18 Giugno 1975 Roccamena (PA). Ucciso Calogero Morreale, 35 anni, sindacalista ed attivista socialista.

Foto da: La Stampa


Calogero (Lillo) Morreale
era un dirigente socialista dell’Alleanza contadina. Colpevole di aver sospettato imbrogli che giravano intorno ai lavori per l’invaso Garcia. “Una grande abbuffata” che ha favorito potenti “famiglie” siciliane. Diga per la quale morirono anche il colonnello dei Carabinieri Giuseppe Russo e il suo amico-confidente Filippo Costa (20/08/77) e il giornalista (cronista giudiziario del Giornale di Sicilia) Mario Francese (26/01/79) che aveva scritto sull’ “affare” della diga.

 

 

 

Articolo da La Stampa del 20 Giugno 1975
È stata la “mafia agraria” a uccidere l’attivista psi?
di Antonio Ravidà
Palermo: una nuova pista seguita nelle indagini. Calogero Morreale è il ventisettesimo sindacalista assassinato in Sicilia – Suo padre, nel ’46, organizzò occupazioni di terre incolte – L’agguato dei “killers” sulla strada

Palermo, 19 giugno. Soltanto sospetti e mezze frasi. Poi molta paura di parlare e persino di stare a sentire. Questa è la cupa impressione, passando nelle piccole strade di Roccamena (3 mila abitanti a una settantina di chilometri da Palermo) dove è stato ucciso il segretario della sezione del psi, Calogero Morreale, 35 anni, sposato e padre di due figli. Poco oltre la periferia del paese, a circa quattro chilometri sulla strada che entra nella valle del Belice, si raggiungono i luoghi del terremoto del 1968. È qui che ieri, nel primo pomeriggio, è stato assassinato Morreale, che era anche presidente del locale ente comunale di assistenza, delegato di zona dell’Alleanza contadina e agente dell’Unipol, compagnia assicuratrice.

L’hanno ucciso due o tre killers che, lungo la strada, gli avevano fatto segno di fermarsi. Morreale, che probabilmente li conosceva, ha rallentato e ha spento il motore. È probabile che non gli abbiano dato neppure il tempo di parlare: gli hanno sparato con tiro incrociato a lupara e con rivoltelle calibro 38 a canna lunga. Subito dopo, i killers sono fuggiti su un’auto lasciata nei pressi. Nessuna delle persone che, nella mezz’ora seguente sono passate di lì, si è fermata o ha dato l’allarme. Eppure Morreale, insanguinato e chino sullo sterzo della sua «500» azzurra, era ben visibile. Solo più tardi, intorno alle 15, due agricoltori, padre e figlio, superando con la mietitrebbia l’utilitaria, hanno riconosciuto Morreale, sono scesi sperando di poterlo soccorrere, ma visto che era già morto sono corsi a dare l’allarme. A Roccamena, dove dal giugno 1973 è in carica una giunta socialcomunista, i concittadini del segretario socialista ucciso non hanno dubbi: il delitto è stato ordinato da un clan mafioso infastidito dalle iniziative sindacali di Morreale.

Ma quale dei tre o quattro gruppi di mafia che da generazioni «pesano» sulla zona? «Morreale è nuovo martire socialista sulla via insanguinata della protesta contadina contro la mafia e le cricche di potere in Sicilia», ha detto Filippo Fiorino, segretario provinciale socialista. «Quest’ultima vile e rabbiosa risposta della reazione siciliana — ha aggiunto Fiorino — ancora una volta ha troncato la vita di un onesto e combattivo lavoratore socialista, marito e padre affettuoso». Ha detto il padre della vittima, Pietro Morreale, agli inquirenti: «Cercano di intimorirci. Ci hanno provato venti anni fa senza riuscirci, ora hanno ucciso mio figlio. Ma noi non ci fermeremo». C’è un’altra pista che gli inquirenti seguono: può darsi che Calogero Morreale abbia saputo qualcosa sul sequestro dell’enologo Franco Madonia, rapito l’8 settembre scorso fra Roccamena e la vicina Monreale e rilasciato il 15 aprile, ma dopo il pagamento di un miliardo. Le proprietà del nonno materno di Madonia, Giuseppe Garda, confinano con il podere dei Morreale che con i Garda sono sempre stati in ottimi rapporti.

L’omicidio di Calogero Morreale, nel dominio mafioso di Liggio, Coppola, Rimi, ha più di un precedente. Dal dopoguerra ad oggi in Sicilia 13 sindacalisti della Cgil e 14 esponenti politici di vari partiti, anche della dc, sono stati assassinati. L’anziano padre del segretario socialista ucciso fu uno degli organizzatori dell’occupazione delle terre nel 1946-’47 poco prima della riforma agraria in Sicilia, quando i contadini s’installarono nei feudi incolti. Il vecchio Morreale afferma oggi che nel 1950 sfuggì per poco ad un agguato. L’elenco delle vittime è aperto da Angelo Macchiarella, sindacalista ucciso a Ficarazzi, nel Palermitano, il 19 febbraio 1947; sei giorni dopo, venne assassinato, a Partinico, Carmelo Silvia pure sindacalista, il primo maggio successivo, nella strage di Portella delle Ginestre, a breve distanza da Roccamena, la banda Giuliano si scatenò contro un corteo di lavoratori: 11 morti e 56 feriti furono il bilancio della tragica ritorsione della quale, secondo più d’una testimonianza, Giuliano si rese autore in nome e per conto di alcuni agrari e mafiosi di Palermo. Il 21 marzo 1948 la «cosca» mafiosa di Corleone, ancora dominata dal medico Michele Navarra, poi sostituito da Liggio, che lo eliminò a sventagliate di mitra e lupara, uccise il segretario della Camera del Lavoro, Placido Rizzotto. Dopo altri omicidi, il 16 maggio 1955 a Sciara, nell’altro versante del Palermitano, fu trucidato Salvatore Carnevale e, il 24 marzo ’56, a Tusa, al confine tra le province di Messina e Palermo, Carmine Battaglia. Come Morreale anche gli ultimi due erano sindacalisti socialisti.

 

 

 

Articolo di La Stampa del 20 Giugno 1975
Si cerca l’assassino con prova del guanto
di Antonio Ravidà

Palermo, 20 giugno. Alcuni contadini e due presunti mafiosi sono stati sottoposti a Roccamena alla prova del guanto di paraffina, per stabilire se hanno sparato: sono fra loro i killer che, mercoledi pomeriggio, hanno assassinato – con fucili a lupara e rivoltelle P38 canna lunga – Calogero Morreale, segretario della sezione socialista). La lunga lista dei sospettati è stata letta e riletta, emendata ed ampliata parecchie volte da carabinieri e polizia. Comprende i nomi di un anziano capomafia e dei suoi figli, nomi rivelati dal padre e dalla moglie della vittima, che aveva 35 anni e lascia due figli.

“La mafia e la politica hanno ucciso mio figlio” ha detto Pietro Morreale. Il vecchio, nel dopoguerra, nella zona di Roccamena, nella Valle dello Jato sino a Partinico (dove, anni dopo, Danilo Dolci fece parlare di sé e della Sicilia in mezzo mondo), fu tra gli organizzatori delle rivendicazioni dei braccianti che occuparono i feudi incolti, abbandonati. « I mandanti sono sempre gli stessi — ha aggiunto Morreale padre —; cercano dì fermarci ma non ci riescono. Noi continuiamo a lottare».

Alcune tracce le ha fornite al col. Mario Sateriale comandante il locale gruppo carabinieri e al vicequestore Bruno Contrada, dirigente della Mobile, il sindaco socialista del paese (tremila abitanti), Santo Stagno a capo d’una giunta psi-pci dal giugno 1973, che subentrò, dopo aspre polemiche, ad un bicolore dc-msi. Ma in questi due anni molti dissensi si sono stemperati. Tuttavia, come ha detto agli inquirenti il sindaco Stagno, si sono dovuti toccare interessi privati per il piano di ricostruzione del paese in parte danneggiato dal terremoto del ’68.

 

 

 

Articolo dall’Unità del 19 Giugno 1975
Agghiacciante delitto in Sicilia
Ucciso in agguato di stampo mafioso dirigente del PSI di Roccamena
Da anni aveva ricoperto la carica di presidente dell’ECA ed era stato segretario dellìAlleanza contadini

PALERMO, 18 Il segretario della sezione socialista di Roccamena, un piccolo centro della Valle del Belice, in provincia di Palermo, retta da una amministrazione di sinistra, è stato ucciso questo pomeriggio in un agguato tesogli da un gruppo di persone, che lo hanno atteso nascoste dietro una siepe in aperta campagna.

Calogero Monreale – questo il nome dell’ucciso – stava tornando con la sua 500 in paese da un piccolo appezzamento di terra coltivato a vite di sua proprietà in contrada Ruello, quando è stato affrontato da un gruppo di persone armate di pistole che hanno esploso contro di lui una serie di colpi.

Monreale, il corpo crivellato di proiettili, è morto sul colpo. L’uomo, 35 anni, padre di due figli, è caduto in una imboscata tesagli da gente che conosceva le sue abitudini: l’orario dell’agguato coincide infatti con la solit ora in cui Monreale ritornava quotidianamente dai campi.

La vittima era stata nominata pochi giorni fa segretario della sezione socialista di Roccamena, dopo aver ricoperto per vari anni la carica di presidente dell’ECA ed aver presieduto la sezione locale dell’Alleanza coltivatori.

Non c’è ancora chiarezza sul movente del delitto. Alcuni investigatori hanno dichiarato di “escludere, per il momento, il movente politico” ma qui a Roccamena nessuno si sente, invece, di escluderlo questo movente dato un precedente significativo. Risale, infatti, a 25 anni addietro un episodio analogo che ebbe per protagonista un altro componente della famiglia Monreale: Il padre dell’ucciso fu l’obiettivo di un’imboscata di tipico stanpo mafioso.

Monreale era uno dei più valorosi dirigenti bracciantili della zona e gli agrari gli fecero tendere un agguato da un commando mafioso. L’attentato ebbe una dinamica molto simile a quella dell’agguato in cui ha perso la vita oggi il segretario socialista.

L’uccisione di Monreale è avvenuta in una zona della provincia di Palermo che in passato è stata varie volte al centro di fatti di criminalità mafiosa. Roccamena è insieme a Monreale e Partinico uno dei “tre” vertici del del “triangolo” della mafia delle campagne, dove le cosche si diedero una sanguinosa battaglia fino agli anni 60.

Sul posto si sono recati ieri sera anche i funzionari della squadra politica della Questura di Palermo. v. va.

 

 

 

Fonte:  socialismoitaliano1892.it
post del 14 giugno 2018
Articolo tratto dall’Avanti! del 20 giugno 1975
UCCISO CALOGERO MORREALE, 35 ANNI, SINDACALISTA E DIRIGENTE SOCIALISTA
di Marco Sassano
Cronaca di un delitto

«Se credono che ammazzando mio figlio ci mettono paura e che rinunceremo alla nostra battaglia, non hanno capito niente. Proprio per il dolore che provo sono pronto ad andare in piazza e a tenere un comizio ai compagni, ho sessantasette anni e hanno tentato di ammazzarmi venticinque anni fa, ora mi hanno ucciso il figlio, ma se è necessario, comincio da capo. Non ci fanno paura».

Con la voce resa roca dalla sofferenza, con gli occhi gonfi di pianto rappreso, con il volto incavato ed abbronzato di un uomo che per tutta la vita ha lavorato e lottato sui campi, così parla Pietro Monreale, padre del compagno Calogero, barbaramente ucciso da due killer, ieri pomeriggio, mentre tornava a casa, a Roccamena, dove l’aspettavano la moglie e due figli, di tre e quattro anni. Calogero Morreale, segretario della sezione socialista del centro agricolo palermitano, e responsabile dell’alleanza contadini, e stato freddato a bordo della sua 500, con sette colpi dí pistola a tamburo e con una scarica a distanza ravvicinata attraverso il parabrezza. Tutti i proiettili hanno raggiunto il capo del compagno uccidendolo sul colpo.

«Sono arrivati all’omicidio -dice il compagno, Santo Stagno. sindaco di Roccamena, che è amministrata da una giunta di sinistra- per intimorire noi e tutta la popolazione. Il disegno dei mafiosi che hanno ordito l’assassinio è quello di ripetere a Roccamena, quanto sperimentarono a Sciara, con il delitto Carnevale, che riuscì a far scomparire per un lungo periodo eli tempo il partito.

I tempi però sono profondamente mutati. Non ci facciamo intimidire. Il cadavere del segretario socialista è stato scoperto, circa mezz’ora dopo il delitto, da due contadini Giuseppe Calamia e suo figlio. La 500 era bloccata in mezzo alla strada, con la terza marcia ingranata. Non vi era traccia di sbandamento. E’ dunque probabile che Calogero Morreale abbia riconosciuto gli uomini che gli stavano per tendere l’agguato e, non presentendo nulla, abbia rallentato avvicinandosi. E’ a questo punto che gli assassini si sono avvicinati al parabrezza ed estratte le armi, hanno esploso i colpi. Che si tratti di professionisti del crimine balza chiaramente agli occhi se si tiene presente che i sette colpi di pistola sono stati sparati a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altro, quasi a forma di un perfetto cerchio, nonostante il forte rinculo dell’arma.

L’agguato contro il dirigente socialista è avvenuto lungo una strada che attraversa i possedimenti di un discusso e potente personaggio, Giuseppe Garda di Monreale, il cui nipote Franco Morreale, fu sequestrato nel settembre scorso e per il cui riscatto venne pagata la cifra di un miliardo. Di quelle stesse terre, venticinque anni fa (allora era di proprietà del feudatario Mirto Staracio Serafino) era affittuaria la famiglia Morreale, che proprio per l’impegno politico del capofamiglia nelle lotte per l’occupazione delle terre, venne cacciata e completamente defraudata. E’ proprio sino da quel periodo che va inquadrato l’impegno attivo di tutta In famiglia Morreale, i membri militano sia nel PSI che nel PCI, contro i potenti mafiosi della zona.

Ecco perché ha una sua precisa logica l’affermazione del sindaco dl Roccamena, quando dichiara che «questo omicidio trova la sua radice nelle battaglie per l’occupazione delle terre incolte. E’ di quell’epoca il tentato omicidio del padre di Calogero. Fu nel 1949, che alcuni mafiosi aspettarono il dirigente politico sotto casa, armati dl lupara. Solamente il suo spirito d’osservazione (si accorse anche al buio, degli uomini che l’aspettavano) gli permise di salvarsi. Riconobbe i due assalitori. Si ricorda bene: e Uno -dice- era il figlio naturale del mafioso Leonardo Giordano, l’altro è ancora vivo, sta a Monreale, e si chiama Gioacchino Cascio. Feci anche una denuncia ai carabinieri ma non ne fecero nulla. Anzi sparì addirittura il foglio di carta bollata».

La battaglia della famiglia Morreale contro la mafia di Roccamena (uno dei pilastri del quadrilatero mafioso della Sicilia occidentale, Insieme a Corleone, Alcamo e Borgetto) continuò negli anni, ad esempio, con la ferma denuncia delle reiterate intimidazioni messe in atto dall’ex feudatario del territorio di Contessa, Petraro a, che era stato preso In affitto trentennale dal Consorzio di Bonifica del medio e alto Belice. Pare che proprio in seguito a questa vicenda. Il figlio di Giuseppe Garda (il proprietario delle contrade Gambari e Balate a cavallo delle quali è avvenuto il delitto) Baldassarre, è stato Inviato e si trova tuttora, al soggiorno obbligato a Bologna. A tutto questo si aggiunge l’impegno sindacale. Le dure lotte che hanno portato in questi anni, i contadini di Roccamena, a modificare totalmente il panorama agricolo della zona, passando dalle colture estensive a quelle Intensive, In particolare della vite. E tutto ciò ha ovvia-mente dato forza Al movimento cooperativistico, di cui Calogero Morreale era uno dei principali sostenitori.

Ma il delitto va inquadrato anche nella situazione del centro siciliano. Bisogna infatti ricordare che la giunta di sinistra, nata dalle elezioni amministrative di due anni or sono, ha spazzato via Il retaggio di omertà e di complicità con i grandi proprietari, lasciatale dalla precedente giunta che era diretta da democristiani e missini. Lo scontro elettorale era stato assai duro, ed il Partito Socialisti aveva condotto un’aspra battaglia contro la DC cittadina, in cui, negli anni, si era arroccata, come dice Il sindaco, la mafia della zona.

Vinsero socialisti e comunisti. Era dal ’56 che non avveniva. Ed anche allora c’era stata una furibonda reazione mafiosa che era giunta al punto di sequestrare tre consiglieri comunali di sinistra, provocando un’ovvia ondata di panico. Con l’assassinio del dirigente socialista si vuole forse ripetere questo infame disegno? Ma il Paese, anche qui, nella profonda Sicilia, è radicalmente cambiato. Questo pomeriggio è giunto a Roccamena il sostituto procuratore della Repubblica Messineo, uno dei più preparati magistrati palermitani. In sua presenza, nella casetta del custode del cimitero, ancora sconvolto dal terremoto del ’69, si è svolta l’autopsia. Poi la salma è stata trasportata prima nella umile abitazione di via Quattro Case, dove una folla di cittadini ha sostato per tutto il giorno. In serata, è stata trasferita nella sala del Consiglio comunale dove è stata preparata la camera ardente. Per domattina alle 10,00 alla presenza delle delegazioni socialiste e sindacali provenienti da tutta la Sicilia, si svolgeranno i funerali pubblici.

I socialisti, i compagni tutti, si stringono attorno alla famiglia Morreale per riconfermare, ancora una volta, l’impegno di lotta per il quale Calogero Morreale è stato assassinato nella campagna di Roccamena.

 

 

 

Fonte: ricerca.repubblica.it
Articolo del 6 febbraio 2005
Assassinato trent’anni fa ‘Non è vittima di mafia’
di Salvo Palazzolo

Denunciava i padrini di Roccamena e i politici collusi, fino al giorno che lo ammazzarono a colpi di lupara. Ma per il ministero dell’ Interno non basta, perché i colpevoli non sono mai stati trovati: «Calogero Morreale non può essere considerato una vittima della mafia», dice la lettera inviata ai familiari del sindacalista assassinato il 18 giugno 1975. Ma la famiglia Morreale è decisa ad andare avanti, anche per fare riaprire le indagini sull’omicidio. «Mio padre era il segretario della sezione socialista di Roccamena – racconta il figlio Pietro, oggi assessore del suo paese – mio nonno Pietro era comunista e aveva fatto le battaglie con i contadini, per la terra». Il figlio del sindacalista aveva tre anni quando suo padre venne ucciso, trent’ anni dopo ha deciso che è venuto il momento di chiedere a gran voce giustizia. E ha cominciato lui stesso a riaprire lo scrigno della memoria dimenticata: ha raccolto i giornali dell’ epoca, ha chiesto al Tribunale di poter leggere gli atti dell’ indagine che si concluse contro ignoti. Qualcosa ha trovato: «è un delitto contro il paese – scriveva su L’Ora un grande giornalista, Nicola Volpes, alcuni giorni dopo l’omicidio – un’intimidazione per tutti, la scelta di un uomo che da anni era un emblema, una bandiera attorno alla quale si riunivano quei consensi che non erano certo graditi a chi avrebbe voluto Roccamena ferma nel tempo, avulsa dalle idee nuove, dai rinnovamenti che cancellano i vecchi privilegi». Questo era accaduto a Roccamena: da due anni era stato rotto il monopolio dei notabili democristiani e la sinistra era arrivata al governo. Erano mesi importanti: «Il paese si trova a una svolta per il suo futuro sviluppo civile ed economico – spiegava ancora Volpes – la modifica del piano comprensoriale, il parziale trasferimento dell’ abitato che fu danneggiato dal terremoto della Valle del Belice, l’estensione del vigneto per l’incremento dei redditi agricoli. Battaglie per le quali – commentava il cronista – la famiglia dell’ucciso ha avuto sempre una precisa collocazione politica, impegnata sin dall’immediato Dopoguerra nel movimento contadino e nei partiti di sinistra». Il figlio del sindacalista ha tirato fuori da un polveroso archivio del palazzo di giustizia anche la sentenza dell’allora giudice istruttore Paolo Borsellino che archiviava le accuse di favoreggiamento nei confronti di tre potenziali testimoni. Così scriveva Borsellino: «A causa della sua intensa attività politico-amministrativa, espletata in un ambiente sociale ove i privati interessi vengono prepotentemente difesi da parte degli interessati a discapito del bene pubblico e in acerrimo conflitto con loro, Calogero Morreale aveva per certo con numerosi individui e nuclei familiari notevoli ragioni di contrasto, in special modo con riferimento alla regolamentazione dell’attività urbanistico-edilizia e alla promozione di attività cooperativistiche, delle quali s’era di recente ampiamente interessato». Pietro Morreale vuole chiedere adesso tutti gli atti dell’inchiesta: «Secondo me – dice – al ministero dell’Interno non li hanno neanche letti. Avevamo fatto istanza nel 1999, ci hanno risposto dopo quattro anni».

 

 

 

Fonte:  referencepost.it
Articolo del 18 giugno 2019
In ricordo di Calogero Morreale, ucciso dalla mafia il 18 giugno 1975
di Roberto Greco
Il delitto di Calogero Morreale rimarrà impunito e, sul suo omicidio, non fu mai raggiunta alcuna verità processuale

È il 18 giugno 1975. Calogero Morreale, segretario della sezione socialista di Roccamena, centro agricolo palermitano, e responsabile dell’Alleanza contadini, è sulla sua auto e sta rientrando a casa. Sta percorrendo la lunga strada che attraversa i possedimenti di un discusso e potente personaggio, Giuseppe Garda di Monreale, il cui nipote Franco fu sequestrato nel settembre dell’anno precedente. Di quelle stesse terre, venticinque anni prima, era affittuaria la famiglia Morreale, che proprio per l’impegno politico del capofamiglia nelle lotte per l’occupazione delle terre, fu cacciata e completamente defraudata. L’auto si perde all’orizzonte lungo la strada. È passata poco meno di mezz’ora, da quanto la polvere si è ridepositata sulla strada, dopo il passaggio dell’auto. Due contadini, Giuseppe Calamia e suo figlio, la stanno percorrendo a piedi. Una Fiat 500 è ferma in mezzo alla strada. Si avvicinano. Al suo interno vedono Calogero Morreale morto. Sette colpi di pistola oltre a una scarica a distanza ravvicinata, attraverso il parabrezza, hanno chiuso per sempre la bocca a Calogero. A casa, ad aspettarlo, ci sono la moglie i due figli.

“È un delitto contro il paese – scriveva su “L’Ora” Nicola Volpes, grande giornalista, alcuni giorni dopo l’omicidio – un’intimidazione per tutti, la scelta di un uomo che da anni era un emblema, una bandiera attorno alla quale si riunivano quei consensi che non erano certo graditi a chi avrebbe voluto Roccamena ferma nel tempo, avulsa dalle idee nuove, dai rinnovamenti che cancellano i vecchi privilegi”. “Il paese si trova a una svolta per il suo futuro sviluppo civile ed economico – illustra Volpes – la modifica del piano comprensoriale, il parziale trasferimento dell’abitato che fu danneggiato dal terremoto della Valle del Belice, l’estensione del vigneto per l’incremento dei redditi agricoli. Battaglie per le quali – continua il cronista – la famiglia dell’ucciso ha avuto sempre una precisa collocazione politica, impegnata sin dall’ immediato Dopoguerra nel movimento contadino e nei partiti di sinistra”.

Nonostante Pietro, il padre di Calogero, abbia accusato apertamente i mafiosi della zona, le indagini sono destinate ad arenarsi. Il delitto di Calogero Morreale rimarrà, così, impunito e, sul suo omicidio, non fu mai raggiunta alcuna verità processuale. L’allora giudice istruttore Paolo Borsellino, così scriveva la sentenza che archiviava le accuse di favoreggiamento nei confronti di tre potenziali testimoni: «A causa della sua intensa attività politico-amministrativa, espletata in un ambiente sociale ove i privati interessi vengono prepotentemente difesi da parte degli interessati a discapito del bene pubblico e in acerrimo conflitto con loro, Calogero Morreale aveva per certo con numerosi individui e nuclei familiari notevoli ragioni di contrasto, in special modo con riferimento alla regolamentazione dell’ attività urbanistico-edilizia e alla promozione di attività cooperativistiche, delle quali s’era di recente ampiamente interessato”. La mancanza della sentenza, ha, inoltre, reso impossibile il riconoscimento a Calogero Morreale, da parte dello Stato, di “Vittima della mafia”.

 

 

 

 

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