recente presso la questura di Napoli per la tutela dei minori. [r. cri]

 

 

Fonte:  ricerca.repubblica.it
Articolo del 29 ottobre 1991
NOVE PICCOLE VITTIME
di di Marina Cavallieri

NAPOLI – L’ultimo si chiama Lucio. Aveva quattordici anni, anche lui come gli altri è morto per sbaglio. Così si dice in questi casi. Con Lucio sono nove, in un anno, i “tragici errori”: bambini colpiti da killer maldestri, falciati da fucili che sbagliano il bersaglio, ragazzini morti perchè gli assasini nel momento dell’agguato sparano ma si confondono. E invece dei padri, dei fratelli, degli zii colpiscono loro, i bambini.

Pallottole vaganti La Campania è prima in classifica per giovani vittime di pallottole vaganti, per avere il maggior numero di omicidi compiuti da assassini pezzenti.

Lucio Donnarumma sabato notte è crollato sul selciato colpito da una raffica di pallottole partite da un fucile a canne mozze. Usciva dalla pizzeria dove lavorava con il padre, a Gragnano. Ma sembra che a dover morire l’altra notte dovesse essere il fratello, Gennaro, inguaiato con i clan di Castellammare, vittima designata già di un altro agguato, quello del settembre dell’anno scorso, dove morì un altro fratello, Salvatore, di 19 anni.

Dall’89 al ’91 la strage degli innocenti conta in Campania 13 vittime. E’ questa la regione che ha già altri primati: quello dei bambini scomparsi nel nulla, di cui non si ha più traccia; quello dei baby-killer che uccidono coetanei. E dei morti “per errore”, come scrivono sui verbali di polizia, “vittime innocenti”, come li chiamano le cronache.

Lucio Donnarumma è l’ultimo dell’elenco. Era uscito dalla pizzeria del padre “Ciccio ‘ o Ciccione”, era allegro, ricorda la sorella, aveva in mano le chiavi della Renault, doveva spostare la macchina del fratello, prepararla fuori del cancello in modo che fosse pronta. Lucio aveva passato la giornata a fare pizze: “A 14 anni era già bravissimo, non solo le preparava ma serviva anche ai tavoli e faceva il guardiamacchine”, dicono i familiari con orgoglio. Non li sfiora nemmeno il sospetto che a quell’età si dovrebbe studiare e non lavorare. Lucio aveva iniziato a stare in pizzeria finite le elementari e questo era considerato in famiglia un bene: “Non era un ragazzo di strada”, dicono le sorelle piangendo, nella penombra della casa in lutto, all’ultimo piano di un edificio popolare, l’appartamento è modesto ma la porta è blindata.

Quando sabato Lucio è uscito dalla pizzeria è stato colpito da killer mascherati che lo hanno centrato più volte. E’ subito accorso il padre e poi Gennaro che lo ha accompagnato all’ospedale, quando ha capito che il fratello era morto con un pugno ha rotto il vetro del pronto soccorso. “Io non c’entro”, dice Gennaro sconvolto, ha 24 anni, guida macchine eleganti, gira con telefono cellulare, ha precedenti per porto di armi, furto, falsa testimonianza. Secondo i carabinieri è legato al clan D’Alessandro. Per ora i carabinieri hanno solamente ritrovato la “Jetta”, l’automobile usata dai killer.

Ma altri bambini hanno incontrato lungo la loro strada pallottole vaganti che tracciano un invisibile percorso di sangue.

Paolo Longobardi di otto anni, è stato ucciso nel settembre dell’anno scorso, in un agguato: camminava tenendo per mano il padre Paolo, pregiudicato, legato alle cosche di Castellamare.

Regolamento di conti Anche Bruno Silvestrini aveva otto anni, a gennaio ad attenderlo sotto casa, dove stava giocando, a Barra, c’era anche per lui un “agguato di camorra” e un proiettile lo ferisce senza ucciderlo.

Salvatore Richiello invece muore, aveva 12 anni, viene ucciso a Castelvolturno, questa volta la vittima doveva essere il padre Michele, un pregiudicato.

Alberto Sassolino si salva, ha otto anni, il 16 giugno, sempre a Barra, viene ferito alla schiena in un regolamento di conti.

Fabio De Pandi ne aveva 11, era luglio quando uscendo dalla casa di amici a Rione Traiano, viene colpito, obiettivo doveva essere uno spacciatore, ma a cadere è lui: “Mamma, mi fa male il braccio”, fa in tempo a dire prima di perdere conoscenza.

Antonio Balestrieri, di diciassette anni, nel settembre di quest’anno viene ammazzato insieme al padre, un pregiudicato, anche lui legato al clan D’Alessandro che con gli Imparato continuano da anni una faida senza fine.

Ora a morire è stato Lucio, che forse presto sarà dimenticato. Solo Simonetta Lamberti ha oggi qualcosa che la ricordi: lo stadio di Cava dei Tirreni. La bambina morì nel ‘ 82 in un agguato dal quale il padre, un procuratore, uscì illeso.