14 Aprile 1980 Serra San Bruno (VV). Ucciso Bruno Vinci, falegname di 36 anni, mentre era nella gioielleria del fratello.

Foto da: stopndrangheta.it

Il 14 aprile 1980 Bruno Vinci entra nella gioielleria del fratello Domenico per cambiare un paio di orecchini alla figlia Barbara. Ha 36 anni, due figli piccoli e a Serra San Bruno, dove lavora come falegname, è ritornato da un paio d’anni, dopo aver vissuto in Canada. I rapinatori che irrompono nel negozio, poco dopo Bruno, sono armati di fucile a canne mozze e sono spietati: la resistenza dell’uomo, che vuole difendere sé stesso e il fratello, viene punita con due spari. Bruno muore sul colpo.

Nota da  stopndrangheta.it

 

 

 

 

Bruno Vinci – Il quotidiano del Sud del 20 aprile 2016 – Pagine della Memoria

 

 

 

Fonte: ilvibonese.it
Articolo del 18 gennaio 2018
Vittima innocente della ‘ndrangheta, la storia del falegname serrese Bruno Vinci
Cercava la felicità in tutta la sua essenza tornando nella terra natia, Serra San Bruno, e qui invece trovò la morte. A LaC Dossier la vita e il dramma di un uomo onesto ucciso per vendetta

È la storia di un sogno infranto. Una vita serena, perfetta, vissuta nella ricerca della felicità. Una vita spesa per la moglie, i suoi due bambini, i fratelli. Spesa per la famiglia. Una vita segnata dall’atteso ritorno nella terra. La storia di una vittima innocente della ‘ndrangheta. La ‘ndrangheta che non dimentica. È la storia di Bruno Vinci.

Bruno nasce il 10 ottobre del 1943 a Serra San Bruno, paese immerso nel cuore dell’Appennino calabro. La famiglia Vinci è numerosa: papà Michele e mamma Barbara mettono al mondo undici figli. La vita è dura ma si va avanti, mentre dalla Calabria in migliaia migrano, solcando gli oceani, in cerca di fortuna. Anche Bruno ci prova e raggiunge il Canada.

Il sogno di ritornare in Calabria. Bruno incontra Giuseppina, s’innamorano, si sposano e mettono su famiglia a Welland, nell’Ontario, a pochi minuti dalle cascate del Niagara. Dal loro amore nascono due bambini. Bruno lavora il legno con mani esperte e coltiva una grande passione per la fotografia e la pesca. E’ una vita tranquilla, apparentemente perfetta. Ma è una felicità incompleta. A Bruno manca la sua Serra, vive con nostalgia i ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza. Giuseppina comprende il marito. Così la famiglia Vinci torna in Calabria: è il 1978. Bruno manda avanti la famiglia facendo il falegname. Mettono su un piccolo negozio di articoli sportivi, per la caccia e la pesca.

L’agguato. Il tempo scorre e Bruno ritrova gli affetti di un tempo. Il 14 aprile del 1980, però, il tempo si ferma. E’ pomeriggio. Bruno si reca nella gioielleria dei fratelli Francesco e Domenico, in Piazza San Giovanni. Davanti all’attività commerciale si ferma una Fiat 127 di color amaranto. Hanno tutti il volto scoperto. Uno resta in auto. Due scendono, fanno irruzione, sparano: esplodono dieci colpi impugnando pistole calibro 7.65. Domenico Vinci viene colpito in faccia dalla pioggia di fuoco, ma sopravvive. Bruno, invece, muore in pochi istanti. I carabinieri della locale Compagnia sin da subito fanno il possibile per assicurare alla giustizia gli assassini. Non è stata una rapina finita male, è stato un agguato vero e proprio. Una vendetta. E così affiorano le ombre che turbavano Serra e le vite dei fratelli Vinci prima del ritorno di Bruno dal Canada.

Ucciso per vendetta. E’ il 16 febbraio del 1975. La stessa gioielleria al numero 2 di Piazza San Giovanni era già stata teatro di una sparatoria. C’è Francesco Vinci, all’interno. Due uomini entrano e intimano di consegnare soldi e gioielli. Sono armati. Anche Francesco lo è: sente la sua vita in pericolo, tira fuori l’arma e scoppia un conflitto a fuoco. Francesco sopravvive. A terra, esanime, resta uno dei rapinatori: è Rocco Ursini, è un mafioso di Gioiosa Ionica, il centro della Locride in cui due anni dopo Rocco Gatto pagherà con la vita la sua ribellione al pizzo imposto proprio dagli Ursini. Rocco Ursini muore, Vincenzo Cutrone, il complice, resta ferito. A riconoscere il cadavere giunge Domenico Macrì, un pezzo da novanta della criminalità organizzata di Gioiosa. Non si fa scrupoli delle autorità presenti e così Macrì promette vendetta.

Un delitto impunito. Bruno è una vittima innocente della criminalità organizzata. Ne sono certi i carabinieri, che hanno gli elementi giusti per dare impulso alle indagini. Il primo indiziato per l’omicidio di Bruno e il tentato omicidio di Domenico è Mario Ursini, che negli anni successivi diventerà un boss di primissimo piano tra la Calabria e il Piemonte. Il secondo sospettato è Salvatore Sainato, considerato esponente di spicco della ‘ndrangheta, elemento di collegamento tra le cosche della Locride e quelle della dorsale delle Serre. Il terzo non è neppure maggiorenne, si chiama Rocco IIritano. Gli elementi a loro carico, però, non bastano. E così il 17 marzo del 1982 il giudice istruttore di Vibo Valentia dichiara il non doversi procedere a loro carico. Nel luglio successivo, la Corte d’Appello di Catanzaro riconobbe l’insufficienza di prova per Ursini e sancì il non doversi procedere per non aver commesso pe Sainato e Iiritano. La morte di Bruno Vinci resterà impunita.

 

 

 

La ‘Ndrangheta non dimentica: la storia di Bruno Vinci
LaC TV – Pubblicato il 18 gen 2018
In questa puntata di LaC Dossier vi raccontiamo la storia di Bruni Vinci, uomo onesto, lavoratore, un falegname. Ucciso a Serra San Bruno con due colpi di pistola. Giustiziato il 14 aprile del 1980 per una vendetta contro il fratello che per difendersi da una rapina anni prima aveva ucciso un mafioso.

 

Fonte: lacnews24.it
Articolo del 18 gennaio 2018
La ‘ndrangheta non dimentica: la storia di Bruno Vinci
Il dramma di un uomo, un lavoratore onesto ucciso per vendetta nella sua Serra San Bruno. La storia di una vittima innocente della criminalità organizzata a LaC Dossier.

È la storia di un sogno infranto. Una vita serena, perfetta, vissuta nella ricerca della felicità. Una vita spesa per la moglie, i suoi due bambini, i fratelli. Spesa per la famiglia. Una vita segnata dall’atteso ritorno nella terra. La storia di una vittima innocente della ‘ndrangheta. La ‘ndrangheta che non dimentica. È la storia di Bruno Vinci.

Bruno nasce il 10 ottobre del 1943 a Serra San Bruno, paese immerso nel cuore dell’Appennino calabro. La famiglia Vinci è numerosa: papà Michele e mamma Barbara mettono al mondo undici figli. La vita è dura ma si va avanti, mentre dalla Calabria in migliaia migrano, solcando gli oceani, in cerca di fortuna. Anche Bruno ci prova e raggiunge il Canada.

Il sogno di ritornare in Calabria
Bruno incontra Giuseppina, s’innamorano, si sposano e mettono su famiglia a Welland, nell’Ontario, a pochi minuti dalle cascate del Niagara. Dal loro amore nascono due bambini. Bruno lavora il legno con mani esperte e coltiva una grande passione per la fotografia e la pesca. È una vita tranquilla, apparentemente perfetta. Ma è una felicità incompleta. A Bruno manca la sua Serra, vive con nostalgia i ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza. Giuseppina comprende il marito. Così la famiglia Vinci torna in Calabria: è il 1978. Bruno manda avanti la famiglia facendo il falegname. Mettono su un piccolo negozio di articoli sportivi, per la caccia e la pesca.

La tragedia, l’agguato
Il tempo scorre e Bruno ritrova gli affetti di un tempo. Il 14 aprile del 1980, però, il tempo si ferma. È pomeriggio. Bruno si reca nella gioielleria dei fratelli Francesco e Domenico, in Piazza San Giovanni. Davanti all’attività commerciale si ferma una Fiat 127 di color amaranto. Hanno tutti il volto scoperto. Uno resta in auto. Due scendono, fanno irruzione, sparano: esplodono dieci colpi impugnando pistole calibro 7.65. Domenico Vinci viene colpito in faccia dalla pioggia di fuoco, ma sopravvive. Bruno, invece, muore in pochi istanti.
A Serra l’unico presidio vero dello Stato sono i carabinieri della locale Compagnia, che sin da subito fanno il possibile per assicurare alla giustizia gli assassini. Cosa è successo agli uomini del capitano Aldo Mancuso e del maresciallo Giovanni Pastore è subito chiaro: non è stata una rapina finita male, è stato un agguato vero e proprio. Una vendetta. E così affiorano le ombre che turbavano Serra e le vite dei fratelli Vinci prima del ritorno di Bruno dal Canada.

Ucciso per vendetta
È il 16 febbraio del 1975. La stessa gioielleria al numero 2 di Piazza San Giovanni era già stata teatro di una sparatoria. C’è Francesco Vinci, all’interno. Due uomini entrano e intimano di consegnare soldi e gioielli. Sono armati. Anche Francesco lo è: sente la sua vita in pericolo, tira fuori l’arma e scoppia un conflitto a fuoco. Francesco sopravvive. A terra, esanime, resta uno dei rapinatori: è Rocco Ursini, è un mafioso di Gioiosa Ionica, il centro della Locride in cui due anni dopo Rocco Gatto pagherà con la vita la sua ribellione al pizzo imposto proprio dagli Ursini. Rocco Ursini muore, Vincenzo Cutrone, il complice, resta ferito. A riconoscere il cadavere giunge Domenico Macrì, un pezzo da novanta della criminalità organizzata di Gioiosa. Non si fa scrupoli delle autorità presenti e così Macrì promette vendetta.

Un delitto impunito
Bruno è una vittima innocente della criminalità organizzata. Ne sono certi i carabinieri, che hanno gli elementi giusti per dare impulso alle indagini. Il primo indiziato per l’omicidio di Bruno e il tentato omicidio di Domenico è Mario Ursini, che negli anni successivi diventerà un boss di primissimo piano tra la Calabria e il Piemonte. Il secondo sospettato è Salvatore Sainato, considerato esponente di spicco della ‘ndrangheta, elemento di collegamento tra le cosche della Locride e quelle della dorsale delle Serre. Il terzo non è neppure maggiorenne, si chiama Rocco IIritano. Gli elementi a loro carico, però, non bastano. E così il 17 marzo del 1982 il giudice istruttore di Vibo Valentia dichiara il non doversi procedere a loro carico. Nel luglio successivo, la Corte d’Appello di Catanzaro riconobbe l’insufficienza di prova per Ursini e sancì il non doversi procedere per non aver commesso per Sainato e Iiritano. La morte di Bruno Vinci resterà impunita.

 

 

Fonte: mafie.blogautore.repubblica.it
Articolo del 3 aprile 2020
La vendetta contro Bruno
di Lin Faggion

Lunedì 14 aprile 1980. È data che decreta la fine della vita di Bruno Vinci. Una morte per vendetta, per rappresaglia. Bruno era un falegname, un ragazzo ammazzato con due colpi di pistola alla testa, a Serra San Bruno.
Fu giustiziato il 14 aprile 1980 per una ritorsione contro il fratello Franesco che anni prima, per difendersi da una rapina, aveva ucciso un criminale. È morto per vendetta. Bruno era padre, era marito e ha lasciato al mondo due bambini da crescere.

Sono bastati due colpi, due semplici colpi, alla testa. Bruno, anni prima, se ne era andato in Welland, Canada, a pochi chilometri dalle cascate del Niagara, perché cercava la felicità. Aveva anche incontrato l’amore, aveva trovato Giuseppina che lo rese padre di due bambini. Nonostante fosse contento, Bruno, provava quel senso di dolce amaro che si aggira fra il petto e il costato e non ti lascia in pace; sentiva che gli mancava qualcosa, che la sua sostanza non era stare in quel posto favoloso, ma era tornare a casa sua, nella sua terra. Perché là c’era ciò che era stato e che ora non era più. Così, insieme alla famiglia, decise di partire e di iniziare una nuova-vecchia vita a Serra San Bruno. Cercava la felicità in tutta la sua essenza tornando nel posto natale e invece ad aspettarlo trovò la morte.

Lunedì 14 aprile 1980 Bruno andò nella gioielleria dei fratelli Domenico e Francesco, per comprare un regalo a sua figlia. Fuori dal negozio si fermò una Fiat 127; scesero dalla macchina due uomini armati di pistole. Irruppero nel negozio e spararono; a Bruno, bastarono due colpi alla testa per essere portato via da questo mondo. Cinque anni prima, il 16 febbraio 1975, la gioielleria dei Vinci era stato oggetto di un tentativo di rapina. Francesco quel giorno era armato e aveva aperto il fuoco sui rapinatori; lui fu ferito mentre a terra era rimasto, esanime, uno dei criminali: Rocco Ursini, legato alla cosca di Gioiosa Ionica. A riconoscere il cadavere era giunto Domencio Macrì, uno dei capi della ‘Ndrangheta di Gioiosa. E aveva giurato vendetta, di fronte a tutti.

Dopo l’assassinio di Bruno, vengono arrestati i tre presunti assassini; ma le prove a loro carico non bastarono. Nonostante i loro nomi fossero noti a tutti, la morte di Bruno Vinci restò e rimane tutt’ora impunita. Bruno è morto per ingiustizia, per vendetta.

 

 

 

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vivi.libera.it
Bruno Vinci – 14 aprile 1980 – Serra San Bruno (VV)
Era andato via giovane dalla Calabria, in cerca di fortuna dall’altra parte dell’Oceano, in Canada. E aveva trovato l’amore. Ma la voglia di ritornare in Calabria era troppo forte e così con la sua famiglia, Pina e i due bambini, fa ritorno a Serra. Una felicità durata solo due anni e spezzata dalla violenza ‘ndranghetista.

 

 

 

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