Le Vittime che commemoriamo, mese: MARZO

 

1 Marzo 1996 Vinosa (TA). Muore Annamaria Torno, 18 anni, vittima del capolarato.
Annamaria Torno, 18 anni,  muore in un incidente stradale il1 marzo del 1996 mentre la “trasportavano” a lavorare in una azienda agricola, di Vinosa (TA), dove avrebbe dovuto raccogliere ortaggi.  Era su un pulmino, un Ford Transit, da 9 persone mentre le lavoratrici erano 14, guidato da un caporale, che si è scontrato con un altro automezzo di un’altro caporale.

 

Epifanio Li Puma  cittanuove-corleone.net

2 Marzo 1948 Petralia Soprana (PA). Ucciso Epifanio Li Puma, socialista, dirigente del movimento contadino per l’occupazione delle terre incolte.
Epifanio Leonardo Li Puma (Petralia Soprana, 6 gennaio 1893 – Petralia Soprana, 2 marzo 1948) è stato un politico e sindacalista italiano, ucciso dalla mafia.La sua vita s’è svolta essenzialmente nella sua Raffo, anche se la sua azione toccò l’intero comprensorio delle Madonie. Mezzadro di idee antifasciste alla fine della seconda guerra mondiale è stato promotore del movimento dei contadini per la riforma agraria come organizzatore sindacale (della Cgil), politico (era un esponente del Partito Socialista Italiano) e di cooperative. Di orientamento nettamente riformista era contrario ad ogni estremismo ed alle teorie rivoluzionarie.
Nel secondo dopoguerra, sindacalista e capolega dei mezzadri e braccianti senza terra, fu determinato e irriducibile nella promozione dei diritti dei lavoratori contro gli agrari eversori della legalità.
Uomo simbolo della giustizia sociale, eroe delle Alte Madonie, in Sicilia, non volle piegarsi alla prepotenza e alle minacce di un potere e di un sistema malsano.
È stato barbaramente assassinato dalla mafia agraria, al soldo dei baroni, nei terreni di Alburchìa tra Petralia Soprana e Gangi. Nonostante ai suoi funerali, a Petralia Soprana, fossero stati apertamente denunciati i mandanti del suo omicidio, nessuno pagò per la sua morte. (Wikipedia)

 

Donato Boscia

2 Marzo 1988 Palermo. Ucciso Donato Boscia, 31 anni, direttore del cantiere dell’impresa romana Ferrocementi.
Aveva 31 anni. Aveva una carriera lunghissima davanti a sé. Era un ingegnere con un cuore grande così e con un’ onestà limpida. Si chiamava Donato Maria Boscia e la sera del 2 marzo 1988 fu freddato a Palermo da cinque colpi di pistola. Fu la mafia a decretare il brutale assassinio. Il maxiprocesso, celebrato e conclusosi a Palermo nel 1997 con 22 condanne di cui 14 all’ ergastolo, dimostrò che era coinvolto nell’ omicidio del giovane ingegnere di Gioia del Colle anche Salvatore Riina. Che Balduccio Di Maggio era implicato nei fatti. Che Donato Maria Boscia morì perché stava costruendo una sezione dell’ acquedotto siciliano sul quale la mafia non era riuscita a mettere le mani. (La Repubblica del 1/06/2001)

 

Geoffrey Bowen

2 Marzo 1994 Adelaide (Australia) Una bomba al fosforo rosso uccide il sergente Geoffrey Bowen
Un pacco bomba con materiale plastico potentissimo inviato al quartier generale dell’ente anticrimine australiano NCA supera i controlli degli scanner e uccide Geoffrey Bowen, un detective di trentasei anni impegnato in indagini sulla ‘ndrangheta, dal traffico di droga agli omicidi, alle estorsioni e al riciclaggio di denaro. E’ il 2 marzo. La mattina del 3 il detective deve testimoniare al processo contro Domenic Perre, un uomo delle cosche italo-australiane. Il gruppo di Bowen è impegnato nell’operazione Cerberus avviata nel ’92 sulla presenza della mafia in Australia e, dopo l’arresto di otto persone per droga, ha subìto minacce.  […]  Il caso è ancora aperto.  (Da Dimenticati di D. Chirico e A. Magro)

 

 

Raffaele Blanco – Foto da storiedeglialtri.it

2 marzo 1994 Vittoria (RG). Assassinato in un agguato Raffaele Blanco 18 anni. Stava viaggiando in auto con quello che a breve sarebbe dovuto diventare suo cognato.
Raffaele Blanco, 18 anni è stato assassinato in un agguato il 2 marzo del 1994, a Vittoria (RG), in località Scoglitti, mentre era in auto con quello che, a breve, sarebbe diventato suo cognato. Il cognato, ferito, riuscì a fuggire; il corpo di Raffaele fu ritrovato, dietro segnalazione anonima, dopo qualche giorno in fondo ad un pozzo. Il fidanzato della sorella, 17 anni, ignara della situazione,  era “un uomo legato ai clan criminali della zona che, proprio negli anni dell’adolescenza di Raffaele, stava conducendo una sua guerra personale per conquistarne i vertici. In quegli anni Vittoria usciva da una guerra di mafia violentissima”. Dopo alcuni mesi i colpevoli dell’omicidio sono stati arrestati.
Nel 2006 Raffaele Blanco è stato riconosciuto vittima di mafia da un tribunale della Repubblica.

 

2 Marzo 2000 Isola Capo Rizzuto (Crotone). Francesco Scerbo, 29 anni, vittima innocente.
Francesco Scerbo, 29 anni,  era in una pizzeria di Isola Capo Rizzuto (Crotone) con degli amici quando quattro killer entrarono nel locale e spararono all’impazzata sui presenti. Oltre alla vittima designata, cadde sotto i colpi anche Francesco, un bravo ragazzo, impegnato anche nel volontariato, che lasciò la moglie, incinta, ed una bambina di cinque anni.

 

Torquato Ciriaco

2 Marzo 2002 Maida (Catanzaro). Ucciso l’avvocato Torquato Ciriaco, consulente di un’impresa edile di Lamezia Terme e titolare di alcuni appalti affidati dall’Anas.
Il 2 Marzo 2002 a Maida (Catanzaro) ucciso Torquato Ciriaco, 55 anni, avvocato. Ciriaco è stato ucciso mentre, alla guida del suo fuoristrada, stava rientrando a Cortale, dove risiedeva, da Lamezia Terme, città nella quale era titolare di uno studio legale molto avviato. Ciriaco si occupava quasi esclusivamente di questioni amministrative e civili ed era uno degli avvocati più conosciuti non soltanto di Lamezia Terme . Vasti, comunque, i suoi interessi e molteplici le sue attività in vari settori economici ed imprenditoriali.
Solo di recente, grazie alle rivelazioni di un pentito, incaricato a suo tempo di seguire le abitudini dell’avvocato, si sono concluse le indagini.  L’accusa sostiene che Ciriaco fu ucciso perché voleva acquistare una azienda edile che la cosca Anello voleva finisse ad un imprenditore già sottoposto ad estorsione.

 

3 Marzo 1861 Santa Margherita Belice (AG). Ucciso il medico Giuseppe Montalbano. Rivendicò alla guida dei contadini tre feudi spettanti al comune ma usurpati dalla principessa Giovanna Filangieri con la complicità del ceto agrario e baronale.
La sera del 3 marzo 1861, a S. Margherita Belice, tre fucilate uccidono a pochi passi da casa Giuseppe Montalbano, 42 anni, fervente mazziniano e protagonista della rivoluzione palermitana del 1848. Montalbano, che partecipò all’impresa dei mille combattendo nelle campagne di Salemi, dopo il decreto garibaldino del 2 giugno 1860 — relativo alla ripartizione delle terre demaniali ai contadini — rivendicò alla guida dei contadini margheritesi tre feudi spettanti al comune ma usurpati dalla principessa Giovanna Filangieri con la complicità del ceto agrario e baronale gia legato al governo borbonico. IL DELITTO fu preceduto da una serie di minacce ed “avvertimenti” a Montalbano ed alla sua famiglia. Ad esso seguì una sommossa popolare di due giorni culminata nell’assalto al municipio di S. Margherita dove si erano rifugiati alcuni tra coloro che erano stati indicati da vari testimoni quali esecutori del criminale agguato. (Il siculo.it)

 

3 marzo 1980 Napoli. Michele Pecorilla, appuntato di Pubblica Sicurezza, 56 anni, ucciso nel negozio della moglie, durante una rapina.

Michele Pecorilla, 55 anni, Appuntato Guardie di P.S. dal 1944, fu ucciso il 3 Marzo 1980 in un tentativo di rapina compiuto da due giovani criminali nel negozio della moglie a Napoli.
L’appuntato Michele Pecorilla, in servizio presso il Commissariato di Secondigliano, sposato e padre di quattro figli, fuori servizio aiutava la moglie nel piccolo negozio di bigiotteria e gioielleria da lei aperto nel quartiere di Secondigliano. La sera del 3 Marzo, intorno alle 19 due giovani di circa 18 anni entrarono nel negozio fingendo di essere clienti poi estrassero le pistole, minacciando Pecorilla e la moglie. L’appuntato reagì cercando di estrarre a sua volta l’arma di ordinanza ma venne freddato da due colpi di pistola. I rapinatori fuggirono all’esterno, senza bottino, a bordo di una autovettura condotta da un complice. (Corriere della Sera)
Fonte:  cadutipoliziadistato.it

 

Giuseppe Muscarella

4 Marzo 1976 Mezzojuso (PA). Ucciso Giuseppe Muscarella, dirigente dell’Alleanza coltivatori.
Giuseppe Muscarella, 50 anni, sindacalista, contadino, sposato e padre di quattro bambini, è stato ucciso a Mezzojuso (PA), con due fucilate alle spalle, il 4 marzo del 1976. Gli assassini, dopo averlo freddato, gli hanno impiccato la cavalla sulla quale stava rientrando a casa.Due anni prima aveva rotto con la Coldiretti e con una ottantina di contadini poveri e piccoli allevatori aveva fondato l’Alleanza coltivatori e, con 26 di loro, fondato una cooperativa. Aveva promosso una campagna per l’acquisto collettivo di fertilizzanti rompendo il monopolio delle cosche, fertilizzanti acquistati direttamente al prezzo di 10.800 lire al quintale contro le 18 mila lire imposto con le “intermediazioni parassitarie”.
Per i mafiosi dell’agraria il suo era stato un tradimento; lui un contadino non povero, aveva in affitto un bel pezzo di terra ed allevava pollame e maiali, la moglie gestiva un piccolo negozio di alimentari, si era messo alla testa della rivolta contadina, fondando addirittura una cooperativa. Prima del delitto c’erano stati atti intimidatori sia contro di lui che contro numerosi contadini della zona.

 

Giuseppe Rechichi

4 Marzo 1987 Polistena (RC). Giuseppe Rechichi, vicepreside dell’istituto magistrale di Polistena, ammazzato “per errore”
Giuseppe Rechichi, 48 anni,  vicepreside dell’istituto magistrale di Polistena, è stato ucciso per errore, colpito da una pallottola vagante, il 4 marzo del 1987. Il vero bersaglio dell’agguato era Vincenzo Luddeni, direttore della Banca popolare di Polistena, rimasto illeso, che aveva già  subito diversi attentati negli ultimi 4 anni.

 

Antonino Lombardo – Foto da lavalledeitempli.it1

4 marzo 1995 Palermo. Antonino Lombardo, maresciallo dei Carabinieri, viene ritrovato cadavere nella propria auto. Suicidio per mafia?
Antonino Lombardo, 49 anni, Maresciallo dell’Arma dei Carabinieri, una vita in prima fila nella lotta alla mafia, da alcuni anni nel nucleo speciale dei Ros, il 4 marzo 1995 viene trovato privo di vita nella sua auto parcheggiata nel cortile del Comando Legione carabinieri Sicilia di Palermo, sul suo grembo l’arma d’ordinanza, con il dito ancora sul grilletto. Accanto a lui, una lettera di addio. La valigetta contenente “documenti importanti sulla trasferta negli Usa” con il boss Gaetano Badalamenti sparita. Ufficialmente morte per suicidio.
La famiglia non crede al suicidio del loro caro, tante domande a cui ad ora non si è data una risposta.

 

4 marzo 2001 Acerra (NA). Gaetano Affinito, commerciante di 63 anni, resta ucciso nel corso di una rapina nel suo supermercato.
Gaetano Affinito, titolare di un supermercato in via Vittorio Veneto ad Acerra, è stato ucciso il 4 marzo del 2001 durante una rapina. Gaetano ha cercato di reagire ed è stato colpito da uno dei rapinatori. Un proiettile lo ha colpito alla gamba, un altro ha raggiunto il cuore. Gaetano Affinito è stato trasportato alla clinica “Villa dei Fiori” dove è morto poco dopo.
I due rapinatori sono fuggiti in un’auto, che li attendeva all’esterno con a bordo un terzo complice.
Fonte: fondazionepolis.regione.campania.it

 

Pasquale Mandato

5 Marzo 1983 Santa Maria Capua Vetere (CE) Ucciso Pasquale Mandato, maresciallo degli agenti di custodia presso il carcere locale.
Pasquale Mandato, 53 anni, maresciallo del Corpo degli Agenti di Custodia, fu ucciso il 5 marzo 1983 mentre si recava in servizio presso il carcere di Santa Maria Capua Venere (CE), con numerosi colpi d’arma da fuoco da parte di sette, otto aggressori.
Ad ucciderlo Michelangelo D’Agostino, ex-camorrista, poi catturato dai carabinieri. È l’ennesima vittima che il corpo degli agenti di custodia paga come tributo all’intransigenza dimostrata nei confronti della criminalità organizzata. (Fondazione Pol.i.s.)

 

Marco Nicola Crocefisso Lorefice – Foto dalla famiglia

5 marzo 1991 Gela. Marco Nicola Lorefice, 18 anni, sequestrato, torturato e ucciso per il solo sospetto che appartenesse alla “Stidda”.
Marco Nicola Crocefisso Lorefice, nato a Gela l’11 gennaio 1973, scomparso il 5 marzo 1991, fu sequestrato, torturato e ucciso da appartenenti a “Cosa Nostra” per il solo sospetto che appartenesse alla “Stidda” e volevano che ne rivelasse i segreti. Il suo corpo, buttato in un pozzo, non è mai stato ritrovato poiché distrutto dalla calce da cui era stato ricoperto. Tutta la storia è emersa, dopo 20 anni, dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia.

 

5 marzo 1997 San Michele Salentino (BR). Ucciso Michele Lerna, commerciante, durante una rapina nella propria abitazione.
Il commerciante Michele Lerna fu ammazzato a San Michele Salentino, il 5 marzo del 1997, nel corso di una rapina nella sua abitazione che coinvolse l’intera sua famiglia. Per il suo omicidio è stato condannato Vito Di Emidio, alias Bullone, che ha confessato 25 omicidi ordinati o commessi in prima persona, tra Brindisi e provincia. La rapina era finalizzata a finanziare la Sacra corona unita. Di Emidio aveva saputo che Michele Lerna nascondeva soldi in casa.
Fonte: vivi.libera.it

Ferdinando Liguori

 

5 Marzo 2000 Giugliano (NA). Ucciso Ferdinando Liguori, 22 anni, all’uscita di una discoteca.
Ferdinando Liguori , 22 anni, operaio, viene ucciso dopo una serata alla discoteca “My Toy” di Giugliano. Il ragazzo aveva avuto una discussione poco prima della chiusura del locale: qualcuno aveva alzato la voce, era volato qualche pugno. Ma tutto sembrava finito così. Invece Ferdinando Liguori, di Casavatore (Napoli), è stato ucciso poco prima dell’alba, da uno dei due uomini con i quali aveva avuto il diverbio.
C’è stato un inseguimento di macchine quando ormai erano le cinque di mattina: la Fiat Punto dove viaggiava la vittima insieme ai tre amici non è stata persa d’occhio dalla Smart degli aggressori. A qualche chilometro dal locale, sulla circonvallazione esterna di Napoli, la Smart ha affiancato la Punto e sono partiti più colpi di pistola. I proiettili hanno colpito solo Liguori. Subito, l’auto degli aggressori si è allontanata. (Fondazione Pol.i.s.)

 

Domenico Buscetta

 

6 Marzo 1995 Palermo. Ucciso Domenico Buscetta, nipote di Tommaso. Vittima innocente di una vendetta trasversale
Domenico Buscetta, gioielliere di 45 anni è stato assassinato in un agguato, a Palermo,  il 6 marzo 1995. Due killer gli spararono con una calibro 38 alla testa. Vittima di una vendetta trasversale.
Domenico era figlio di Vincenzo Buscetta, fratello di Tommaso, ucciso con il figlio Benedetto all’interno della sua fabbrica di specchi in viale Delle Alpi, a Palermo, il 29 dicembre dell’82, quindi prima dell’inizio della sua collaborazione, iniziata dopo il 1984 con il giudice Giovanni Falcone. Tommaso Buscetta fu il primo riconosciuto collaboratore di giustizia, principale testimone nel maxi processo di Palermo.

 

7 Marzo 1946 Burgio (AG). Tommasa (Masina) Perricone in Spinelli, resta uccisa in un attentato contro il candidato sindaco di Burgio, Antonio Guarisco. Guarisco si salvò.
Tommasa (Masina) Perricone (in Spinelli) fu uccisa a Burgio (AG) il 7 marzo del 1946. Casalinga di  33 anni, appena sposata, stava rientrando a casa nello stesso istante in cui un commando stava cercando di eliminare il candidato sindaco di Burgio, Antonio Guarisco. I colpi sparati furono tanti. Uno colpì a morte Masina. Guarisco si salvò. Fu ferito solo ad un braccio.
Masina è vittima due volte. Uccisa dalla mafia e dimenticata dallo Stato per un incredibile errore. Nelle liste delle vittime della regione siciliana, probabilmente per un errore dattilografico, è indicata come MARINA SPINELLI, nome storpiato e il cognome del marito. Data per assassinata a Favara nell’attentato contro il sindaco Gaetano Guarino. “Con il risultato che pur essendo stata dichiarata vittima innocente della mafia i parenti non hanno potuto ottenere alcun aiuto e beneficio dall’amministrazione pubblica. Ed ancor oggi non sanno di aver avuto in casa una martire di Cosa nostra sancita dalla legge.” (Senza Storia di Alfonso Bugea e Elio Di Bella).

Giuseppe Burgio

 

7 marzo 1966 Canicattì (AG). Giuseppe Burgio, 48 anni, appuntato dei Carabinieri. Travolto da un’auto in un posto di blocco.
Giuseppe Burgio, 48 anni, appuntato dei carabinieri, morì nel 1966 travolto da un’auto che non si è fermata a un posto di blocco nei pressi di Canicattì.
Fonte: vivi.libera.it

 

David Beissah

8 marzo 1978 Milano. Rapito David Beissah, dirigente di una società finanziaria. Ucciso nonostante il pagamento del riscatto.
David Beissah, sessantacinque anni, di origini siriane e cittadino messicano, viveva in Italia da docici anni con la moglie, Edith Katri, cittadina libanese, e le tre figlie. Era dirigente di una società finanziaria con sede centrale in Svizzera, a Ginevra, e uffici di corrispondenza a Milano, in piazza Liberty; era inoltre responsabile di alcuni stabili in grandi città e in località turistiche svizzere.
La notte dell’8 marzo, intorno all’una, David Beissah fu rapito da due uomini armati di mitra davanti la sua abitazione, dove stava rientrando insieme alla moglie dopo aver trascorso la serata a casa della figlia maggiore, Liliana.
Beissah fu ucciso, nonostante il pagamento di 430 milioni di lire.
Le sue ossa furono ritrovate, dopo l’arresto dei suoi carcerieri, nelle vicinanze del cimitero di Mairago.

 

8 marzo 1984 Catania. Giuseppe Agatino Cannavò ucciso perché scambiato per un altro.
Giuseppe Agatino Cannavò fu ucciso a Catania l’8 marzo 1984 per uno scambio di persona perché aveva la stessa auto del vero obiettivo dei killer. Era un autista della Sita Bus. Il vero obiettivo dei sicari era Salvatore Paratore, che poi fu eliminato alcuni giorni dopo.
Fonte: vivi.libera.it

 

Marcella Di Levrano

8 Marzo 1990 Mesagne (BR). Scompare Marcella Di Levrano, 26 anni, mamma di una bimba. Uccisa perché aveva deciso di uscire dal mondo della droga in cui era caduta da adolescente e sospettata di collaborare con le forze dell’ordine
Il corpo martoriato di Marcella Di Levrano, 25 anni, scomparsa l’8 Marzo del 1990 da Mesagne (BR), fu ritrovato il 5 aprile del 1990 in un bosco fra Mesagne e Brindisi, con il volto sfigurato e reso del tutto irriconoscibile dai colpi infertile con un grosso masso trovato accanto. Marcella, madre di una bambina ancora in tenera età, dopo un trascorso di tossicodipendente, frequentazioni di ambienti malavitosi e con pregiudicati appartenenti alla criminalità organizzata brindisina e salentina, aveva deciso di abbandonare quel mondo, cercando di disintossicarsi e iniziando a portare la propria testimonianza alle forze dell’ordine su tutto ciò di cui era venuta a conoscenza nel corso degli anni, fatti minuziosamente raccontati in un diario. Non le fu dato il tempo di venirne fuori perché non appena si ebbe il semplice sospetto fu decisa la sua eliminazione, eseguita in modo spietato, uno degli atti più truci della storia della sacra corona unita.

 

Michele Reina

9 Marzo 1979 Palermo. Viene assassinato Michele Reina, segretario provinciale democristiano. “Ucciso per proteggere gli interessi di Vito Ciancimino”.
Michele Reina, segretario provincia della DC di Palermo, viene assassinato in una agguato mafioso il 9 marzo del 1979. Inizialmente l’omicidio fu rivendicato, con una telefonata al “Giornale di Sicilia” da presunti appartenenti ai terroristi di “Prima Linea”. Un’altra telefonata minacciò altri attentati se non fosse stato scarcerato il capo delle Brigate Rosse, Renato Curcio.
La verità l’ha raccontata Tommaso Buscetta, durante la sua collaborazione, nel lungo racconto fatto al giudice Giovanni Falcone: “Anche l’onorevole Reina è stato ucciso su mandato di Salvatore Riina”.
“Il 22 aprile del 1992, a Palermo si aprirà il processo per i cosiddetti “omicidi politici”: tra questi, anche quello di Michele Reina. Nell’aprile del 1999, dopo i primi due gradi di giudizio, il processo è approdato in Cassazione, dove sono state confermate sia l’impianto accusatorio che le pene irrogate. Con Salvatore Riina, sono stati condannati al carcere a vita Bernardo Provenzano, Pippo Calò, Michele Greco, Bernardo Brusca, Francesco Madonia e Antonino Geraci”.

 

10 marzo 1878 Palermo. Scompare Anna Nocera, 17 anni, ad opera del mafioso Leonardo Amoroso che dopo averla sedotta voleva disfarsi di lei.
Il 10 marzo 1878., a Palermo, scompare la diciassettenne Anna Nocera, ad opera del mafioso Leonardo Amoroso che dopo averla sedotta voleva disfarsi di lei.
Fonte: legalitaegiustizia.it

 

Placido Rizzotto

10 Marzo 1948 Corleone (PA). Scompare Placido Rizzotto, Partigiano, socialista, segretario della Camera del Lavoro e dirigente delle lotte contadine. Primo caso di “lupara bianca”. I suoi resti recuperati dopo 64 anni nella foiba di Rocca Busambra.
Placido Rizzotto (Corleone, 2 gennaio 1914 — Corleone, 10 marzo 1948) è stato un sindacalista italiano, rapito e ucciso dalla mafia.
Iniziò la sua attività politica e sindacale a Corleone al termine della guerra. Ricoprì l’incarico di Presidente dei reduci e combattenti dell’ANPI di Palermo e quello di segretario della Camera del lavoro di Corleone. Fu esponente di spicco del Partito Socialista Italiano e della CGIL.
Venne rapito nella serata del 10 marzo 1948, mentre andava da alcuni compagni di partito, e ucciso dalla mafia per il suo impegno a favore del movimento contadino per l’occupazione delle terre. Le indagini sull’omicidio furono condotte dall’allora capitano dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa. Sulla base degli elementi raccolti dagli inquirenti, vennero arrestati Vincenzo Collura e Pasquale Criscione che ammisero di aver preso parte al rapimento di Rizzot o in concorso con Luciano Liggio. Grazie alla testimonianza di Collura fu possibile ritrovare alcune tracce del sindacalista ma non il corpo, che era stato gettato da Liggio nelle foibe di Rocca Busambra, nei pressi di Corleone. Criscione e Collura, insieme a Liggio che rimase latitante fino al 1964, furono assolti per insufficienza di prove, dopo aver ritrattato la loro confessione in sede processuale.

 

10 marzo 1988 Afragola (NA). Assassinato in un agguato Francesco Salzano (40 anni), consigliere comunale.
Nella tarda serata del 10 marzo 1988 venne assassinato ad Afragola (Na) il consigliere comunale della Dc Francesco Salzano, 40 anni, insieme al consigliere Paolo Sibilio, medico analista di 39 anni. I due, dopo aver trascorso la giornata presso il comune di Afragola, decisero di andare a cena fuori. Verso le 22.45, saliti a bordo dell’auto di proprietà di Sibilio, vennero tamponati da una Fiat uno bianca. L’auto sbandò finendo contro un palo proprio mentre dall’utilitaria scesero tre uomini e cominciarono a sparare all’impazzata.
Sibilio morì all’istante mentre Salzano spirò presso l’ospedale Nuovo Pellegrini dove venne portato dai soccorritori.
Francesco Salzano, docente di lettere presso una scuola media, ricopriva dal 1987 la carica di assessore alla polizia urbana al comune di Afragola ed era consigliere delegato per i lavori connessi alla legge 219 per la ricostruzione post-terremoto. Non si esclude, quindi, che la camorra fosse interessata alla mole di denaro che stava arrivando nelle casse del comune per la ricostruzione dopo il terremoto del 1980.
A Salzano la Giunta comunale ha intitolato una strada cittadina.
(Fonte: MEMORIA Nomi e storie delle vittime innocenti delle mafie)

 

10 Marzo 2003 Lamezia Terme (CZ). Ucciso Antonio Perri, imprenditore che si rifiutava di pagare il pizzo.
Antonio Perri, di 71 anni, proprietario di diversi supermercati e due centri commerciali a Lamezia Terme (CZ) fu ucciso il 10 marzo del 2003 all’ingresso di un deposito del centro commerciale “Atlantico” di sua proprietà. Non si era piegato alle richieste del racket. Fu punito per dare un esempio.

 

 

11 marzo 1975 Corleone (PA). Ucciso Angelo Calabrò, 26 anni, appuntato dei Carabinieri
Angelo Calabrò, 26 anni, Appuntato dei Carabinieri, nato a Reggio Calabria il 18 novembre del 1949, in servizio presso la caserma di Corleone, morì l’11 marzo del 1975 durante un servizio di Polizia Giudiziaria cui erano connessi elementi di rischio.
Angelo Calabrò è riconosciuto vittima del dovere, ancora a oggi non sono stati trovati i colpevoli.
Fonte: vivi.libera.it

 

 

Salvatore Pollara

11 Marzo 1983 Palermo. Ucciso il costruttore edile Salvatore Pollara
Salvatore Pollara era un costruttore edile di Palermo. Aveva collaborato con la giustizia per fare processare i responsabili dell’omicidio del fratello Giovanni, scomparso nel 1979, e aveva denunciato i tentativi di richiesta del pizzo.
L’11 Marzo 1983 fu assassinato, in Via Montuoro, mentre rientrava a casa a bordo di una Renault guidata da un amico. La vettura fu bloccata da due killer che fecero fuoco ripetutamente. Salvatore Pollara morì sul colpo. Il conducente della vettura rimase ferito.

 

Nicola D’Antrassi11 Marzo 1989 Scordia (CT). Ucciso Nicola D’Antrassi, 63 anni, grossista di agrumi. Aveva denunciato infiltrazioni malavitose nell’agrumicoltura.
Nicola D’Antrassi, nato a San Felice Circeo (LT) il 12 febbraio 1926, laureato in legge, commerciante di prodotti ortofrutticoli a Scordia (CT), viene assassinato a 63 anni l’11 Marzo del 1989.
L’azienda di D’Antrassi, al momento dell’assassinio, si chiamava ORFRUTTA Srl, aveva c.a duecento dipendenti ed era gestita con piglio manageriale d’avanguardia. D’Antrassi era ben voluto sia dai suoi dipendenti, a cui applicava con scrupolosità i contratti di categoria, che dai produttori con cui si comportava con rettitudine, mentre era malvisto da alcuni commercianti del paese, che tendevano a sfruttare i propri dipendenti e a frodare i produttori.
Nel corso della sua attività aveva ricevuto svariate minacce, atti intimidatori, come alcuni incendi, e richieste estorsive, ma nell’ultimo periodo era particolarmente preoccupato anche se non si era confidato neppure con isuoi famigliari. Il suo è un omicidio ancora senza verità e giustizia.

Giuseppe Grandolfo

 

11 Marzo 2000 BARI. Giuseppe Grandolfo, ucciso per errore mentre era nei locali di un circolo
Giuseppe Grandolfo, 38 anni, era nel locale di un circolo ricreativo di Bari,  a bere una birra insieme ad un amico, quando due sicari hanno fatto irruzione sparando all’impazzata contro i presenti. Giuseppe, colpito alla testa , è morto sul colpo. Era sposato e aveva 2 Bambini, di 5 e 9 anni.

 

Joe Petrosino

12 Marzo 1909 Palermo. Assassinato Giuseppe (Joe) Petrosino “il più famoso dei poliziotti italiani d’oltreoceano. E’ ancora oggi ricordato negli USA come un martire nella lotta contro il crimine organizzato”.
Giuseppe Petrosino, detto Joe (Padula, 30 agosto 1860 – Palermo, 12 marzo 1909), è stato un poliziotto italiano naturalizzato statunitense.
Alle 20.45 di venerdì, 12 marzo 1909, tre colpi di pistola in rapida successione, e un quarto sparato subito dopo, suscitano il panico nella piccola folla che attende il tram a capolinea di piazza Marina a Palermo. C’è un generale fuggi fuggi: solo il giovane marinaio anconetano Alberto Cardella (Regia Nave Calabria) si lancia coraggiosamente verso il giardino Garibaldi, nel centro della piazza, da dove sono giunti gli spari: in tempo per vedere un uomo cadere lentamente a terra, ed altri due fuggire scomparendo nell’ombra. Non c’è soccorso possibile, l’uomo è stato raggiunto da tre pallottole: una al volto, una alle spalle, e una terza mortale alla gola. Poco dopo si scopre che si tratta del detective Giuseppe Petrosino, il nemico irriducibile della malavita italiana trapiantata negli Stati Uniti, celebre in America come in Italia quale protagonista della lotta al racket. Il console americano a Palermo telegrafa al suo governo: Petrosino ucciso a revolverate nel centro della città questa sera. Gli assassini sconosciuti. Muore un martire.
Il governo mise subito a disposizione la somma di 10.000 lire, per chi avesse fornito elementi utili a scoprire i suoi assassini ma la paura della mafia sarà più forte dell’attrazione esercitata da quella pur elevata offerta di soldi. Le bocche rimarranno chiuse. Circa 250.000 persone parteciparono al suo funerale a New York, un numero fino ad allora mai raggiunto da alcun funerale in America. (Wikipedia)

 

Rocco Gatto

12 Marzo 1977 Gioiosa Ionica (RC). Ucciso il mugnaio Rocco Gatto, un uomo onesto che aveva detto “no” al racket.
Rocco Gatto, mugnaio di  Gioiosa Ionica venne assassinato in un agguato mafioso il 12 marzo 1977.
Era un uomo onesto e grande lavoratore, iscritto al Partito Comunista, non aveva mai ceduto ai ricatti e alle minacce subiti , anche l’incendio del mulino non lo piegò. In una trasmissione televisiva aveva detto  “Non pagherò mai la mazzetta.Lotterò fino alla morte”. Ma non fu ucciso per questo.
“Il 6 novembre 1976 il capoclan Vincenzo Ursini rimane ucciso in un conflitto a fuoco con i carabinieri e la ‘ndrina pensa ad un’esecuzione quindi reagisce violentemente e impone il coprifuoco in tutto il paese in onore del boss defunto. Vennero rispediti a casa i commercianti ambulanti giunti fino a Gioiosa Ionica per il mercato e venne imposta la chiusura di tutti gli esercizi commerciali, ma Rocco Gatto non ci sta e si ribella nuovamente denunciando il tutto con nomi e cognomi ai carabinieri e alla magistratura. La ‘ndrangheta però non tollera il suo operato e il 12 marzo 1977 si muove violentemente. Rocco era alla guida del suo furgone di lavoro lungo la strada provinciale per Roccella Ionica; i killer lo attendono sotto un ponticello e al suo passaggio gli sparano tre colpi di lupara uccidendolo” (Wikipedia)

 

Mariano Mellone-Francesca Moccia

12 Marzo 1981 Napoli. Uccisi Mariano Mellone e Francesca Moccia. Vittime innocenti in una sparatoria tra clan rivali
Mariano Mellone, 33 anni, marito amorevole, padre di una bambina di appena 1 anno, era andato in quell’autofficina per accelerare la riparazione della 500 della moglie e Francesca Moccia, di quasi cinquant’anni, madre di cinque figli, gestiva il negozio di frutta e verdura di fronte e in quel momento, insieme al marito, stava riportando all’interno del negozio le cassette della frutta esposte fuori.
Erano le 14,15 del 12 marzo del 1981, in pieno centro di Napoli. Mariano e Francesca erano intenti a vivere la propria vita, si trovavano al posto giusto nel momento giusto. Poi sono arrivati loro, a viso scoperto, armati di mitra e pistole; volevano uccidere un malavitoso della zona che si trovava all’interno dell’autofficina e invece hanno ucciso due innocenti.

 

12 marzo 1984 Siracusa. Paolo Signorino, piccolo imprenditore, ucciso in un tentativo di intimidazione.
Paolo Signorino era meccanico di professione e in poco tempo diventò distributore e manutentore di jukebox a Siracusa e provincia, facendo crescere la sua impresa. Il 12 marzo del 1984, un’intimidazione ai danni del commerciante si trasformò in tragedia. Paolo Signorino tentò di schivare un colpo di lupara che serviva a gambizzarlo, invece fu colpito in pieno stomaco. Morì tra le braccia del figlio 18enne, Franco.
Fonte: /vivi.libera.it

 

Sergio Cosmai

12 Marzo 1985 Cosenza. Ucciso Sergio Cosmai, direttore del carcere di Cosenza
A Cosenza il 12 marzo 1985 viene assassinato in un agguato mafioso Sergio Cosmai, direttore del locale carcere. Fu  mortalmente ferito al capo con undici proiettili calibro 38 mentre, alla guida della sua Fiat Cinquecento, si stava recando all’asilo a prelevare la figlioletta Rossella di tre anni. La moglie Tiziana Palazzo era incinta del secondo figlio Sergio, che nacque un mese dopo la morte del papà.
Sergio Cosmai diresse il carcere di Cosenza dal settembre del 1982: aveva trovato un carcere controllato dalle cosche, in cui gli esponenti godevano di privilegi. Lui riorganizzò l’Istituto di pena nel massimo rispetto delle leggi e delle norme della riforma carceraria.
Tutto ciò non fu gradito e il boss, che aveva tentato anche con atti di forza di riprendere il controllo, ne ordinò l’uccisione.
L’omicidio di Sergio Cosmai è rimasto impunito come tanti altri fatti di sangue di quegli anni. Al suo nome sono intitolate un’aula della Pretura, una strada ed una scuola della sua città natale.

 

12 Marzo 1991 Locri (RC). Antonio Valenti, operaio di 31 anni. Una vendetta trasversale; i titolari della ditta dove lavorava si erano rifiutati di pagare il pizzo.
Antonio Valenti, un operaio di 31 anni, muore in ospedale il 12 marzo del ’91, a Locri. La sera prima l’agguato, una vendetta trasversale: i titolari della ditta dove lavorava hanno detto no al pizzo, e gli estorsori decidono di alzare il tiro. Le indagini si orientano subito verso la pista delle estorsioni. Ai fratelli Gallo, titolari della società, erano arrivate diverse richieste di denaro da parte di una banda locale. Somme ingenti. Al rifiuto di versare la mazzetta seguono gli attentati dinamitardi contro i camion e i colpi di pistola contro i mezzi della ditta. Poi l’agguato. Sul campo resta una vittima innocente. (Stopndrangheta.it)

 

Riccardo Marco Verde – foto da ecodegliblei

12 marzo 1991 Napoli. Muore Riccardo Marco Verde, carabiniere di 23 anni, ferito in uno scontro con un camorrista.
Riccardo Marco Verde nato a Catania l’11/03/1968, deceduto in Napoli il 12/03/1991.
Cresciuto a Vittoria (RG) con la famiglia, si è sempre distinto per la sua bontà d’animo, il suo altruismo e l’affetto per i suoi cari. Finita la scuola, all’età di 18 anni, prestò servizio militare nell’arma dei Carabinieri come ausiliario, quella divisa lo ha talmente affascinato tanto da decidere di voler continuare e, arruolato, fu assegnato in servizio effettivo a Napoli presso la Stazione Napoli Scali.
l’11/03/1991, giorno del suo 23esimo compleanno, libero dal servizio, unitamente ad altri due colleghi si recò presso una sala cinematografica per assistere alla visione di un film. All’interno riconobbe un latitante che alla fine del primo tempo, vistosi osservato, si stava allontanando dalla sala. Il Carabiniere Verde, insospettitosi, unitamente ai colleghi, lo seguì all’esterno ma questi, vistosi scoperto, non esitava a ingaggiare un conflitto a fuoco con i militari.
Nel conflitto a fuoco il carabiniere Verde Riccardo veniva attinto mortalmente.
I colleghi del militare spararono contro l’assassino che successivamente decedeva per le ferite riportate.
Per tale fatto il Carabiniere “Verde Riccardo Marco” è stato riconosciuto “vittima del dovere”.
Fonte: vittimedeldovere.it

Totò Speranza

 

12 Marzo 1997 Bovalino (RC). Ucciso per 300mila lire Totò Speranza, 28 anni

Totò Speranza,  bassista del gruppo calabrese degli “Invece” è stato ucciso a Bovalino (RC) il 13 marzo del ’97 per un debito di 300mila lire. Aveva 28 anni e fumava marijuana; non ha pagato il suo pusher ed è morto.

 

13 Marzo 1985 Palermo. Ucciso Giovanni Carbone, imprenditore edile.
Era il 1985, qualche mese prima che la mafia decidesse l’attacco alla Polizia di Stato con gli omicidi di Beppe Montana, Antonino Cassarà e Roberto Antiochia, a Palermo venivano uccisi due imprenditori. Il 27 febbraio: Pietro Patti, il 13 marzo: Giovanni Carbone. Due assassinii di mafia, legati all’imposizione del racket, rimasti senza verità giudiziaria. Pietro Patti venne ucciso per non aver accettato le richieste di estorsione per mezzo miliardo di lire dell’epoca. Nell’agguato rimase gravemente ferita anche la figlia Gaia, di soli nove anni, che Patti stava accompagnando a scuola. Nel 1985,quando la mafia era al top del suo dominio a Palermo, Patti e Carbone pretendevano di non dover nulla alla mafia e, quindi, di non dover sottostare al ricatto dei boss.
Erano gli anni in cui Falcone e Borsellino e gli altri del pool antimafia dovevano “quartiarsi”, prima che dalla mafia, dalle talpe all’interno del palazzo dei veleni. Eppure, a Palermo, in quel contesto, due cittadini qualunque, Pietro Patti e Giovanni Carbone, si ribellavano alla mafia. (Liberanet.org)

 

13 marzo 1991 Catania. Muore in ospedale Antonino Ludovico Bruno, 50 anni, direttore della Banca popolare di Belpasso.
Antonino Ludovico Bruno era direttore della Banca popolare di Belpasso ucciso il 13 marzo 1991, al termine di una spedizione punitiva voluta dalla cosca Pulvirenti. I due esecutori, incaricati del pestaggio, erano due tossicodipendenti che dovevano convincere il direttore a piegarsi alle richieste di denaro facile senza garanzie. Le cose sfuggirono di mano ai due uomini e Antonino Bruno morì durante il pestaggio. I due furono uccisi poco tempo dopo.
Fonte: vivi.libera.it

 

13 Marzo 2001 Surbo (LE) Resta ucciso Antonio Della Bona, operaio di 33 anni, padre di due bambini, mentre era nel bar “Mille Foglie”. Innocente vittima di una guerra tra clan.
Il 13 marzo del 2001 fu assassinato per sbaglio l’operaio Antonio Della Bona trovatosi per caso nella traiettoria dei proiettili che uccisero il pregiudicato Fabrizio Negro.
Fonte: vivi.libera.it

 

 

14 Marzo 1948 Corleone (PA). Giuseppe Letizia, 13 anni, fu testimone dell’omicidio di Placido Rizzotto, morì tre giorni dopo il ricovero nell’ospedale diretto da Michele Navarra, mandante dell’omicidio di Rizzotto.
Giuseppe Letizia (Corleone, 1935 – Corleone, 11 marzo 1948) è stato un giovane pastore, vittima della mafia. All’età di 13 anni assistette all’omicidio del sindacalista Placido Rizzotto, ucciso il 10 marzo 1948 da Luciano Liggio, luogotenente di Michele Navarra, capomafia di Corleone. La notte in cui avvenne il delitto, Giuseppe Letizia era nelle campagne corleonesi ad accudire il proprio gregge. Il giorno seguente fu trovato delirante dal padre, che lo condusse all’ospedale Dei Bianchi diretto da Navarra. Lì, il ragazzo, in preda di una febbre alta, raccontò di un contadino che era stato assassinato nella notte. Curato con un’iniezione, morì ufficialmente per tossicosi, sebbene si ritenga che al ragazzo possa essere stato somministrato del veleno. Tesi che fu segnalata dai giornali dell’epoca: l’Unità, il 13 marzo 1948 pubblicò in prima pagina un articolo sulla vicenda: «C’è motivo di pensare, e molti in paese sono a pensarla così che il bambino sia stato involontariamente testimone dell’uccisione di Rizzotto e che le minacce e le intimidazioni lo abbiano talmente sconvolto da provocargli uno shock e come conseguenza di esso la morte» .  Seguita il 21 marzo 1948 da La Voce della Sicilia: «Un bimbo morente ha denunciato gli assassini che uccisero Placido Rizzotto nel feudo Malvello».
Il medico che aveva in cura il ragazzo presso l’ospedale, il dott. Ignazio Dell’Aria, qualche giorno dopo la morte del ragazzo chiuse il suo studio ed emigrò in Australia. (Wikipedia)

 

Antonio Di Palo – Foto da cadutipoliziadistato.it 

16 marzo 1970 Napoli. Muore Antonio Di Palo, 47 anni, appuntato della Polizia di Stato, dopo sette anni di sofferenza a seguito dell’aggravarsi delle ferite d’arma da fuoco subite ad opera di un pregiudicato ben sette anni prima.
Antonio Di Palo, 47 anni, appuntato della Polizia di Stato morì il 16 Marzo nella clinica in cui era stato ricoverato per l’ennesima volta a seguito dell’aggravarsi delle ferite d’arma da fuoco subite ad opera di un pregiudicato ben sette anni prima.
La sera del 13 gennaio 1963 l’appuntato Di Palo era impegnato assieme ad altri colleghi in un normale controllo notturno. L’appuntato procedette a fermare una vettura con a bordo due giovani: mentre uno di essi esibì il proprio documento, l’altro estrasse una pistola aprendo il fuoco contro l’appuntato Di Palo e ferendolo gravemente con tre pallottole. Subito trasportato all’ospedale venne operato, ma nei mesi successivi le sue condizioni si aggravarono e venne sottoposto a vari e delicati interventi chirurgici nel corso degli anni ed a cure intensive, ma l’appuntato Di Palo non si riprese mai completamente, anche se per un breve periodo di tempo riuscì a tornare sul proprio posto di lavoro. Le sue condizioni di salute peggiorarono progressivamente, fino al decesso avvenuto a distanza di sette anni dalla sparatoria. Il suo feritore venne catturato nell’immediatezza dei fatti e condannato a 11 anni di carcere per tentato omicidio.
Antonio Di Palo lasciò la moglie e il figlio di appena due anni.
Fonte: “Il Mattino” del 19 Marzo 1970. Si ringrazia per la foto il figlio del Caduto Antonio di Palo
Fonte: cadutipoliziadistato.it

 

Antonio D’Onufrio

16 Marzo 1989 Palermo. Antonio D’Onufrio, 39 anni, ucciso perché ritenuto informatore della polizia.
Antonio D’Onufrio era un barone, possidente terriero, del quartiere Ciaculli, a Palermo. Collaborò con la criminalpol palermitana fornendo informazioni logistiche sulla sua borgata utili agli investigatori per scovare i molti latitanti nascosti a Ciaculli. Fu ucciso il 16 marzo del 1989, a soli 39 anni. La sua fu un esecuzione esemplare; dopo una raffica di mitra gli fu inferto un colpo di pistola in bocca. E’ la firma di Cosa Nostra sui cadaveri di chi ha “parlato troppo”.

 

Emanuele Piazza

16 Marzo 1990 Palermo. Scompare Emanuele Piazza, collaboratore del Sisde. Insieme a Nino Agostino sventò l’attentato dell’Addaura al giudice Falcone.
Era un poliziotto italiano. Entrò nelle forze dell’ordine come agente della Polizia di Stato. Successivamente, si dimise per trasferirsi nella sua città natale, operando poi come agente dei servizi (SISDE) e “cacciatore di latitanti”. Durante il suo ultimo incarico lavorò anche come autista e guardia del corpo per alcuni politici. Emanuele Piazza scomparve dalla sua abitazione di Sferracavallo, a Palermo, il 16 marzo 1990. Anni dopo la ricostruzione dei fatti avvenne grazie alle rivelazioni di due collaboratori di giustizia, tra cui il suo stesso assassino, Francesco Onorato: quel 16 marzo Emanuele venne attirato fuori dalla sua abitazione da Onorato, ex pugile e suo vecchio compagno di palestra, con la scusa di cambiare un assegno in un magazzino di mobili di Capaci (a pochi minuti di distanza da Sferracavallo). Onorato condusse Piazza in uno scantinato dove l’agente venne strangolato. In seguito il suo cadavere venne sciolto nell’acido in un casolare della campagna di Capaci. (Liberanet.org)

 

16 marzo 1991 Napoli. Ucciso Antonio Nubile, guardia giurata, per non aver voluto consegnare l’arma in dotazione.
Antonio Nubile fu massacrato, mentre era in servizio alla facoltà di Scienze dell’università Federico II di Napoli, per sottrargli l’arma di sevizio nel pomeriggio del 16 marzo del 1991.
Fonte:guardiegiurateincongedo.it

 

Angela Costantino

16 marzo 1994 Reggio Calabria. Scompare Angela Costantino, 25 anni, madre di quattro figli, uccisa per aver tradito il marito boss della ‘ndrangheta
Angela Costantino, venticinque anni e madre di quattro figli, scomparve dalla sua casa di Reggio Calabria il 16 marzo 1994. Era moglie del boss della ‘ndrangheta Pietro Lo Giudice, detenuto nel carcere di Palmi.
Dopo 18 anni, grazie alle rivelazioni di alcuni pentiti si è saputa la verità.
Angela Costantino è stata strangolata in casa ed il suo corpo fatto sparire, condannata a morte dalla famiglia del marito per averlo tradito mentre lui era in carcere.

 

Giuseppe Mizzi

16 Marzo 2011 Bari. Giuseppe Mizzi, ucciso perché scambiato per un altro.
Bari. Giuseppe Mizzi venne bruscamente assassinato a due passi da casa sua, il 16 marzo del 2011, mentre rientrava dopo aver acquistato un pacchetto di sigarette. Giuseppe nasce a bari il 23-12-1972,in un quartiere popolare di bari, all’età di 15 anni acquisisce la licenza media e inizia a lavorare con il suo papà nei cantieri svolgendo lavori edili. All’età di 17 anni si trasferisce a Loseto insieme alla sua famiglia. Giuseppe era un ragazzo molto socievole, amava parlare con la gente, amava la musica ed era molto credente. All’età di circa 19 anni partì per il servizio militare e al suo ritorno per mancanza di lavoro cercò di aprire una piccola attività di imprese di pulizie ma col passare dei mesi decise di abbandonare tutto, ma riuscì con la sua tenacia, grinta e soprattutto onestà a svolgere altri piccoli lavoretti che non gli facevano mancare niente. Conobbe all’età di 22 anni Katia che divenne successivamente sua moglie, e madre di due splendidi bambini. Quando divenne padre dei suoi bambini Giuseppe cercava di fare di tutto per non far mancare niente alla sua famiglia,lavorava dalle 3 del mattino fino alle 8 di sera in un impresa di pulizia, e contemporaneamente svolgeva altri lavori,la sua vita era segnata da tanti sacrifici,ma con il suo carisma cercava sempre di andare avanti e di non abbattersi mai. Durante il suo poco tempo libero lo dedicava ai suoi bambini, educandoli in modo rispettoso,umile e trasmettendogli i veri valori della vita; amava cantare,accudire le persone anziane e non riusciva mai a provare cattiveria verso gli altri.
La nostra famiglia dopo questa vicenda è completamente distrutta dal dolore,tutta quell’armonia che una volta c’era adesso è svanita. A distanza di tempo dalla sua scomparsa,noi famigliari non riusciamo ancora a capire come una persona onesta come lui, possa perdere la vita ingiustamente, ma soprattutto non si riesca a fare giustizia e verità per un cittadino esemplare. Adesso lo scopo principale della sua famiglia e combattere affinché tutti sappiano chi era Giuseppe, ma soprattutto chiedono un supporto alle famiglie colpite dalla nostra stessa vicenda, ma anche a voi tutti affinché possiamo insieme sconfiggere questa criminalità organizzata. (La famiglia Mizzi)

Francesco Della Corte

 

16 marzo 2018 Napoli (Quartiere Piscinola). Muore Francesco Della Corte, 51 anni, guardia giurata, in seguito alle ferite procurategli in una aggressione per rubargli l’arma in dotazione.
Francesco Della Corte stava lavorando la sera del 3 marzo del 2018. Lavorava come vigilante all’interno delle stazioni della metropolitana. Fu aggredito e ucciso a bastonate da tre ragazzi minorenni mentre era in servizio notturno presso la stazione della Metropolitana di Piscinola. L’aggressione avvenuta per rubare la pistola del vigilante e rivenderla, invece ora resta il macigno di un omicidio.
vivi.libera.it

 

Domenico Petruzzelli

17 Marzo 2014 Strage di Palagiano (TA). Domenico Petruzzelli, 30 mesi, è stato ucciso insieme con la mamma mentre erano in macchina con il compagno di lei.
Domenico Petruzzelli, 30 mesi, è stato ucciso in un agguato mortale il 17 marzo del 2014 a Palagiano (TA). Era in auto con la mamma ed il compagno di lei che, in semilibertà, stavano riaccompagnando al carcere presso il quale stava finendo di scontare la pena per un duplice omicidio. Tutti e tre colpiti da una pioggia di proiettili. Si sono salvati i fratellini più grandi, di sei e sette anni, perchè seduti sul sedile posteriore. Sembra che il movente sia stato un regolamento di conti. E’ stato arrestato il presunto mandante della strage. Il processo è in corso.

 

Vincenzo Di Salvo

18 Marzo 1958 Licata (AG). Ucciso Vincenzo Di Salvo, 32 anni, dirigente sindacale.
Vincenzo Di Salvo fu ucciso a Licata (AG)  il 18 marzo del 1953. Era un dirigente del settore edile della camera del lavoro di Licata, difese i diritti di un gruppo di operai edili che non ricevevano lo stipendio dalla ditta per cui lavoravano, “il sovrastante della ditta (un mafioso licatese) se lo porta a discutere in una strada isolata e l’uccide”.

 

Alfredo Agosta

18 Marzo 1982 Catania. Viene assassinato il maresciallo Alfredo Agosta, da tempo impegnato in delicate indagini sulle attività di alcune famiglie mafiose del catanese.
Alfredo Agosta, Maresciallo dei Carabinieri, noto a Catania per essere un investigatore preparato e scrupoloso, viene ucciso con colpi d’arma da fuoco sparati a bruciapelo nel centro di Catania mentre sta prendendo un caffè all’interno di un bar in compagnia di un confidente, la sera del 18 marzo 1982.

 

18 Marzo 1990 Rosarno (RC) Rapito Michele Arcangelo Tripodi, 12 anni. Il corpo ritrovato dopo 7 anni.
Michele Arcangelo Tripodi, un bambino di 12 anni scomparso il 18 marzo del 1990 venne ritrovato dopo 7 anni, il 14 luglio 1997,  in una fossa nelle campagne di Rosarno. La madre lo riconobbe  dagli indumenti indossati.
Il 26 novembre successivo venne ucciso anche il padre, Rocco Tripodi, commerciante all’ingrosso di agrumi, con precedenti penali in odor di mafia, ex sorvegliato speciale di pubblica sicurezza; con lui sarà ucciso anche un onesto commercialista, Ferdinando Barbalace, che si era fermato sul luogo dell’attentato pensando ad un incidente stradale.  Sulla base delle indagini che hanno svolto i Carabinieri è emerso che il sequestro di Michele Tripodi,  effettuato da alcuni affiliati alla ‘ndrangheta, doveva essere un messaggio, un ”avvertimento”al padre, affiliato alla cosca Lamalfa di San Ferdinando che si sarebbe reso responsabile di uno ”sgarro” nei confronti di appartenenti alla stessa organizzazione o di altri gruppi criminali della Piana di Gioia Tauro. Nonostante il sequestro del figlio, Rocco Tripodi andò avanti nella sua azione di sfida contro le persone che avevano motivi di risentimento nei suoi confronti, per questo venne ucciso.

 

Maria Teresa Gallucci, Marilena Bracaglia e Nicolina Celano

18 Marzo 1994 Pegli (GE). Uccise Marilena Bracaglia, 22 anni, la zia Maria Teresa Galluccio, 40 anni, e la nonna Nicolina Celano, 74 anni. Strage in nome “dell’onore”.
La mattina del 18 marzo 1994 a Pegli, nel ponente genovese, una calibro 22 e una calibro 38 compiono una strage di donne: in una casa popolare di via Scarpanto vengono ammazzate la vedova rosarnese Maria Teresa Gallucci, la madre settantenne Nicolina Celano, accorsa al rumore degli spari, e la 22enne Marilena Bracaglia, nipote delle due, freddata mentre si trovava ancora sotto le coperte del divano letto. Primo e unico indiziato, il ventenne di Rosarno Francesco Alviano, uno dei tre figli di Maria Teresa, poi scagionato. Nel corso della sua deposizione nell’ambito del processo All Inside, la collaboratrice di giustizia Giusy Pesce ha fornito una nuova ricostruzione della strage, puntando l’indice sui presunti responsabili: “Fu delitto d’onore ma a sparare non fu Francesco”. (stopndrangheta.it)

 

Vincenzo Cotroneo

18 Marzo 2006 Bianco (RC). Ucciso Vincenzo Cotroneo, 28 anni, giocatore del Locri.
Vincenzo Cotroneo, 28 anni, rimasto vittima la notte del 18.03.2006 di un agguato di stampo mafioso a Bianco, centro della Locride. Stava rientrando a casa in auto quando è stato affiancato da un’altra vettura con a bordo due persone che hanno sparato con un fucile ed una pistola. Raggiunto dai proiettili in diverse parti del corpo, è deceduto all’istante. Salvatore Vincenzo Cotroneo, Enzo per tutti, collaborava con il padre nel suo lavoro di imbianchino, ma la sua grande passione era il calcio. Giocava come centravanti nel Locri.
Si sarebbe dovuto presentare per un interrogatorio al reparto operativo dei carabinieri, il primo della sua vita. Gli investigatori volevano informazioni su quattro o cinque personaggi che gli giravano intorno, soprattutto volevano scoprire se lui conosceva alcuni nomi. E non di mafiosi qualunque, volevano scoprire se lui conosceva i nomi di quelli che un’estate prima avevano sparato sulla saracinesca del circolo sportivo che Vincenzo gestiva insieme al padre in un vicolo di Bianco. Un avvertimento molto speciale, l’arma usata era una calibro 9 x 21, molto probabilmente la stessa che il 16 ottobre successivo ha ucciso Francesco Fortugno nel seggio dove si votava per le primarie dell’Unione.

 

Rosario Bonfiglio

19 Marzo 1987 Reggio Calabria. Rosario Bonfiglio, Agente della Polizia di Stato, ucciso mentre era a far acquisti con la moglie.
Venne assassinato il 19 Marzo in una gioielleria del centro di Reggio Calabria, dove si era recato insieme alla moglie, in attesa di un figlio, ed a alcuni amici per alcuni acquisti. Quando entrarono nel negozio vi trovarono due giovani banditi  che stavano compiendo una rapina all’interno. Uno di questi reagì sparando contro l’agente scelto Bonfiglio, uccidendolo prima che questi potesse tentare una qualsiasi reazione. Gli assassini vennero arrestati nel 1993, in seguito alle dichiarazioni di un “collaboratore di giustizia” auto-accusatosi del delitto. Il complice  era un agente corrotto della Polizia di Stato.

 

Don Peppino Diana

19 Marzo 1994 Casal di Principe (CE). Ucciso Don Giuseppe Diana
Alle 7.30 del 19 marzo del 1994, giorno del suo onomastico, don Giuseppe Diana viene assassinato nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari in Casal di Principe, mentre si accingeva a celebrare la Santa Messa.  Due killer lo affrontano con una pistola calibro 7.65. e quattro proiettili vanno tutti a segno: due alla testa, uno in faccia e uno alla mano. Don Peppe muore all’istante.
L’omicidio, di puro stampo camorristico, fece scalpore in tutta Italia.
Don Peppe visse negli anni del dominio assoluto della camorra casalese, legata principalmente al boss Francesco Schiavone detto Sandokan. Gli uomini del clan controllavano non solo i traffici illeciti, ma si erano infiltrati negli enti locali e gestivano fette rilevanti di economia legale, tanto da diventare “camorra imprenditrice”.
Il barbaro omicidio, dicono gli atti processuali, maturò in un momento di crisi della camorra casalese. In questo periodo, una fazione del clan ordinò l’omicidio di don Peppe, personaggio molto esposto sul fronte antimafia, per far intervenire la repressione dello Stato contro la banda che ormai aveva vinto la guerra per il controllo del territorio.
Oggi Casal di Principe è la terra di don Diana e di quanti in lui si riconoscono. Numerose le iniziative in sua memoria, il Comitato don Peppe Diana, Libera e altri soggetti isitutuzionali hanno tracciato il percorso affinchè nel settembre 2011 venisse costituita la prima Cooperativa Libera-Terra sui terreni confiscati ai casalesi. La cooperativa “Le Terre di don Peppe Diana – Libera-Terra”, costituita con bando pubblico, produce la mozzarella della legalità.  La mozzarella di don Diana aggiunge al sapore gustoso della mozzarella il sapore della legalità, ecco perchè i prodotti provenienti dai terreni confiscati sono “più buoni e più giusti”. (Fondazione Pol.i.s.)

 

Giorgio Palazzo

19 Marzo 2006 San Nicandro Garganico (FG). Giorgio Palazzo, 18 anni, ucciso da un pacco bomba.
Giorgio Palazzo, un ragazzo di 18 anni è stato ucciso da un pacco bomba indirizzato al padre. E’ accaduto a Sannicandro Garganico, nel Foggiano, il 19 marzo del 2006. Giorgio, figlio di un noto gioielliere del paese, è morto mentre veniva trasportato in ospedale a San Severo. L’esplosione del plico ha ferito gravemente la madre.
Un pacco simile era stato recapitato anche a un amico meccanico, ma non è scoppiato: mentre apriva la busta, l’uomo ha visto spuntare fili elettrici e ha buttato via l’involucro.
In questa storia la mafia non c’entra. E’ una storia di gelosie ma la vicenda ha suscitato nella cittadinanza, soprattutto tra i giovani di Sannicandro, il paese delle “faide”, una grande protesta culminata con una fiaccolata.
«Chi se ne fotte delle corna, del sesso, del movente vero di questo omicidio assurdo: tutto è nato a Sannicandro, il nostro paese, qui la violenza la respiri giorno per giorno, ora per ora. Per questo è morto Giorgio» Così afferma un liceale durante il corteo fiaccolata.

 

Mino Pecorelli

20 marzo 1979 Roma. Assassinato Carmine Mino Pecorelli, giornalista, in circostanze ancora da chiarire.
Carmine Pecorelli, meglio conosciuto come Mino Pecorelli, è stato un giornalista, avvocato e scrittore italiano, che nell’ambito del giornalismo si occupò d’indagine politica e sociale. Fondatore dell’agenzia di stampa «OP-Osservatore Politico» («OP») che divenne poi anche una rivista, venne assassinato a Roma in circostanze ancora oggi non del tutto chiarite.
[…] La sera del 20 marzo 1979 Mino Pecorelli fu assassinato da un sicario che gli esplose quattro colpi di pistola in via Orazio a Roma, nelle vicinanze della redazione del giornale. I proiettili, calibro 7,65, trovati nel suo corpo sono molto particolari, della marca Gevelot, assai rari sul mercato (anche su quello clandestino), ma dello stesso tipo di quelli che sarebbero poi stati trovati nell’arsenale della banda della Magliana, rinvenuto nei sotterranei del Ministero della Sanità. L’indagine aperta all’indomani del delitto seguì diverse direzioni, coinvolgendo nomi come Massimo Carminati (esponente dei Nuclei Armati Rivoluzionari e della banda della Magliana), Antonio Viezzer, Cristiano e Valerio Fioravanti.
Tutti vennero prosciolti il 15 novembre 1991; successivamente fiorirono diverse ipotesi sul mandante e sul movente: da Licio Gelli (risultato estraneo ai fatti) a Cosa nostra, fino ad arrivare ai petrolieri ed ai falsari delle opere di Giorgio De Chirico (Antonio Chichiarelli, membro della Banda della Magliana). […] Fonte: it.wikipedia.org

 

20 marzo 1981 Rosarno (RC). Annunziata Pesce, 30 anni, uccisa perché aveva una relazione con un carabiniere.
Annunziata Pesce scompare da Rosarno (RC) il 20 marzo 1981. Omicidio di lupara bianca. Uccisa perché aveva una relazione con un carabiniere. Annunziata viene prelevata a forza da due persone mentre cammina nel viale principale, in pieno giorno. La caricano su un’auto: nessuno ne saprà più nulla. Il carabiniere è trasferito, la scomparsa della donna totalmente dimenticata.
Fonte: vivi.libera.it

 

Vincenzo Grasso

20 Marzo 1989 Locri (RC), ucciso Vincenzo Grasso, gestore di una concessionaria di auto, che si rifiutava di pagare il pizzo.
Vincenzo Grasso ha sempre detto no alla mazzetta e ha denunciato i suoi estorsori. L’amore per la sua Locri lo ha spinto a restare, con coraggio.
Cecè Grasso è stato ucciso il 20 marzo 1989 perché non ha voluto pagare la mazzetta e aveva deciso di denunciare. Era titolare di una concessionaria di auto. Amava il suo lavoro e non ha mai voluto andare via dalla sua Locri. Richieste di mazzetta, telefonate minatorie, una lunga lista di minacce e di relative denunce, dal 1982 al 1989. Poi l’agguato. È quasi l’ora di cena quando due killer entrano in azione: Cecè è stato ammazzato davanti alla saracinesca della sua officina. E quell’omicidio non ha ancora un colpevole.
Nel ’97 lo Stato ha consegnato alla famiglia la medaglia al valore civile a Vincenzo Grasso. Un omaggio all’imprenditore onesto di Locri, la cui memoria è tenuta viva con forza e coraggio dalla figlia Stefania, impegnata attivamente in Libera Memoria, il settore dell’associazione fondata da don Luigi Ciotti che riunisce i familiari delle vittime delle mafie. (Stopndrangheta.it)

 

Angelica Pirtoli con la mamma Paola Rizzello

20 Marzo 1991 Casarano (Lecce) Scompare la piccola Angelica Pirtoli, bambina di 2 anni. Il suo corpo verrà ritrovato il 5 Maggio 1999 nelle campagne di Matino, a pochi chilometri da quello della madre, Paola Rizzello, ritrovato due anni prima.
Quello di Angelica Pirtoli, una bambina di poco più di 2 anni, è uno dei delitti più atroci e crudeli avvenuto in Italia. Sua mamma, Paola Rizzello aveva 27 anni. La bimba fu dapprima ferita e lasciata agonizzante sul cadavere della madre. Poi, dopo qualche ora, gli assassini infierirono sulla piccola, afferrandola per un piedino e sbattendola ripetutamente su un muretto. Il corpo di Angelica è stato ritrovato nel maggio del 1999, dopo otto anni dal suo assassinio, a pochi chilometri dal terreno in cui fu rinvenuta la madre strangolata. Il duplice omicidio si è scoperto essere legato alla criminalità organizzata e alla Sacra Corona Unita: fu ordinato dalla moglie del boss con il quale la mamma di Angelica aveva una relazione e compiuto da un sicario che in passato era stato l’amante della donna.
Fonte: vivi.libera.it

Domenico Pandolfo


20 Marzo 1993 Locri. Ucciso Domenico Pandolfo, primario neurochirurgo, per non aver fatto un miracolo in sala operatoria.
Domenico Nicolò Pandolfo, 51 anni, primario di Neurochirurgia a Reggio Calabria, fu ucciso il 20 marzo del 1993 a Locri, da due killer con sette colpi di pistola.
Il medico, gravemente ferito fornì precise indicazioni sull’agguato prima di essere trasferito negli ospedali “Riuniti” del capoluogo, dove poi morì. Denuncia confermata dalla moglie, alla quale lui aveva raccontato i propri timori, facendo nomi e cognomi. La polizia arrestò Cosimo Cordì, 42 anni, padre di una barnbina di nove anni, Paola, morta il 15 novembre per un tumore al cervello. Era stata operata da Pandolfo. Questa, secondo il presunto mandante dell’omicidio, sarebbe stata la colpa del neurochirurgo: non aver salvato la bambina. Una colpa da punire con la morte. La famiglia Cordì – ritenuta dagli inquirenti uno del clan emergenti della Locride – dopo la morte della bambina aveva ritirato la cartella clinica ed aveva obiettato ai sanitari di non aver salvato la piccola.

 

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin

20 Marzo 1994 Mogadiscio (Somalia) Uccisa Ia giornalista Ilaria Alpi ed il suo Operatore Miran Hrovatin
Ilaria Alpi, giornalista, e Miran Hrovatin, fotografo e cineoperatore, furono uccisi mentre si trovavano a Mogadiscio come inviati del TG3 per seguire la guerra civile somala e per indagare su un traffico d’armi e di rifiuti tossici illegali. Nel novembre precedente era stato ucciso sempre in Somalia, in circostanze misteriose il sottufficiale del SISMI Vincenzo Li Causi, informatore della stessa Alpi sul traffico illecito di scorie tossiche nel paese africano. La perizia della polizia scientifica ricostruì la dinamica dell’azione criminale, stabilendo che i colpi sparati dai kalashnikov erano indirizzati a Ilaria Alpi e al cineoperatore Miran Hrovatin, poiché l’autista e la guardia del corpo rimasero indenni.
Questo omicidio è rimasto un mistero in cui si intrecciano trame internazionali, depistaggi e false testimonianze.

 

20 Marzo 1999 Castel Volturno (CE). Francesco Salvo, cameriere in un bar, bruciato vivo in un raid punitivo contro il titolare.
Il 20 marzo del 1999 quattro uomini affiliati ai Casalesi entrarono nel bar  di Castel Volturno dove Francesco Salvo lavorava come barman e, dopo aver rapinato l’ incasso, cosparsero di benzina i locali, appiccarono un incendio e costrinsero i presenti a rimanere a terra mentre le fiamme aumentavano.  Gli altri sei presenti, tra cui il titolare del bar, si salvarono, Francesco Salvo a causa dell’estensione e gravità delle ustioni morì in ospedale dieci giorni dopo. La spedizione punitiva contro il titolare del bar che aveva rifiutato di usare i videopoker imposti dal clan.  Francesco Salvo aveva 38 anni, moglie e due figli piccoli.

 

21 Marzo 1976 Melito Porto Salvo (RC). Muore in ospedale Caterina Liberti. Le avevano sparato 2 giorni prima nel suo paese, Bruzzano. Uccisa perché aveva infranto la «legge dell’omertà»?
Caterina Liberti è morta a Melito Porto Salvo la mattina del 22 marzo 1976 all’ospedale Tiberio Evoli dove era stata ricoverata in seguito a ferite di arma da fuoco. Tre giorni prima, venerdì 19 marzo, Caterina era stata colpita da alcune fucilate nella piazzetta del suo paese, Motticella di Bruzzano, mentre rincasava insieme alla madre. Aveva 36 anni e una figlia di 14 anni.
Il movente dell’omicidio sembrerebbe legato ad una denuncia che aveva sporto ai carabinieri qualche tempo prima. Caterina Liberti faceva la contadina e tempo prima le erano state rubate 4 capre. Dopo aver tentato invano di recuperarle, ne aveva denunciato il furto ai carabinieri. Uccisa perché aveva infranto la legge dell’omertà?
Fonte: memoriaeimpegno.blogspot.com

 

Nicola Gioitta

21 Marzo 1990 Niscemi (CL). Nicola Gioitta, commerciante, ucciso durante una rapina.
Nicola Gioitta Iachino ucciso a Niscemi il  21 marzo 1990  è stato un gioielliere italiano ucciso dalla mafia per essersi rifiutato al pizzo.
Nato il 14 maggio 1961 ad Alcara Li Fusi (provincia di Messina), trascorre la sua vita tra Siracusa e in seguito Niscemi dove si stabilisce definitivamente. Qui nei primi mesi del 1990 apre una gioielleria in una delle vie principali del paese. L’attività diviene subito bersaglio delle cosche mafiose locali che non tardano a chiedere il pizzo al commerciante. Nicola si rifiuta di pagarlo più volte e allora i mafiosi iniziano a comminargli una serie di rapine.
L’ennesima rapina avvenne il 21 marzo 1990, primo giorno di primavera, dove Nicola perse la vita a soli 28 anni, rimanendo ucciso per mano di due colpi di arma da fuoco. Uno di questi lo raggiunge dritto al cervello uccidendolo sul colpo. I suoi assassini poi lo sgozzarono per dare l’evidente segnale agli altri commercianti locali di pagare il pizzo. (Wikipedia)

 

Nunzio Giuliano

21 Marzo 2005 Posillipo (NA), ucciso Nunzio Giuliano, appartenente alla storica famiglia malavitosa, dissociatosi nel 1988.
Nunzio Giuliano (Napoli, 9 febbraio 1948 – Napoli, 21 marzo 2005) è uno dei fratelli Giuliano di Forcella, storica famiglia malavitosa del quartiere di Napoli.
Si dissociò dalla camorra, comunque, negli anni ottanta in seguito alla morte di un suo figlio diciassettenne per droga.
Durante gli anni ha combattuto per tenere i giovani lontano dalla camorra ed è stato sul punto di pubblicare un libro. Numerose sono le interviste e gli appelli che ha lanciato alla gente.
Fu ucciso il 21 marzo 2005 in un agguato in via Tasso a Napoli. Si pensa che il suo omicidio sia stato una vendetta trasversale causata dalle numerose dichiarazioni rese dal fratello Luigi, collaboratore di giustizia da qualche anno. (Wikipedia)

 

Domenico Bruno e Giovanni Cento

22 marzo 1991 Petilia Policastro (KR). Giovanni Cento e Domenico Bruno, guardie giurate, furono assassinati perché testimoni di una rapina.
Domenico Bruno, 30 anni, e Giovanni Cento, 50 anni, guardie giurate, furono barbaramente uccise a Petilia Policastro (KR) il 22 marzo 1991, per aver assistito a una rapina e aver visto qualcosa che non si doveva sapere. Furono uccisi nel pieno centro cittadino in un conflitto a fuoco. Bruno morì sul colpo, mentre Giovanni morì a distanza di pochi giorni in un ospedale messinese dove era stato trasportato e dove prima di morire riuscì fare il nome del loro assassino.
Fonte: vivi.libera.it

 

Gianmatteo Sole

22 Marzo 1995 Palermo, ucciso Giammatteo Sole. Il suo unico torto fu essere il fratello di una ragazza fidanzata con il figlio del boss.
Gianmatteo Sole, 24 anni, geometra, non fece ritorno nella sua casa di Palermo, dove la sua famiglia lo attendeva,  il 22 marzo del 1995.
Forse lo hanno bruciato vivo dopo averlo torturato e poi portato alla periferia di Villagrazia di Carini su una Croma rubata, chiuso nel portabagagli. I carabinieri che pattugliavano la zona, poco prima della mezzanotte sono stati richiamati dalle fiamme. La sorella di Gianmatteo era fidanzata con Marcello Grado, il nipote di Totuccio Contorno assassinato a Villa Tasca il 2 marzo. Un legame indiretto, quanto basta ai folli strateghi della mafia per decidere l’ omicidio di un innocente.

 

Michele Ciarlo

22 Marzo 1995 Scafati (SA). Ucciso Michele Ciarlo, 36 anni, avvocato penalista
Michele Ciarlo, noto avvocato penalista, fu assassinato brutalmente il 22 marzo del 1995 nel suo studio legale di Scafati, in provincia di Salerno. Intorno alle 18.30, alcuni uomini fecero irruzione nello studio esplodendo vari colpi di pistola, tre dei quali raggiunsero l’avvocato, uccidendolo.
Dopo alcuni mesi di indagine senza esito, la decisione di uno degli esecutori di collaborare con la giustizia ha dato la svolta alle indagini: l’uomo (che poi si suicidò in carcere) si autoaccusò dell’omicidio, facendo i nomi degli altri componenti del commando e del mandante. Per l’omicidio di Michele Ciarlo, all’epoca non ancora 36enne, sono stati dunque condannati all’ergastolo mandante ed esecutori materiali. Condanne confermate anche in Cassazione. Il mandante dell’omicidio fu Carmine Aquino. Il movente è da ricercare, secondo la sentenza, nell’attività professionale dell’avvocato che difendeva alcuni esponenti del clan avversario. Per ritorsione dunque Aquino ordinò l’omicidio del penalista.
Michele Ciarlo lasciò la moglie e due figli molto piccoli. La famiglia si è costituita parte civile nel processo. Michele è riconosciuto vittima innocente della criminalità organizzata dal Ministero dell’Interno. (Fond. Pol.i.s.)

 

Agata Azzolina

22 Marzo 1997 Niscemi (CL). Agata Azzolina, morta suicida per mafia. Il 16 ottobre 1996 le erano stati uccisi, sotto i suoi occhi, il marito, Salvatore Frazzetto, e il figlio Giacomo.
Trovata morta suicida, nella sua casa a Niscemi (Cl), Agata Azzolina, proprietaria di una gioielleria. Il 16 ottobre 1996 nel negozio erano stati uccisi sotto i suoi occhi il marito, Salvatore Frazzetto, e il figlio Giacomo da due pregiudicati che, come era avvenuto altre volte, pretendevano di avere a credito dei gioielli. La signora, che aveva avuto come protezione due soldati alla porta di casa, era stata oggetto di altri tentativi di estorsione e aveva ricevuto minacce di morte, rivolte anche alla figlia ventenne. Il 21 marzo non aveva voluto partecipare alla manifestazione di Libera. I nomi del marito e del figlio non erano stati inclusi tra quelli delle vittime della mafia ricordati durante la manifestazione. (Centro Siciliano di documentazione G. Impastato)

 

23 marzo 1991 Catania. Ucciso Filippo Parisi, aiuto panettiere di 17 anni, al posto del proprietario del panificio dove lavorava.
Filippo Parisi era un ragazzo di 17 anni, ucciso al posto del proprietario del panificio presso il quale lavorava. Era il 23 marzo del 1991 a Catania. La vittima designata era Giovanni di Maria, che verrà poi ucciso poco dopo l’11 aprile. Di solito Filippo apriva la saracinesca del panificio con il proprietario, ma da pochi giorni aveva ricevuto un piccolo aumento dello stipendio per assolvere quel compito.
Fonte:  vivi.libera.it

 

Carmelo Battaglia

24 Marzo 1966 Tusa (ME) uccisione di Carmelo Battaglia, assessore comunale socialista
“Carmelo Battaglia era stato uno dei soci fondatori della cooperativa di Tusa (ME), nata nel 1945 per la concessione delle terre incolte. Nel 1965,i contadini e coltivatori soci di questa cooperativa, insieme a quelli soci della cooperativa di Castel di Lucio, erano riusciti ad acquistare, dalla baronessa Lipari, il feudo Foieri, di 270 ettari. Subito dopo l’immissione nel possesso del fondo, sorsero forti contrasti con il gabelloto comm. Giuseppe Russo – ex vice-sindaco DC di Sant’Agata di Militello – e con il sovrastante Biagio Amata, che avevano avuto in gestione il feudo fino ad allora. Costoro pretesero dai nuovi proprietari la cessione di una parte dell’ex-feudo, per farvi svernare i propri armenti. Fu proprio nei forti contrasti che sorsero tra la cooperativa e questi due personaggi che maturò, quasi sicuramente, il delitto Battaglia.
L’assessore socialista – che aveva difeso con fermezza i diritti dei contadini – fu ucciso all’alba del 24 marzo, proprio mentre si recava sul feudo Foieri.  (“Storia del movimento antimafia siciliano – dai Fasci siciliani all’omicidio di Carmelo Battaglia” di Gabriella Scolaro)

 

Domenico (Mimmo) Falcone

24 marzo 1990 Bollate (MI). Assassinato Domenico (Mimmo) Falcone, 22 anni, perché si trovava sulla strada di un killer in fuga.
Bollate (Milano), 24 marzo 1990 – Bar Caruso, Via Ospitaletto 21. Un uomo entra ed esce in pochi minuti. Non è un cliente. È andato dritto da uno degli avventori e gli ha sparato con la pisola. Mentre corre verso l’uscita si trova davanti un ragazzo di 22 anni, Domenico Falcone, che in famiglia chiamano Mimmo. È il figlio del gestore. Il killer gli spara in faccia come niente fosse e poi si dà alla fuga. Quell’uomo si chiama Liborio Trainito, è uno dei protagonisti della faida mafiosa di Niscemi, che si spinge fino là, fino a Bollate. Dentro quel locale c’era Mario Di Corrado, che Trainito uccide perché suocero del suo nemico Luigi Di Modica. Il ragazzo è solo un danno collaterale.
Ma Trainito non è propriamente un sicario dal sangue di ghiaccio. Poco tempo dopo, per una lite a pistolettate con il compagno della sua ex moglie, finisce nelle mani della polizia, e i genitori di Mimmo Falcone lo riconoscono. Morale: gli danno l’ergastolo. Però non si dà per vinto. Diventa collaboratore di giustizia, ottiene la protezione statale, un appartamento e perfino un cellulare. Quindi evade. Una mattina, nel dicembre del 1995 lo aspettano in tribunale a Milano, un’udienza per il processo di Appello, ma lui non si fa vedere. Scompare nel nulla. Tornerà a far parlare di sé nelle cronache del mantovano, dopo che i carabinieri lo arrestano in seguito a una rapina, una delle tante, a un distributore di benzina a Castenedolo. Ufficialmente era a regime di detenzione domiciliare a Calvisano, provincia di Brescia.
Fonte: Italia Giallo e Nera di Emanuele Boccianti, Sabrina Ramacci – Newton editrice

 

Luigi Bodenza

24 Marzo 1994 Gravina di Catania. Uccisione di Luigi Bodenza, 50 anni, assistente capo Polizia Penitenziaria
Luigi Bodenza, nato ad Enna il 26/09/1944 in servizio presso la Casa Circondariale di Catania, fu ucciso il 24 marzo del 1994 a Gravina (CT) mentre stava tornando a casa dopo essere smontato dal servizio appena prestato, alla guida della propria auto; fu affiancato da un’altra autovettura al cui interno si trovavano due sicari che lo bersagliarono con numerosi colpi d’arma da fuoco.
In seguito al pentimento del mandante e successivamente del killer si è saputo che Luigi Bodenza era stato assassinato per mandare un segnale alle “guardie carcerarie” affinchè trattassero bene i detenuti al 41 bis. Bodenza fu ucciso per dare una dimostrazione di forza. Probabilmente fu scelto perché all’interno del carcere si era messo in luce per la sua particolare intransigenza con i detenuti, non avendo imbarazzo anche quando si trattava di personaggi di spicco di clan catanesi.
Il killer è lo stesso che ordinò l’uccisione dell’Avvocato Serafino Famà.

 

24 Marzo 1994 Bronte (Catania) Enrico Incognito, ucciso dalla famiglia perché aveva deciso di testimoniare.
Enrico Incognito, apparteneva a un clan mafioso ma aveva deciso di collaborare con la giustizia. L’omicida è il fratello Marcello, con la complicità dei genitori. Una telecamera, che registrava le rivelazioni di Enrico, ha ripreso la scena del delitto. Incognito, in seguito al suo pentimento, era stato abbandonato dalla moglie. (Libera.net)

 

24 marzo 2016 Napoli. Giovanna Paino, 64 anni, muore in ospedale dopo essere stata travolta da una moto i cui occupanti erano in giro per una “stesa”.

Giovanna Paino

Il 21 marzo 2016 Giovanna Paino sta attraversando la strada nei pressi di via Salvatore Gambardella (Masseria Cardone), quando viene falciata da uno scooter e lasciata ferita sull’asfalto. Muore dopo tre giorni di agonia in ospedale.
Ridono, della morte della signora Paino, i sicari dei Lo Russo che intanto vengono intercettati il 27 giugno 2016. Si fanno beffa della vittima finita per caso nel raid di morte: a parlare nelle intercettazioni, agli atti dell’inchiesta guidata dal procuratore Colangelo, sono Carlo Lo Russo, la moglie Anna Serino e il gregario Luigi Cutarelli.
A bordo della moto Gennaro Ruocco, 27 anni, e Luigi Cutarelli, 21 anni. Secondo le indagini del pool anticamorra appartengono entrambi al gruppo di fuoco dei Lo Russo. Quella mattina erano impegnati un una “stesa”.
La scena è stata ricostruita grazie alle cimici messe dalla Mobile in casa di Carlo Lo Russo, ma anche grazie alla testimonianza di una free lance che si trovava proprio lì, per un servizio a sfondo sociale, quando Giovanna è stata investita. È stata questa giovane donna a chiamare il pronto soccorso e a dare le prime informazioni sull’accaduto alle forze dell’ordine.
Sullo sfondo dell’omicidio dell’anziana donna c’è l’intenzione del gruppo di fuoco facente capo ai Lo Russo di uccidere Walter Mallo, che si è messo in testa di fare guerra al gruppo dei Capitoni. Nelle strade della periferia della città infatti si registrano continue sparatorie e si preparano agguanti, secondo quanto scrive il giudice Francesca Ferri.
Fonte: fondazionepolis.regione.campania.it

 

Francesco Sassano

25 Marzo 1946 Pioppo, fraz. Monreale (PA). Ucciso dalla banda Giuliano il carabiniere Francesco Sassano.
L’omicidio del carabiniere Sassano Francesco consumato la sera del 25 marzo 1946 a Pioppo, mentre vi tra­scorreva una licenza: solo perché avrebbe osato dire in paese di sentirsi capace di far catturare il capo bandi­to Giuliano, tre malfattori armati di mitra, introdotti­si nella sua abitazione, lo costrinsero – sotto gli occhi delle sorelle Anna e Francesca, che terrorizzate non potettero dargli alcuno aiuto – ad uscire di casa ed a seguirli per breve tratto sulla strada Pioppo – Borgetto dove immediatamente, con alcune raffiche di mitra, lo trucidarono, quindi, prima di allontanarsi, posero sul cadavere del povero Sassano un foglio con la scritta: “questa e la fine delle spie. Giuliano’’; la gente viveva in uno stato di terrore: subito dopo, a bordo di un camion, transitò per quella stra­da certo Canera Salvatore da Monreale, vide a terra il corpo inanimato del carabiniere e, temendo per sé, non si fermò a soccorrerlo e neanche avvertì i carabinieri di Pioppo (Blog di Giuseppe Casarrubea)

 

Pasquale Almerico – Antonio Pollari

25 Marzo 1957 Camporeale (PA) uccisi Pasquale Almerico, sindaco DC, e Antonio Pollari, un passante.
Pasquale Almerico fu assassinato il 25 marzo 1957 a Camporeale, in via Minghetti, da cinque uomini a cavallo armati di mitra. Anche un giovane passante, Antonio Pollari, rimase ucciso.
La prima Commissione Parlamentare Antimafia arrivò alla conclusione che a decidere la sua condanna a morte fu il potente capomafia di Camporeale “don” Vanni Sacco, che era implicato anche nell’assassinio del segretario socialista della Camera del Lavoro, Calogero Cangelosi. Almerico aveva infatti osato rifiutare la tessera della Democrazia Cristiana al boss Vanni Sacco, che aveva militato nel Partito Liberale Italiano ed ora voleva esercitare il suo influsso su quello scudocrociato, insieme ad altri trecento mafiosi del paese. Dopo il suo rifiuto, Almerico cominciò ad essere minacciato. Decise quindi di scrivere al segretario della DC siciliana, Nino Gullotti, e informò anche uno dei proconsoli fanfaniani a Palermo, Giovanni Gioia. Almerico denunciò il fatto che la DC di Camporeale rischiava di essere conquistata dalla mafia e il pericolo di vita che correva lui stesso, ma i dirigenti del partito non condivisero la sua posizione e lo invitarono a lasciare l’incarico di segretario della Democrazia Cristiana. (Wikipedia)

 

25 Marzo 1982 Paola (CS). Assassinato il commerciante Luigi Gravina. Vittima del racket.
Luigi Gravina, nato a Paola il 15.6.1949, operatore commerciale, coniugato con Luigina Violetta, padre di cinque bambini, veniva assassinato il 25 marzo del 1982 per mano mafiosa essendosi rifiutato, reiteratamente e con forte determinazione, di cedere alle insistenti e minacciose richieste estorsive della criminalità organizzata locale. Due sicari lo hanno ucciso il 25 marzo del 1982.
“L’omicidio di Luigi Gravina ad opera del locale clan di ‘ndrangheta ha segnato una svolta nella lotta alla mafia della provincia. Da un lato, infatti, chi ha contribuito a consumare l’efferrato crimine di un lavoratore coraggioso, padre di cinque bambini, si è pentito offrendo un contributo alla giustizia finalizzato a debellare la cosca di Paola mentre, dall’altro lato, molti operatori commerciali che mai si erano opposti alle insistenti richieste estorsive e alle angherie della mafia, in sede del processo penale in Corte d’Assise, a carico di diverse decine di malavitosi, hanno trovato il coraggio di alzare la testa e confermare la consumazione dei reati”

 

26 Marzo 1994 NAPOLI (Secondigliano ) Uccisa Anna Dell’Orme ed il figlio Carmine Amura.
Il 26 marzo del 1994 a Napoli, nel quartiere di Secondigliano, sono stati uccisi Anna Dell’Orme e Carmine Amura, rispettivamente madre e fratello di Domenico Amura, morto per overdose. Avevano denunciato i trafficanti che avevano venduto a Domenico la droga.
“Da anni è in corso una faida tra la famiglia degli Esposito e degli Amura. In questa guerra Anna Dell’Orme, 47 anni, nel 1991, ha perso il figlio 20enne Domenico Amura, ucciso da una sospetta overdose.
La donna ha iniziato insieme all’altro figlio Carmine una battaglia per far luce sull’accaduto, indicando nella famiglia Esposito i colpevoli della morte del figlio. Anna porta avanti la sua lotta anche in due programmi televisivi molto seguiti.
In seguito a questa esposizione mediatica si moltiplicano le minacce di morte, fino ad arrivare alla doppia esecuzione il 26 marzo. Seppure in due posti diversi, l’orario del duplice agguato è lo stesso: Anna viene uccisa a Secondigliano nel suo supermercato e Carmine a Casavatore nel suo negozio di abbigliamento.”
Fonte: sdisonorate.it

 

Matilde Sorrentino

26 Marzo 2004 Torre annunziata (NA) . Matilde Sorrentino, uccisa per aver denunciato giro di pedofili.
Sono appena trascorse le otto e trenta della sera del 26 marzo 2004 e Matilde Sorrentino si trova, insieme al marito, nel suo appartamento di via Melito a Torre Annunziata. Qualcuno bussa alla porta.  Matilde, ancora in pantofole, apre e un uomo le spara prima al volto e poi al petto, uccidendola sull’uscio di casa. La tragica fine di Matilde è legata a un’altra terribile vicenda che venne alla luce nel giugno 1997. I Carabinieri di Torre Annunziata, coordinati dalla Procura della Repubblica, arrestarono ventuno persone con l’accusa di aver consumato violenze nei confronti di bambini, fra i cinque e i sette anni, di una scuola nel quartiere dei Poverelli, un rione popolare di Torre Annunziata. Luogo degli abusi era un garage dove i bambini venivano incatenati a un pannello di legno. La vicenda venne scoperta quando uno dei bambini coinvolti confidò alla madre: “Non voglio più andare a scuola, ho paura, mi fanno del male”. Altri tre bambini confermarono le accuse e, assistiti da uno psicologo, riconobbero i volti degli aguzzini. Dopo due anni dall’inizio del processo, il tribunale di Torre Annunziata condannò diciannove delle ventuno persone arrestate. Le condanne più pesanti vennero inferte a un bidello della scuola del rione dei Poverelli, condannato a quindici anni, e al titolare di un bar, condannato a tredici anni. I due pedofili, scarcerati dopo poche settimane  per scadenza dei termini di custodia cautelare, furono uccisi in due distinti agguati. Le indagini su questi omicidi si indirizzarono verso gli ambienti della camorra locale. Gli investigatori ipotizzarono che in questo modo la camorra cercasse di accreditarsi agli occhi della gente come antistato, capace di assicurare una giustizia sommaria, efficace ed esemplare, rispetto alla giustizia lenta e inefficace dello Stato. Matilde era stata proprio una della tre donne che avevano testimoniato in Tribunale contro la banda dei pedofili.  Il suo assassino fu una vendetta per la denuncia e la successiva testimonianza resa al processo contro gli aguzzini del figlio Salvatore. (Fondazione Pol.i.s.)

 

Dino Gassani e Giuseppe (Pino) Grimaldi

27 Marzo 1981 Napoli. Uccisi l’Avv. Dino Gassani e il suo segretario Giuseppe (Pino) Grimaldi
Il 27 Marzo del 1981 furono uccisi a Salerno l’avvocato Dino Gassani e il suo segretario Pino Grimaldi.
L’avvocato Gassani difendeva Biagio Garzione, imputato di omicidio volontario insieme a noti esponenti della criminalità vesuviana (NCO), fra i quali il famigerato boia delle carceri Raffaele Catapano. L’ omicidio fu ordinato dal carcere dallo stesso Catapano, esponente di spicco del clan cutoliano, poi condannato all’ergastolo. Il  Garzione, uno dei primi pentiti della recente cronaca giudiziaria, confessò il delitto e chiamò in correità il Catapano, con una drammatica dichiarazione, ricca di particolari, a volte raccapriccianti.
Dino Gassani era nel suo studio, al Corso Vittorio Emanuele, quando, il 27/03/1981, gli si presentarono due clienti per incaricarlo di un’importante difesa penale, ma i cosiddetti clienti erano emissari di Catapano, che, pistole alla mano, gli chiesero di intervenire presso il Garzione per una ritrattazione dell’accusa. Gassani rifiutò sdegnosamente ogni imposizione e fu ucciso al suo posto di lavoro, insieme al suo fedele segretario, Pino Grimaldi.
Prima di morire, negli ultimi attimi terribili della minaccia, Gassani scrisse su un foglio: “non posso perdere mai la mia dignità”. Egli pose la sua dignità al di sopra della sua vita. Sarebbe stato facile fare una mezza promessa, mostrare un assenso anche parziale, ma egli non volle neppure sacrificare il valore dei propri principi morali. Dino Gassani fu un grande avvocato, ricco di dottrina giuridica e di passione forense, uno degli ultimi esponenti dell’eloquenza salernitana. Il 29 maggio 2009 Dino Gassani è stato insignito della medaglia d’oro al merito civile dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. (Fondazione Pol.i.s.)

 

Domenico De Maio

27 Marzo 1985 Platì (RC) Assassinato Domenico De Maio, Sindaco del paese.
Domenico De Maio, 46 anni e sindaco di Platì, “Mimmo” per i suoi paesani, venne freddato a colpi di pistola da due killer con il volto travisato attorno alle 13 del 27 marzo 1985. Il sindaco del piccolo paese aspromontano in Calabria era sulla sua auto che stava facendo rientro in paese quando fu vittima di un agguato in località “Cutrucchio”, nei pressi di Careri. Sul sedile anteriore accanto a lui la figlia Antonella, di soli 17 anni, unica testimone rimasta per sempre segnata dal feroce agguato di cui fu vittima il genitore.
A 32 anni di distanza dall’efferato crimine restano ancora impuniti mandanti ed esecutori, mai individuati dalle indagini. (Tratto da  urbanpost.it)

 

27 Marzo 1994 Locri (RC) Uccisa Maria Teresa Pugliese, moglie di un medico pediatra, ex sindaco di Locri.
Maria Teresa Pugliese, era una casalinga di 54 anni. Venne uccisa il 26 marzo 1994 a Locri. Il marito, Domenico Speziali, era un pediatra molto noto nell’intera Calabria ed era stato sindaco di Locri. Le indagini permisero di appurare che la morte della donna non fu casuale e che invece i killer agirono con il preciso obiettivo di ucciderla.  (Fonte:  vivi.libera.it )

 

Annalisa Durante

27 Marzo 2004 Annalisa Durante, vittima innocente di Napoli, aveva 14 anni
Annalisa Durante, 14 anni, è stata uccisa per caso, a Napoli nel quartiere Forcella, uno dei più degradati della città. Era il 27 settembre del 2004 quando la ragazza, in compagnia di un’amica stava chiacchierando sotto il portone di casa ed è finita nella traiettoria di uno scontro a fuoco tra camorristi. Annalisa raggiunta al capo cade in una pozza di sangue. Inutile la corsa all’ospedale più vicino, l’Ascalesi. Il nosocomio non è attrezzato per questo tipo di assistenza e la ragazza, ormai in coma irreversibile, viene trasportata al Loreto Mare. Qui i sanitari non posso fare altro che affermare che la vita della giovanissima e bellissima vittima si era spezzata per sempre. I genitori autorizzano l’espianto degli organi. Mentre il quartiere e l’intera Napoli è sotto choc per l’accaduto, gli inquirenti stringono il cerchio sia per quando riguarda il malavitoso sia sui suoi sicari che sembrano appartenere al clan contrapposto dei Mazzarella che negli anni cercavano di spodestare il clan Giuliano. Salvatore Giuliano viene arrestato dopo un blitz di interforze mentre si nascondeva nell’appartamento di un parente a Pomigliano d’Arco. Fin dall’inizio il ragazzo ha negato di aver sparato e colpito Annalisa e di essersi fatto scudo con il corpo della ragazza. Ma l’autopsia e i controlli sulla pistola di Giuliano, nonché la ricostruzione dell’intera scena, affermano che il proiettile che ha ucciso l’adolescente è stato esploso proprio dal camorrista per rispondere al fuoco dei suoi rivali. Salvatore Giuliano è stato condannato a 20 anni di carcere per l’omicidio di Annalisa Durante. (Fondazione Pol.i.s.)

 

Silvio Galati

27 Marzo 2008 Seminara (RC). Ucciso Silvio Galati, 21 anni, vittima innocente, non era lui l’obiettivo dei killer.
Silvio Galati è stato ucciso a Seminara (RC) il 27 marzo del 2008, in un agguato mafioso. Non era lui, come è stato in seguito accertato, l’obiettivo dei killer. Un episodio che suscitò enorme sgomento tra la comunità. In quella maledetta giornata, lo sfortunato ventunenne era intento ad installare un’autoradio sull’autovettura di un suo amico. Un lavoro che Silvio faceva per hobby, tanta era la sua disponibilità verso i compaesani. Come ricordano tutti, Silvio era un ragazzo semplice e sincero, suonava nella banda musicale di Seminara e partecipava agli spettacoli organizzati dall’associazione culturale “Canossa”. Tanti erano i sogni dello sfortunato giovane. Tuttavia, la sua grande passione erano i camion. Infatti, ottenuta la patente per la guida dei mezzi pesanti, Silvio, iniziò a lavorare, assentandosi da casa per lunghe settimane, anche durante le feste. Sempre sorridente e affabile, il giovane seminarese ha pagato con la vita la sua generosità. (tratto dalla Gazzetta del Sud)

 

Calogero Comajanni

28 Marzo 1945 Corleone (PA) Ucciso Calogero Comajanni, guardia campestre. Sei mesi prima aveva arrestato il giovane Luciano Liggio.
[…] Alla fine della guerra Leggio “era un giovane contadino, senza beni né risorse”; uno scassapagghiara nel senso letterale del termine, cioè un ladro di covoni di fieno sorpreso nel ’44 dalla guardia campestre Calogero Comajanni e da questi portato attraverso tutto il paese, “quasi a calci”, alla caserma dei carabinieri. Il giovanotto si vendicherà di quest’umiliazione a sei mesi di distanza, con il classico agguato sotto casa. Non è infatti esatto che egli non abbia risorse, anzi è dotato di una naturale abilità nel maneggio delle armi evidenziatasi sin dall’adolescenza, grazie alla quale diventa campiere di un certo dottor Caruso sostituendo il predecessore misteriosamente assassinato (1945). […] (Tratto da: Storia della mafia: dalle origini ai giorni nostri di Salvatore Lupo)

 

29 Marzo 1991 Napoli. Strage del Venerdì Santo. Restarono uccisi, vittime innocenti: Luigi Terracciano, 37 anni, Umberto Esposito, 30 anni, e Carmelo Pipoli, 34 anni.
L’origine della faida, secondo la ricostruzione dei magistrati, risalirebbe al 24 marzo del 1991, domenica delle palme, in un agguato operato da Paolo Russo e da suo cugino Paolo Pesce, entrambi affiliati agli scissionisti Cardillo-Ranieri, nel tentativo di uccidere Vincenzo Romano (allora considerato il braccio destro di Ciro Mariano), riuscirono a colpire a morte solo il suo autista, Ciro Napoletano, mentre Vincenzo Romano, ferito, sopravvisse all’agguato.
L’episodio scatenò una reazione cruenta dei Mariano nei giorni immediatamente successivi.
Il 29 marzo, i killer agli ordini dei Picuozzi, il clan di Ciro Mariano, entrarono in azione decisi fino in fondo a punire i ribelli capeggiati dagli ex affiliati di spicco Beckembauer e Polifemo. I sicari tesero un agguato a Sant’Anna di Palazzo, nei pressi di via Chiaia, ma invece degli scissionisti i killer dei Mariano spararono e uccisero tre persone che con la malavita organizzata e con la guerra allora in atto ai Quartieri non avevano nulla a che fare. Sotto i colpi di mitragliatori di fabbricazione israeliana furono assassinati Umberto Esposito, 30 anni, Carmine Pipolo, 34 e Luigi Terracciano 37, amici di vecchia data che stavano andando a giocare a calcetto. Il primo a cadere fu Esposito, residente in via Nardones, incensurato, impiegato in un negozio di ricambi per auto. Gli altri due, Terracciano, residente in via Gradoni a Chiaia, di professione tassista e Pipolo, l’unico dei tre con precedenti penali, impiegato in un laboratorio di pellicceria, tentarono la fuga, ma vennero ugualmente raggiunti da una sventagliata di mitra. Una quarta persona, Antonio Vivace, 43 anni, macellaio, si precipitò fuori dal negozio e col suo corpo fece scudo al figlio che si trovava proprio sulla traiettoria dei proiettili. L’uomo fu ferito allo stomaco ma se la cavò. Dopo la strage, la risposta degli scissionisti capeggiati da Beckenbauer e da Polifemo non si fece attendere. Il giorno dopo, il 30 marzo, in via San Cosma fuori Porta Nolana, i killer agli ordini dei capi della scissione, ingaggiarono una sparatoria con 4 affiliati ai Mariano. Anche questa sparatoria, come quella del giorno precedente, si concluse con la morte di un innocente, l’agente di polizia libero dal servizio Salvatore D’Addario. Il poliziotto gettatosi nella mischia di revolverate, nel tentativo di fermare i killer dell’una e dell’altra fazione, venne ferito gravemente. Morì dopo una settimana trascorsa tra la vita e la morte in un letto d’ospedale. (tratto da Wikipedia)

 

Giuseppe Piccolo

29 Marzo 1991 Cercola (NA). Giuseppe Piccolo, 14 anni, viene colpito mortalmente da un proiettile vagante esploso nel corso di una sparatoria tra camorristi.
Giuseppe, 14 anni, frequenta la terza media ed è un ragazzo tranquillo di buona famiglia. Il papà lavora presso un’officina meccanica.
È l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze pasquali e Giuseppe aspetta con ansia questo giorno.
Giuseppe, tornato da scuola, pranza alla svelta e si prepara per raggiungere i suoi amici con il motorino. Raggiunge la piazza di Cercola e lì si ferma a chiacchierare con gli amici.
Nel frattempo, nella piazza una lite per motivi di viabilità si trasforma in una sparatoria.
In prossimità del monumento ai caduti, staziona un gruppo di camorristi. Dal gruppo si staccano due uomini che, armi alla mano, aggrediscono altri due malviventi. C’è un conflitto a fuoco. Molti i proiettili esplosi. Uno di questi colpisce all’occhio destro Giuseppe.
Il giovane Giuseppe, trasportato all’ospedale Loreto di via Marittima, viene subito giudicato clinicamente morto.
Per decisione dei suoi genitori, a Giuseppe vengono prelevati gli organi.
Giuseppe Piccolo è riconosciuto vittima innocente della criminalità organizzata dal Ministero dell’Interno. (Fond. Pol.i.s.)

 

Don Cesare Boschin

29 Marzo 1995 Borgo Montello (LT). Don Cesare Boschin, 81 anni, fu trovato nel suo letto in canonica massacrato di botte, incaprettato, il cerotto sulla bocca. Vittima delle ecomafie.
Cesare Boschin (Trebaseleghe, 8 ottobre 1914 – Borgo Montello, 29 marzo 1995) è stato un presbitero italiano misteriosamente assassinato.
Il suo omicidio è tuttora irrisolto. Associazioni locali e movimenti nazionali come Libera ritengono che sia stato ucciso perché si oppose alle infiltrazioni della camorra nel Lazio.
La mattina del 30 marzo 1995 il suo cadavere venne ritrovato incaprettato (con le mani e i piedi legati e una corda intorno al collo) dalla perpetua nella sua camera da letto. Venne rinvenuto con il corpo ricoperto da lividi, la mascella e diverse ossa fratturate, la bocca incerottata. L’autopsia stabilì che la morte per soffocamento provocato dalla dentiera ingoiata dal parroco per via delle percosse. (Wikipedia)

 

30 Marzo 1944 Strage di Partinico. Morirono Lorenzo Pupillo, 16 anni, e Benedetto Scaglione, maresciallo carabinieri.
Lorenzo Pupillo, studente di 16 anni, e Benedetto Scaglione, maresciallo dei carabinieri, morirono colpiti da armi da fuoco durante gli scontri tra il popolo, esasperato per la fame e la povertà, ed i carabinieri, chiamati a difendere la locale esattoria, presa d’assalto probabilmente per distruggerne gli elenchi. Ad incitare la folla i banditi che in quel periodo imperversavano nella zona.

30 Marzo 1960 Agrigento. Assieme al commissario Cataldo Tandoj viene ucciso un giovane passante, Antonio Damanti.
Antonio “Ninni” Damanti era uno studente liceale. Morì il 30 marzo del 1960 ad Agrigento. Si trovava sulla linea di fuoco che uccise il commissario Cataldo Tandoj.

 

30 Marzo 1990 Palermo. Scompare Gaetano Genova, 27 anni, vigile del fuoco, amico di Emauele Piazza.
Gaetano Genova, 27 anni, vigile del fuoco,  fu ucciso il 30 marzo del 1990 a Palermo. I boss di Resuttana-San Lorenzo lo ritenevano un confidente di Emanuele Piazza, giovane collaboratore del Sisde che fu assassinato il 19 marzo 1990; Genova dodici giorni dopo. Tutti e due sequestrati e uccisi.
Grazie alle rivelazioni dei pentiti, un’ indagine della Dia di Palermo, coordinata dai pm Nino Di Matteo e Antonio Ingroia, ha svelato i retroscena della scomparsa. Genova fu attirato in un tranello: la sua auto, una Volvo 244, fu ritrovata il 30 marzo 1990 in piazzale Europa, regolarmente chiusa a chiave. Il giorno dopo, così hanno svelato i pentiti, il suo corpo fu consegnato da Salvatore Madonia ai Brusca, perché si occupassero di fare sparire il cadavere. I Brusca pentiti si sono autoaccusati dell’ omicidio. Resta il mistero sull’attività di Genova: «’stu spiuni, ‘ stu sbirru», esclamò Madonia quando consegnò il cadavere a San Giuseppe Jato. Probabilmente il vigile del fuoco aveva fornito un’ indicazione importante a Piazza per l’ arresto di un latitante, Giovanni Sammarco, all’ interno di un centro sportivo. In quella struttura Genova stava facendo alcuni lavori con la piccola impresa edilizia che aveva approntato per arrotondare lo stipendio. Ma chi svelò il ruolo di Sammarco e poi anche di Piazza? Resta il giallo sulla talpa istituzionale che tradì i due giovani.  (Tratto da La Repubblica del 20 marzo 2005)

 

Daniele Polimeni

30 Marzo 2005 Favazzina (RC) Ucciso il giovane Daniele Polimeni
Daniele Polimeni ha 19 anni, è un giovane irrequieto. Non gli piace studiare ma a Reggio Calabria non ha molte alternative e la delinquenza sembra la via più facile per emergere ed avere qualche soldo in tasca.
Ma Daniele non ha avuto la possibilità di compiere un’altra scelta. il 30 Marzo del 2005, in località Favazzina (RC) viene trovato il suo corpo carbonizzato. Qualcuno lo ha attirato in una trappola e lo ha ucciso.
La famiglia attende ancora verità e giustizia.

 

Renata Fonte

31 Marzo 1984 Nardò (LE). Uccisa Renata Fonte, la cui unica colpa era di aver creduto nei propri ideali.
Il 31 marzo 1984, Renata Fonte, assessore del comune di Nardò (LE), cadeva assassinata per mano mafiosa. Si era battuta contro la lottizzazione e la speculazione edilizia del Parco naturale di Porto Selvaggio. Attraverso i microfoni della piccola emittente locale, Radio Nardò1, veicolava la sua lotta per la legalità, la democrazia, la giustizia. Quando è caduta sotto i colpi di pistola dei sicari, aveva 33 anni e due figlie piccole, che l’aspettavano a casa.
Tra le prime donne in politica nella provincia di Lecce, Renata è stata un personaggio scomodo fin dai primi incarichi istituzionali, assessore alle Finanze nel 1982 e nel 1983 assessore alla Cultura e alla Pubblica Amministrazione.
Dai tre livelli di giudizio sono stati individuati e condannati gli esecutori materiali e  il mandante di primo livello, Antonio Spagnolo. Quest’ultimo, collega di partito di Renata e primo dei non eletti alle elezioni amministrative, avrebbe dato ordine di uccidere per risentimento nei confronti di Renata Fonte. Accanto ad una avversione personale di Spagnolo, la sentenza di primo grado della Corte d’Assise di Lecce dichiara la presenza di ulteriori personaggi, non identificati, che avrebbero avuto obiettivi non raggiungibili con l’elezione di Renata Fonte e la sua opposizione alle lottizzazioni e ai progetti edilizi che piovevano, in quegli anni, proprio in quelle zone che lei difendeva.

 

31 Marzo 1991 Siderno (RC). Ucciso Andrea Muia, 16 anni. Vittima di una faida tra famiglie rivali.
La mafia non si ferma nemmeno il giorno di Pasqua . Era il 31 marzo del 1991 e Andrea Muia, un ragazzo di 16 anni,  era in sella al suo motorino quando  fu  ucciso spietatamente con due colpi di fucile caricato a pallettoni che lo raggiunsero  alla testa. Vittima di una faida tra famiglie rivali.

 

Francesco Marcone

31 Marzo 1995 Francesco Marcone, direttore dell’Ufficio del registro di Foggia
Francesco Marcone, un onesto funzionario pubblico, direttore dell’Ufficio del registro di Foggia, amante delle regole, fu assassinato il 31 marzo del 1995 a Foggia a colpi di pistola perché non aveva voluto chiudere un occhio (o forse entrambi gli occhi) su certe cose che nel suo ufficio non andavano. Francesco Marcone era diventato un ostacolo, mentre altri non si facevano scrupoli di chiudere gli occhi per quieto vivere. Dicevano che a Foggia, certo, c’era un po’ di malavita. Dicevano che la città cresceva con “l’economia del mattone”. Non dicevano che in quel modello di sviluppo la speculazione edilizia era impastata di mafia. Anzi, escludevano la presenza della mafia in Capitanata. Come si poteva spiegare allora l’assassinio con due colpi di pistola di un mite e onesto impiegato pubblico come Francesco Marcone? Non era possibile spiegarlo. Infatti ancora oggi le indagini non riescono a individuare un esecutore e un mandante. (Tratto da un articolo di A. Spampinato)

 

 

 

 

 

e tutti gli altri di cui non conosciamo i nomi.

 

“Si usa portare un fiore sulla tomba dei propri defunti, ma a volte quella lastra ci fa sentire ancora più grande il dolore,
a volte non ci sono tombe su cui piangere, tante altre non ci sono più lacrime da versare.
 
 
Ricordiamo. Chi abbiamo amato non svanirà nel nulla, vivrà finché non svanirà l’ultimo pensiero dentro di noi.”
 
Rosanna
 
 
 
 
 

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