8 Settembre 1999 Cerignola (FG). Ucciso Hyso Telharaj, giovane albanese di 22 anni, per non aver ceduto al ricatto dei caporali..

 

Foto da frontieratv.it

Hyso Telharaj era un giovane migrante albanese, aveva 22 anni. Fu ucciso l’8 settembre del 1999 a Cerignola (FG). Si ribellò al caporalato dei campi pugliesi, e per questo fu ucciso. “ Hyso Telharaj parte dall’Albania con il sogno di studiare e diventare un geometra. Inizia a lavorare alla raccolta dei pomodori tra Cerignola e Borgo Incoronata per mettere da parte i soldi. Ma Hyso, sempre gentile con tutti, sempre allegro, non sa che la vita dei braccianti agricoli pugliesi è scandita da regole ferree, che non si può sfuggire a un sistema di controllo quale il caporalato che impedisce di scegliere per sé. E così si rifiuta di cedere ai ricatti dei caporali e di consegnare parte dei suoi guadagni. Non si rende conto del pericolo, quasi sicuramente non sa che il suo gesto è un atto di rottura e che non può passare il messaggio che qualcuno si ribella a chi comanda. La sera del 5 settembre 1999, è in Italia da pochissimi mesi, viene avvisato che le persone a cui si è opposto stanno venendo a cercarlo nel casolare in cui vive, nelle campagne vicino a Borgo Incoronata. Qualcuno gli suggerisce di fuggire, ma lui non lo fa. Morirà pochi giorni dopo, l’8 settembre, dopo tre giorni di agonia perché ferito a morte dai caporali.” (vivi.libera.it)

 

 

Articolo da: osservatoriofoggia.it
Ucciso dai caporali a Cerignola, il nome di Hiso Telaray vive nel vino prodotto sui terreni confiscati ai mafiosi

Hiso Telaray aveva solo 22 anni quando è stato ucciso. Il giovane albanese non aveva piegato la testa e si era ribellato alla logica spietata dei caporali di Capitanata. Hiso lavorava la terra. Era un bracciante agricolo che raccoglieva i frutti della terra nei pressi di Cerignola. Ma la sua tenacia ed il suo senso di legalità si sono scontrati con le organizzazioni criminali che regolano i lavori degli stagionali, dei migranti che arrivano nella nostra provincia per lavorare e cercare un posto migliore rispetto a quello che hanno lasciato.

Hiso è stato assassinato in una giornata di settembre del 1999. Aveva 22 anni. La sua ribellione è stata punita per dare l’esempio a tutti, a chi magari voleva sfuggire alle costrizioni dei caporali, come ha ricordato Alessandro Leogrande nel suo libro ‘Uomini e Caporali’.

Oggi, però, il nome di Hiso rivive. I caporali che l’hanno ucciso in realtà non hanno fatto altro che alimentare la sua sete di legalità, di giustizia. Libera Terre, infatti, ha dedicato al giovane albanese una bottiglia di vino rosso e rosato. L’etichetta porta il nome e racconta la sua storia. “Nonostante le minacce, Hiso non ha mai ceduto al ricatto dei caporali – è scritto sulla bottiglia – . A lui e a tutti coloro che non chinano la testa dinanzi all’arroganza mafiosa, dedichiamo questo vino”.

Il vino che porta il nome di Hiso è nato nei vigneti di Mesagne, in provincia di Brindisi, dove la cooperativa Terre di Puglia – Libere Terre, produce ottimo vino e squisiti tarallini sui terreni confiscati ai boss mafiosi.

 

 

 

Fonte:  frontieratv.it
20 gennaio 2011
Libera, Hiso Telaray: il vino rosso del coraggio che non si piega ai caporali
di Emiliano Moccia
La cooperativa Terre di Puglia ha dedicato la bottiglia al giovane albanese ucciso dai suoi sfruttatori nei pressi dell’Incoronata

“Nonostante le minacce, Hiso non ha mai ceduto al ricatto dei caporali. A lui e a tutti coloro che non chinano la testa dinanzi all’arroganza mafiosa, dedichiamo questo vino”. Quello dedicato ad Hiso Telaray dalla cooperativa Terre di Puglia – Libera Terra è un vino particolare. Un bacco dal gusto di riscatto, di legalità, di giustizia. Perché l’etichetta della bottiglia porta il nome di un giovane ragazzo albanese che ha pagato con la vita la sua ribellione contro i caporali. Hiso aveva solo 22 anni quando è stato ucciso nel settembre del 1999.

“Hiso viveva con un cugino e lavorava come bracciante agricolo nelle campagne dell’Incoronata, a pochi chilometri da Foggia” spiega a FrontieraTv Alessandro Leo, presidente della cooperativa che opera sui terreni confiscati alla Sacra Corona Unita nei comuni di Mesagne, Torchiarolo e San Pietro Vernotico. La cooperativa, che punta a creare opportunità occupazionali, ha aderito all’associazione Libera e tutti i suoi prodotti (taralli, carciofini, olio ed altro) sono ispirati ai principi della solidarietà e della legalità. Per questo il vino rosso e quello rosato portano il nome di Hiso. “Perché Hiso è stato riconosciuto vittima di mafia – ricorda Leo – . Viveva da un paio di anni in Italia e si era sempre impegnato nella raccolta dei frutti della terra. Ma poi si ribellò, non volle più dare parte della sua paga ai caporali. Pagò con la vita la sua scelta. Fu ucciso da caporali albanesi aiutati da un italiano. Entrarono di notte nella sua abitazione di fortuna, un casolare abbandonato nelle campagne dell’Incoronata, e lo spararono”.

Ed allora, la cooperativa Terre di Puglia – Libera Terra ha deciso di dedicare ad Hiso, a questo ragazzo di soli 22 anni dell’ottimo vino che ‘riporta’ in vita la sua coraggiosa testimonianza. “Equilibrato e morbido, masticabile, con carni rosse – ha scritto Eustachio Cazzorla, giornalista e sommelier – . Un sorso di Hiso esprime non solo una piacevolezza indimenticabile, ma anche la soddisfazione di credere che una possibilità del cambiamento c’è”. E lo potranno capire tutti coloro che vogliono assaporare un po’ di legalità. Perché “A lui e a tutti coloro che non chinano la testa dinanzi all’arroganza mafiosa, dedichiamo questo vino”.

 

 

Foto da facebook.com

Nota del 18 Novembre 2016 da Libera Contro le Mafie facebook.com

L’allegro sorriso di Hyso
di Daniela Marcone

Noi abbiamo sempre scritto il suo nome così: Hiso Telaray. Era un giovane uomo che arrivò in Italia dell’Albania nel periodo in cui il nostro Paese rappresentava per gli albanesi la Terra Promessa. Indimenticabili le immagini, nel film di Gianni Amelio, del barcone carico di umanità disperata.  Quei ragazzi, dal viso bruciato dal sole, avevano lasciato le loro case, le famiglie, ed erano venuti in un Paese che aveva  mostrato il volto più inospitale. Le molte organizzazioni di volontariato, che pur provarono ad organizzare un’accoglienza, non avevano le forze sufficienti a garantire un’esistenza dignitosa  a quel popolo  in fuga.  Hiso era uno di loro. Per molto tempo abbiamo saputo di lui solo poche notizie riguardanti il momento in cui la sua vita è finita: il 5 settembre del 1999 fu picchiato e ferito da caporali senza in pietà, in un casolare situato in una zona vicina alla mia città, Foggia. Tre giorni dopò morì a causa delle ferite riportate.  In quegli anni io combattevo la mia battaglia, mio padre Francesco era stato ucciso nel 1995 ed ero alle prese con una delle archiviazioni che hanno contraddistinto l’inchiesta. Non ricordo la notizia di cronaca sulla morte di Hiso, probabilmente passata fin troppo sotto silenzio.
Eppure, qualcuno all’interno della rete di Libera in Puglia, ha pensato che fosse importante ricordare Hiso. I componenti della cooperativa Terre di Puglia – Libera Terra hanno adottato la memoria di questo giovane albanese intitolandogli l’azienda vitivinicola che produce ottimi vini. Il vino Hiso Telaray viene prodotto da uve coltivate su un bene confiscato ad un boss della Sacra Corona Unita.    Anche i giovani del presidio di Libera a Cerignola hanno  scelto di intitolare il presidio stesso ad Hiso ed hanno portato avanti attività di riutilizzo sociale di beni confiscati alla mafia locale avvalendosi dell’impegno delle due cooperative Altereco e Pietra di Scarto. Non è un caso che questa scelta sia stata fatta al nord come al sud della Puglia:  la memoria di un ragazzo di cui sapevamo poco ma di cui avvertivamo l’anima risoluta e coraggiosa, appariva una guida forte   lungo un percorso di contrasto alle mafie in un territorio difficile.  Dopo molti anni dalla morte di Hiso, una ragazza di origine albanese, di nome Ajada , arrivata in Italia con la sua famiglia quando era bambina, decise di partecipare ad un campo di E!state Liberi! a Mesagne, sede dell’azienza intitolata ad Hiso. Assaggiò il vino e ascoltò alcune testimonianze di familiari di vittime innocenti di mafie. Di Hiso, però, nessun racconto. Le si strinse il cuore e in quel momento scelse il suo percorso di memoria. Si è adoperata per cercare la famiglia di Hiso in Albania  e li ha trovati quest’anno; ci ha messi in contatto con loro. Oggi conosciamo tre dei fratelli di Hiso, ci hanno fatto visita in Puglia. Il loro viaggio è stato anche per noi un viaggio nella memoria e nello scambio umano. Non mi sarei mai aspettata che questo incontro scavasse così a fondo nella coscienza  di tutti noi che li abbiamo accolti. Prima di incontrare la famiglia di Hiso, mi chiedevo come poter chiedere loro di aiutarci a conoscerlo. Temevo che il nostro desiderio di conoscenza fosse vissuto come invadenza da questa famiglia così provata dal dolore per una perdita assurda e profondamente crudele.  Poi ci sono stati gli sguardi, timidi abbracci, e la presenza costante e disponibile di Ajada . Ci siamo parlati scegliendo il livello dello scambio umano più semplice, quello della condivisione del dolore e dell’empatia.
Come sempre ci sono delle parole e dei gesti che restano indelebili nel nostro ricordo. Li hanno compiuti questi familiari con spontaneità: ci hanno raccontato che il loro giovane fratello è morto in Italia e quindi la sua anima è qui.  Ho capito, dalle espressioni dei volti, che avevano bisogno di ritrovare anche loro Hiso e il nostro fare memoria raccontando le storie di chi è stato ucciso dalle mafie, raccontando anche quel poco che conoscevamo di Hiso, ha conservato  in questi anni la sua vitalità. Grazie a questo percorso, per il quale il nostro Presidente don Luigi Ciotti coniò la frase “Memoria e Impegno”, abbiamo potuto consegnare alla famiglia di Hiso qualcosa che, pur essendo incompleto, è sempre stato vitale nei nostri gesti e nella nostra consapevolezza.  In uno dei beni confiscati alle mafie e riutilizzato a fini sociali in terra di Capitanata, i volontari che hanno partecipato ad un campo di E!state Liberi! hanno scritto tutti i nomi delle vittime innocenti delle mafie, tra queste c’è il nome di Hiso. Abbiamo fatto visitare questo luogo di riscatto alla sua famiglia e una delle  sue sorelle ha riscritto per noi il nome in modo corretto: Hyso Telharaj.  Caro Hyso ora siamo pronti  a ricostruire la tua storia ed aiutare la tua famiglia a conoscere il destino che ti ha riservato questa terra. Ora sappiamo, perchè ce lo ha raccontato la tua famiglia, che eri un ragazzo pieno di vita, il fratello più piccolo, che ha scelto di andare via per garantire alla sua famiglia il sostentamento. Prima in Grecia e poi in Italia. Perchè in Italia, si diceva, era possibile guadagnare di più. La tua famiglia ci ha raccontato che eri intelligente e generoso, amato da tutti. Ora abbiamo alcune tue fotografie e abbiamo conosciuto il tuo viso aperto e sereno.  Abbiamo apprezzato il tuo sorriso: forse, però, quel sorriso lo abbiamo sempre immaginato proprio così come ci appare nella fotografia. Caldo come il sole sotto il quale non ti spaventava lavorare. Allegro come la musica della Puglia.    Durante la visita dei tuoi fratelli in Italia, è stata approvata  la legge sul caporalato e per noi questa è anche un po’ la tua vittoria.

 

 

 

 

Fonte:  valori.it
Articolo del 21 marzo 2020
Hyso Telharaj, nessuno muore solo

Sabato 21 marzo ricorre la XXV Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie promossa da Libera e Avviso Pubblico.

Per la prima volta dopo 25 anni non saremo insieme a colorare le piazze d’ Italia ma in questi giorni difficili dove è fondamentale restare a casa non vogliamo far mancare il nostro abbraccio ai familiari delle vittime innocenti delle mafie.

E la memoria non si ferma come non si ferma il ricordo di tutte le vittime innocenti delle mafie. Il 21 marzo non è mai stata una data fine a se stessa ma sempre la tappa di un impegno che dura 365 giorni all’anno nelle scuole, nelle università, nelle associazioni, nelle parrocchie e dovunque i cittadini vivono quella responsabilità per il bene comune che è il primo antidoto al male delle mafie e della corruzione. Le vittime innocenti delle mafie non vogliono essere solo ricordati. Vogliono che continuiamo il loro impegno, che realizziamo le loro speranze. Ricordare, riportare al cuore le vite di persone strappate alle loro famiglie, realizzando, nei fatti, un diritto al nome e al ricordo che non ha contenuto “civilistico” ma etico, umano, solidale: valori portanti di una comunità capace di costruire un processo di Memoria.

Il gruppo Banca Etica ha scelto di ricordare, in particolare, Hyso Telharaj.

Hyso Telharaj nasce in Albania, vicino a Valona, ultimo di 6 figli in una famiglia povera e con un padre inabile. Cresce sentendosi l’uomo di casa, con una forte responsabilità, è molto bravo a scuola, apprende velocemente e legge molto.
A 13 anni parte per la Grecia dove fa il muratore e facendo passi da gigante, imparando a progettare le case, non solo a costruirle, e continuando a preoccuparsi di sua madre e delle sue sorelle, mandando tutti i suoi risparmi a casa per non far mancare loro niente.

Nel 1999 parte per l’Italia, deciso a riprendere gli studi e diventare un geometra. Arriva in Puglia e inizia a raccogliere i pomodori tra Cerignola e Borgo Incoronata, impegnandosi al massimo per mettere da parte i soldi e iscriversi a scuola.

Ma Hyso, sempre gentile con tutti, sempre allegro, non sa che la vita dei braccianti agricoli pugliesi è scandita da regole ferree, che non si può sfuggire a un sistema di controllo quale il caporalato, che non è libero di scegliere per sé. Si rifiuta di cedere ai ricatti dei caporali e si rifiuta di consegnare parte dei suoi guadagni. Non si rende conto del pericolo, quasi sicuramente non sa che il suo gesto è un atto di ribellione e che non può passare il messaggio che qualcuno contesti chi comanda.

La sera dell’8 settembre 1999, dopo pochissimi mesi dall’arrivo, Addolorato Pompeo Todisco, un imprenditore agricolo di Orta Nova, assieme ad altre quattro persone armate, lo raggiunge nelle campagne e lo fa picchiare a sangue.

Hyso muore la sera stessa a causa delle ferite riportate. Hyso viene sepolto nella sua terra, ma di ciò che gli è accaduto in Italia non ne parlerà più nessuno, neanche all’interno della sua famiglia, sopraffatta dal dolore.

Nel 2012 Ajada partecipa ad un campo di Estate Liberi a Mesagne e scopre la storia di Hyso. Si decide a rintracciare la famiglia per renderla partecipe della memoria viva che i giovani di Libera quotidianamente trasmettono con i loro racconti. E dedicando a loro figlio un vino prodotto con l’uva che viene coltivata su un terreno confiscato alla mafia del Salento, in Puglia.

 

 

 

Fonte:  vivi.libera.it
Articolo del 9 luglio 2020
Caporalato, estradato latitante albanese, sfuggito alla Giustizia per 20 anni

È rientrato stamattina in Italia, scortato da personale dello SCIP – Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia della Direzione Centrale della Polizia Criminale, guidata dal Prefetto Vittorio Rizzi, il 47enne albanese VRAPI Luan, destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP di Foggia il 24.11.1999 per omicidio volontario e lesioni personali aggravate. L’ex latitante, rintracciato grazie alla frequente e consolidata collaborazione tra la polizia albanese e l’Ufficio dell’Esperto per la Sicurezza italiano operativo a Tirana, e grazie al lavoro della Divisione Interpol dello SCIP, è un personaggio noto alle cronache italiane, poiché è accusato, in concorso con altri, dell’omicidio del giovane bracciante di 22 anni, Hyso Telharaj, avvenuto nel settembre 1999 nelle campagne di Foggia. ll nome di Hyso è diventato un simbolo della ribellione contro l’odiosa piaga del caporalato, ma anche di riscatto e rinascita, ricordato spesso da Libera che per il ventennale della morte, a settembre 2019, ha promosso tre giorni di memoria e impegno dal titolo “Il dolce sorriso di Hyso Telharaj” .

Era venuto in Italia per cercare lavoro e l’aveva trovato come bracciante agricolo per la raccolta dei frutti della terra della Capitanata. Non è stato ucciso dalla malattia o piegato dalla fatica come accade spesso, ma assassinato dai caporali perché non aveva ceduto al loro ricatto e non aveva pagato al loro il pizzo. Dell’omicidio e della storia di Hyso ha parlato anche il presidente di Libera, Don Ciotti lo scorso 15 novembre 2019, nella sua visita a Tirana insieme al Procuratore Nazionale Antimafia, portandolo come esempio di dignità, coraggio e della ribellione ad ogni forma di criminalità organizzata. VRAPI Luan, dopo lo sbarco a Fiumicino e le notifiche degli atti da parte della Polizia di Frontiera Aerea dello scalo romano, verrà consegnato al personale della Polizia Penitenziaria di Bari per essere condotto in carcere a disposizione dell’Autorità Giudiziaria pugliese.

 

 

 

 

 

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