29 Febbraio 1920 Palermo Ucciso Nicolò Alongi, dirigente del movimento contadino prizzese.

Foto dal gruppo Facebook “Per non dimenticare Nicolò Alongi


Nicola Alongi
, dirigente del movimento contadino prizzese dai Fasci siciliani al biennio rosso, contadino autodidatta, fu assassinato dalla feroce mafia del suo paese il 29 febbraio dell 1920. «So di essere un morto in licenza», diceva ai suoi compagni nei giorni prima di essere ucciso.
«A Prizzi Nicola Alongi fu l’animatore della cooperativa “La Proletaria”, alla quale si contrappose una finta cooperativa di reduci, il cui ispiratore fu don Silvestre Gristina, detto “Sisì”, fratello del sindaco “socialista” Epifanio (che, dopo la marcia su Roma, avrebbe aderito al fascismo). Il tentativo di Gristina era quello di bloccare le spinte di rinnovamento che Alongi e il suo gruppo portavano avanti intimidendo ed inquinando il movimento contadino. Ma tale tentativo non riuscì, e allora gli agrari passarono alle maniere forti. Il 31 Gennaio 1919 a Corleone venne assassinato l’assessore socialista Michele Zangara; il 22 settembre dello stesso anno cade sotto il piombo mafioso Giuseppe Rumore, segretario della lega contadina di Prizzi e stretto collaboratore di Nicola Alongi.
Tale scia di sangue non fermò l’impegno di Alongi, né la spinta di rinnovamento delle masse contadine. Egli sapeva di essere il prossimo bersaglio, ma continuò a lavorare con la stessa passione di prima fino a quando la sera del 29 febbraio 1920 due colpi di lupara lo fermarono per sempre. La sua morte non fermò la mano assassina; infatti, il 14 ottobre dello stesso anno fu ferito mortalmente il suo amico e compagno Giovanni Orcel, che si spense il giorno dopo all’ospedale “San Saverio” di Palermo. Con l’uccisione di Orcel e di Alongi, capi indiscussi del movimento sindacale siciliano, si chiuse non solo il “biennio rosso”, ma anche una delle pagine più gloriose del movimento sindacale siciliano. L’avvento del fascismo “normalizzò” definitivamente la situazione. Il suo assassino rimane tuttora ignoto.» (Tratto dal “biennio rosso” di Rosa Farangi)

 

Fonte: Wikipedia
Nicola Alongi (Palermo, 29 febbraio 1920) è stato un sindacalista italiano.
Nicola Alongi, dirigente del movimento contadino prizzese dai Fasci siciliani al biennio rosso e martire socialista, nasce a Prizzi il 22 gennaio 1863. Entra nell’agone politico e sindacale nel 1893 seguendo il leader del Fascio di Corleone Bernardino Verro e partecipando alla costituzione del Fascio di Prizzi assieme a Giuseppe Marò. Ma è alla ripresa delle lotte contadine d’inizio Novecento, in occasione dello sciopero agrario del 1901, che egli assume la direzione del movimento. All’impegno politico unisce quello intellettuale leggendo da contadino appena alfabetizzato i classici del socialismo e diventando corrispondente locale di diversi giornali stampati a Palermo, da “La Battaglia” a “Il Germe”, “L’Avanguardia sindacale”, “L’Avanguardia proletaria”, “La Riscossa Socialista”, “La Dittatura del Proletariato”. Nel primo dopoguerra realizza sul campo assieme a Giovanni Orcel, segretario della Camera del Lavoro di Palermo quell’unità di classe fra operai e contadini teorizzata da Antonio Gramsci. La mafia agraria locale e i suoi padrini politici cercano di fermarlo con le minacce e con l’uccisione del suo collaboratore Giuseppe Rumore. Ma quell’uomo di grande fede e coraggio, che aveva chiamato tre dei suoi figli Idea, Libero pensiero e Ribelle, decidono di eliminarlo uccidendolo il 29 febbraio 1920. Quell’eroe della Sicilia contadina non venne dimenticato: nel secondo dopoguerra le masse contadine prizzesi guidate da Antonio Leone ne seguirono l’esempio lottando strenuamente per l’applicazione dei decreti Gullo e per l’attuazione della Riforma agraria. Alla fine degli anni sessanta diviene l’icona politica delle nuove generazione della sinistra tradizionale e nuova. Mancava solo un libro che ne raccontasse le lotte: a fine secolo l’amministrazione comunale ha promosso la pubblicazione di un saggio biografico dello storico Giuseppe Carlo Marino.

 

 

Articolo di La Sicilia del 28 Febbraio 2011
Chi era Nicolò Alongi da Prizzi?
di Dino Paternostro
Fu un contadino socialista, autodidatta, cresciuto alla scuola politico-sindacale di Verro. Assassinato dalla feroce mafia del suo paese nel 1920. «So di essere un morto in licenza», diceva ai suoi compagni giorni prima di essere ucciso…

Chi si ricorda oggi di Nicolò Alongi da Prizzi, assassinato dalla mafia del feudo 91 anni fa? Anche a Prizzi, quasi nessuno ormai. L’ultima volta che quest’eroico
dirigente del movimento contadino della zona del Corleonese fu ricordato
ufficialmente è ormai una data lontana nel tempo: 14 anni fa, nel 1997. Allora
l’amministrazione comunale di centrosinistra, guidata dal sindaco Mimmo
Cannariato, fece le cose in grande. Commissionò la biografia di Nicolò Alongi allo
storico palermitano Giuseppe Carlo Marino, che produsse un volume di circa
200 pagine (“Vita politica e martirio di Nicola Alongi, contadino socialista”,
Edizioni Novecento, 1997), nel quale ricostruì con dovizia di particolari l’attività
di questo contadino socialista, autodidatta, cresciuto alla scuola politicosindacale
del corleonese Bernardino Verro, inquadrandola nel contesto del “biennio rosso” contadino (1919-20) della Sicilia. Quell’amministrazione comunale commissionò anche la realizzazione di un busto bronzeo di Alongi, con l’idea di collocarlo in un luogo adeguato.
Ma l’anno successivo, scaduto il mandato di Cannariato, a vincere le elezioni comunali fu il centrodestra. E cominciò il lungo “calvario” per il busto del dirigente contadino prizzese. Per mesi fu “dimenticato” in un’anonima stanza del comune, fino a quando la protesta dei familiari, costrinse i nuovi amministratori a sistemarlo all’ingresso del municipio. Poi più niente. Nicola Alongi fu assassinato la sera del 29 febbraio 1920, mentre si stava recando nella sede della “Lega di Miglioramento”, in via Umberto I, per tenervi una riunione. Era quasi arrivato a destinazione, quando una fucilata, seguita immediatamente da altre due, lo colpì al fianco e al petto, facendolo stramazzare per terra. Alcuni soci della Lega, arrivati subito dopo gli spari, lo
trasportarono immediatamente nella casa di Nicolò Provenzano e chiamarono un medico, il quale non poté che constatarne
la morte. Alongi aveva appena compiuto 57 anni. Com’era usuale in quegli anni, le indagini per individuare esecutori e mandanti del delitto non approdarono a nulla. Nell’immediato, tanto per far volare gli stracci, furono arrestati i gabelloti Gristina,  D’Angelo, Mancuso, Costa e Pecoraro, indicati come mandanti dell’omicidio di Alongi, e i campieri Luigi Campagna e Matteo
Vallone, sospettati di essere stati gli esecutori materiali. Ma ben presto tutti tornarono in libertà. Si tratta di cognomi “pesanti” di cui ancora oggi a Prizzi non si parla volentieri. E se ne parla ancora meno, dopo una casuale scoperta del giornalista de “L’Ora” Marcello Cimino, che nel 1971, ricostruendo le origini del Partito comunista in Sicilia, venne a conoscenza del nome
di almeno uno dei mandanti dell’omicidio Alongi: don “Sisì” Silvestre Gristina, all’epoca influente capomafia di Prizzi. Don “Sisì” morì accoltellato a Palermo la sera del 23 gennaio 1921, ma non fu un regolamento di conti all’interno di Cosa Nostra siciliana. Ad ucciderlo furono alcuni compagni di Giovanni Orcel, capo degli operai metalmeccanici della Cgil di Palermo, assassinato dalla
mafia la sera del 14 ottobre 1920. Questi avevano saputo che era stato lui ad ordinare gli omicidi sia di Orcel che di Alongi, avevano constatato l’incapacità e la scarsa volontà della polizia e della magistratura dell’epoca di venire a capo dei due terribili fatti di sangue, e allora decisero di vendicare i due compagni con un atto di “disperata giustizia proletaria”, scrive il prof. Marino. Probabilmente, tutto questo a Prizzi lo si sapeva da tempo. Per questo, solo raramente in 87 anni si è squarciato il velo del silenzio sull’omicidio Alongi e sulle successive tragiche vicende. “So che si congiura contro di me, che si vuole attentare alla mia vita – disse Nicolò Alongi ai suoi compagni palermitani qualche settimana prima di essere ucciso – non so se domani potrò tornare ad abbracciarvi, ma sono sicuro che altri sorgerà a sventolare la bandiera che mi si vuole strappare di mano”. E, qualche settimana dopo, durante la commemorazione alla Camera, il deputato socialista Vincenzo Vacirca accusò il governo dell’epoca di
dare alla mafia “la sensazione e la coscienza” che “si può uccidere i socialisti perché la polizia e la giustizia sono cieche.

 

 

 

 

Vita Politica e martirio di Nicola Alongi contadino Socialista

di Giuseppe Carlo Marino

Ed. Novecento, 1993
Edizione a cura del Comune di Prizzi (Pa).

 

 

 

 

 

 

 

Articolo del 12 Ottobre 2010 da Corleonedialogos.it
Il “biennio rosso” della zona del corleonese
della Prof.ssa Rosa Faragi

Sono passati 90 anni da quello che gli storici chiamano “biennio rosso”, che in Sicilia fu un periodo di diffuse e intense lotte contadine per la terra. Esso è stato analizzato accuratamente dallo storico accademico Giuseppe Carlo Marino in “Partiti e lotta di classe in Sicilia” (1976), una delle sue opere più originali, fondamentale per la comprensione di questo periodo, che per il corleonese e segnatamente per Prizzi ha uno valore storico eccezionale.

Il mio interesse per la tematica risale ad alcuni anni successivi alla pubblicazione di quest’opera, ai primi anni ottanta, quando da studentessa partecipai al convegno “Corleone capitale contadina”, al quale intervenne Francesco Renda, docente emerito dell’Università di Palermo.

Le lotte di questo periodo rappresentano – come sostiene fra gli altri lo storico Salvatore Vaiana in alcuni suoi originali saggi sul movimento contadino in alcuni paesi della Sicilia centrale (Prizzi, Canicattì, Barrafranca) – la seconda fase del lungo ciclo di lotte per la terra che, iniziato con i Fasci siciliani, prosegue con la lotta per le affittanza collettive e poi appunto con il biennio rosso, e termina con la riforma agraria del 1950.

La prima di queste fasi (per la quale rinviamo, fra i numerosi studi esistenti, al pregevole volume del prof. Marino “Il maligno orizzonte e l’utopia. La profonda Sicilia dai Fasci al fascismo”, edita nel 1998), ebbe proprio a Corleone il suo epicentro, nelle cui terre bruciate dal sole e assetate di giustizia l’8 Settembre 1892 fu fondato da Bernardino Verro uno dei primi e dei più importanti Fasci della Sicilia. In pochissimo tempo il fascio di Corleone poté contare su 6000 soci tra maschi e femmine.

E proprio a Corleone il 31 luglio 1893 si riunirono le delegazioni di numerosi altri fasci contadini. In questa occasione vennero sottoscritti i cosiddetti “Patti di Corleone”, primo contratto sindacale scritto nell’Italia post-risorgimentale. Sulla base di questo storico documento, che verte essenzialmente sull’aumento dei salari dei braccianti e sulla modifica dei vessatori “patti agrari” cui erano sottoposti i contadini, furono organizzati i primi scioperi agrari, che non nascevano quindi da proteste spontanee ma avevano un riferimento documentale ben preciso e chiaro nei suoi obiettivi.

La reazione del governo, sollecitato dai proprietari terrieri, non si fece attendere. Nel gennaio 1894, i Fasci del Lavoratori furono sciolti con la forza e repressi nel sangue per iniziativa del capo del governo, il siciliano Francesco Crispi, un ex democratico risorgimentale la cui famiglia proveniva da un comune del corleonese, Palazzo Adriano. Verro e gli altri capi contadini furono processati da tribunali militari e pesantemente condannati a decine di anni di carcere. Grazie ad una amnistia, egli fu scarcerato e poté così continuare, nonostante le numerose intimidazioni, la sua battaglia a favore dei contadini.

Nel 1914 egli venne eletto consigliere provinciale e alle elezioni amministrative di Corleone la lista socialista in cui era candidato ebbe la maggioranza. Bernardino Verro, con 1455 voti di preferenza su 2405 votanti, risultò il primo degli eletti e così il Consiglio Comunale lo nominò sindaco, il primo sindaco socialista di Corleone.

Purtroppo, dopo poco tempo, gli agrari si presero una dolorosa rivincita. Nel primo pomeriggio del 3 Novembre 1915, mentre si recava a casa dopo una riunione in municipio, fu ucciso da 11 colpi di pistola. L’eredità politica e sindacale di Verro fu raccolta nel primo dopoguerra dai suoi numerosi discepoli sparsi nei comuni dell’hinterland corleonese, Corleone, Prizzi, Palazzo Adriano, Bisacquino. La sua vicenda umana e politica è stata raccontata da Dino Paternostro, sindacalista, giornalista, autore di saggi sul movimento contadino e direttore di “Città Nuove Corleone”.

Al ritorno dal fronte i contadini trovarono una situazione economica disastrosa: i campi, durante la loro forzata assenza, erano abbandonati ed incolti; l’inflazione li aveva ridotti alla fame. Gli unici che si erano arricchiti, approfittando di tale situazione, furono gli agrari e i loro gabelloti. La tensione sociale cominciò a salire in tutto il paese, tanto che il governo temette che, contagiando le masse operaie e contadine, l’esperienza sovietica si potesse estendere all’Italia.

Per fronteggiare tale situazione, il governo Nitti varò, nel 1919, il ” decreto Visocchi” e l’anno successivo il “decreto Falcioni”, che permettevano la concessione di terre incolte e mal coltivate a cooperative formate da reduci di guerra. Nonostante le ambiguità e le lungaggini burocratiche, per la prima volta lo Stato dava ai contadini gli strumenti legislativi necessari per rivendicare il diritto alla terra.

In tutto il paese si formarono cooperative per richiedere le terre da coltivare. Anche a Corleone e a Prizzi si crearono cooperative grazie a dirigenti socialisti come Vincenzo Schillaci e Nicola Alongi, capo indiscusso del movimento contadino della zona del corleonese, degno erede di Bernardino Verro.

Durante i Fasci siciliani, Alongi era stato un collaboratore di Verro. Seguendo l’esempio del suo maestro, egli costituì a Prizzi (un paese dell’entroterra feudale dove era nato il 22 Gennaio 1863), insieme a Giuseppe Marò e Salvatore Tortorici, il Fascio locale. Dopo l’assassinio di Verro, diventò uno dei più prestigiosi e coraggiosi dirigenti del movimento contadino in Sicilia. Il Professore Giuseppe Carlo Marino mette in evidenza, nel suo libro “Vita politica e martirio di Nicola Alongi, contadino socialista” (1997) l’originalità e la modernità del pensiero e dell’azione di Alongi; infatti, insieme a Giovanni Orcel, segretario del sindacato metallurgici di Palermo, realizzò concretamente quell’unità di classe tra contadini ed operai che Antonio Gramsci aveva iniziato a teorizzare sulle pagine del giornale “L’Ordine Nuovo”.

Come abbiamo accennato, dopo il varo dei decreti Visocchi e Falcioni si cominciarono a costituire una serie di cooperative di ex reduci della grande guerra. A Prizzi Alongi fu l’animatore della cooperativa “La Proletaria”, alla quale si contrappose una finta cooperativa di reduci, il cui ispiratore fu don Silvestre Gristina, detto “Sisì”, fratello del sindaco “socialista” Epifanio (che, dopo la marcia su Roma, avrebbe aderito al fascismo).

Il tentativo di Gristina era quello di bloccare le spinte di rinnovamento che Alongi e il suo gruppo portavano avanti intimidendo ed inquinando il movimento contadino.

Ma tale tentativo non riuscì, e allora gli agrari passarono alle maniere forti. Il 31 Gennaio 1919 a Corleone venne assassinato l’assessore socialista Michele Zangara; il 22 settembre dello stesso anno cade sotto il piombo mafioso Giuseppe Rumore, segretario della lega contadina di Prizzi e stretto collaboratore di Nicola Alongi.

Tale scia di sangue non fermò l’impegno di Alongi, né la spinta di rinnovamento delle masse contadine. Egli sapeva di essere il prossimo bersaglio, ma continuò a lavorare con la stessa passione di prima fino a quando la sera del 29 Febbraio 1920 due colpi di lupara lo fermarono per sempre.

La sua morte non fermò la mano assassina; infatti, il 14 Ottobre dello stesso anno fu ferito mortalmente il suo amico e compagno Giovanni Orcel, che si spense il giorno dopo all’ospedale “San Saverio” di Palermo.

Con l’uccisione di Orcel e di Alongi, capi indiscussi del movimento sindacale siciliano, si chiuse non solo il “biennio rosso”, ma anche una delle pagine più gloriose del movimento sindacale siciliano. L’avvento del fascismo “normalizzò” definitivamente la situazione.

La vicenda degli omicidi di Alongi e Orcel ebbe il suo epilogo il 21 Gennaio 1921 con l’uccisione di colui che viene considerato, a torto o a ragione, il mandante di questi omicidi, don Silvestre “Sisì” Gristina. Il suo assassino rimane tuttora ignoto.

 

 

Fonte: gruppolaico.it
Articolo del 27 febbraio 2017
Un contadino sovversivo: Nicolò Alongi

Il 29 febbraio del 1920 muore ucciso a Prizzi (PA) da sicari mafiosi NICOLA ALONGI (57 anni, detto Nicolò) contadino, sindacalista socialista, politico e giornalista.

Alongi nacque a Prizzi in una famiglia contadina e all’età di trent’anni entrò nell’agone politico e sindacale, seguendo il leader del Fascio siciliano di Corleone, BERNARDINO VERRO ( futuro primo sindaco socialista di Corleone), e partecipò alla costituzione del Fascio di Prizzi. In occasione dello sciopero agrario del 1901 Alongi assunse la direzione del movimento dei Fasci e la polizia lo tenne continuamente sotto vigilanza perché ritenuto un pericoloso “sovversivo”.

Mentre s’impegnava nelle lotte contadine Alongi portò avanti una sua formazione intellettuale personale ( era un contadino appena alfabetizzato) leggendo i testi classici del socialismo e scrivendo per numerosi giornali socialisti e sindacali di Palermo. Nel 1907 venne eletto al Consiglio comunale di Prizzi a capo di una piccola rappresentanza socialista e la Lega di miglioramento prizzese, di cui Alongi fu ininterrottamente presidente, raccolse fin dalla sua nascita circa duecento militanti socialisti.

Subito dopo la prima guerra mondiale assieme a GIOVANNI ORCEL, segretario della Camera del Lavoro di Palermo, cercò di realizzare l’unità di lotta e di classe tra operai e contadini che proprio ANTONIO GRAMSCI aveva teorizzato. Consapevole delle analogie delle condizioni dei contadini con i problemi degli operai della città guidati da Orcel e della necessità di un contributo di forze da cercare fuori dalle campagne, Alongi riuscì a costituire nel piccolo paese montano di Prizzi un nucleo contadino aperto alla cultura operaia.

Alongi si attirò quindi le ire della mafia agraria locale che cercò di fermarlo con continue minacce e uccidendo il suo primo collaboratore GIUSEPPE RUMORE. Ma Alongi mostrava una profonda fede nei suoi ideali di giustizia e una determinazione coraggiosa ( aveva chiamato i suoi tre figli Idea, Libero Pensiero, Ribelle) per cui la mafia decise di eliminarlo nella notte del 29 febbraio del 1920: in una strada di Prizzi a pochi passi dalla sede della sua Lega di miglioramento, dove stava recandosi per presiedere una riunione, venne ferito da un colpo di fucile, seguito poco dopo da altri due colpi inferti al petto e al fianco che lo lasciarono morente a terra.

Alongi sapeva da tempo di essere stato condannato a morte dalla mafia e l’aveva addirittura scritto qualche giorno prima su La Riscossa socialista ( giornale settimanale della Sezione socialista), definendosi “un morto in licenza”:

“So che si congiura contro di me, che si vuole attentare alla mia vita (…) non so se domani potrò ritornare ad abbracciarvi, ma sono sicuro che altri sorgerà a sventolare la bandiera che mi si vuole strappare di mano”

I colpevoli del delitto non furono mai incriminati ma comunque Alongi divenne, nell’immediato secondo dopoguerra, un punto di riferimento per le lotte contadine nella zona di Prizzi per l’applicazione dei decreti Gullo del 1944. I resti di Alongi riposano nel cimitero di Prizzi.

 

 

 

 

Elio Camilleri ricorda Nicola Alongi
14 febbraio 2020

 

 

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Articolo del 22 febbraio 2020

Prizzi – Il 29 febbraio il Centenario del martirio di Nicolò Alongi, contadino socialista

 

 

 

 

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