18 Maggio 1990 Napoli. Ucciso Nunzio Pandolfi, bambino di due anni, mentre era in braccio al padre vero obiettivo dell’agguato.

nella foto Nunzio Pandolfi mentre gli viene dato soccorso in ospedale ((PRESSPHOTO) Foto da: corrieredelmezzogiorno.corriere.it

Il 18 maggio 1990, nel Rione Sanità di Napoli, si consuma il terribile omicidio di Nunzio Pandolfi, di solo 2 anni.
Il bambino è in braccio al padre, Gennaro Pandolfi, anni 29, quando i killer fanno irruzione nella loro abitazione uccidendolo con colpi di arma da fuoco alla testa.
L’obiettivo dell’agguato è Luigi Giuliano, boss di Forcella che pure resta ucciso.
Il padre di Nunzio, Gennaro, secondo le indagini è autista dei Giuliano e la sua uccisione sarebbe stata necessaria per pareggiare i conti nella faida con i superboss di Secondigliano.
Il 9 giugno 2009 l’ultima sentenza per la V Corte di Assise di Napoli che condanna all’ergastolo Luigi Giuda, nel ruolo di organizzatore e Giuseppe Mallardo, nel ruolo di mandante dell’omicidio del piccolo Nunzio.
Per questo episodio sono stati già condannati all’ergastolo gli esecutori materiali del delitto.

Alcuni pentiti della famiglia Giuliano e i casalesi Luigi ed Alfonso Diana, appartenenti al gruppo di Francesco Bidognetti, nel 2006 riferiscono di essere stati convocati da Gennaro Liccardi (boss di Secondigliano a metà degli anni ’90) per l’agguato.

Nel novembre 2010 i boss Giuseppe Mallardo e Luigi Guida sono invece stati assolti. La decisione è stata presa dalla III Corte di Assise d’Appello, presidente Omero Ambrogi, che ha accolto la richiesta del Sostituto Procuratore Generale Gerardo Arcese. Alla base della decisione, probabilmente, le incongruenze rilevate nelle dichiarazioni dei due pentiti, Luigi Diana e Luigi Giuliano, che accusavano del delitto Mallardo e Guida.

(Fondazione Pol.i.s.)

 

 

 

Tratto da: I boss uccidono i bambini (ma nessuno lo ricorda) di Susanna Ambivero

A Nunzio non è stato dato il tempo neppure di compiere due anni. Venne ucciso il 18 maggio 1990, a diciotto mesi di età, mentre si trovava nella casa della nonna. Due uomini a volto coperto fecero irruzione sfondando la porta e sparando all’impazzata, l’obiettivo dei sicari era Gennaro Pandolfi, padre del bambino e uomo di fiducia di Luigi Giuliano, il boss di Forcella oggi pentito. Il piccolo Nunzio, nel momento dell’incursione, era tra le braccia del padre, forse l’uomo sperava che alla vista del piccolo i killer non avrebbero sparato, così non fu. Gli assassini non si fecero scrupoli nel crivellare il corpo del piccino pur di colpire il loro bersaglio, padre e figlio rimasero uccisi e altri quattro familiari vennero feriti.

 

 

Articolo del 9 giugno 2006 da  ricerca.repubblica.it
Delitto Pandolfi, presi i mandanti
di Irene De Arcangelis

ERA in braccio al papà quando i killer piombarono in casa e spararono all’impazzata. Nunzio Pandolfi, due anni, non aveva né l’età né la coscienza per comprendere quanto stava accadendo, ma il suo nome compare da allora tra i primi nel sempre più lungo elenco delle vittime innocenti della camorra. Ammazzato insieme al padre. I killer vennero arrestati in tempi record e condannati all’ ergastolo. Ma da quel lontano giorno – era il 18 maggio 1990, sedici anni fa – i mandanti di quel delitto atroce erano rimasti sconosciuti. Da ieri sono ufficialmente sotto accusa. Sono nomi noti della camorra anni Ottanta-Novanta che continuano, pur da dietro le sbarre, a tornare agli onori della cronaca. Per i pm della Direzione Investigativa Antimafia Paoli Itri e Sergio Amato a decidere l’ omicidio di Gennaro Pandolfi, trentenne autista del boss di Forcella (oggi pentito) Luigi Giuliano furono: Gennaro Licciardi, capo poi deceduto in carcere dell’ Alleanza di Secondigliano; Luigi Guida detto ‘o ndrin della Sanità, Giuseppe Mallardo, fratello del boss Francesco di Giugliano. Mallardo e Guida sono già in carcere a scontare altre condanne. Ora dovranno rispondere anche di duplice omicidio premeditato. 1990: anno di guerra tra gli ancora potenti Giuliano di Forcella e l’ Alleanza di Secondigliano cui avevano aderito anche i Mariano dei Quartieri Spagnoli e i Bidognetti. I Giuliano sospettati da Napoli Nord di aver fatto ammazzare una persona molto vicina al boss Eduardo Contini. Rapporti tesi con i Misso che, a loro volta, combattevano contro i Vastarella-Tolomelli alla Sanità. E Luigi Guida, boss emergente (fin dai primissimi Novanta temeva di essere ucciso, tanto che si sposò sotto la protezione di vigilantes privati), che affiancava l’ eminenza grigia Licciardi. Quell’ omicidio al Vasto va vendicato, vittima prescelta Gennaro Pandolfi, autista dei Giuliano. Quel giorno, il 18 maggio 1990, Gennaro Pandolfi era tornato a casa dopo un periodo di degenza in ospedale. Era stato investito, per un lungo periodo rischiò di perdere una gamba ma poi le sue condizioni di salute migliorarono. E il giorno del suo rientro in vicoletto San Vincenzo alla Sanità la famiglia aveva organizzato una festa a sorpresa. I saluti, i brindisi, il piccolo Nunzio viene preso in braccio da papà. Fu allora che arrivarono i killer e uccisero padre e figlio. Quindi arrestati e condannati. In sedici anni i nomi di Licciardi, Mallardo, Guida, sono tornati alla ribalta in numerose occasioni di camorra, guerre, delitti. Poi Licciardi è morto, i Giuliano sono finiti, i Mallardo godono di un potere traballante. Ma intanto i pentiti hanno parlato, e molto. Otto, nel caso di Nunzio e Gennaro Pandolfi. Hanno confermato i nomi dei killer, fatto quelli dei mandanti che, intanto, sono finiti in carcere. Giuseppe Mallardo, in particolare, è finito sui giornali di tutto il mondo appena nel dicembre 2005 quando sua figlia Sabrina, 13 anni, durante una vacanza in Finlandia con la madre è morta travolta da un treno mentre si trovava a bordo di una slitta. Il padre, rinchiuso nel carcere di Sulmona, non chiese l’ autorizzazione per assistere ai funerali. Oggi Nunzio avrebbe avuto diciotto anni. Una vita distrutta prima ancora di cominciare a fronte di esistenze condannate dalla camorra. Un caso che si chiuderà definitivamente solo con le condanne – o le assoluzioni – dei mandanti. Una storia di feroce violenza che spinse don Franco Rapullino, parroco di Santa Caterina a Formiello, a dire durante l’ omelia: «Fujtevenne ‘a Napule».

 

Articolo del 9 giugno 2009 da napoli.repubblica.it
Omicidio di Nunzio Pandolfi, condannati due boss

La sparatoria avvenne all’interno di un’abitazione del rione Sanitàil 18 maggio del 1990
I boss della camorra Giuseppe Mallardo e Luigi Guida, detto ‘o ‘ndrink, sono stati condannati all’ergastolo per l’omicidio del piccolo Nunzio Pandolfi avvenuto in un agguato al rione Sanità, a Napoli, il 18 maggio 1990. La sentenza è stata emessa oggi dalla quinta sezione della Corte di Assise (presidente Adriana Pangia) che ha accolto le richieste del pm della Dda Paolo Itri. Mallardo è stato riconosciuto responsabile come mandante, mentre Guida è ritenuto uno degli organizzatori del delitto.

La sparatoria avvenne all’interno di un’abitazione del rione Sanità dove fecero irruzione due killer con il volto coperto. L’obiettivo dei sicari era Gennaro Pandolfi, ritenuto l’autista dell’allora boss di Forcella Luigi Giuliano, che rimase ucciso insieme con il figlioletto di un anno e mezzo che gli era era accanto. Secondo la ricostruzione del pm Itri, condivisa dalla Corte, l’agguato si inserì nella guerra scatenata da alcune cosche di Napoli e provincia contro i Giuliano di Forcella.

Mandante della spedizione, dalla tecnica definita “stragista” (i sicari spararono all’impazzata ferendo anche due familiari dei Pandolfi) sarebbe stato anche il boss di Secondigliano Gennaro Licciardi, soprannominato ‘a scigna, contro cui tuttavia non si e’ proceduto in quanto è morto negli anni scorsi.

 

 

 

Articolo del Corriere del Mezzogiorno del 30 Novembre 2010
Omicidio Pandolfi alla Sanità, dopo vent’anni assolto boss Casalese
di Titti Beneduce
Nell’agguato morirono Gennaro Pandolfi e suo figlio. Il parroco di Forcella allora gridò dal pulpito «fujtevenne»

NAPOLI — Lo scorso giugno erano stati condannati all’ergastolo per il duplice omicidio di Gennaro Pandolfi e di suo figlio Nunzio, un bimbo di due anni, avvenuto il 18 maggio 1990; lunedì, in appello, i boss Giuseppe Mallardo e Luigi Guida sono invece stati assolti. La decisione è stata presa dalla III corte di assise d’appello (presidente Omero Ambrogi) che ha accolto la richiesta del sostituto procuratore generale Gerardo Arcese. Il 9 giugno la V corte d’assise, presieduta da Adriana Pangia, era giunta alle conclusioni opposte concordando con il pm Paolo Itri. Alla base della decisione di ieri, probabilmente, le incongruenze rilevate nelle dichiarazioni dei due pentiti che accusavano Mallardo e Guida: Luigi Diana e Luigi Giuliano.

Diana, boss dei casalesi, aveva raccontato in particolare di aver preso parte alla riunione nel corso della quale si decise di uccidere Pandolfi; in quel periodo, infatti, era in corso uno scontro tra il clan Giuliano, cui la vittima era legata, e l’Alleanza di Secondigliano, di cui facevano parte anche i casalesi. Presi parte all’incontro, racconta Diana, in sostituzione di Francesco Bidognetti, che era detenuto: è stato invece accertato che Bidognetti in quel periodo era libero. Incertezze anche nel racconto di Luigi Giuliano, mentre Luigi Guida, a sua volta diventato collaboratore di giustizia, pur avendo confessato altri gravi delitti ha sempre smentito di aver preso parte all’organizzazione dell’omicidio Pandolfi.

Soddisfazione è stata espressa dagli avvocati Michele Cerabona e Raffaele Quaranta, che assistono Mallardo, e Patrizia Sebastianelli, che difende Guida. Il delitto Pandolfi sconvolse e commosse l’Italia. Era la sera del 18 maggio di vent’anni fa quando killer incappucciati fecero irruzione nella casa della Sanità. dentro si festeggiava il ritorno di Gennaro, che nelle settimane precedenti aveva avuto un incidente che lo aveva costretto al ricovero. Gli assassini spararono all’impazzata: uccisero il pregiudicato e, purtroppo, anche il bimbo di due anni che era in braccio al papà. Dopo quell’episodio l’allora parroco di Santa Caterina a Formello, don Antonio Rapullino, invitò provocatoriamente i napoletani ad abbandonare la città: il suo «fujtevenne» è rimasto nella storia.

 

 

Leggere anche:

 

/mafie.blogautore.repubblica.it
Articolo del 15 marzo 2020
Nunzio e la camorra del rione Sanità
di Francesca Carbotti

 

vivi.libera.it
Articolo del 17 maggio 2020+
Il ricordo di Nunzio Pandolfi. Nunzio, che hai appena iniziato a camminare
di Mariano Di Palma

 

vivi.libera.it
Nunzio Pandolfi – 18 maggio 1990 – Napoli (NA)
“Fujtevenne ‘a Napule”. Scappate, fuggite, abbandonate questa città. Le parole sono di don Franco Rapullino. Il sacerdote le ha pronunciate davanti alla bara, piccola e bianca, di Nunzio il giorno dei funerali, nella chiesa di Santa Caterina a Formiello. Parole di rabbia, di impotenza, di disperazione, di fronte all’ennesima vita spezzata dalla violenza della camorra. Una vita non ancora sbocciata. La vita innocente di un bambino di 18 mesi.

 

 

 

 

 

 

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