13 Settembre 1978 Ottaviano (NA) Ucciso Pasquale Cappuccio, avvocato e consigliere comunale.

Foto da: fondazionepolis.regione.campania.it

Pasquale Cappuccio, avvocato e consigliere comunale nella Città di Ottaviano, viene ucciso il 13 settembre 1978 mentre si trova in auto con la moglie, Maria Grazia Iannitti, rimasta solo lievemente ferita. Per questo delitto saranno processati l’allora Sindaco di Ottaviano Salvatore La Marca, un suo parente, Luigi La Marca e il boss Raffaele Cutolo. Gli imputati sono stati in seguito prosciolti per insufficienza di prove, tuttavia si ritiene che l’omicidio di Pasquale sia stato proprio voluto per la sua ferma contrarietà a far concedere appalti comunali al clan di Cutolo. Due anni dopo, ancora ad Ottaviano e nuovamente per mano dei cutoliani, cadrà Domenico Beneventano.
(Segue su:  fondazionepolis.regione.campania.it )

 

 

 

 

Articolo di La Stampa del 15 Settembre 1978
Noto avvocato assassinato in auto a Napoli per una vendetta mafiosa
di Luise Adriaco

47 anni, era consigliere comunale del psi a Ottaviano – Tre killers hanno bloccato la sua vettura fulminandolo con cinque colpi – Illesa la moglie

NAPOLI — Ancora uno spietato delitto di stampo mafioso compiuto da killer professionisti. L’avvocato Pasquale Cappuccio, 47 anni, è stato ucciso ieri l’altro sera mentre al volante della sua auto, in compagnia della moglie, lasciava Ottaviano, paese dell’entroterra vesuviano dove svolgeva la sua attività, per rientrare a Napoli. Il penalista è stato freddato a colpi di pistola al capo e al petto dall’assassino sceso da una « 128 » scura il cui conducente, con una spericolata manovra, aveva costretto il professionista a fermarsi. Il killer non ha profferito alcuna minaccia e attraverso il finestrino ha puntato contro il legale una P.38 ed ha fatto partire cinque colpi. Un proiettile ha sfiorato la moglie dell’avvocato rimasta incolume e ricoverata in ospedale per choc. Pasquale Cappuccio è deceduto quasi all’istante. Mortalmente ferito ha reclinato il capo in grembo alla moglie che nel tentativo di recargli qualche soccorso lo ha trascinato fuori della macchina adagiandolo sul marciapiede. E qui, più tardi, un medico legale ha compiuto il primo esame autoptico della salma. I proiettili gli avevano devastato il volto e la ferita mortale sembra sia stato un colpo al cuore. Una ricostruzione dell’agghiacciante delitto è stata compiuta sulla scorta delle dichiarazioni della moglie dell’avvocato, Maria Grazia Jannitti, 40 anni, che ha uno studio di notaio a Poggiomarino, paese limitrofo. Scarse le indicazioni fornite. L’avvocato Pasquale Cappuccio, consigliere comunale del psi ad Ottaviano, padre di due ragazze, Francesca di 8 anni e Emma Lorena di 7, si era trattenuto l’altra sera fino alle 22 nel circolo « Unione scudieri » giocando a carte con amici. Qualcuno asserisce che il penalista era stato chiamato al telefono e che poco dopo aveva insistito per rientrare a Napoli dove risiedeva nella zona residenziale di vìa Pacuvio a Posillipo. Insieme con la moglie si era messo al volante della sua « Honda» di recente acquistata. Secondo la signora Jannitti, la « 128 » dei killers (con tre persone a bordo) li ha seguiti fin dall’istante in cui si erano allontanati dal paese. L’agguato mortale è avvenuto poco dopo, in una zona deserta e scarsamente illuminata. La macchina usata dagli assassini è stata ritrovata ieri pomeriggio nelle campagne vesuviane: era completamente bruciata. Evidentemente si è tentato di ritardare la scoperta di elementi utili all’inchiesta in corso. Le indagini per identificare gli autori dell’efferato crimine e per mettere a fuoco i motivi dell’esecuzione mafiosa, sono ancora nel buio. Gli interrogativi appaiono tanti, le risposte scarsamente esaurienti. Soltanto la ricostruzione del delitto non presenta incognite. Gli inquirenti fino a ieri sera escludevano la matrice politica e sono orientati per un delitto preparato e maturato negli ambienti della « mala » divenuta in questi ultimi anni sempre più agguerrita e proterva. Perché è stato ucciso Pasquale Cappuccio? Non è facile rispondere. Il legale, figlio di un sottufficiale dei carabinieri e di un’insegnante, svolgeva un’attività intensa anche in campi diversi da quelli strettamente professionali. Era un esperto di arte, un frequentatore di aste e di mostre di quadri e chi lo ha conosciuto lo descrive come un uomo di carattere estroverso, cordiale, facile alle confidenze, ai contatti umani. Con la sua esecuzione è il secondo penalista che nel giro di un anno cade freddato da killers. Il 25 ottobre dello scorso anno nel suo studio, mentre si intratteneva con un cliente, fu assassinato Giulio Battimelli. Gli esecutori sono tuttora sconosciuti. In comune con l’avvocato Cappuccio aveva la clientela. Entrambi avevano difeso personaggi della malavita ed erano stati legali in processi importanti contro esponenti delle giovani leve della delinquenza organizzata.

 

 

 

Articolo del 7 Novembre 1987 da  ricerca.repubblica.it 
EX SINDACO AMICO DI CUTOLO È ACCUSATO DI UN OMICIDIO
di Renato Caprile

NAPOLI I guai evidentemente li fiuta. Altrimenti si fa strada il sospetto che qualcuno lo avverta per tempo. Sta di fatto che Salvatore La Marca, 66 anni, ex sindaco di Ottaviano, ex assessore provinciale, ai suoi tempi prima di essere espulso, cioè socialdemocratico tra i più votati d’ Italia, la cattura l’ ha evitata ancora una volta. Come nell’ 83. Quando i carabinieri bussarono invano al cancello della sua sontuosa villa, ad un tiro di schioppo dalla casa di Cutolo, per notificargli uno degli 856 ordini di cattura del maxi blitz anticamorra. Allora don Salvatore era al sicuro in Germania. Ma riuscì, ugualmente, a dimostrare ai giudici del caso Tortora che quell’ accusa, associazione a delinquere di stampo mafioso, era infondata. Fu infatti prosciolto sia pure per insufficienza di prove. E chissà che uguale sorte non gli tocchi anche adesso che un altro magistrato, Bruno D’ Urso, lo ritiene responsabile insieme con Pasquale Cutolo, fratello del boss, e Luigi La Marca, un suo congiunto, dell’ omicidio di Pasquale Cappuccio, avvocato e consigliere comunale socialista, ucciso a colpi di pistola la sera del 13 settembre del 1978. Un delitto rimasto impunito per nove lunghissimi anni e di cui ora don Salvatore viene indicato come uno dei mandanti, tra i quali figurano nomi eccellenti della camorra: da Raffaele Cutolo a Pasquale D’ Amico e Corrado Iacolare. L’ avvocato Cappuccio, stava tornandosene a casa. Era in macchina in compagnia della moglie, Maria Grazia Iannitti. Quando la loro auto imbocca via Pentalete i killer escono allo scoperto e fanno fuoco più volte. Cappuccio muore sul colpo, la moglie se la cava con qualche graffio. Le indagini vengono affidate ad un pretore, Antonio Morgigni. Scamperà anche lui ad un agguato. Il delitto Cappuccio, insomma, è di quelli che scottano. Ma chi l’ ha ordinato e perché? Per una sorella del consigliere comunale ucciso non ci sono dubbi: è lui, Salvatore La Marca. Cappuccio lo avrebbe avversato più volte in Consiglio comunale per una storia di appalti. Ma è questa una pista che non porta lontano. La Marca riuscirà a dimostrare la sua estraneità. Come gli succederà ai tempi del maxi processo. Quando cioè sulla scorta delle dichiarazioni dei pentiti, di un rapporto dei carabinieri, e di una cartolina speditagli dall’ Asinara da Cutolo, tentano di incastrarlo. Salvatore La Marca, giovanissimo, finisce sotto inchiesta per la presunta appartenenza a questa banda. Si fa tre anni di carcere, ma poi è completamente riabilitato. Quegli anni trascorsi in prigione dirà poi più volte mi hanno in un certo senso formato. Ritornato in libertà inizia la sua attività imprenditoriale. Si occupa di cemento, soprattutto. E con quello arrivano i soldi. Ne farà tanti. Negli anni Cinquanta si butta in politica. Prima nelle file di una lista civica e successivamente nel Psdi. Grazie a lui, ad Ottaviano, i socialdemocratici ottengono clamorosi successi: passano dal 4 al 37 per cento. E lui è il consigliere comunale più votato d’ Italia. Di questo personale successo si vanterà sempre. Così come del fatto di aver ricevuto a cena, nella sua casa di Ottaviano, personaggi del calibro di Saragat, Romita, Tanassi, Orlandi e Longo. Diventa sindaco del paese di Cutolo. E con don Raffaele, La Marca racconterà di essere stato amico da ragazzino. Poi si sono persi di vista. Ma è sicuramente in buoni rapporti con Pasquale, il fratello del boss. La sua carriera politica prosegue all’ insegna dei successi: approda al consiglio provinciale di Napoli. Ne diventa assessore al Turismo. I guai per lui iniziano nell’ 81. Quando i carabinieri inoltrano all’ autorità giudiziaria un dettagliato rapporto sul suo conto. Su quella base, probabilmente, si arriva all’ emissione dell’ ordine di cattura del 17 giugno del 1983. Per evitare le manette se ne va in Germania. Ma verrà prosciolto, sia pure per insufficienza di prove.

 

 

 

Articolo da L’Unità del 31 Ottobre 1988
Si oppose all’ingresso dei cutoliani in politica
di Vito Faenza
Si concluderà oggi, con la sentenza di primo grado, il processo per l’uccisione di Pasquale Cappuccio, il consigliere comunale del Psi assassinato ad Ottaviano, nel quale sono imputati a gli altri Raffaele e Pasquale Cutolo, l’ex sindaco di Ottaviano, Salvatore La Marca e suo fratello Luigi. Il dibattimento ha tracciato uno spaccato di un paese dominato dalla camorra.

NAPOLI. Non sarà un verdetto facile quello che dovranno emettere i giurati della Corte d’assise di Napoli per l’omicidio di Pasquale Cappuccio, avvocato socialista assassinato nel settembre del 1979 ad Ottaviano centro di cui era anche consigliere comunale visto che si tratta di un processo indiziario.
Sia il Pm D’Alteno che i difensori di parte civile Francesco De Martino, che dopo 50 anni ha indossato di nuovo la toga, Fausto Tarsitano, Giovanni Bisogni, hanno però tracciato un quadro di questo centro vesuviano dominato per lunghi anni dalla camorra e dal terrore. L’ accusa al termine della propria requisitoria ha chiesto che la corte commini sei ergastoli tanti quanti ne sono gli imputati perché gli indizi sono collegati fra loro da fatti inequivocabili, i labili indizi si sono trasformati in prove racconto dopo racconto testimonianza dopo testimonianza.
Francesco De Martino nella sua arringa ha ricordato quegli anni, il fatto che Pasquale Cappuccio chiuse la porta in faccia a Salvatore La Marca quando questi chiese di entrare nel Psi, le lotte di Cappuccio e di Domenico Beneventano (consigliere comunale comunista assassinato un anno dopo sempre ad Ottaviano) contro la camorra e contro quei personaggi che con i poteri criminali avevano stretti legami  «E’ stata una esecuzione di matrice camorristica a sfondo politico – ha tuonato il professor De Martino – Cutolo che aveva creato una organizzazione che si accresceva grazie alla acquiescenza di alcuni ambienti politici ha trovato in Cappuccio e Beneventano due insormontabili barriere» più che naturale che tentasse di eliminarli.
Parole dure come macigni alle quali si sono aggiunte quelle di Fausto Tarsitano e di Giovanni Bisogni, gli altri due avvocati di parte civile, che hanno posto l’accento sulla figura dei singoli imputati sul clima e sulle pressioni e i collegamenti esistenti fra loro su come la camorra faceva dilagare il proprio potere in questo paese ai piedi del Vesuvio.
Armando D’Alteno, nella sua requisitoria ha chiesto sei ergastoli «Ci sono prove indirette e dirette logiche ed indubitabili che con Cappuccio fra i piedi non era possibile fare intrallazzi. Di qui la decisione di eliminarlo».
Il processo è stato costellato anche da fatti esterni piuttosto gravi, non ultima l’uccisione del suocero di Raffaele Cutolo e le minacce – secondo un quotidiano – che sarebbero state rivolte alla moglie del boss Immacolata lacone. Omicidio e violenze che stando agli investigatori avrebbero come centro ancora una volta Ottaviano il paese dove la malapianta della criminalità organizzata ha attecchito e dal quale nonostante i tanti conclamati sforzi non è stata ancora sradicata.

 

 

 

Articolo da L’Unità del 11 Ottobre 1989
ll pm chiede assoluzione per La Marca

NAPOLI. Assoluzione per tutti gli imputati. Questa la richiesta del sostituto procuratore generale Luigi Del Tufo al processo d’appello per l’ornicidio di Pasquale Cappuccio, il consigliere comunale socialista di Ottaviano, ucciso la sera del 13 settembre 1978. Viene così almeno in parte rovesciato l’esito del processo di primo grado, che aveva visto la condanna all’ergastolo per il «boss» della camorra Raffaele Cutolo, indicato come uno dei mandami del delitto, e per Giuseppe Romano, uno dei presunti sicari. In linea col processo di primo grado sono invece le richieste della pubblica accusa per quanto riguarda. gli altri quattro imputali. È stata infatti chiesta la conferma della sentenza di assoluzione per l’ex sindaco di Ottaviano, il socialdemocratico Salvatore La Marca (vincitore delle elezioni comunali svoltesi due settimane fa), per suo fratello Luigi, per Pasquale Cutolo, fratello del «boss», (tutti imputati come mandanti dell’omicidio) e per Giuseppe Serra, l’altro presunto sicario. Del Tufo ha motivato le sue richieste, definendo inattendibili e prive di riscontri le accuse contro gli imputati fondate sulle dichiarazioni di alcuni «pentiti» della Nuova camorra organizzata. Secondo gli inquirenti, Cappuccio sarebbe stato ucciso per essersi opposto alla concessione di alcuni appalti a ditte legate alla camorra (di una di queste ditte era titolare Pasquale Cutolo),
e per contrasti con l’ex sindaco di Ottaviano. Ma non si escludeva una vendetta della camorra per aver Cappuccio patrocinato la parte civile in un processo contro Cutolo, svoltosi pochi anni prima dell’omicidio. Ipotesi non suffragate da alcuna prova, secondo la pubblica accusa. La sentenza della corte d’appello è comunque prevista per il prossimo 19 ottobre.
Aspra la reazione degli avvocati Bisogni, Malinconico e Tarsiano, legali, insieme con l’ex senatore Francesco De Martino (il quale è tornato ad indossare la toga in occasione di questo processo), della famiglia Cappuccio: «La requisitoria del dottor Del Tufo non è stato altro che una sostanziale difesa degli inputati ed ha rappresentato uno sconcertante attacco ai magistrati che hanno condotto l’istruttoria ed hanno deciso il processo di primo grado.Il sostituto procuratore generale ha sconvolto l’impianto accusatorio, tralasciando tra le altre cose di valutare i consistenti elementi che la dilesa di parte civile aveva dedotto».

 

 

 

Articolo da L’Unità del 22 Ottobre 1989
Non ci sono colpevoli
La Corte d’appello assolve Cutolo e soci
di Vito Faenza

NAPOLI. I giudici della Corte di asside di appello non hanno avuto il benché minimo dubbio per l’omicidio di Pasquale Cappuccio, il consigliere comunale socialista ammazzato 11 anni fa ad Ottaviano non c’è nessun colpevole.
E cosi ha mandato assolti con la formula piena tutti gli imputati. Cutolo e Romano condannati all’ergastolo in primo grado,  assolto anche Salvatore La Marca con la formula più ampia mentre i giudici di primo grado lo avevano assolto con il beneficio del dubbio dall’ accusa di essere il mandante di quel delitto che ha le sue radici nel consiglio comunale di Ottaviano e nella camorra che dominava quel centro del Vesuviano.
Una sentenza ampiamente annunciata dalla relazione del giudice a latere Raimo e dalla requisitoria del pg Del Tufo, il quale ha gettato al vento il ricorso del PM contro le assoluzioni ed ha chiesto contro ogni logica l’assoluzione per tutti. Una sentenza ampiamente scontata ma anche stupefacente visto che
rispetto al primo grado non è stato aggiunto nulla e quindi non si capisce bene sulla base di quali motivi un ergastolano lo si trasformi in una assoluzione con formula piena.
A nulla è valsa la replica della parte civile letta dall’avvocato Carmine Malinconico a nome dei colleghi del collegio (Francesco De Martino, che ha ripreso la toga dopo decenni per difendere le ragioni della famiglia del consigliere comunale socialista, Fausto Tarsitano e Giovanni Bisogni),  nella quale si sono ricordati fatti, riscontri, episodi, indizi, prove.
Così il collegio giudicante ha passato un colpo di spugna su quel delitto nato dall’intreccio tra camorra, vita politica e affari. Ha dato un colpo di spugna ad anni di indagini ed ha voluto riproporre la pista del delitto per “motivi personali”, una pista che dal 78 all’ 84 si è rivelata completamente infruttuosa.
Solo grazie alle dichiarazioni di alcuni pentiti il delitto ebbe una svolta e parve chiaro che l’omicidio non poteva avere altro movente che quello della camorra che intendeva eliminare un pericoloso avversario.
L omicidio Cappuccio fu solo il primo di questa strategia, è stato solo il primo attentato politico avvenuto ad Ottaviano; seguiranno l’assassinio del consigliere comunale comunista Mimmo Beneventano e l’attentato ai danni del segretario della locale sezione comunista Raffaele La Pietra.
Giuseppe Romano altro imputato condannato all’egastolo non ha saputo mai spiegare perché la sera del delitto entrò nel circolo dove l’avvocato stava giocando a carte, non ha fornito spiegazioni logiche ed è stato assolto. Cosi il presidente della Corte Grizzuti si è accontentato delle ragioni di Cutolo il quale ha negato di dominare Ottaviano «Lo facevo credere per non andare all’Asinara» ha detto e tutti gli hanno creduto.
Ora se non ci sarà ricorso in Cassazione questo delitto rischa di rimanere impunito. Un altro ergastolo viene tolto a Cutolo ed un’altra pagina nera viene scritta nel libro della giustizia napoletana.

 

 

 

Articolo dal Blog raffaelesardo.blogspot.com
IL 13 SETTEMBRE ’78 LA CAMORRA UCCIDEVA A OTTAVIANO L’AVVOCATO PASQUALE CAPPUCCIO
di Raffaele Sardo

La vita dell’avvocato Cappuccio fu spenta da un killer della camorra la sera del 13 settembre del 1978 in una strada di Ottaviano.
«Quel pomeriggio  – racconta la moglie Maria Grazia Iannitti – partimmo dalla nostra casa di Napoli per andare a Ottaviano dove mio marito aveva il suo studio di avvocato. Pasquale ricopriva anche la carica di consigliere comunale di minoranza, perciò era spesso tra i suoi concittadini, per raccogliere suggerimenti, lamentele, per rappresentare le loro istanze nel consiglio comunale. Lui era così, da vecchio militante socialista, la politica la faceva tra la gente. Io avevo lo studio notarile a Poggiomarino, poco distante. Ci lasciammo con l’intesa che in serata, dopo il lavoro, lo avrei raggiunto o a casa della sorella o nel circolo Scudieri dove lui era socio e si tratteneva di tanto in tanto».
L’avvocato Cappuccio era uno dei consiglieri che più contrastava l’assegnazione di appalti a Pasquale Cutolo, fratello del capo della Nuova Camorra Organizzata, Raffaele. Anni difficili, quelli. La camorra si ramificava. Estendeva la sua rete di controllo sociale sulla vita pubblica. Erano in pochi quelli che non si piegavano a questo disegno. Chi non cedeva veniva ridotto al silenzio, in un modo o nell’altro. L’avvocato Cappuccio denunciò fortemente le collusioni della politica con la criminalità. Il sindaco di Ottaviano era Salvatore La Marca, ex assessore provinciale, tra i più votati in Italia. Era iscritto al Partito socialdemocratico. Poi ne venne espulso. Difficile fare il consigliere comunale di opposizione in quel periodo. Si rischiava la vita. Ma Pasquale Cappuccio, forse, non se ne era reso ancora conto. Oppure ne era cosciente e aveva deciso di non fare passi indietro rispetto alle sue convinzioni.
«Percorsi alcune centinaia di metri», riprende a raccontare Maria Grazia Iannitti, «sulla nostra destra ci ha affiancato una Fiat 128 blu, con due giovani a bordo. Ci hanno fissato per alcuni istanti e poi ci hanno sorpassato. Erano a viso scoperto. Ricordo che il conducente aveva i capelli un po’ lunghi e arruffati, senza barba e senza baffi. Dopo aver fatto alcune centinaia di metri, ho rivisto la stessa auto che ha messo un segnale luminoso a sinistra e ci ha tagliato la strada. È stato in quel momento che dallo sportello anteriore, a fianco dell’autista, è sceso un giovane con una tuta da meccanico e con stivaletti di colore scuro. Portava degli occhiali bianchi come quelli di un saldatore o di un motociclista. Si è diretto verso il lato di mio marito che aveva il finestrino chiuso, come per chiedergli un’informazione. Ma ha cominciato subito a sparare. Tre o quattro colpi. Il vetro del finestrino è andato in frantumi. Poi ancora altri colpi. Sono stati attimi concitati», torna indietro con la memoria di trent’anni la signora Cappuccio. Uno sforzo che le costa sofferenza. «Io e mio marito non abbiamo avuto nemmeno il tempo di renderci conto di cosa stesse accadendo. Mi ero girata istintivamente e Pasquale, colpito ripetutamente, ha girato la sua guancia sinistra sulla mia spalla sinistra. Non ricordo quanti erano a sparare, ma ho avuto l’impressione che dovevano essere più d’uno. Sono stata con il corpo di mio marito sulle spalle per circa cinque minuti. Fino a quando qualcuno non mi ha tirato fuori dall’auto e mi ha portato in ospedale a Napoli. Erano persone che non conoscevo».
L’avvocato Cappuccio morirà all’istante. La moglie sarà ferita lievemente. Le indagini verranno affidate al pretore Antonio Morgigni. Cercheranno di accoppare anche lui.  «Dopo tanti anni, però, non c’è alcuna condanna», è il giudizio amaro di Maria Grazia Iannitti. «I mandanti sono stati prosciolti in appello. E gli esecutori materiali non si conoscono. Una sola cosa resta certa insieme al fatto che Pasquale non c’è più: il nostro dolore».
Storia tratta dal mio libro: Al di là della notte Ed. Tullio Pironti

 

 

 

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articolo del 23 febbraio 2021
Il coraggio di Mimmo Beneventano
di Isaia Sales

 

 

 

 

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