26 Marzo 1994 NAPOLI (Secondigliano ) Uccisa Anna Dell’Orme ed il figlio Carmine Amura.

Il 26 marzo del  1994 a Napoli, nel quartiere di Secondigliano, sono stati uccisi Anna Dell’Orme e Carmine Amura, rispettivamente madre e fratello di Domenico Amura, morto per overdose. Avevano denunciato i trafficanti che avevano venduto a Domenico la droga.

 “Da anni è in corso una faida tra la famiglia degli Esposito e degli Amura. In questa guerra Anna Dell’Orme, 47 anni, nel 1991, ha perso il figlio 20enne Domenico Amura, ucciso da una sospetta overdose.

La donna ha iniziato insieme all’altro figlio Carmine una battaglia per far luce sull’accaduto, indicando nella famiglia Esposito i colpevoli della morte del figlio. Anna porta avanti la sua lotta anche in due programmi televisivi molto seguiti.

In seguito a questa esposizione mediatica si moltiplicano le minacce di morte, fino ad arrivare alla doppia esecuzione il 26 marzo. Seppure in due posti diversi, l’orario del duplice agguato è lo stesso: Anna viene uccisa a Secondigliano nel suo supermercato e Carmine a Casavatore nel suo negozio di abbigliamento.”
Fonte: sdisonorate.it

 

 

 

Articolo del Corriere della Sera del 28.03.1994
Dalla denuncia in TV la condanna a morte.
Sono stati uccisi sabato Amura Carmine, 25 anni, e Dell’ Orme Anna, 47 anni. la donna accusò un clan camorrista a ” Il coraggio di vivere ” e anche a ” I fatti vostri ” .

NAPOLI . Madre e figlio avevano continuato, come facevano da tre anni, ad accusare la famiglia Esposito per la morte di Domenico, ucciso nel ’91 da una misteriosa overdose: un delitto mascherato e imperfetto, un’iniezione fatta nel braccio destro di una vittima non mancina. La donna, Anna Dell’Orme, 47 anni, era andata anche in televisione: ed aveva ripetuto le sue accuse davanti a milioni di telespettatori, durante “Il coraggio di vivere” e “I fatti vostri”, due programmi di attualità molto seguiti. Potrebbe essere questa la chiave della doppia esecuzione che sabato pomeriggio, a pochi istanti di distanza l’uno dall’altra, è costata la vita a Carmine Amura, 25 anni e a sua madre, appunto Anna Dell’Orme. Il primo è stato freddato nel suo negozio di abbigliamento di Casavatore, nell’entroterra napoletano, la donna è stata uccisa a Secondigliano, nel supermercato Orme, uno dei negozi di proprietà della famiglia. Per questi esercizi commerciali, i carabinieri avevano avanzato alcuni mesi fa una proposta di sequestro. Negli anni passati madre e figlio avevano denunciato sette membri della famiglia Esposito; uno di  questi, Antonio, è stato assassinato il 22 febbraio scorso. L’agguato gli era stato teso in piazza Diacono, a Secondigliano; fu ammazzato sotto gli occhi del figlio di due anni. Gli uomini della camorra, quel giorno, tentarono di imporre ai commercianti la chiusura in segno di lutto: un tentativo sventato dall’intervento della polizia. L’uccisione di Antonio Esposito era subito sembrata un altro anello della faida iniziata nel ’91: e alla catena, ora, si aggiungerebbero queste altre due morti. Nel corso delle indagini sulla doppia esecuzione di sabato, ieri gli agenti del commissariato di Secondigliano hanno arrestato Angelo Liccardo, 37 anni, pluripregiudicato legato alla famiglia Esposito. E accusato di associazione per delinquere e di concorso nell’omicidio di Carmine Amura. Per gli stessi reati è stato denunciato anche il boss Luigi Esposito, detto “Nacchella”: sarebbe lui il mandante delle due esecuzioni. Liccardo, sospettato di essere uno dei killer, l’anno scorso era rinchiuso nel carcere di Avellino insieme con Carmine Amura: più volte lo aveva invitato a lasciar perdere le accuse agli Esposito. Al rifiuto di Amura, Liccardo minacciò lui e la madre. Il giovane detenuto informò dell’accaduto il direttore del carcere e da allora venne sottoposto a particolari misure di protezione. E dopo la scarcerazione, avvenuta nel novembre scorso, Carmine Amura e sua madre, nonostante le minacce, continuarono a puntare il dito contro gli Esposito in tutti i modi: Anna Dell’Orme raccontò anche in televisione la sua storia. Dopo le trasmissioni, le minacce di morte si erano moltiplicate. Sino alla doppia esecuzione di sabato.

 

 

 

Fonte: archivio.unita.news 
Articolo del 28 marzo 1994
Donna uccisa col figlio
Aveva parlato di camorra in televisione

NAPOLI. Davanti a milioni di telespettatori aveva denunciato la famiglia mafiosa che qualche anno prima le aveva ucciso il figlio. Per ben due volte dalle telecamere delle trasmissioni di Rai 2 «I fatti vostri» e Il coraggio di vivere» aveva raccontato cosa vuol dire convivere fianco a fianco con la malavita, con le continue minacce di morte. Ma la camorra non perdona chi va a raccontare storie di minacce e di malavita in televisione. È questo il drammatico risvolto dell’assassinio avvenuto sabato scorso a Secondigliano di Anna Dell’Orme, 47 anni e di suo figlio Carmine Amura, uccisi a poca distanza l’una dall’altro alla periferia di Napoli.

La denuncia su Rai 2.  Sono stati puniti per aver reso pubblica la sua storia.  Ieri la polizia ha arrestato Angelo Liccardo, pluripregiudicato, 37 anni, con   l’accusa di concorso nell’omicidio di Carmine Amura e associazione per delinquere di tipo camorristico.  Gli stessi reati sono stati contestati a Luigi Esposito, detto Nacchella –  secondo gli inquirenti il mandante del duplice omicidio –  già condannato per associazione per delinquere, traffico d’armi e di droga, agli arresti domiciliari da tre mesi per malattia, affiliato al clan Licciardi di Secondigliano, uno dei più potenti della città.

La battaglia contro la malavita di Secondigliano e la famiglia mafiosa degli Esposito era iniziata per Anna dell’Orme nel novembre scorso, dopo la morte di Domenico Amura, 23 anni, finito con un’overdose di eroina tagliata male. I sospetti della donna e dei sui familiari si erano concentrati subito sul clan Esposito e contro di loro la donna aveva deposto anche in un’aula giudiziaria denunciando sette persone. Tra queste anche Antonio Esposito, assassinato il 22 febbraio scorso, davanti al figlio di due anni, in un agguato tesogli in piazza Diacono a Secondigliano.

Secondo la ricostruzione degli investigatori, le prime minacce arrivarono a Carmine Amura, mentre era detenuto nel carcere di Bellizzi Irpino: il ragazzo condivideva la cella proprio con Angelo Liccardo, affiliato al clan di Nacchella, era stato invitato più volte a interrompere le denunce contro gli Esposito e soprattutto di «non andare a raccontare balle nelle trasmissioni televisive».  Al suo rifiuto, Liccardo minacciò la mamma.   Il giovane scrisse una lettera alla madre e gliela fece consegnare dal commissario di Secondigliano, poi chiese al direttore del carcere di concedergli particolari misure di protezione, che gli vennero garantite per tutta la durata del periodo di detenzione.

Ieri gli arresti.  Dopo la scarcerazione, avvenuta nel novembre del ’93, Carmine Amura e la madre continuarono però ad accusare in pubblico gli Esposito della morte di Domenico.  La donna in particolare partecipò in due diverse occasioni alle popolarissime trasmissioni di Rai 2: «Il coraggio di vivere» e «I fatti vostri». L’esecuzione, sabato, in pieno giorno, a poca distanza l’una dall’altra.  La donna e il figlio sono morti sul colpo, freddati da un commando entrato nei negozi dove lavoravano.  Questa mattina, all’istituto di medicina legale del Primo Policlinico verrà eseguita l’autopsia.  I funerali verranno invece celebrati nel pomeriggio.

 

 

 

 

Fonte:  ricerca.repubblica.it 
Articolo del 29 marzo 1994
“ SONO PRONTA A MORIRE” QUELLA DENUNCIA IN TV
di Claudio Gerino

ROMA – Signora Dell’Orme, come ha trovato il coraggio di fare questa denuncia? ‘Madre detective’ guarda fisso la telecamera, gli occhi ridotti ad una fessura: “Eh, mi chiede come… Mi hanno tolto mio figlio, l’hanno ucciso. Mio figlio, capisce? Ora sono pronta anche a morire per portare avanti questa denuncia”. Novembre 1992, trasmissione “Il coraggio di vivere”, Rai Due. Anna Dell’ Orme accusa gli assassini del figlio, ucciso nel  ’91 da un’overdose di eroina. L’ intervista finisce con quelle parole: “Sono pronta a morire…” Quattordici mesi dopo, la vendetta dei clan si è abbattuta su di lei. IERI pomeriggio, il conduttore della trasmissione, Riccardo Bonacina, ha voluto riproporre quel colloquio con la donna, realizzato da Ubaldo Casotto. Contemporaneamente, a Napoli, la polizia arrestava Luigi Esposito, detto “Narchella”, il boss che Anna Dell’Orme accusava essere il mandante della morte del figlio. È sospettato di aver ordinato l’uccisione di “madre coraggio” e dell’altro figlio, Carmine Amura, assassinati sabato scorso a distanza di pochi minuti l’una dall’altro, tra Napoli e Casavatore. “Anna Dell’Orme – ha spiegato ieri Riccardo Bonacina – è vittima due volte. Perché s’era ribellata alla facile logica della vendetta, a lei certamente più congeniale per l’appartenenza familiare ad un clan impegnato in una sanguinosa faida, scegliendo la logica della giustizia. E perché quelle sue denunce, quel dissociarsi dalla ‘guerra di camorra’ sono rimaste inascoltate. Anzi, per oltre un anno ha vissuto con l’incubo delle minacce, fino a che i killer non hanno deciso di entrare in azione. E quando le pistole sparavano, il boss che lei accusava era praticamente libero, anche se agli arresti domiciliari”. Ed ecco quella denuncia in Tv. Anna Dell’Orme parla senza esitazioni, quasi di getto. Ogni tanto, con un intercalare paradossalmente incongruo per quanto sta denunciando, ripete “Niente…”. Ma il resto del racconto è dettagliato, quasi didascalico. “Mio figlio era tossico da 8 anni. Fu arrestato a Roma, nel ’90, ed è rimasto in carcere fino al maggio del ’91. Quando è uscito di prigione, lo hanno cercato tutti gli spacciatori. Volevano che vendesse eroina. Lui era in difficoltà, non voleva. Poi ha preso 30 grammi di droga, li ha venduti e ha riportato ai boss i soldi. Gliene hanno dati altri 250 grammi, ma lui non riusciva a venderli. Voleva ridar loro la droga, ma quelli non intendevano riprendersela”. E allora cosa ha fatto lei? “Niente… Mi sono fatta coraggio e sono andata io dagli spacciatori con la droga che, tra l’altro, era tagliata male, era pericolosa… Sono andata dal capo, da Luigi ‘Narchella’ (Luigi Esposito, n.d.r.). Mio figlio mi diceva: ‘No, è pericoloso, non devi andarci…’ Lui è scappato a Mantova, con la fidanzata. Ma il 7 settembre del 1991 è tornato. L’hanno visto gli uomini di ‘Narchella’, l’hanno chiamato dicendogli che doveva parlargli. Ma lui ha detto che non poteva. Poi è scomparso. La mattina, all’alba, sono venuti i poliziotti, m’hanno detto che mio figlio era morto per un’overdose. Sono andata in ospedale, i medici ripetevano che Carmine aveva una siringa infilata nel polso destro. Ma mio figlio non s’è mai bucato lì, l’eroina se l’iniettava sempre sul braccio sinistro. Ho urlato a tutti ‘Ce l’hanno messa loro la siringa, è stato ammazzato’ … Ma non mi hanno dato retta… Oggi sono pronta anche a morire per portare avanti questa mia accusa”. E i sicari l’hanno presa in parola. Oggi, il “Coraggio di vivere” ritrasmetterà la trasmissione di sabato scorso, giorno dell’uccisione di Anna Dell’ Orme, fatta da Casal Di Principe, nella chiesa dove fu assassinato il prete anti-camorra don Diana. “È stata una trasmissione difficilissima – spiega Bonacina – condotta in un clima di grave intimidazione contro gli altri sacerdoti che hanno denunciato i clan. Ed è evidente che è in corso una nuova offensiva della grande criminalità contro chi ha avuto il coraggio di ‘alzare la testa’ “.

 

 

 

 

Fonte: mafie.blogautore.repubblica.it
Articolo del 29 aprile 2019
Napoli, la madre che voleva salvare il figlio
di Carolina Frati

È il 26 marzo 1994, quando nella periferia di Napoli si assiste a due esecuzioni che avvengono quasi contemporaneamente: una a Secondigliano, l’altra a Casavatore. Le vittime dei due agguati sono Anna Dell’Orme e Carmine Amura, madre e figlio. Anna e Carmine sono la madre e il fratello di Domenico Amura, deceduto il 7 settembre 1991 per una sospetta overdose. Sospetta, perché i familiari hanno da subito attribuito la colpa della morte ad alcuni componenti della famiglia Esposito: secondo gli Amura, questi sarebbero stati mandanti ed esecutori dell’omicidio, in particolare Luigi Esposito detto “Nacchella”.
Nelle ore successive alla morte del figlio, Anna denuncia alla procura della Repubblica sette persone, tutte appartenenti al clan degli Esposito, noto a Napoli per il traffico di droga. Nei mesi successivi la madre fa in modo che la sua denuncia venga resa pubblica e, ospite in due programmi televisivi di Rai Due, racconta apertamente le sue convinzioni sulla morte del figlio e sui responsabili della stessa.
Parlando delle denunce, delle indagini e delle numerose minacce che aveva ricevuto, ricostruisce la storia di Domenico – che è già tossicodipendente da otto anni – quando, nel maggio del 1991, esce dal carcere dopo circa un anno di incarcerazione. Uscito dalla prigione, viene subito cercato dagli spacciatori della zona per vendere eroina. Il ragazzo inizia a smerciare i primi grammi, ma quando le quantità di droga da vendere iniziano ad aumentare e non riesce più a piazzarla cerca subito di tirarsi indietro restituendo la droga ai fornitori. A capo dello spaccio c’è proprio Luigi Esposito, che Anna affronta di persona nel tentativo di migliorare la posizione del figlio e che, intanto, nelle stesse ore è fuggito a Mantova per nascondersi.
È il 7 settembre quando Domenico rientra a Napoli e viene immediatamente intercettato dagli uomini di “Nacchella”. La mattina seguente la madre riceve la notizia della morte del figlio e non appena le viene riferito che la causa della morte è un’overdose data da una siringa infilata nel polso destro, capisce che quella overdose è stata indotta da altri: Anna sapeva che il figlio si iniettava l’eroina solo nel braccio sinistro. Essere madri significa anche conoscere dei segreti del proprio figlio che non si vorrebbe mai scoprire.
Anna e Carmine da subito portano avanti la loro battaglia per la verità, sottraendosi a quella logica della vendetta, della legge del taglione, che forse in una faida tra famiglie (gli Amura e gli Esposito) inserita nella guerra di camorra non avrebbe fatto molto scalpore. Anna aveva deciso di spezzare la catena di violenza affidando la sua verità alle autorità consapevole che il prezzo da pagare poteva essere la sua vita.
Dopo l’uccisione di madre e figlio furono fermati i camorristi Angelo Liccardo e Luigi Esposito che già all’epoca della morte di Domenico sarebbe dovuto essere agli arresti domiciliari ma che, nella realtà dei fatti, poteva circolare liberamente. Furono rilasciati pochi giorni dopo per mancanza di sufficienti prove a loro carico.

 

 

 

Dal libro: Dead Silent  Life Stories of Girls and Women Killed by the Italian Mafias, 1878-2018 di Robin Pickering Iazzi University of Wisconsin-Milwaukee, rpi2@uwm.edu

 

 

 

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