8 agosto 1986 Messina. Ucciso Gregorio Fenghi, 28 anni impiegato delle ferrovie dello Stato in servizio a Cuneo, era in vacanza a Messina da qualche giorno. Fu ucciso perché in compagnia del cognato, vero obiettivo dell’omicida.

Foto da messina.gazzettadelsud.it

Gregorio Fenghi, 28 anni impiegato delle ferrovie dello Stato in servizio a Cuneo, era in vacanza a Messina da qualche giorno. Fu ucciso perché in compagnia del cognato, vero obiettivo dell’omicida.

Venne ucciso l’8 agosto del 1986 nei pressi della chiesa di San Clemente insieme al cognato ed ex poliziotto Corrado Parisi, che era uno dei 95 imputati nel maxiprocesso alle quattro cosche mafiose messinesi, il vero obiettivo del killer, affiliato al clan Costa, all’epoca rimesso in libertà da appena una settimana per decorrenza del termini di custodia cautelare. Fenghi aveva appena 28 anni e non c’entrava nulla con la criminalità organizzata, era un onesto impiegato delle Ferrovie dello Stato in servizio a Cuneo, e da qualche giorno era in ferie a Messina, perché da appena tre giorni era diventato padre. A sparare probabilmente fu un killer che era in auto con le due vittime, sulla vettura di Fenghi. Il duplice omicidio si consumò intorno alle 19, all’incrocio tra via Centonze e via Citarella, in pieno centro cittadino, di fronte alla chiesa di S. Clemente, a pochi metri dal viale Europa. Il sicario probabilmente adoperò una pistola munita di silenziatore, perché nessuna delle persone che si trovavano nei paraggi al momento del delitto sentì esplodere colpi di pistola. I due cognati viaggiavano a bordo di una Fiat Regata 70 di colore marrone. Suo figlio aveva appena 3 giorni di vita quando Fenghi morì. Non l’ha mai conosciuto.

Fonte: messina.gazzettadelsud.it

 

 

Fonte: archiviolastampa.it
Articolo del 10 agosto 1986
Scarcerato e ucciso dalla mafia
di Nino Amante
Messina, un imputato del maxiprocesso assassinato con il cognato

Di nuovo guerra fra i clan mafiosi messinesi. A una settimana dalla scarcerazione (per decorrenza dei termini di custodia preventiva) di 95 imputati del maxi-processo in corso nell’aula-bunker del carcere di Gazzi, boss e gregari tornano a fronteggiarsi per regolare i conti in sospeso. Bersaglio di questa nuova escalation del terrore è stato, venerdì sera, proprio uno dei presunti mafiosi rimessi in libertà: Corrado Parisi, 34 anni, ex poliziotto, assassinato in auto assieme al cognato Gregorio Fenghi, 28 anni, ferroviere a Cuneo, incensurato e vittima innocente della spietata esecuzione.

Il duplice omicidio, commesso in pieno centro cittadino, di fronte alla chiesa di san Clemente, era stato preceduto la sera prima da un altro grave episodio: il ferimento, a un centinaio di metri dal carcere di Gazzi, di Salvatore Cavò, cugino di Mimmo Cavò, un altro imputato di spicco del maxi-processo; Mimmo Cavò è ritenuto affiliato, cosi come Corrado Parisi, al clan di Gaetano Costa. Salvatore Cavò è riuscito a salvarsi grazie al suo straordinario sangue freddo: ferito in più parti del corpo a fucilate, si è infatti trascinato fino all’ingresso del vicino Policlinico universitario, dove adesso si trova ricoverato in prognosi riservata.

I due agguati, a sentire gli inquirenti, potrebbero essere collegati, riferibili a un assalto contro il clan Costa da parte dì elementi delle altre famiglie. Se così fosse si innescherebbe una spirale inarrestabile, una faida capace di pesare sul prosieguo del processo che, finita la pausa estiva, riprenderà a metà settembre con l’interrogatorio del superpentito Giuseppe Insolito, il «Buscetta» delle cosche messinesi, l’uomo che con le sue confessioni ha permesso di portare alla sbarra i gran parte dei 250 imputati.

L’agguato dell’altro ieri sera non ha avuto testimoni. Secondo la ricostruzione operata dalla polizia, dai carabinieri e dal sostituto procuratore di turno Giovanni Serraino, Corrado Parisi e Gregorio Fenghi potrebbero essere stati uccisi da una persona che si trovava con loro in auto, una «Regata» color marrone, targata Cuneo, di proprietà di Fenghi. Lo dimostrerebbero alcuni bossoli trovati sul sedile posteriore della macchina, ma anche la precisione con cui è stato commesso il duplice delitto: due colpi di pistola alla nuca, uno per ciascuna delle due vittime.

Al momento del delitto, erano da poco passate le 19,30, Parisi stava facendo ritorno a casa. Aveva l’obbligo, come gli altri imputati del maxi-processo rimessi in libertà, di rientrare entro le 20. Poco prima, assieme al cognato, era stato visto giungere in moto dinanzi a un bar di viale San Martino. Qui aveva consegnato il mezzo a un conoscente, che evidentemente glielo aveva prestato. Poi, sempre assieme al cognato, era salito a bordo della Regata. Cosa sia successo nel breve spazio di tempo fra la partenza dal bar e la duplice esecuzione è ciò che gli inquirenti stanno cercando di stabilire.

Corrado Parisi, poliziotto e figlio di poliziotto, era in servizio a Pescara quando, all’inizio degli Anni 70, fu arrestato per rapina e radiato dal Corpo. Da allora in poi altri arresti, il sospetto che l’uomo facesse parte di una potente e ben organizzata rete di spacciatori di droga. Sul conto di Salvatore Fenghi, invece, nessun precedente penale. Lavorava da diversi anni come impiegato dalle Ferrovie dello Stato, aveva recentemente sposato una sorella di Parisi e appena tre giorni fa era diventato padre per la prima volta.

 

 

Fonte:  archiviolastampa.it
Articolo del 10 agosto 1986
Per i colleghi è inspiegabile l’assassinio del ferroviere
di Pier Luigi Rudari
Costigliole: sconcerto per la notizia arrivata dalla Sicilia Per i colleghi è inspiegabile l’assassinio del ferroviere.

COSTIGLIOLE SALUZZO — La notizia dell’assassinio (l’altra sera a Messina) di Gregorio Fenghi, un ferroviere di 28 anni, guardiano al casello del passaggio a livello del km 25,191, sulla linea Cuneo-Saluzzo, dove pure abitava, è piombata fra i colleghi di Saluzzo e di Costigliole come un fulmine a ciel sereno. Antonio La Porta, capostazione di Costigliole, insieme con altri ferrovieri, non è in grado di dare spiegazioni: «Gregorio Fenghi — dice — era partito da Costigliole venerdi scorso per andare a raggiungere la moglie, in Sicilia già da qualche settimana. Di più non sappiamo». Che la moglie del ferroviere — Alice Parisi, di 21 anni — fosse la sorella di un noto pregiudicato, implicato nel processo di mafia contro le cosche messinesi e scarcerato lo stesso giorno in cui Gregorio Fenghi aveva lasciato Costigliole, nessuno lo immaginava. La vita dell’assassinato era quanto di più normale ci poteva essere: sposato e padre di un figlio, Graziano, di 6 anni, da qualche settimana viveva solo in quanto la moglie, in attesa di un secondo figlio, era rientrata in famiglia per attendere là il lieto evento. Continua Antonio La Porta: «Gregorio aveva telefonato in stazione tre giorni fa per annunciare la nascita del secondogenito, un altro maschio: era contento e ci aveva invitati a tenerci pronti per i festeggiamenti quando sarebbe rientrato». Sia a Saluzzo, dove aveva iniziato a lavorare nel 1981, appena assunto in ferrovia, sia a Costigliole, dov’era stato trasferito l’8 agosto dell’85, esattamente un anno fa, il Fenghi viene ricordato come un compagno di lavoro ideale, sempre pronto ad aiutare i colleghi e gentile con tutti. In paese, invece, praticamente nessuno sa dare un volto al nome. Le circostanze della morte — ucciso insieme al cognato con alcuni colpi di pistola, sparati nell’interno di un’auto — lasciano perplessi tutti. «Non aveva mai accennato alla famiglia della moglie» — conclude il capostazione di Costigliole

 

 

 

 

Messina e le vittime di mafia: 3 vie per Fenghi, Alibrandi e Falcone
Tempostretto TV Messina – 21 marzo 2022