6 gennaio 2005 Casignana (RC). Ucciso Salvatore Favasuli, 20 anni, parrucchiere. Ucciso per una questione di onore.

Foto da: impronteombre.it

C’è anche un altro omicidio che riporta a San Luca e chiama in causa l’onore delle cosche. Una morte destinata a scatenare la riapertura della guerra tra cosche. È quella di Salvatore Favasuli, parrucchiere ventenne di Africo, ucciso a Casignana il 6 gennaio 2005. Lo ammazzano per una partita di droga da saldare e soprattutto perché aveva un relazione segreta con la donna di uno ’ndranghetista durante la sua carcerazione: il giovane Domenico Giorgi della cosca dei «Boviciani» di San Luca, nipote del boss Antonio Cordì «u Ragiuneri» di Locri.

(Fonte Dimenticati, di Alessio Magro e Danilo Chirico).

 

 

 

 

Fonte:  ntacalabria.it 0
Operazione “Epifania”, Giorgi uccise Favasuli per il tradimento della fidanzata
di Francesco iriti

Arrestato a Rivalta, in provincia di Torino, Domenico Giorgi, nato a Locri, in provincia di Reggio Calabria, il 16 marzo 1982, residente a Bovalino, pregiudicato ritenuto affiliato alle famiglie dei Giorgi alias “Boviciani” e degli Strangio alias “Jancu” operanti nel territorio di san Luca (rc).

Tutto ebbe inizio il 06.01.2005, quando in Contrada Palazzi del Comune di Casignana, in provincia di Reggio Calabria, veniva rinvenuto il cadavere di Salvatore Favasuli, ucciso con diversi colpi di arma da fuoco, a circa 50 metri di distanza dalla sua autovettura ancora accesa.

Da una prima ricostruzione del fatto, s’ipotizzò che l’omicidio del giovane africese fosse maturato nell’ambiente del traffico di sostanze stupefacenti cui il soggetto era dedito.

Le prime risultanze investigative, soprattutto hanno evidenziato che il movente dell’omicidio potesse essere altresì costituito dalla chiara ed inequivocabile “vendetta” che Domenico Giorgi, classe 82, avrebbe posto in essere per punire l’ucciso per la relazione sentimentale che intratteneva con la sua fidanzata, oggi diventata moglie, Iolanda Giorgi, classe 87.

Il boomerang aveva portato i parenti di Favasuli a “rispondere” all’omicidio del proprio congiunto, uccidendo Antonio Giorgi, classe 84, fratello del giovane arrestato.

A seguito della condanna in primo grado degli esecutori dell’omicidio di Antonio Giorgi, nell’autunno del 2008 i carabinieri avviavano una nuova attività d’indagine volta a chiarire eventuali responsabilità del fratello dell’ucciso, destinatario dell’agguato del 31 ottobre 2005, Giorgi Domenico.

Dall’analisi dei tabulati e le conversazioni telefoniche poste in essere all’epoca dell’omicidio, comparate con le dichiarazioni verbalizzate dalla persone interrogate e grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Rocco Varacalli, corroboravano l’ipotesi accusatoria: Varacalli dichirava di aver sentito da Gioffrè Giuseppe di San Luca (ucciso in Bovalino nel dicembre 2009) che il Favasuli Salvatore era stato ucciso dal fratello maggiore di Giorgi Antonio.

Le investigazioni, inizialmente, sotto la direzione della DDA di Reggio Calabria, hanno evidenziato un contesto familiare di matrice ndranghetistica nel quale vivono gli indagati, senza però definire il movente ‘ndranghetistico in senso stretto. In considerazione del movente passionale ipotizzato per l’omicidio all’origine dei fatti commesso il 06.01.2005, nel 2009 veniva rimessa alla competenza della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Locri, che emette l’attuale ordinanza.

L’omicidio Favasuli risulta di fondamentale importanza nel contesto della faida di San Luca, in quanto Salvatore Favasuli, parente della moglie di Francesco Pelle cl. 77 inteso il Pakistano, costituisce di fatto la miccia che riaccende, dopo anni di silenzio, la cruenta lotta tra le consorterie dei Pelle-Vottari appunto e gli Strangio-Jancu, nella quale il primo a cadere in risposta sarà proprio Antonio Giorgi il 31 ottobre 2005, fratello dell’odierno arrestando e cugino di primo grado degli Strangio (cugino di Strangio Maria), al quale seguirà poi il tentato omicidio del predetto Pelle Francesco la notte del 31 luglio del 2006, seguito dalla cosiddetta “strage di Natale il 25” dicembre dello stesso anno.

In particolare:

– 06.01.2005 omicidio Favasuli Salvatore cl. 84,di Africo.

– 31.10.2005, omicidio Giorgi Antonio cl. 84, di San Luca, cosche Giorgi Boviciani- Strangio Jancu

– 31.07.2006, tentato omicidio Francesco Pelle cl. 77, il Pakistano, la cui moglie è imparentata con il Favasuli, il quale rimena paralizzato a seguito dell’attentato.

– 25 dicembre 2006, strage di Natale in San Luca in cui muore Maria Strangio, cugina di Giorgi Antonio e Giorgi Domenico (figli di Strangio Caterina)

 

 

 

Fonte: ilfattoquotidiano.it
Articolo del 7 aprile 2011
‘Ndrangheta, catturato latitante ad Africo
È uno dei killer della faida di S.Luca
di Lucio Musolino

Già condannato a trent’anni, Santoro Favasuli si nascondeva in un bunker ad Africo nuovo. E’ritenuto il killer di Antonio Giorgi. L’omicidio rientra nella faida sanguinaria il cui ultimo atto è avvenuto con la strage di Duisburg

“Il percorso se lo sono tracciati da soli. Mentre scavavano la croce di Antonio Giorgi, hanno scavato anche la loro». Questa frase era dell’ex sostituto procuratore Francesco Mollace che assieme al collega della Direzione distrettuale antimafia Antonio De Bernardo aveva rappresentato l’accusa nel processo “Bellezza” che ha fatto luce sull’omicidio di Antonio Giorgi, il giovane di San Luca ucciso il 31 ottobre 2005 sulla statale 106 all’altezza di Africo.

A scavare quella fossa erano in tanti. Tra questi anche il “fagiolo”, all’anagrafe Santoro Favasuli, arrestato ieri notte ad Africo dalla squadra Mobile di Reggio e dal commissariato di Siderno dopo alcuni anni di latitanza. Secondo la più antica logica ‘ndranghetista, il “fagiolo” si nascondeva a casa sua. Dietro il mobile della cucina, aveva realizzato un bunker dal quale, attraverso un monitor poteva osservare qualsiasi movimento avvenisse all’esterno della sua abitazione dove gli uomini di Renato Cortese hanno rinvenuto due microcamere.

Santoro Favasuli fuggiva da una condanna a 30 anni di carcere. Aveva fatto parte del commando di fuoco che ha trucidato Antonio Giorgi, in risposta all’uccisione di Salvatore Favasuli. Nel gennaio dello stesso anno, infatti, quest’ultimo aveva pagato con la vita una relazione sentimentale clandestina intrattenuta con la fidanzata di Domenico Giorgi (fratello di Antonio), mentre questo era detenuto.

Le indagini, confermate dalle sentenze, avevano aperto uno squarcio su una realtà mafiosa (quella della Locride) legata alle logiche del potere e dell’onore. Logiche che portano, inevitabilmente, allo scontro tra famiglie ‘ndranghetiste disposte anche alla faida pur di imporsi sulle altre consorterie. Proprio da una questione di onore ha avuto origine l’omicidio di Antonio Giorgi. Nel gennaio 2005, infatti, uccidendo Salvatore Favasuli la famiglia di San Luca avrebbe lavato con il sangue lo smacco ricevuto dagli “africoti”.

Stando all’accusa, la vendetta sarebbe stata progettata dal padre della vittima, Pasquale Favasuli (detto “Jashin”) e da Pietro Morabito (detto “Pierino Robascecchi”), Pasquale Casile (detto “mbrì mbrì”), Leo Favasuli (alias “trippa”), Antonio Favasuli (alias “pompa”) e appunto l’ex latitante Santoro Favasuli (detto “fagiolo”). Tutti sono stati condannati a 30 anni di carcere con il rito abbreviato per l’omicidio Giorgi la cui «ferocia nella modalità di esecuzione – aveva scritto il gup Daniele Cappuccio – vi imprimono il drammatico marchio della ‘ndrangheta».

Ma il delitto Giorgi è direttamente collegato alla ripresa della faida di San Luca. Ripercorrendo le varie fasi del processo, infatti, non è escluso che, secondo l’accusa, nell’omicidio «possa essere stato in qualche modo coinvolto anche Francesco Pelle, detto “Ciccio Pakistan”, – avevano sostenuto i pm durante la requisitoria – il quale potrebbe avere supportato i propositi criminosi dei Favasuli, magari procurando le informazioni relative agli spostamenti del Giorgi».

“È un grande risultato – ha affermato il capo della mobile Renato Cortese durante la conferenza stampa tenuta in questura – e, in particolare, il fatto che la cattura sia avvenuta in paese e che il latitante sia stato preso all’interno del bunker in casa propria, riafferma il controllo del territorio da parte delle istituzioni dello Stato”. Un controllo del territorio che – ha ricordato il questore Carmelo Casabona – ha consentito negli ultimi due anni a girare le manette ai polsi a oltre 30 latitanti” ma che a volte, in realtà chiuse come quella di Africo provoca la reazione contraria della popolazione. Dopo la cattura di Santoro Favasuli, infatti, una piccola folla di abitanti si è radunata di fronte all’abitazione del latitante, generando – ha concluso il capo del commissariato di Siderno Stefano Dodaro – “Qualche attimo di tensione”.