23 Settembre 1999 Ercolano (NA). Ucciso Marco De Franchis. Era andato a lamentarsi da un boss perché il figlio era stato pestato.

Marco De Franchis, un impiegato comunale di 45 anni è stato ammazzato ad Ercolano (NA), il 23 Settembre 1999, con quattro colpi di pistola allo stomaco. Quella sera carabinieri e poliziotti si guardarono in faccia ed ebbero l’impressione di essere di fronte a una storia difficile da decifrare. Tutto faceva pensare a un omicidio di camorra: la dinamica, la rapidità dell’azione, il tipo di arma usata. Tutto tranne la vittima: Marco De Franchis era tipo tranquillo, uno che campava con il suo stipendio, viveva in un’anonima palazzina di via Panoramica – una strada che a dispetto del nome non ha niente di panoramico. Ma un agguato alle undici di sera, con i killer che scappano su uno scooter dopo aver esploso più di mezzo caricatore e aver mandato a segno tutti i colpi, non è che faccia pensare a una questione passionale o roba del genere. Infatti, dopo che i carabinieri arrestarono i tre presunti assassini (21, 23 e 25 anni), tutti appartenenti alla cosca degli Ascione, quella che in paese era considerata la vincente, si è capito che anche stavolta c’entrava la camorra. Ma non per un regolamento di conti: Marco De Franchis è stato ucciso perché, dopo che suo figlio era stato pestato in strada da un paio di “guaglioni” di un clan, lui era andato a protestare con il boss. E la sera si è trovato i killer sotto casa. C’entra la camorra e però c’entra anche la mentalità della vittima, che quando ha visto il suo ragazzo coperto di lividi, non ha pensato di rivolgersi alla polizia o ai carabinieri. Come se anche lui, che pure era una persona per bene, desse per scontato che la legge da quelle parti è appaltata ad altri. Esattamente come quelli che per liberarsi di un ladruncolo non ci hanno pensato su: si sono rivolti agli Ascione. (Tratto dal Corriere della Sera)

 

 

 

Articolo del Corriere della Sera del 28 Settembre 1999
Picchiano il figlio, lui protesta: ucciso
di Fulvio Bufi
Il delitto a Ercolano, dove ieri mattina la polizia ha fatto smantellare sbarre e cancelli piazzati dai boss per blindare un quartiere.
Impiegato comunale massacrato dai camorristi, il suo ragazzo aveva rubato nella loro zona. La vittima aveva 45 anni. Arrestati tre presunti killer

ERCOLANO (Napoli) – La storia è quella di un omicidio, un omicidio che all’ inizio sembra un giallo, con una vittima che non aveva nemici. Poi si scopre che c’è di mezzo la camorra, e che l’uomo assassinato era andato a protestare con un boss. A protestare e forse anche a minacciarlo dopo che il boss gli aveva fatto picchiare il figlio. Un pestaggio in strada perché il ragazzo si era messo a rubare e a chiedere tangenti proprio nel quartiere del boss. Che se l’era presa non solo per la mancanza di rispetto, ma anche perché’ la gente di quel quartiere era andata da lui a lamentarsi: avevano perso la tranquillità. La tranquillità garantita dalla camorra. Ercolano è il paese dove una farmacista e’ stata rapinata ventotto volte e dove ieri mattina i tecnici comunali, scortati dalla polizia, sono andati a smantellare una decina di cancelli abusivi che avevano trasformato in proprietà privata – inaccessibile come un bunker – i vicoli di un quartiere dove abitano altri boss. Ed e’ il paese, Ercolano, dove, la sera di giovedì scorso, fu trovato il cadavere di Marco De Franchis, un impiegato comunale di 45 anni ammazzato con quattro colpi di pistola allo stomaco.
Quella sera carabinieri e poliziotti si guardarono in faccia ed ebbero l’ impressione di essere di fronte a una storia difficile da decifrare. Tutto faceva pensare a un omicidio di camorra: la dinamica, la rapidità dell’azione, il tipo di arma usata. Tutto tranne la vittima: un tipo tranquillo, uno che campava con il suo stipendio, viveva in un’anonima palazzina di via Panoramica – una strada che a dispetto del nome non ha niente di panoramico – e pure se possedeva una Porsche, se l’era potuta comprare soltanto vecchia di quasi vent’ anni e tra l’altro anche mezza scassata. E però un agguato alle undici di sera, con i killer che scappano su uno scooter dopo aver esploso più di mezzo caricatore e aver mandato a segno tutti i colpi, non è che faccia pensare a una questione passionale o roba del genere. Infatti, ora che i carabinieri hanno arrestato i tre presunti assassini (Mario Filosa, Raffaele Bifolco e Vincenzo Papillo, di 21, 23 e 25 anni), e sono tutti appartenenti alla cosca degli Ascione, quella che in paese è considerata la vincente, si capisce che anche stavolta c’ entra la camorra. Ma non è il solito regolamento di conti: è tutta un’altra storia. De Franchis è stato ucciso perché, dopo che suo figlio era stato pestato in strada da un paio di “guaglioni” di un clan, lui era andato a protestare con il boss. E la sera si è trovato i killer sotto casa. C’ entra la camorra e però c’entra anche la mentalità della vittima, che quando ha visto il suo ragazzo coperto di lividi, non ha pensato di rivolgersi alla polizia o ai carabinieri. Come se anche lui, che pure era una persona per bene, desse per scontato che la legge da quelle parti è appaltata ad altri. Esattamente come quelli che per liberarsi di un ladruncolo non ci hanno pensato su: si sono rivolti agli Ascione. All’ origine di tutto, comunque, c’è Aniello, 19 anni, uno dei due figli di De Franchis. Ha aspirazioni da bulletto, e da un po’ si è messo a pestare i piedi agli Ascione proprio nella zona che per loro è una specie di roccaforte, quella che circonda gli scavi archeologici. Piccoli furti, qualche smargiassata, tentativi di estorsione, compresa una richiesta di tangenti ai conducenti degli autobus che accompagnano i turisti a visitare la città antica distrutta dal Vesuvio. Insomma, tra i fastidi alla gente del quartiere, e questa storia delle tangenti, Aniello ha invaso un territorio dove la camorra non tollera concorrenza. Figuriamoci da un ragazzo di diciannove anni. Conoscendo come ragionano gli Ascione e quelli della loro specie, un pestaggio era il minimo che Aniello potesse rischiare. “Ma per quella protesta il padre avrebbe dovuto rischiare solo un ferimento, magari alle gambe”, spiega un investigatore. Ma aggiunge: “Quella, però, è gente che difficilmente sbaglia mira”.

 

 

Articoli del 28 Settembre 1999 da  archiviolastampa.it
Impiegato di Ercolano Difende il figlio dalle offese del boss: ucciso

NAPOLI. Ucciso per una parola di troppo, forse una minaccia, rivolta al boss che aveva fatto pestare il figlio, colpevole di aver dato fastidio al clan mettendo a segno piccole estorsioni dove non doveva. È il movente dell’omicidio di Marco De Franchis, 45 anni, impiegato del comune di Ercolano ucciso in un agguato giovedì scorso. Fermati i tre presunti esecutori del delitto, pregiudicati affiliati al clan Ascione. Secondo gli investigatori parteciparono a una spedizione punitiva che, nelle intenzioni degli aggressori, doveva concludersi con la gambizzazione dell’impiegato. De Franchis, raggiunto da diversi colpi di pistola all’addome, morì il giorno dopo in ospedale. L’agguato trae origine da alcuni episodi avvenuti di recente a Ercolano che videro protagonista Agnello De Franchis, figlio dell’impiegato. Il giovane avrebbe compiuto alcune estorsioni nella zona sotto il controllo dell’organizzazione camorristica. (m.c.)

Hinterland di Napoli La polizia abbatte Scancelli a difesa del rione bunker

NAPOLI. Decine di cancelli che impedivano illegalmente l’accesso a strade, vicoli, piazzole, a intere aree di un rione di Ercolano sono stati abbattuti da una squadra di operai comunali scortata dalla polizia. La bonifica è avvenuta nella zona di Pugliano, una delle aree più a rischio camorra e criminalità dell’hinterland partenopeo e regno di traffici illeciti con particolare riguardo spaccio di droga. Ignoti avevano da anni sistemato cancelli e recinti, con tanto di catenacci, serrature, filo spinato e lucchetti, al fine di delimitare aree del rione al passaggio pubblico. La zona, cancelli e serrature a parte, si presenta come un inestricabile dedalo di viuzze e vicoli che spesso forniscono asilo a pregiudicati e spacciatori di droga. Una situazione resa più ardua, per la polizia, dalle barriere metalliche. (m.c.)

 

 

 

 

 

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