I Testimoni di Giustizia. Storia di chi ha testimoniato contro le mafie

INNOCENZO LO SICCO

Tratto dall’art. del 28 Giugno 2004 da archivio.panorama.it

Parlo, vivo blindato, ma non lascio la mia casa

di Bianca Stancanelli

Ora che la legge distingue fra testimoni e «pentiti», il numero di quelli che accettano di accusare boss e picciotti è raddoppiato. E, fatto insolito, molti decidono di non fuggire.

[…]
C’è chi non ha potuto restare. Come Innocenzo Lo Sicco, 55 anni, un imprenditore edile palermitano che si è ricostruito una vita e un’identità nuove, lontano dalla Sicilia. Nel gennaio 1997, dopo aver subito per anni i soprusi di Cosa nostra, denunciò la cosca dei Graviano, i dittatori mafiosi di Brancaccio. Seguirono 27 arresti, i processi, le condanne. E, nel 1999, la fuga da Palermo.
«Un sabato, a Fiumicino, venni consegnato a tre uomini del Servizio centrale di protezione. Come un pacco. Neanche mi salutarono: pensavano che fossi un pentito. Il giorno stesso, a Palermo, tolsero ogni protezione alla mia famiglia. Feci l’inferno. Autorizzarono mia moglie e i miei figli a venire via con me.
Ci sistemarono a Roma, in periferia. Mia figlia prese la scabbia». Mesi di pena, di rabbia. «Poi, quando fu chiaro che ero un testimone, tutto cambiò. Ho inaugurato una nuova attività, un anno fa ho concordato l’uscita dalla protezione, ho avuto una somma per ricominciare».
A Palermo gli appartamenti costruiti da Lo Sicco restano sfitti, nessuno li compra. «Ho lì cantieri, attrezzature abbandonate. E le case che dovetti dare ai mafiosi, il prezzo dell’estorsione, non mi vengono restituite: dal 1997 va avanti un processo civile e non finisce mai.
Provo un’amarezza incredibile come cittadino: sono dovuto andare via, gli amici sono spariti, tutti. Ma sono grato allo Stato, che mi ha consentito di rifarmi un’altra vita».
Ammette Tano Grasso, un simbolo della rivolta contro il racket, oggi consulente antiusura del sindaco di Roma: «La storia di Lo Sicco è una vittoria di Pirro: ha fatto condannare i Graviano, ma è dovuto fuggire. Il futuro dei testimoni è restare lì, nel loro territorio. Ma per far questo non ci vuole la legge: ci vuole il contesto. A Capo d’Orlando, nel Messinese, tutti noi commercianti abbiamo denunciato il pizzo e siamo rimasti lì. Se chi si ribella è un’eccezione, tutto diventa più difficile».

[…]

Tratto dall’ articolo del 26 Maggio 2008 di italia.panorama.it

Nuovi testimoni di giustizia: la nostra vita sotto protezione

di Gianluigi Nuzzi

Per la prima volta cresce il numero di quanti denunciano le estorsioni e i killer dei clan: parlano, si mostrano senza timore e molti di loro rinunciano a cambiare identità. Panorama li ha incontrati: qualcuno si è fatto fotografare, tutti hanno raccontato le loro storie, le speranze, le paure. E spiegato come si viva meglio senza le cosche.

[…]

Innocenzo Losicco: “Ora brindo in barba alla mafia”

“A un certo punto la vita si ferma: entri in clandestinità, un salto nel vuoto senza paracadute. Dalla villetta con piscina a Palermo sono finito in un bilocale topaia, mia figlia si è presa la scabbia. Trasferito come un pacco, le guardie del corpo pensavano fossi un pentito, quando io non ho mai commesso un reato. Dei soldi che giravano prima, dei miliardi di lire che guadagnavo costruendo negli anni 90 palazzi, nemmeno l’ombra. Un assegno di sostegno: 1.500 euro al mese. Ma è meglio così”.

Innocenzo Losicco, costruttore palermitano di 59 anni, inizia a collaborare nel 1997. Fa mandare in carcere 28 mafiosi di Brancaccio, tra cui Filippo Graviano, Gaspare Spatuzza e Antonino Lucchese. Oggi vive in una località segreta e, grazie alle garanzie del Servizio centrale di protezione alle banche, è tornato ad acquistare terreni,  costruire ville e palazzine. Con nuove generalità.

“Era vita quella? Mi illudevo di essere un imprenditore edile per scoprirmi dipendente. Della mafia, delle sue pretese. Ero solo padrone di amministrare il cantiere. Il resto era cosa loro: dallo scavo alle forniture, chini la testa e deleghi la scelta. Inoltrando puntuale richiesta di autorizzazione per ogni decisione: ‘Faccio sapere che l’impresa di imbianchini’ dicevo al loro emissario ‘non va bene’. Lui annuiva, riferiva e tornava: ‘Fanno sapere che è bene cambiarla. Contatta la tale impresa’. Sempre così, un laconico ping pong: ‘Faccio sapere che…’, ‘Fanno sapere che…’: ordini come litanie d’umiliazione e sudditanza. Che si ripeteva centinaia di volte. Se poi sbagli, il cantiere chiude.

“Un giorno l’azienda dei Graviano era sprovvista di pomicemento, mi permisi di rivolgermi a un’altra impresa sempre loro referente. Che si rifiutò di rifornirmi: ‘Hai sbagliato. Chiudi il cantiere sino a quando ai Graviano non arriva la merce’. Oppure ti sequestrano il figlio all’alba e lo riportano a sera perché, schiavo graziato, ‘stavolta, sappi, è andata bene’.

“I fratelli Graviano si mangiavano fino al 50 per cento degli utili, altri boss forfetizzavano il pizzo, altri si accaparravano case intere: ‘Costruisci 20 appartamenti? A noi ne spettano due’. In tutto ho ceduto una decina di case e somme incalcolabili. A Palermo, anche oggi, non serve la concessione edilizia ma l’approvazione del padrone del quartiere: prima dice sì o no, quindi indica le condizioni.

“Mi sono affrancato da 9 anni. Una nuova vita, che inizia con addii. Cambio casa, regione, amici. Mia figlia piange il fidanzato. Un paio d’anni senza lavorare. Poi nel 2000 accedo ai fondi antiracket ricevendo 400 milioni per acquistare un terreno sulla litoranea. Il Servizio centrale di protezione firma le garanzie per accedere ai mutui, come un padre che assicura i finanziamenti al figlio. Oggi sono tornato in possesso di sette dei dieci appartamenti ceduti ai prestanome dei Graviano, dopo che il tribunale ne aveva annullato gli atti di vendita. Proprio ieri ne ho venduti due brindando (lo posso dire?) in barba alla mafia. Perché la mafia è paura. Paura che ti blocca, che ti impedisce di fare il salto. Ma se credi in te stesso, se non insegui l’alibi dello ‘Stato non fa’, ti accorgi che denunci e non ti succede niente. Perdi battaglie, vinci la guerra. Con un unico rimpianto: se altri imprenditori mi avessero seguito sarei rimasto a Palermo. Libero. Non più schiavo”.
[…]

Pages: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *