4 Dicembre 1987 Castel Morrone (CE) Uccisi i Carabinieri Carmelo Ganci e Luciano Pignatelli.

Foto di Carmelo Ganci da ancispettoratosicilia.it – Foto di Luciano Pignatelli da giovinazzo.it

Il giorno 4 dicembre 1987 i carabinieri Carmelo Ganci (di Siracusa) e Luciano Pignatelli (di Giovinazzo – BA), entrambi liberi dal servizio e in abiti civili, sono brutalmente uccisi da alcuni rapinatori.
I due, avuta notizia che si stava consumando una rapina ai danni di un bar di Castel Morrone (Ce), si mettono, con la propria autovettura, all’inseguimento dei rapinatori.
Ad un incrocio i banditi aprirono il fuoco contro i Carabinieri con un fucile ed alcune pistole.
Pignatelli, che è alla guida, è raggiunto da uno dei proiettili e la macchina finisce fuori strada, ribaltandosi in una scarpata.
Secondo quanto emerso dall’inchiesta, Mauriello, Basco, Spierto e Maisto  (questi i nomi degli assassini), approfittando della debolezza dei due carabinieri, impossibilitati a muoversi, scendono dalla loro auto e sparano di nuovo per essere sicuri di uccidere i militari.

Carmelo Ganci e Luciano Pignatelli sono stati entrambi insigniti della Medaglia d’Oro al Valor Civile, con la seguente motivazione:

“A diporto in abito civile unitamente a pari grado, appreso che poco prima quattro malviventi armati avevano perpretato rapina ai danni degli avventori di un esercizio pubblico dandosi poi alla fuga a bordo di autovettura di grossa cilindrata, con altissimo senso del dovere e cosciente sprezzo del pericolo, si poneva alla loro ricerca con la propria autovettura. Intercettati i fuggitivi e ingaggiato con essi conflitto a fuoco, nel corso di prolungato inseguimento ad elevata velocità fuoriusciva con l’auto dalla sede stradale finendo nella sottostante scarpata, ove, ferito ed impossibilitato a difendersi, veniva vilmente ucciso dai criminali con numerosi colpi d’ arma da fuoco. Luminoso esempio di elette virtù militari, ammirevole abnegazione e dedizione al servizio spinta fino all’estremo sacrificio. Castelmorrone (Caserta), 4 dicembre 1987”.
Fonte:  fondazionepolis

 

 

 

Foto e Articolo di Luglio 2009 da giovinazzo.it

Dopo 22 anni, gli autori dell’efferato omicidio ai danni del carabiniere giovinazzese Pignatelli e del collega Carmelo Ganci hanno un nome e cognome. Sono Basco Antonio, Mauriello Francesco e Spierto Pasquale, condannati dalla 1^ sezione della Corte di Assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere alla pena dell’ergastolo. Fin qui l’epilogo di una storia che restituisce onore alla fiamma che vediamo sul cappello dei carabinieri dopo 22 anni indagini controverse. Quella fiamma che per qualche testa appare un po’ sbiadita, brilla per orgoglio a Giovinazzo al solo nominare Luciano Pignatelli a cui è stata dedicata la sezione dei carabinieri.

22 anni di onore ed oblio in cui i carabinieri hanno sofferto del silenzio che pian piano è calato sulle indagini, sulla giustizia lenta e a volte farraginosa sul valore insignito con alta onorificenza al nostro concittadino. Sulla sua tomba, il 4 dicembre, ogni anno veniva adagiata una nuova corona a scalfire quella normalità che al termine di una tragedia viene così presto ripristinata. Le voci erano tante davanti alla sua tomba in un mondo così grande e variegato. Sentivamo quelle voci. Invocavano tutte GIUSTIZIA. Adesso, dopo 22 anni, Giustizia è fatta!

 

 

 

 

Il luogo dell’agguato

Foto e articolo del 27 Giugno 2009 da giovinazzolive.it
Carcere a vita per i carnefici di Luciano Pignatelli

Due processi di primo e secondo grado già celebrati a carico di diversi imputati, ac­quisizioni di nuove prove e di­chiarazioni (seppur contra­stanti) di nuovi pentiti.

Ci sono voluti 22 anni. Ma alla fine la giustizia ha trovato i colpevoli dell’efferato omicidio dei due militari Carmelo Ganci, di Siracusa, e Lucia­no Pignatelli, di Giovinazzo (entrambi meda­glia d’oro al valor militare alla memoria), uccisi il 4 dicembre 1987 a Castel Morrone mentre inse­guivano, liberi dal servizio, al­cuni spietati rapinatori.

Si è concluso giovedì 25 giugno, infatti, con tre ergastoli, il processo a carico di altrettan­ti pregiudicati (entrati succes­sivamente nel clan dei casalesi e detenuti anche per altri rea­ti) accusati di aver ucciso i due militari dopo aver commesso una rapina in un circolo-bar della zona.

Poco prima delle ore 18.00, dopo quattro ore di camera di consiglio, nell’aula bunker del carcere, il presidente della Corte d’Appello del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Alberto Pacelli, ha dato lettura del dispositivo di sentenza condannando gli autori del duplice omicidio.

Carcere a vita per Francesco Mauriello, 44 anni (assente per rinuncia), per Antonio Basco, 40 anni (trasferito al 41 bis da una settimana ad Ascoli Piceno e presente in videoconferenza) e per Pasquale Spierto, 43 anni (presente in aula).

Confermato il castello accusatorio del pubblico ministero Alessandro D’Alessio, che aveva replicato all’arringa dei difensori Mau­ro Iodice, Alfonso Reccia e Alfonso Baldascino che, invece, avevano chiesto l’assoluzione dopo la sua requisitoria.

Un destino beffardo accomunò, in quel maledetto 4 dicembre 1987, i due giovani militari liberi dal servizio che, a bordo di una Fiat Rit­mo, si lanciarono immediatamente all’inseguimento della Saab 9000 della banda, respon­sabile della rapina consumata pochi minuti prima nel centro abitato campano.

Per un’in­credibile coincidenza, dopo un lungo inseguimento e pur non avendo percorso la stessa strada, i due carabinieri inter­cettarono l’auto incriminata tra Castel Morrone e Piana di Monte Verna.

I rapinatori, do­po una curva ed approfittando dell’oscurità, svoltarono in aperta campagna, e, spegnen­do i fari, attesero il passaggio di Ganci e Pignatelli, quest’ultimo di appena 23 an­ni, in riafferma.

I due militari, raggiunti, affiancati e mandati fuori strada, diventarono ber­saglio facile dello spietato commando che, imbracciando un fucile Winchester 30 Luger calibro 7,65, si accanì con inaudita violenza contro i carabinieri, entrambi prigionieri all’interno dell’abitacolo.

I due militari dell’Arma rimasero feriti e, pertanto, impossibilitati a muoversi e a difendersi. Una condizione di debolezza che, secondo la sentenza, non sfuggì ai rapinatori. I tre, da quanto emerso dall’inchiesta, scesero dalla loro Saab 9000 e, a sangue freddo, fecero di nuovo fuoco per essere sicuri di aver ucciso i militari.

A terra furono ritrovati oltre 60 colpi esplosi all’indirizzo di due eroi. Eroi comuni, di casa nostra, che sia pure liberi dal servizio tentarono di fermare l’auto dei fuggitivi, resisi responsabili pochi istanti prima di una rapina ad un bar di Castel Morrone.

 

 

 

 

Articolo del 6 Ottobre 2010 da caiazzorinasce.net
Piana di Monte Verna l’omicidio dei due carabinieri Ganci e Pignatelli rievocato in aula ieri mattina.

Nel processo, il pentito De Simone conferma le accuse nei confronti degli autori del massacro, avvenuto oltre 20 anni fa a Piana di Monte Verna, in località Fagianeria.
Processo Gangi-Pignatelli, il pentito Dario De Simone conferma la circostanza che gli autori del duplice delitto dei carabinieri erano stati gli imputati condannati e aggiunge nel corso della deposizione in corte di Assise di Appello altri particolari: “Ricordo che Michele Zagaria era alla guida di una Fiat Tipo nel ’93 e ci incontrammo a Cancello Arnone in una masseria dove si voleva eliminare una donna, la signora Ianniello. Il clan la voleva uccidere perché voleva collaborare con la giustizia”.
Il processo è stato rinviato per la requisitoria del procuratore. La Corte di Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presidente Alberto Pacelli, condannò in primo grado gli autori del duplice omicidio a tre ergastoli. Carcere a vita per Francesco Mauriello, 44 anni; carcere a vita per Antonio Basco, 38 anni e carcere avita per Pasquale Spierto, 43 anni. Mauriello, Spierto e Basco furono loro, quindi, che quella sera del quattro dicembre del 1987 imbracciarono il fucile Winchester 30 Luger calibro 7,65 ed uccisero a sangue freddo i due giovani militari Luciano Pignatelli di Siracusa e Carmelo Ganci di Giovinazzo, in provincia di Bari, ammazzati a Piana di Monte Verna nella zona cosiddetta della “Fagianeria”, lungo la strada in direzione Caiazzo. Oggi in quel posto sorge un monumento in loro ricordo.
Quella sera Carmelo e Luciano erano liberi dal servizio dalla stazione dei carabinieri di Castel Morrone ma vennero chiamati dal senso del dovere. Intervennero perché c’era stata una rapina nel loro paese e morirono di li a poco quasi come se fossero stati scambiati per dei sicari dai loro carnefici. Non si è appurato nel corso del processo, da quello che emerso dalle dichiarazioni dei pentiti, se i killer effettivamente capirono che i due giovani erano dei carabinieri.

 

 

Ringraziamo gli AmiciDiLiberaCaravaggio (amicidilibera.blogspot.it) per la segnalazione

Articolo del 26 Giugno 2009 da corrieredelmezzogiorno.corriere.it 
Ergastolo per i tre killer dei carabinieri uccisi nell’87
di Giorgio Santamaria

La svolta dopo alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia
Ganci e Pignatelli furono freddati a Castel Morrone – Lapide in memoria dell’omicidio

SANTA MARIA CAPUA VETERE — Due processi di primo e secondo grado già celebrati a carico di diversi imputati, acquisizioni di nuove prove e dichiarazioni (seppur contrastanti) di nuovi pentiti. A distanza di quasi 22 anni dal duplice brutale omicidio dei carabinieri Carmelo Ganci e Luciano Pignatelli (entrambi Medaglia d’oro al valor militare alla memoria) – uccisi nel 1987 a Castel Morrone mentre inseguivano, liberi dal servizio, alcuni spietati rapinatori – si è concluso ieri, giovedì, con tre ergastoli il processo a carico di altrettanti pregiudicati (entrati successivamente nel clan dei casalesi e detenuti anche per altri reati) accusati di aver ucciso i due militari dopo aver commesso una rapina in un circolo-bar della zona. La Corte sammaritana presieduta da Alberto Pacelli ha condannato, infatti, i killer Antonio Basco, Pasquale Spierto e Francesco Maisto per i quali l’accusa, rappresentata dal pm Alessandro D’Alessio, aveva chiesto la massima pena: un quarto imputato, Vincenzo Maisto è invece deceduto durante un conflitto a fuoco. Padre e sorella di quest’ultimo, Giacomo e Cristina Maisto, sono stati entrambi collaboratori alla riapertura dell’inchiesta della Dda. Il processo fu riaperto nel 2004 dopo l’incriminazione e l’assoluzione in appello di tre diversi imputati attraverso due sentenze emesse, rispettivamente, nel 1990 e nel 1991 dalle Corti di Assise di Santa Maria Capua Vetere e Napoli.

Un quarto imputato, Nicola Zaccariello, fu condannato nell’ambito di uno stralcio del processo giunto fino in Cassazione. Poi, la svolta. Comuni cicche di sigarette e gomme da masticare, oltre una perizia sui passamontagna svelarono l’identità degli assassini: l’esito dell’incidente probatorio è stato sempre contestato dalla difesa rap­presentata dagli avvocati Mauro Iodice, Alfonso Reccia e Alfonso Baldascino che ha evidenziato l’inutilizzabilità delle nuove prove. Ma non è tutto: i pregiudicati casalesi furono tirati in ballo dal pentito Giuseppe Quadrano che, durante un udienza del processo Regi Lagni, indicò in una foto mostratagli in aula uno dei quattro presunti killer dei militari. Dichiarazioni alle quali seguirono quelle dei pentiti Giacomo e Cristina Maisto e quelle di Carmine Schiavone che ha indicato invece gli imputati del primo processo, poi assolti. Un destino beffardo per i due giovani carabinieri che, a bordo di una Fiat Ritmo, si lanciarono immediatamente all’inseguimento della Saab 9000 della banda, responsabile della rapina consumata pochi minuti prima.

Per un’incredibile coincidenza, dopo un lungo inseguimento, pur non avendo percorso la stessa strada, i due carabinieri intercettarono i rapinatori che, dopo una curva, approfittando dell’oscurità, svoltarono in aperta campagna, e, spegnendo i fari, attesero il passaggio Ritmo di Ganci e Pignatelli, quest’ultimo di appena 23 anni, in riafferma. I due militari, raggiunti, affiancati e mandati fuori strada, diventarono bersaglio facile dello spietato commando che si accanì con inaudita violenza contro i due, prigionieri dell’abitacolo catapultatosi nel ruscello adiacente. Oltre 60, i colpi esplosi all’indirizzo dei due carabinieri peraltro già morti.

 

 

 

Fonte:  matesenews.it
Articolo del 4 dicembre 2013
Omicidio Carabinieri Ganci e Pignatelli. A distanza di 26 anni l’Arma ricorda. Ergastolo agli autori dei delitti.

In data odierna ricorrono i fatti che nel lontano 1987 videro l’uccisione da parte di efferati rapinatori dei Carabinieri Carmelo Ganci e Luciano Pignatelli. Per quanto di interesse si riportano, di seguito, i fatti salienti che hanno permesso anche a distanza di anni di identificare ed assicurare alla giustizia gli autori del reato.

I Carabinieri del reparto Operativo del Comando Provinciale di Caserta a seguito di articolata attività di indagine traevano in arresto tre pregiudicati, autori dell’efferato duplice omicidio avvenuto in data 04.12.1987 in Castel Morrone (CE) nei confronti dei Carabinieri Carmelo Ganci e Luciano Pignatelli: Basco Antonio di 45 anni, Mauriello Francesco di 51 anni e Spierto Pasquale di 45 anni, tutti originari di S. Cipriano D’Aversa (CE). Il 4° componente individuato, Maisto Vincenzo era nel frattempo deceduto a seguito di agguato di stampo camorristico avvenuto il 15.12.1992 a S. Cipriano d’Aversa.

Tutti con sentenza di 1° grado emessa in data 25 giugno 2009 dalla Corte di Assise di S.M. Capua Vetere (CE) sono stati condannati alla pena dell’ergastolo. La sentenza è stata confermata dalla Corte D’Assise di Appello di Napoli in data 21 dicembre 2011 ed infine, in Cassazione il 13 gennaio 2012, diventando definitiva e irrevocabile.

Il caso è stato riaperto nell’anno 2000, sotto la direzione del Dott. Alessandro D’Alessio (all’epoca in servizio quale P.M. presso la Procura della Repubblica del Tribunale di S.M. Capua Vetere) grazie alla testimonianza di alcuni c.d.g. quali Quadrano Giuseppe, De Simone Dario (elementi di spicco nell’organizzazione camorristica dei “DEI CASALESI”), Di Tella Alberto, e Maisto Giacomo, ma soprattutto alla caparbietà del magistrato titolare dell’indagine e degli inquirenti.

L’omicidio dei due Carabinieri

Appare opportuno ricostruire brevemente la vicenda che ha portato all’omicidio dei due militari.
In data 4.12.1987, alle ore 21.10 circa, in Castel Morrone (CE), tre giovani armati di fucile e pistole e con il volto coperto da maniche di maglia, perpetrarono una rapina al bar Nazionale di quel centro. I malviventi, consumato il delitto, si allontanarono a bordo di una Saab turbo di colore grigio guidata da un quarto complice.

I Carabinieri Pignatelli Luciano e Ganci Carmelo, in servizio presso quella Stazione Carabinieri, liberi dal servizio ed in abiti civili, avuta notizia della rapina che si era appena consumata si posero alla ricerca della menzionata Saab (con la Fiat Ritmo di proprietà di Pignatelli) che intercettarono sulla strada Provinciale Castel Morrone-Palamaggiò, in località Gradilli. A quel punto, dopo aver cercato invano di bloccarli, esplosero alcuni colpi di pistola a scopo intimidatorio.

La Saab guidata dai ricercati aumentò la velocità e giunta all’incrocio Palamaggiò i malviventi bloccarono la corsa, posizionando l’autovettura in modo da attendere l’arrivo della Fiat Ritmo. I Carabinieri, giunti all’incrocio del Palamaggiò e accortisi della situazione di pericolo, tentarono di forzare il “posto di blocco” posto in essere dai rapinatori, che nell’occasione esplosero diversi colpi di arma da fuoco all’indirizzo della Ritmo, che continuava a proseguire la marcia in direzione Caiazzo. A quel punto i rapinatori risalirono sulla Saab ed iniziarono un inseguimento, durante il quale ne scaturì un conflitto a fuoco tra questi ultimi e i Carabinieri.

Quando la Saab, certamente più veloce, raggiunse la Fiat Ritmo, uno dei malviventi, armato di fucile, esplose in rapida successione almeno due colpi all’indirizzo della Ritmo. È possibile che uno dei colpi, o entrambi, raggiunsero il Carabiniere Pignatelli che era al posto di guida, e perciò l’auto finì fuori strada e si ribaltò. La Saab si fermò, i malviventi scesero dalla macchina e spararono con tutte le armi a loro disposizione contro gli inermi occupanti della Ritmo, per assicurarsi di averli uccisi. Subito dopo gli assassini risalirono in macchina, ma a Capua furono intercettati da due pattuglie dei Carabinieri della Compagnia CC di S. Maria C.V. che, seppur ancora non a conoscenza della rapina perpetrata in Castel Morrone e dell’omicidio dei Carabinieri, riconobbero la Saab che era stata rapinata la sera precedente e la inseguirono.

I rapinatori, approfittando della potenza della loro auto, imboccarono la strada Carditello – Casal di Principe e riuscirono a distanziare le autovetture militari. Di lì a poco in località S. Antonio, agro del Comune di S. Tammaro, a causa dello scoppio di un pneumatico la Saab fu abbandonata e i killer si dileguarono a piedi nelle campagne adiacenti. Durante le successive ricerche, fu rinvenuta una scarpa e un pezzo di stoffa di un giubbino, appeso ad un filo spinato che recingeva un grosso appezzamento di terreno. Durante il sopralluogo, nelle adiacenze della Fiat Ritmo e all’altezza del Palamaggiò (sull’asfalto), nonché all’interno dell’autovettura Saab fu rinvenuto numeroso materiale balistico e un passamontagna ricavato da maniche di maglioni e 3 mozziconi di sigarette.

Attività posta in essere dal Reparto Operativo dopo la morte dei due Carabinieri.

In particolare un esame più attento dei numerosi episodi delittuosi che si erano consumati in quel periodo (in particolare rapine in danno di coppie, esercizi commerciali e ignari automobilisti) consentirà di chiarire che operavano nella provincia di Caserta almeno due bande di rapinatori. Si potrà inoltre sostenere che quella composta da Maisto Vincenzo (deceduto il 15.12.1992), Mauriello Francesco, Basco Antonio e Spierto Pasquale sia stata quella che, per numero di partecipanti, armi utilizzate e modalità operative, ha perpetrato il duplice omicidio dei Carabinieri.

Infine le dichiarazioni rese dai c.d.g. trovano ulteriore riscontro in quelle fornite in data 16.02.1993 da Maisto Giacomo al P.M. Dott. Albano della Procura della Repubblica C/o Tribunale S. Maria C.V., mentre era ristretto presso la Casa Circondariale di Vasto Chiese. I numerosi episodi narrati dal Maisto si riferiscono ad attività delittuose cui ha partecipato il figlio Vincenzo. In particolare il figlio Vincenzo gli confessò di essere stato uno degli assassini dei due Carabinieri uccisi a Castel Morrone, notizia questa confermatagli dai complici del figlio: Basco, Spierto e Mauriello.

A tal proposito Maisto Giacomo riferì che una sera tardi nel rincasare trovò il figlio Vincenzo estremamente nervoso. Nella circostanza questi gli confidò che poche ore prima insieme a Spierto Pasquale, Mauriello Francesco e Basco Antonio aveva ucciso due Carabinieri. In particolare, nel descrivere la dinamica dei fatti, gli riferì che dopo aver consumato una rapina in un bar di Castel Morrone furono inseguiti da una macchina. Capirono che si trattava di Carabinieri perché, nel corso dell’inseguimento, gli occupanti dell’auto esplosero alcuni colpi di arma da fuoco.

Una volta distanziata l’auto inseguitrice, il Mauriello spense i fari, si fermò e si nascose in un vicolo cieco, attendendo il passaggio dell’autovettura dei Carabinieri. Non appena la macchina con i due militari passò, cominciarono loro ad inseguire i Carabinieri e grazie alla potenza della loro vettura si avvicinarono facilmente e spararono diversi colpi d’arma da fuoco. L’auto dei militari finì fuori strada ed il Mauriello, bloccata la Saab ordinò agli altri di “finirli”. Dopo l’esecuzione salirono sull’auto e nel fare il ritorno verso casa, a causa dello scoppio di un pneumatico, furono costretti ad abbandonare il mezzo e scappare a piedi per le campagne circostanti.

I capi clan disapprovarono tale azione e nei giorni successivi cercarono gli autori dell’omicidio, nel frattempo resisi irreperibili. Tempo dopo, suo figlio e i complici furono affiliati all’organizzazione dei Casalesi.

Infine si provvedeva al ritiro presso l’ufficio Corpi di Reato del Tribunale di S. Maria Capua Vetere di due reperti contenenti il materiale rinvenuto nell’autovettura Saab e cioè nr. 3 passamontagna e 3 mozziconi di sigarette con filtro giallo. Da un esame delle tracce biologiche estratte dai reperti si è giunti alla certezza scientifica dell’utilizzo del passamontagna da parte di uno degli arrestati.

 

 

 

 

La storia di Carmelo Ganci e Luciano Pignatelli è nel libro:

La sedia vuota. Storie di vittime innocenti della criminalità
di Raffaele Sardo

Dicembre 28, 2018

edito da IOD

Questo volume di Raffaele Sardo raccoglie le storie di 15 vittime innocenti della camorra, del terrorismo, del dovere. Poliziotti, carabinieri, imprenditori e semplici cittadini morti ingiustamente prendono di nuovo vita nei racconti che ne fanno i familiari. Straordinarie pagine di resistenza civile, dove i protagonisti sono per lo più persone normali, uccise solo per aver fatto il proprio dovere. A interrogare le nostre coscienze sono le parole di chi è rimasto, ma soprattutto i silenzi che ci arrivano da quelle sedie rimaste per sempre vuote attorno al tavolo della cucina e da quei letti dove nessuno più rimbocca le coperte. La compostezza e la dignità dei familiari delle vittime innocenti sono i valori fondanti per una nuova cultura dell’antimafia sociale culturale, dove i fatti di mafie e del terrorismo sono narrati a partire dalle storie delle vittime innocenti. Prefazione di Franco Roberti. Postfazione di Don Tonino Palmese.

 

 

 

 

 

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