30 settembre 1976 Monterotondo Marittimo (GR). Rapito Bartolomeo Neri, possidente di 73 anni. Il suo corpo non è mai stato ritrovato.

Bartolomeo Neri, possidente agricolo di 73 anni, viene rapito il 30 settembre del 1976 mentre sta rientrando, insieme a due amici, nella sua tenuta di San Ottaviano, in località Massoni di Monterotondo Marittimo, in provincia di Grosseto.
Di Bartolomeo Neri, nonostante la famiglia pagò un riscatto, non si avranno più notizie.

Fonte:  archivio.unita.news

 

 

Fonte: archivio.unita.news
Articolo del 2 ottobre 1976
I rapitori hanno una base sulle colline grossetane?
Siamo arrivati al settimo rapimento. 
Pura coincidenza per la zona isolata e lontana dalle grandi strade di comunicazione o centro dell’anonima sequestri? – Maleno Malenotti è stato rapito nello stesso posto, il trottatore Wayne Eden è stato rilasciato qui, Il riscatto Baldassini è stato pagato a pochi chilometri di distanza da dove è stato «prelevato» Bartolomeo Neri.

GROSSETO, 1. Con il rapimento del possidente grossetano Bartolomeo Neri siamo giunti in Toscana al settimo sequestro.  Per tutta la giornata la moglie di Bartolomeo Neri, il possidente settantatreenne di Follonica sequestrato   ieri sera da quattro individui mascherati mentre stava rientrando alla tenuta San Ottaviano in località Massoni di Monterotondo Marittimo, ha atteso assieme ai parenti che i banditi si facessero vivi. La donna, anch’essa settantenne, appare molto provata. In casa Neri per ora sembra non sia giunto nessun messaggio da parte dei rapitori.

La famiglia Neri non sembra essere molto facoltosa. Il Neri è titolare di una vasta azienda agricola, quella di San Ottaviano, nella quale, oltre agli olivi, si coltivano alberi da frutta, ortaggi. La tenuta si estende su di un’area che supera di poco i 250 ettari. Il Neri comunque assieme ai quattro fratelli nel 1968 ha venduto un vasto appezzamento di terreno alla Montedison della zona di Scarlino. In questa area la Montedison ha poi realizzato lo stabilimento di Scarlino. Nonostante sia stato realizzato questo affare, gli investigatori non qualificano il Neri tra i possidenti di «alto rango».

I rapitori comunque, non possono aver sbagliato persona. Infatti dalla «127» su cui il Neri viaggiava assieme a due amici hanno prelevato solo lui legando gli altri due ad un trattore.

Dei sette rapiti, solo l’industriale, di Lastra a Signa, Romolo Banchini ed il cavallo Wayne Eden per ora però sono ritornati a casa. Del conte «multinazionale» di Greve Alfonso de Sayons, dell’industriale pratese Piero Baldassini, del pensionato di Sesto Fiorentino Luigi Pierozzi e del produttore cinematografico Maleno Malenotti non si è saputo più niente. Tutte le indagini nel caso di Piero Baldassini nonostante il pagamento di oltre 700 milioni, non hanno portato ad alcun risultato concreto.

La zona compresa tra le province di Pisa, Livorno e Grosseto e le colline metallifere comunque compare in numerose occasioni in questi sequestri. La zona, estremamente accidentata e lontana dalle grandi vie di comunicazione, si presta per imprese di questo genere.
L’uomo, che abitava da solo nella tenuta «Il Lago» in località Nicciano, fu sorpreso dai suoi rapitori mentre stava mangiando. Gli inquirenti infatti trovarono la tavola ancora apparecchiata ed una porta della villa forzata.

Anche nello strano sequestro di cui fu vittima il 14 agosto dello scorso anno il purosangue Wayne Eden della scuderia «Mira II», rubato all’ippodromo di Montecatini, dopo aver vinto a tempo di record la riunione clou della serata, compare questa zona della Toscana. Il trottatore infatti fu ritrovato dopo 24 giorni legato ad un olivo in un campo dietro il cimitero di Montescudaio.

Anche nel sequestro del giovane industriale pratese Piero Baldassini, rapito il 10 novembre dello scorso anno mentre stava ritornando alla Villa di Gonfienti la zona delle colline metallifere grossetane ha una sua importanza. In località Sassa vicino a Querceto a pochi chilometri da dove è stato rapito Bartolomeo Neri fu pagato il riscatto di circa 750 milioni di lire. Il legale della famiglia Baldassini, l’avv. Guarducci, che il 22 novembre scorso consegnò personalmente ai banditi i soldi del riscatto, ha raccontato nel gennaio scorso durante una conferenza stampa di aver ricevuto delle indicazioni ben precise dai rapitori. Il Guarducci, dopo che erano andate a vuoto alcuni abboccamenti che dovevano avvenire sempre in questa zona, ricevette una telefonata con cui i banditi lo invitavano a fare questo percorso: Bologna, Pistoia, Montecatini, Livorno, Palazzi di Cecina. Qui doveva prendere la Volterrana fino a Cassino di Terra e quindi procedere verso Canneto, Monterotondo, Massa Marittima, Follonica, Grosseto e Civitavecchia.

Ci si chiede ora se questa zona della Toscana è stata scelta solo casualmente dai banditi che hanno effettuato questi sequestri, in considerazione delle sue particolarità ambientali, oppure se in questa zona l’anonima sequestri toscana ha alcune delle sue basi.
P.B

 

 

 

 

Fonte:  archivio.unita.news
Articolo del 3 ottobre 1976
Nessuna traccia del possidente rapito in Toscana.
Un appello dei familiari. 

GROSSETO, 2. Nei boschi dell’entroterra grossetano e del pisano, quasi a cavallo fra le due province, da Monterotondo a Massa Marittima fino a Pomarance e Volterra, continuano le ricerche dei carabinieri per trovare una traccia di Bartolomeo Neri, l’anziano possidente agricolo di 73 anni, rapito l’altra sera, e dei suoi quattro rapitori.
La zona viene sistematicamente battuta, ma le ricerche sono rese estremamente difficili dalla fitta boscaglia, ove anche il lavoro dei «cani poliziotto» risulta precario.

I familiari di Bartolomeo Neri, i quali affermano che neanche vendendo tutto quello che posseggono riuscirebbero a mettere insieme una somma di 200 o 300 milioni, non sanno rendersi conto di come l’attenzione dei malviventi si sia puntata sul loro congiunto. Al momento, trascorse 48 ore, nessuna richiesta è giunta alla famiglia da parte dei rapitori.
Sono stati interrogati diversi pastori che sono con i loro greggi nella zona.

Nella mattinata i familiari di Bartolomeo Neri hanno deciso di rivolgere un appello ai responsabili del sequestro. Infatti, lo stesso giorno in cui il possidente venne rapito aveva ricevuto i risultati di alcuni esami medici dai quali risulta che l’anziano possidente era stato colpito da infarto, per cui deve seguire una precisa terapia.

 

 

 

Fonte: archivio.unita.news
Articolo del 4 maggio 1979
Un  altro  arresto  per  il sequestro di  Luigi  Pierozzi 
Emessi tre mandati di cattura per il rapimento di Bartolomeo Neri   

Nuovo arresto per il sequestro del pensionato di Sesto Fiorentino Luigi Pierozzi.
Ieri   il nucleo speciale composto da carabinieri e polizia diretto dai magistrati Vigna e Fleury ha tratto in arresto Gandolfo Terranova di 36 anni residente a Lastra a Signa.

Il Terranova è accusato di concorso in sequestro di persona. Sembra che gli inquirenti abbiano raccolto le prove che l’uomo fornì il nascondiglio ai sequestratori di Luigi Pierozzi, il pensionato di Sesto Fiorentino che non ha mai fatto più ritorno a casa.  Gli inquirenti stanno cercando il corpo nella zona di Signa.

Questa mattina i magistrati che conducono l’inchiesta sul sequestro dovrebbero recarsi al carcere delle Murate per interrogare il nuovo arrestato. Sempre stamani in corte d’Assise riprende il processo contro la banda dei sardi accusata di aver compiuto i sequestri Pierozzi, Baldassini e Sayons.

L’arresto di Gandolfo Terranova potrebbe portare altre novità in questo processo dopo lo scompiglio determinato tra gli imputati dal ritrovamento del cadavere di Piero Baldassini. Sempre sul fronte dei sequestri c’è da registrare l’emissione di tre mandati di cattura da parte del giudice istruttore di Grosseto per il rapimento del possidente di Follonica Bartolomeo Neri di 71 anni rapito il 30 settembre del 1976 e che non ha mai fatto più ritorno a casa.

Di questo sequestro sono stati accusati Virgilio Fiore di 40 anni, originario di Nuoro e residente a Firenzuola; Simonetta Fiore di 30 anni ed il capo dell’anonima sequestri toscana Mario Sale.
I primi due erano già in carcere per altra causa, mentre Mario Sale continua la propria latitanza.

 

 

 

 

Fonte: archivio.unita.news
Articolo del 19 maggio 1979
Soliti nomi alla sbarra per il sequestro Neri

Un altro processo, stavolta a Grosseto, per I’ «anonima sequestri» toscana

Sono il super-ricercato Mario Sale, Virgilio Fiore e Croce Simonetta – Ci doveva essere anche Efisio Lai, ma è stato ucciso prima per vendetta.

GROSSETO – Anche quella di Bartolomeo Neri, 73 anni, ricco possidente di Follonica è la storia di un uomo che è sparito nella notte in mezzo ad un gruppo di uomini incappucciati e non è più tornato. I suoi familiari hanno pagato 100 milioni ai banditi che lo tenevano prigioniero ma non lo hanno più visto. Era il 30 settembre 1976.

La stessa sorte in Toscana era già toccata ad Alfonso De Sayons, Luigi Pierozzi e Piero Baldassini il cui corpo è stato ritrovato dopo quattro anni sepolto in un pozzo d’acqua.

Poi scomparvero senza fare più ritorno il produttore cinematografico Maleno Malenotti e l’industriale milanese Marzio Ostini. Altri più fortunati sono tornati a casa: Romolo Banchini, Serafino Martelli, Ilaria Olivari, la bimba di Empoli e Gaetano Manzoni l’unico che è stato liberato senza pagare una lira di riscatto.

Chi aveva compiuti questi sequestri? Si diceva che i sequestratori erano sardi, che i sardi erano feroci e potevano seguire un rito spietato: la vittima non doveva essere liberata, perché tornare significava poter raccontare e raccontare, forse, voleva dire preparare una vendetta.

Perché nessuno fra i sardi aveva dimenticato la regola ferrea, i rischi che un pastore-bandito corre nell’isola quando sequestra un possidente: nessuno aveva dimenticato la «balentia» sarda che è indicata come prova di coraggio, ma troppo spesso prova di ferocia.

I pochi indizi finivano per indirizzare verso quelle colonie sarde che hanno messo le radici tra Siena e Montepulciano, tra la Val di Chiana e il Lazio settentrionale, tra Cecina, Massa Marittima e Volterra, tra Firenze e La Calvana.

Gli investigatori hanno individuato prima i sequestratori di De Sayons, di Pierozzi e Baldassini, poi quelli di Ostini, infine di Banchini, Martellini, Olivari, e ora quelli di Bartolomeo Neri.

La matassa ingarbugliata si è dipanata. Sono saltati fuori i nomi e i volti. Anche per il sequestro Neri sono nomi noti, arcinoti, quasi familiari per il lettore di cronaca nera: Mario Sale, il super ricercato.
C’è poi Virgilio Fiore, che a Firenze è in gabbia con la anonima sarda ma per rispondere di una serie di rapine; c’è Croce Simonetta, altro rapinatore. Ai tre avrebbe dovuto essere aggiunto Efisio Lai, ma il padrino di Monsummano è stato raggiunto dalla vendetta prima che dalla giustizia: lo hanno massacrato nel suo laboratorio a colpi di mannaia.

«Le accuse – dice il giudice istruttore Vincenzo Nicosia che nel febbraio scorso ha ereditato l’inchiesta Neri –  contro Sale, Fiore e Simonetta sono di sequestro di persone seguito da morte». Il segreto istruttorio impedisce di sapere su quali elementi il giudice Nicosia ha spiccato i tre mandati di cattura di cui uno purtroppo rimasto da eseguire (Mario Sale).

Tuttavia secondo gli addetti ai lavori, Virgilio Fiore avrebbe compiuto la prima telefonata ai familiari del Neri avvertendoli che il loro congiunto era stato sequestrato e che dovevano preparare il denaro.
Le altre telefonate (tre per la cronaca) ricevute dalla famiglia del possidente grossetano sarebbero state fatte, invece, da Croce Simonetta. «Quanto prima – aggiunge il giudice Nicosia – sarà dato incarico di eseguire una perizia fonica sulle voci registrate nel corso dei colloqui avvenuti tra i familiari del Neri e i banditi». Perizia che dovrà stabilire se i telefonisti della banda che ha sequestrato Neri – come appare da un primo esame – sono Fiore e Simonetta.

 

 

 

 

Fonte: ricerca.repubblica.it
Articolo del 3 dicembre 1987
LE IMPRESE DELL’ ANONIMA IN TOSCANA
di Sandro Bertuccelli

FIRENZE. La prima vittima dell’Anonima sequestri nel Grossetano fu il possidente Bartolomeo Neri, rapito il 30 settembre del 1976 a Monterondo Marittimo. La famiglia, dopo aver pagato cento milioni di riscatto, aspettò invano la sua liberazione.

L’industria del rapimento, in Toscana, sta conoscendo un’improvvisa recrudescenza. Dopo quattro anni di inattività, l’11 novembre l’Anonima sequestri aveva rapito Cristiana Bessi, giovane donna manager, contitolare di una tipografia in provincia di Prato. Anche in questo caso, nessuna notizia.

Secondo una stima approssimativa, l’Anonima sarebbe riuscita a guadagnare solo in Toscana 20 miliardi e 562 milioni. Un’attività criminale fiorentissima, i cui responsabili sono spesso stati pastori sardi, che cominciò il 3 luglio 1975, quando venne rapito il conte Alfonso de Sayons. Anche il corpo di de Sayons non fu mai ritrovato.

Nel novembre del ’75 fu la volta dell’industriale pratese Piero Baldassini, il cui cadavere fu rinvenuto alcuni anni dopo, nascosto in una cisterna. Nel 1976 l’Anonima sarda organizzò il sequestro di altri due industriali, Romolo Banchini e Stefano Martellino, entrambi rilasciati dopo una lunga prigionia.

Il 15 dicembre del 1977 finì nelle mani dell’Anonima sequestri il primo minorenne: Andrea Andrei, dodici anni, portato via di peso in pieno centro e liberato la sera stessa dalla polizia. Oltre a Ester Anna Ricca e Andrea Andrei, otto sono stati i sequestrati giovanissimi in Toscana.

La più piccola è Elena Luisi, che aveva solo un anno e cinque mesi quando fu portata via, il 17 ottobre ’83, dalla sua casa di Lugliano, in provincia di Lucca. Aveva invece sette anni Ilaria Olivari, figlia di un industriale fiorentino, rapita l’11 novembre ’77 da una banda di sardi e liberata il gennaio dell’anno successivo dopo il pagamento di un riscatto di un miliardo e mezzo.

Pagarono invece due miliardi i familiari di Francesco Del Tongo, nove anni, figlio di un industriale delle cucine aretino. Rapito il 18 marzo ’80 il bambino fu rilasciato il 15 giugno successivo. Sempre nell’80, il 3 luglio, furono rapite Sabine e Suzanne Kronzucker, 13 e 15 anni, figlie di un giornalista della televisione tedesca, e il loro cugino Martin Wachtler, 15 anni. Furono liberati il 1° ottobre successivo, dopo il pagamento di 2 miliardi e 200 milioni.

Diciassette anni avevano invece Cristina Peruzzi, rapita nel Senese il 14 ottobre 1981 e liberata dietro pagamento di 800 milioni e Sara Niccoli, figlia di un imprenditore pistoiese sequestrata nell’83 e liberata per 3 miliardi.

 

 

 

Fonte:  primapaginachiusi.it
Articolo del 15 marzo 2018
QUANDO VALDORCIA E VALDICHIANA VENIVANO CHIAMATE “SARDISTAN”: GLI ANNI DEI SEQUESTRI DI PERSONA E… QUEL FIUME DI SOLDI E DI SANGUE
di Marco Lorenzoni

CHIUSI – Due notizie di cronaca nei giorni scorsi hanno riportato la nostra memoria indietro nel tempo. A quando questo territorio veniva chiamato “Sardistan”. Le due notizie sono quella della morte dell’imprenditore bresciano Giuseppe Soffiantini e quella della confisca da parte dei Carabinieri dei ROS in Sardegna dell’abitazione del superlatitante Attilio Cubeddu.

Soffiantini fu rapito dall’Anonina Sequestri nel giugno del 1987 e rilasciato dopo 237 giorni di “prigionia” dietro il pagamento di un riscatto di circa 5 miliardi di lire, dopo che nel mese di ottobre prima un tentativo di fuga, poi un blitz delle forze dell’ordine erano andati a vuoto. Nel blitz morì un ispettore di polizia. Soffiantini fu tenuto prigioniero in diversi “covi”, prima nell’Appennino tra Lazio e Abruzzo, poi in Toscana, tra la Maremma e il senese. La liberazione avvenne ad Impruneta, nei pressi di Firenze.

Attilio Cubeddu, è latitante dal gennaio 1997, quando, approfittando di un permesso premio, evase dal carcere nuorese di Badu ‘e Carros dove stava scontando una condanna definitiva a 30 anni di reclusione per un altro sequestro, quella della giovane Cristina Peruzzi, avvenuto a Montepulciano nell’ottobre 1981. Cubeddu, esponente di spicco dell’Anonima sarda, è inserito nella lista dei latitanti di massima pericolosità del Ministero degli Interni.

Ecco perché il sud della Toscana, dai primi anni ’70 veniva chiamato “Sardistan”. Non solo perché la presenza di sardi dediti alla pastorizia stava diventando sempre più numerosa nella campagne di Asciano e delle Crete senesi, in Valdorcia (particolarmente a Radicofani), nella zona tra San Casciano Bagni, Allerona, Trevinano, Acquapendente e anche tra Città della Pieve e l’orvietano, ma anche per la frequenza dei sequestri di persona ad opera dell’anonima: prima della diciassettenne Cristina Peruzzi, figlia di un industriale del cemento con sede a Montepulciano, liberata dopo il pagamento di 800 milioni di lire, nella zona furono rapiti anche Francesco Del Tongo, nove anni, figlio di un industriale delle cucine aretino nel 1980 (il bambino fu rilasciato dopo 3 mesi con un riscatto di 2 miliardi) e l’industriale milanese Marzio Ostini di 38 anni. Quest’ultimo fu sequestrato nel gennaio del ’77 da tre banditi mascherati con accento sardo che chiesero 5 miliardi di riscatto. Dopo un mese abbassarono le richieste a 1 miliardo e 200 milioni, la famiglia pagò, ma il 38enne non fece mai più ritorno a casa. Il suo corpo non è stato mai trovato, perché – dissero alcuni dei rapitori nel corso dei vari processi – fu dato in pasto ai maiali. Ad ucciderlo sarebbe stato Lussorio Salaris, uno della banda, che abitava in località San Donnino a Città della Pieve e temeva di essere stato riconosciuto. Ma la spartizione del riscatto scatenò una faida micidiale tra gli stessi rapitori: uno di loro, Tonino Soru avrebbe eliminato Salaris, trovato morto, “incaprettato” in un fosso non lontano dalla sua abitazione. Ma anche il primo “supertestimone” Andrea Cureli, che aveva tirato in ballo 8 persone (Giacomo Baragliu, Gianfranco Pirrone, Pietro Demurtas, Marco Montalto, Giovanni Piredda, e Battista, Melchiorre e Bernardino Contena) viene anch’egli trovato ucciso a Roma con due colpi di pistola. A parlare di Salaris e Soru è un altro componente della banda, Pietrino Mongile, diventato collaboratore di giustizia, ma implicato nei sequestri del re del caffé Dante Belardinelli e della studentessa toscana Esteranne Ricca. Anche lui avrebbe scagionato come Soru gli otto imputati. Melchiorre Contena, condannato a 30 anni ha visto riconosciuta la sua innocenza quando ormai aveva scontato tutta la pena. Entrato in carcere a 38 anni ne è uscito a 69, stanco e malato.

Così come Ostini anche altri sequestrati in Toscana in quegli anni, non sono mai tornati a casa nonostante il pagamento del riscatto: Bartolomeo Neri, rapito il 30 settembre del 1976 a Monterondo Marittimo in Maremma; Cristiana Bessi, giovane donna manager, contitolare di una tipografia in provincia di Prato; il conte Alfonso de Sayons sequestrato il 3 luglio 1975; nello stesso anno, Piero Pierozzi, Piero Baldassini, il cui cadavere fu rinvenuto alcuni anni dopo, nascosto in una cisterna.

Il 3 ottobre 1990 fu rapito a Perugia Augusto De Megni, 10 anni, figlio di un imprenditore (il nonno, omonimo del nipote, negli anni Ottanta aveva anche fondato una banca ed era all’epoca esponente di rilievo della Massoneria). Il bambino fu liberato dai NOCS che fecero irruzione nel luogo del sequestro, vicino a Volterra, il 22 gennaio 1991.

In Toscana ce ne furono anche altri di sequestri. Otto a danno di minori: oltre alle citate Cristina Peruzzi ed Esteranne Ricca (17 e 16 anni) finirono nelle mani dei banditi Elena Luisi (1 anno e 5 mesi); Andrea Andrei (12 anni), Ilaria Olivari (7 anni), le sorelle tedesche Sabine e Suzanne Kronzucker (13 e 15 anni) e il loro cugino Martin Wacthler (15 anni), tutti liberati a suon di miliardi… Si disse al’epoca che l’Anonima Sequestri, solo in Toscana aveva guadagnato tra il 1975 e l’80 più di 20 miliardi di lire… Molti altri sequestri avvennero nel nord Italia e in Sardegna. Fece molto scalpore quello del cantautore Fabrizio De André e della sua compagna Dori Ghezzi, nel ’79…

All’inizio della “stagione dei sequestri”, primissimi anni ’70, sembrava che l’anonima sarda covasse propositi secessionisti, e avesse contatti con ambienti dell’estremismo rosso (l’editore Feltrinelli, passato alla clandestinità e morto nel ’72 in seguito allo scoppio di un ordigno che stava preparando, a Segrate. O forse “fatto saltare” dai Servizi nel quadro della “strategia della tensione”) per fare della Sardegna una sorta di piccola Cuba del Mediterraneo, tanto che alcune bande di sequestratori erano intitolate a Gramsci o a figure anarchiche… Poi, più tardi, ebbe contatti anche con l’eversione nera e con organizzazioni criminali come la Banda della Magliana. Di sicuro la motivazione sociologica del banditismo sardo, legata al disagio economico, all’isolamento, all’organizzazione familistico-tribale della società contadina dell’isola, alla ricerca di una scorciatoia per il riscatto sociale e politico aveva lasciato il posto ad altro. E probabilmente l’Anonima Sarda fu utilizzata anche per fini e operazioni oscure. Per esempio il personaggio che raccontò molti anni dopo a Primapagina, di aver avuto un ruolo come esponente di Gladio, nella zona tra Chiusi e Città della Pieve, era sardo e di sicuro era in rapporti quantomeno di conoscenza con le famiglie sarde insediate nella zona come quella di Lussorio Salaris o dei Contena…

Alcuni nomi tra quelli finiti nelle cronache per i sequestri degli anni ’70-80 tornarono a galla anche per altre vicende, come quella del mostro di Firenze, come il caso Narducci… In Valdichiana ci sono state successivamente alcune morti poco chiare, come quella di un barista trovato impiccato a San’Albino e di una donna con il figlioletto trovati senza vita dentro una Panda nelle campagne di Chianciano, ma qualche particolare rendeva l’ipotesi dell’omicidio-suicidio con l’ossido di carbonio non del tutto plausibile. Tutti sardi o legati alle famiglie dei sardi della zona, anche loro…

Naturalmente non tutti i sardi di Toscana e Umbria erano implicati nell’industria dei sequestri. La maggior parte probabilmente non lo era. Ma il fatto che fossero una comunità nella comunità e una presenza piuttosto forte nel territorio più impervio, aspro e inaccessibile del’Italia di mezzo, favorì l’equazione sardi=sequestratori nell’opinione pubblica. Una cosa è certa: in quegli anni, anche da queste parti fu una guerra, con morti, feriti e dispersi. Scorse molto sangue e girarono montagne di soldi. Soldi che andarono a finanziare chissà cosa. E i boschi e i calanchi della Tuscia, della Maremma, della Valdorcia, delle Crete senesi tornarono ad essere una specie di Sherwood. O più semplicemente tornarono a rivivere, 100 anni dopo esatti, l’epoca di Domenichino Tiburzi e della sua banda di briganti che si facevano pagare il pizzo dai ricchi per difenderli dai poveri…