19 Marzo 2006 San Nicandro Garganico (FG). Giorgio Palazzo, 18 anni, ucciso da un pacco bomba.

Foto da repubblica.it

Giorgio Palazzo, un ragazzo di 18 anni è stato ucciso da un pacco bomba indirizzato al padre. È accaduto a Sannicandro Garganico, nel Foggiano, il 19 marzo del 2006. Giorgio, figlio di un noto gioielliere del paese, è morto mentre veniva trasportato in ospedale a San Severo. L’esplosione del plico ha ferito gravemente la madre.
Un pacco simile era stato recapitato anche a un amico meccanico, ma non è scoppiato: mentre apriva la busta, l’uomo ha visto spuntare fili elettrici e ha buttato via l’involucro.
In questa storia la mafia non c’entra. È una storia di gelosie ma la vicenda ha suscitato nella cittadinanza, soprattutto tra i giovani di Sannicandro, il paese delle “faide”, una grande protesta culminata con una fiaccolata.
«Chi se ne fotte delle corna, del sesso, del movente vero di questo omicidio assurdo: tutto è nato a Sannicandro, il nostro paese, qui la violenza la respiri giorno per giorno, ora per ora. Per questo è morto Giorgio» Così afferma un liceale durante il corteo fiaccolata.

 

 

Articolo di La Repubblica del 19 Marzo 2006 
Ragazzo ucciso da pacco bomba era indirizzato al padre gioielliere
È successo nel foggiano. La madre è rimasta ferita gravemente – Un plico simile recapitato a un meccanico che l’ha buttato via – Giorgio aveva partecipato al corteo nazionale contro la mafia – L’Unione Studenti: “Martedì in piazza per ri cordare uno di noi”

SANNICANDRO GARGANICO (Foggia) – Un ragazzo di 18 anni ucciso da un pacco bomba indirizzato al padre. E’ accaduto a Sannicandro Garganico, nel Foggiano, sabato pomeriggio. Giorgio Palazzo, figlio di un noto gioielliere del paese, è morto mentre veniva trasportato in ospedale a San Severo. L’esplosione del plico ha ferito gravemente la madre, Rosa Di Lella.
Un pacco anche al meccanico amico. Un pacco simile era stato recapitato anche a un meccanico, ma non è scoppiato: mentre apriva la busta, l’uomo ha visto spuntare fili elettrici e ha buttato via l’involucro. Il gioielliere e il meccanico sono legati da una profonda amicizia: questo è un indizio sul quale gli inquirenti stanno lavorando. Tra le tante ipotesi che potrebbero spiegare l’attentato, la più accreditata sarebbe quella di una vendetta attuata dalla mafia garganica: i pacchi erano stati confezionati per uccidere.

Giorgio impegnato contro la mafia. Giorgio aveva partecipato lo scorso 18 febbraio alla manifestazione nazionale contro tutte le mafie svoltasi a Reggio Calabria. “Quel giorno – ricorda la coordinatrice regionale dell’Unione degli Studenti Puglia Federica Consales – abbiamo denunciato le tante situazioni inaccettabili che la malavita ci costringe a vivere. Abbiamo urlato la nostra protesta contro i tanti silenzi e l’omertà. A Giorgio dedicheremo la giornata di martedì, quando a Foggia scenderemo in piazza, provenienti da tutta la Puglia, per ribadire il nostro ‘no’ alla violenza mafiosa”.

Rita Borsellino: “Una vittima di Cosa nostra”. Alla manifestazione ha annunciato la presenza anche Rita Borsellino: “Il nome di Giorgio Palazzo – ha detto la candidata dell’Unione – deve essere aggiunto a quello delle altre vittime di mafia, perché Giorgio, al di là di ciò che c’è dietro questo pacco bomba e su cui farà luce la magistratura, è stato ucciso dalla stessa logica che anima Cosa nostra: la logica della violenza e della sopraffazione che colpisce tante vite innocenti”.

Aveva appena compiuto 18 anni. Secondo una prima ricostruzione delle modalità dell’attentato, il plico – un’ordinaria busta gialla imbottita – era stato trovato da Giorgio Palazzo al ritorno a casa da scuola: non si sa per ora se era stato lasciato davanti al portone della casa del gioielliere o nella cassetta della posta. Il ragazzo – che aveva da poco compiuto 18 anni e frequentava il liceo scientifico – l’aveva visto e raccolto. Una volta in casa, il ragazzo ha aperto la busta, innescando così la spoletta dell’esplosivo, probabilmente al plastico: l’esplosione – che ha distrutto finestre e balconi dell’abitazione – ha tranciato di netto una mano del ragazzo e gli ha devastato il viso e il torace: ferite letali. La mamma, che era a poca distanza da Giorgio, ha subito rilevanti ferite, le più gravi delle quali ad un occhio.

 

 

 

Foto e Articolo da L’Unità del 21 Marzo 2006

«La mafia non vince – Giorgio cammina con le nostre gambe»

di Enrico Fierro

In 5mila alla fiaccolata per il ragazzo ucciso dal pacco bomba
Ma per la destra i clan criminali del Gargano non esistono

Ci sono i ragazzi e le ragazze senza più lacrime e sono in migliaia. Hanno in mano le fiaccole, quelle delle processioni del santo. Il corteo si apre con la foto di Giorgio, il loro amico sfortunato.
Il sorriso aperto, gli occhi profondi, lo sguardo verso un punto lontano. Sono così gli occhi di un diciottenne, occhi vivi desiderosi di fissare le immagini di una vita intera. Ma Giorgio non c’è più: una bomba lo ha ucciso 40 minuti dopo l’una sabato scorso. Ci sono gli striscioni, le mamme dei ragazzi, il preside e gli insegnanti del liceo, ancora loro, proprio come a Locri: la scuola in prima fila contro le mafie. Ci sono i politici di queste parti, Pietro Folena, Michele Bordo dei Ds, Nichi Vendola. Il corteo sfila silenzioso per le strade di San Nicandro. Nel circolo i vecchi continuano a giocare a carte. La bomba ha svegliato la parte del paese che vuole aprire gli occhi. Lo ha scosso, finalmente. Quel pacco pieno di esplosivo imbucato a Foggia e arrivato sabato all’ora di pranzo nella casa del gioielliere Onofrio Palazzo ha portato morte e  distruzione. Il ragazzo è stato dilaniato dall’esplosivo, sua madre Rosa Di Lello è in ospedale, è grave.
Delitto di mafia, una mafia violenta e ambiziosa, quella del Gargano. Che in molti non vogliono vedere. E parlano di «faida», roba da pastori. E invece qui si gioca alla grande: droga, estorsioni, rapine, riciclaggio dei soldimarci nel business immobiliare e del turismo. «Maledetti», sibilano i ragazzi che in mano stringono lo striscione più straziante: «Giorgio cammina con le nostre gambe». Che è un modo per dire «noi ci siamo, ci batteremo contro la mafia che gli adulti non vogliono vedere». Uno di loro (niente nomi, per carità!) non si dà pace. «Domenica – racconta – ho accompagnato Giorgio a casa. Ho visto quel pacco e volevo prenderlo. Lui mi ha detto di lasciar stare, è di papà. Siamo usciti, poi lui è rientrato e il  pacco lo ha aperto». Le lacrime annegano le parole. Giorgio, lo chiamavano «molla». Perché in discoteca, ti raccontano, era imbattibile. «Era un ragazzo sereno, solare, con tanta voglia di vivere. Andava a scuola con mio figlio», dice una giovane mamma. E ora Giorgio è «una stella che illumina il nostro cielo», hanno scritto i suoi compagni.Che con il loro preside, in poche ore, alla buona, hanno organizzato questa fiaccolata di cinquemila persone. «Non potevamo più tacere – dice un ragazzo con la faccia segnata  da un dolore immenso – Giorgio è morto di mafia». E oggi a Torino il suo nome sarà letto da don Luigi Ciotti insieme a quelli di Falcone,Borsellino, Rostagno, Chinnici, Dalla Chiesa e delle mille vittime innocenti che la lunga guerra scatenata da mafia, camorra e ‘ndrangheta ha seminato in questi anni. E ancora a Foggia, si manifesterà nel suo nome, forse ci sarà Rita Borsellino.
«Pensa – mi dice una ragazza, l’amica del cuore di Giorgio – se lui fosse vivo. Lui che era stato a Reggio Calabria insieme ai ragazzi di Locri».
Nichi Vendola è sfinito. «È assurdo parlarne, ma solo pochi giorni fa un importante politico del  centrodestra (non lo nomina, ma è Raffaele Fitto, l’ex governatore, ndr) è venuto qui a dire che nel Gargano non c’è mafia. Che l’unico grande problema di queste terre è Nichi Vendola che denuncia la mafia. Il Gargano è meraviglioso, la sua gente è stupenda. Ma qui c’è la mafia e bisogna urlarlo a quanti hanno preferito derubricare una tragedia a semplice faida. A fenomeno rurale.
No, qui si traffica in droga, qui c’è una mafia moderna che si salda al sistema delle imprese. Nulla sfugge: a San Giovanni Rotondo hanno ucciso il parcheggiatore per controllare il business del turismo religioso che in queste zone porta tre milioni di pellegrini l’anno. Mafia moderna e violenta, quindi, che oggi ha ucciso un ragazzo di diciotto anni». Con una tecnica – denuncia un manifesto dei Ds – «boliviana».
Sul palco il preside del liceo De Rogatis, Antonio Scalzi. Parla con calma, non alza mai la voce, ma la sua denuncia è forte: «Siamo contro le mafie, contro ogni tipo di violenza. Siamo per la convivenza civile.
Crediamo nello Stato e nelle sue leggi». Parole «eversive» in una realtà dove da anni si uccide nella lunga guerra tra i Ciavarella e i Tarantino e lo Stato con le sue leggi sembra impotente. Un massacro lungo vent’anni, con intere famiglie scomparse, date in pasto ai maiali, recita una orrenda leggenda metropolitana. Ma perché quel pacco bomba? Le voci, i sospetti sono tanti. Si parla di droga, di racket del pizzo, ma anche di vendetta. E si tirano in ballo le vecchie vicende giudiziarie del nonno di Giorgio, che si chiama come lui e che aveva una gioielleria in paese. Un tipo burbero, raccontano, uno che incute timore. I carabinieri sono all’opera e ieri hanno interrogato a lungo il padre del ragazzo ucciso.
Hanno sequestrato agende, cellulari e conti bancari. In paese nessuno parla. In molti hanno paura.
Perché la mafia di San Nicandro e del Gargano è forte e spietata. Qui domina la sacra alleanza dei Romito-Libergolis, clan che da criminali «rurali – scrive la Direzione nazionale antimafia – si sono trasformati in moderni imprenditori del crimine mafioso». Franco Romito e Armando Libergolis sono degli strateghi: hanno diviso per imperare. Hanno lasciato che gli altri gruppi si massacrassero in una lunghissima guerra. I Mancini alleati ai Di Claudio-Ciavarella e Limosani, contro i Martino e i Tarantino. Una decimazione che ha lasciato campo libero ai nuovi boss pronti trattare alla pari gli affari con i mammasantissima del capoluogo: gli uomini della «Società foggiana».

 

 

Articolo del 22 Marzo 2006 da cerca.unita.it
«Mi umiliavano. Quelle buste-bomba le ho fatte io» Confessa Costantino Bizzarri, 25 anni, massaggiatore
I ragazzi sfilano a Foggia: «Ma qui la violenza è di casa»
di Enrico Fierro

LE NOTIZIE ARRIVANO VIA SMS «È una storia di corna. Altro che mafia». E le voci corrono lungo il corteo che porta tremila studenti in piazza a Foggia. Contro la mafia e in nome di Giorgio Palazzo. Diciotto anni, l’immagine del suo sorriso bello e beffardo portata in processione come quella di un santo, straziato a morte da un pacco-bomba all’ora di pranzo di sabato scorso nella sua casa di Sannicandro Garganico. Storia di corna, di sesso e sangue, di una donna troppo bella e di un giovane amante ripetutamente tradito, sbeffeggiato, offeso, minacciato, umiliato, reso folle fino al punto di trasformarsi in uno stragista. Costantino Bizzarri ha venticinque anni, vive a Sannicandro, a pochi passi dalla casa della famiglia Palazzo. Ha una passione che lo dilania: quella per la sorellastra di Onofrio il gioielliere, il papà di Giorgio. Lei è bella, esuberante. Ha altre storie, forse anche una relazione con il meccanico Vittorio Galasso. Troppi amori, in paese se ne parla. Poi c’è quel furto strano. Dalla gioielleria di Onofrio Palazzo sparisce tutto, preziosi, soldi, eppure sulla porta non ci sono segni di scasso. Qualcuno ha preso le chiavi del negozio. Chi? I sospetti si concentrano sulla sorellastra e su quello strano fidanzato. Costantino ha la peggio. Viene picchiato, gli incendiano la macchina, lo minacciano. E lui si vendica. Naviga su internet nottate intere, cerca i siti che ti insegnano a confenzionare una bomba, compra tanti botti di Natale, li svuota, raccoglie la polvere nera. E finalmente riesce a preparare due pacchi-bomba: uno per il gioielliere che lo ha picchiato, l’altro per il meccanico, quello che gli diceva in faccia ridendo che quella donna non era fatta per lui. Il 17 marzo, alle 12,45, Costantino Bizzarri spedisce da Foggia i due ordigni. La sua vendetta è pronta. Il resto lo ha raccontato tra le lacrime e le urla ai carabinieri di Foggia nella notte tra lunedì e martedì. Ecco: è una storia di corna, buona per le cronache nere dei giornali, ma la mafia non c’entra. Il Gargano è un’isola felice. «Il treno di Vendola – dice soddisfatto Raffaele Fitto, l’ex governatore della regione sconfitto un anno fa – è andato a schiantarsi contro la verità. Nichi ha sempre la mafia in testa… ». Ma le cose non stanno proprio così, e te lo raccontano i ragazzi in piazza e la vita del povero Giorgio Palazzo. Cresciuto a Sannicandro, il paese delle «faide». Le guerre violente tra i clan: i Libergolis contro gli Alfieri-Primosa, i Ciavarella contro i Tarantino. Morti, ammazzamenti con metodi feroci. Una intera famiglia, quella di Matteo Ciavarella ucciso il 28 marzo dell’81 insieme alla moglie Incoronata e ai figli di 16, 17 e 5 anni. I loro corpi non sono mai più stati ritrovati. Li hanno dati in pasto ai porci, si dice. Queste storie sentiva nei bar, dentro i vicoli di Sannicandro il povero Giorgio. Di queste leggende è stata nutrita la sua breve vita. Vissuta in una famiglia dove la violenza la si respirava a pieni polmoni. Con il nonno, Giorgio pure lui, un omone che incute timore e che anni fa venne arrestato con l’accusa di favorire dei mafiosi. E il padre, uomo dai modi spicci, con quella storia del furto punito a suon di randellate. In questo clima era cresciuto il ragazzo Giorgio che il 18 febbraio era a Reggio Calabria per dire no alla mafia, no alla sua cultura di violenza che uccide il Sud e le sue giovani speranze. Questo ti raccontano i ragazzi col piercing e le ragazze che già espongono l’ombelico ai primi raggi di sole e che sono qui in piazza a Foggia. In mano il loro striscione struggente: «Giorgio cammina con le nostre gambe». «Chi se ne fotte delle corna, del sesso, del movente vero di questo omicidio assurdo: tutto è nato a Sannicandro, il nostro paese, qui la violenza la respiri giorno per giorno, ora per ora. Per questo è morto Giorgio», mi dice Marco, un liceale. E allora vai con la musica a palla sparata da un camion che apre il corteo. «Ora suoniamo “I Cento passi” dei Modena City Ramblers», annunciano dal microfono. La canzone racconta i cento passi di un altro ragazzo del Sud, Peppino Impastato, contro la violenza mafiosa. E poi «Toro Loco», di Piero Pelù. «La preferita di Giorgio», sibila una ragazza prima che il pianto le freni le parole. «Vedi – mi fa un altro ragazzo – solo in un clima ormai impregnato di cultura mafiosa puoi concepire una strage per vendicarti di un torto subito. Giorgio è vittima di tutto ciò, per questo lo ricordiamo come vittima della mafia». Parla Nichi Vendola. Di questi ragazzi del Sud, di Sannicandro, «dove è finanche difficile studiare», delle aspirazioni e delle speranze frustrate, «dei talenti che non trovano spazio in questa parte d’Italia». Dice alla folla di adolescenti, ragazzi e ragazze, che loro, con il loro amico Giorgio, sono «la meglio gioventù» di queste terre. E i ragazzi impazziscono. Si asciugano gli occhi. Battono forte le mani ritmando il nome di Giorgio Palazzo, vittima di mafia. Le corna, il sesso, la disperazione di un amante tradito: è tutta roba buona per le cronache nere.

 

 

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